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IlMarchese

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IlMarchese
Silver
17/02/2023 | 17:10

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Kuala Lumpur non è solo la capitale politica della Malesia, ma anche della gnocca. Il fatto che ci crescano più Minareti che alberi, e le gnocche che vedi in giro hanno la testa coperta da un fazzoletto, non vuol dire che non che ha Kuala Lumpur se lo mettano solo nel cul.

Forte di questa consapevolezza, la prima sera m’intrufolo al Beach Cafè, un bar prevalentemente frequentato da locali. Locali mignotte, intendo. Dal momento che la spiaggia più vicina è a cento leghe, il nome più adatto sarebbe Bitch cafè. Mi sento sottotono e moscio come un sottaceto. Ho passato tutto il giorno al cesso. Sarà stato il frullato mango e cocco bevuto al parco, l’infuso di erbe esotiche che mi hanno fatto assaggiare al centro commerciale, il pranzo con il pollo morto che galleggiava nella zuppa al mercato cinese, insomma, è che inizio a pisciare dal culo e cagare dalla bocca. L’unico rimedio in questi casi, come diceva mio nonno, che si era laureato in farmacologia e occultismo in galera, è un bel impacco de figa. Per avere un’autonomia di qualche ora e non cagarmi nei pantaloni, tiro giù una manciata di Imodium, aiutato da tre redbull a goccia per reidratarmi. Le redbull sono ghiacciate quindi l’effetto è quello di cagare ancora di più. Risolti per il momento miei problemi intestinali, come dicevo, arrivo in questo bar, siamo nella zona est dove spuntano locali, troie e loschi figuri ad ogni angolo. Quindi, ci sentiamo come lombrichi nel nostro humus. Per chi vuole scendere più in basso, c’è la red light zone a Jalan Bukit Bintag, ma stasera non mi andava di estrarmi un coltello dal polmone. Al Beach, capannelli di gnocche ai tavoli, che non stanno certo lì a sorseggiare Mojito ammirando lo spettacolo del tramonto sull’oceano. Ordino un altro paio di redbull, a questo punto sono su di giri, peggio che mi fossi pippato un etto di colombiana. Mi piazzo su un trespolo, inizio a fare i colloqui di lavoro. Tra i vari curriculum presentati, alla fine delle selezioni la candidata prescelta è Han. Han è un mix antropologico, un po' asiatica, un po' occidentale, un po' africana, un po' vacca. Porta i capelli con la zazzera, ha un non so che di sofisticato, ma soprattutto ha due tette che ci potresti aprire un lattificio. E poi, non parla troppo, e stasera ho solo voglia solo di spurgare quel mezzo litro di sborra. Perdiamo il minor tempo possibile in chiacchere e ballo e porto la vacca al mattatoio.

Nella mia stanza di hotel non c’è l’aria condizionata. L’unica cosa che fa accapponare la pelle, ma non per la temperatura, è il sinistro cigolio del ventilatore. Le pale di questo coso sono ricoperte da uno strato di insetti spiaccicati sopra che si sono accumulati negli anni. Questo è il solo comfort, se escludiamo l’acqua corrente. Le finestre le ho tenute chiuse per non ritrovarmi la stanza occupata da una famiglia rom malesiana. Dopo aver passato il pomeriggio a cagare, l’aria che si respira non è da alpi svizzere. Ma Han sembra non farci caso, anche perché le alpi svizzere non sa nemmeno cosa cazzo siano. Mi chiede subito quei 300 ringgit di stipendio e inizia male. Han va a farsi una doccia. Per fortuna sua esce dal cesso abbastanza in fretta, appena in tempo perché devo fare un’ultima spruzzata. Mi guizza anche l’idea malata di unire l’utile al dilettevole e usarla come water, però non ho avuto il tempo materiale di farlo. Alla prossima scarica glielo propongo. Han si posiziona subito in ginocchio sul letto, s’attacca alla canna del cazzo. Dopo qualche poppata, le piazzo il pisello tra quelle grosse bombe, mi chiede se ho del gel. L’unico gel che ho è crema nivea. Spruzzo questa crema color latte, un po' in mezzo alle tette e un po' sopra l’asta, tipo quando metti la maionese sull’hotdog. Vedo il cazzo scomparire tra quelle colline e poi spuntare fuori. Quando la cappella riemerge le arriva alla bocca e ci dà una lappata. Andiamo avanti così tette/bocca/tette che Han è tutta impiastricciata, il mio cazzo unto che sembra una sardina sott’olio. Mi asciugo, incappuccio la bestia. Han, come se mi leggesse nel pensiero, rimane a quattro zampe, si gira. Mentre la scopo, le mungo quelle grosse mammelle. Le manca solo la coda che scodinzola e le mosche che ronzano sul culo. Non mi stupirei se facesse muuuuuuuu. Poi, siccome sono stanco di fare il pastore, mi sdraio, la faccio appollaiare sul cazzo. Scopami, dico. Il culo di Han che sbatte ritmico contro le mie cosce, il ventilatore che cigola e gira e gira e gira, la terra che ruota intorno al sole. Potrei andare avanti così fino a che non diventiamo vecchi o almeno fino al giorno del check out in albergo. Alla fine, Han rallenta, è affannata. Questa non è una scopata, ma un’ora di zumba. Sborro, ma solo per farle un favore. Poi ci addormentiamo, o meglio, lei si addormenta, io resto a fissare le pale del ventilatore, noto che le crepe del soffitto assomigliano a un polimero di nucleotidi. Sono le quattro e trentadue del mattino o forse cinque e dodici o le sei meno diciotto, quando un urlo atroce, mi fa sussultare come se fosse esplosa una bombola del gas, è la voce gracchiante sparata dal megafono della moschea. Una specie di “Donne arriva l’arrotino” ma come uscito da un megafono anteguerra e più deprimente di una canzone dei Joy Division. Han è una statua, la bocca semiaperta schiacciata sul cuscino, un po' di bavetta le cola da un angolo della bocca. Le osservo il respiro per vedere se è ancora viva. È impossibile non svegliarsi con questo casino. È viva. A questo punto di dormire non se ne parla. Cerco di scuoterla leggermente, vedere se si rianima e rimediare una seconda scopata, così per ottimizzare tempo e denaro. La scuoto con più energia. Si gira dall’altra parte, facendo un verso gnamgnamqualcosa che deve essere tipo un vaffanculo malese. Il mio hotel è praticamente una propaggine della moschea accanto. La mia stanza è nel minareto. Il muezzin, deve ringraziare Allah che nel bagaglio a mano non mi c’entrava un bazooka. Resto così a rimuginare pensieri d’odio religioso, fino quando il sole è già alto, inizia il concerto di clacson e finalmente Han si leva dai coglioni. Mi riaddormento, un venti minuti. Poi ancora uno strillo sinistro ahahahahlalllaaahhhkbhbbbarkallaaaaaahhhh, e che cazzo è Jihad dichiarata tra di noi!

Il giorno dopo cambio aria, non della stanza, qualla rimane una camera a gas. Vado in un disco pub, il Mango’s che è proprio di fronte al puttanaio della notte prima. Mentre ieri mi sentivo un ottantenne, stasera va meglio, me ne sento una settantina. Domani magari sarei arzillo come un sessantenne. Peccato che sto a Kuala solo tre giorni, sennò tornavo un bebè. Quando entro nel locale è l’atmosfera accogliente di quando ti ritrovi in un posto in cui tutti condividono i tuoi interessi, tipo un club filatelico, il torneo di burraco, il mercoledì del libro. Sì, è proprio un mercoledì, non del libro, ma della gnocca. Appena entrato è come se mi aspettassero da sempre. Sul palco c’è un gruppo che suona musica heavy metal. La cantante tutta vestita in pelle nera, trucco pesante che risalta quegli occhi da natural born fucker. Sbraita, gorgheggia e salta con quel non so che da donna delle caverne che stuzzica la mia libido neandertaliana. Verso mezzanotte la situazione si anima. Cambiano anche musica, parte qualcosa di ballereccio. Cerco con lo sguardo la metallara, ma è già presa. Nel tragitto cesso-bar inciampo nell’amore della mia vita. Vent’anni, minuta, occhietti felini, una cascata di lucenti capelli neri, vestita con un abitino da sera che sembra una fatina. La fatina pompina. Dallo sguardo che mi lancia quando l’incrocio capisco che siamo fatti l’uno per l’altra. Le sfioro con un dito le spalle nude. Le mi guarda, fa la finta tonta. Le sussurro una cazzata all’orecchio, una cosa tipo “come ti chiami”. Lei si vede ha capito di più “tremore di rami “, ma sorride lo stesso. All’anagrafe suina fa Ayu. Alla fine, quel traduttore universale che è l’amore, ci rende entrambi poliglotti. Ayu è una grandissima poliglotta. Ayu, la pelle così candida che sembra abbia visto il sole solo in tv. Le labbra infiammate da un rosso madreperla, risaltano ancora di più sull’incarnato color perla, sul quale riflettono le piccole gocce di perla che le pendono dagli orecchi. E perlamadonna Ayu sembra un banco ambulante di bigiotteria. Le prendo le mani, la inizio a una danza eroticoselvatica, di cui io solo conosco i movimenti. Lei volteggia leggera come un batuffolo di cotone. Ayu è talmente delicata e preziosa che sarà difficile gestirla senza incrinarle un paio di costole. Dovrò prestare la massima cautela. Sarà come sbattersi un vaso di cristallo di boemia. Le passo una mano attorno a quei fianchi sottili che sembrano uno stelo di giglio. Me l’appiccico addosso come un’etichetta. Su quell’etichetta c’è un prezzo con tanti zeri. Sono a Kuala da 48 ore e dovrò già rivedere tutto il budget per resto del mio viaggio. Digiuni, alberghi con le piattole, autostop, pur di averla. Tra la mia anima e quello di Ayu solo una cosa ci separa, lo spessore del mio cazzo che aumenta. Ayu se ne accorge, sorride, però è un sorriso che nasconde timore. Dopo un po' che ci dimeniamo, siamo sfiniti ed ebbri di lussuria. Mi fa Ayu, andiamo al tavolo che ti presento le mie amiche. Arriviamo al tavolo dove c’è un’altra ragazza. A parte il vestito diverso, gli orecchini grossi come cerchi di ruote di mountain bike è la copia di Ayu, la chiameremo Ayu bis. Tra la penombra, l’alcol e lo sturbo che sempre mi prende di fronte all’abbagliante bellezza, le guardo meglio e sembrano cacate dalla stessa madre, non a distanza di mesi ma di qualche minuto. Chiedo, ma siete gemelle? Si mettono a ridere, le mani davanti alla bocca come se avessero fatto il ruttino. Non lo sapremo mai, ma ci piace immaginarlo. Intorno a noi, puttanieri affamati come sciacalli, vorrebbero avventarsi sugli avanzi delle mie prede, li sfido mostrando i denti, e quelli se ne vanno con la coda tra le gambe. Probabilmente sto rovinando il business a Ayu bis. Ma a tutto c’è un perciò, come si scoprirà.
Stiamo lì a chiacchera, accenno qualche passo di danza lasciva anche con Ayu bis. Il tempo stringe, la notte è piccola, e l’universo è infinito. Partiamo a mercanteggiare. So già che mi caricherò Ayu e il suo clone. Quando Ayu me lo chiede, faccio anche l’ingenuo. Poi mi chiede se sono mai stato con due ragazze insieme. Intendi nelle ultime ventiquattr’ore? Rispondo. Finalmente stiamo per uscire dal locale mentre tengo Ayu con una mano e Ayu bis con l’altra, quando incrociamo una loro amica. Me la presentano. Diciamo che se le due Ayu sono due perle della Malesia, questa è più una melanzana della Malesia. Iniziano a confabulare, ogni tanto mi guardano e ritornano a parlottare, e io so già cosa succederà. Ayu mi fa, la mia amica è sola, te le piaci: che tradotto vuol dire, nessuno se l’è ancora caricata e non c’è due senza tre. Poi mi chiede sei mai stato con tre ragazze? Quello che all’inizio con Ayu era un prezzo due per uno, era diventato un due per tre con Ayu Bis e ora un tre per quattro. Il portafoglio mi dice lascia perdere, il cazzo dice il contrario. Agguanto anche la melanzana. Spero che nei dieci metri che ci separano dall’uscita non incontrino altre amiche, altrimenti devo noleggiare un pulmino. Fuori del Mango’s una folla di tassisti ci assalta, ci mancano solo i flash dei fotografi e il tappeto rosso. Al momento di salire sul taxi, dico alla melanzana malesiana che c’ho ripensato. Mentre entriamo in auto, lei rimane lì, sul marciapiede a sbraitare frasi in Malesiano, che mi dicono le due Ayu hanno come soggetto mia madre.

All’hotel adibito a moschea, mentre saliamo le scale per andare in camera sono seguito dallo sguardo carico d’odio del frocetto alla reception. Gli toccherà sentirmi sbatacchiare il pisello tra questa parure di gnocche malesiane. Non può nemmeno segarsi su youporn, perché in Malesia è bloccato, quindi si segherà su di noi. Arriviamo in camera. Ci facciamo qualche selfie. Io in mezzo a queste due perle gemelle che fanno le faccine. Quando si dice dare le perle ai porci. Le 2 Ayu vanno in bagno a prepararsi per il lavoro. Mi sdraio sul letto. Riguardo le foto. Il sandwich italomalesiano imminente. Penso che dio esiste, almeno a Kuala Lumpur. invio selfie di me e le fatine ad amici e parenti. Passano venti minuti, le Ayu sisters non sono ancora uscite dal cesso. Va bene l’accurata igiene, ma stanno esagerando. Se non le sentissi cinguettare come galline malesi, penserei che se la sono svignata dalla finestra. Entro in bagno senza bussare. Sono lì nella doccia tutte e due che si fanno i gargarismi alla passera. Mi spoglio, a pisello sciolto irrompo nella doccia, facendomi spazio tra di loro. Con il vapore acqueo che non si vede un cazzo, schizzi e schiuma, mi pare di essere dentro un autolavaggio di un metro per un metro. Da crisi di panico per claustrofobici. Le loro manine me le sento sulla schiena e cazzo. Stanno dieci minuti a farmi la lavanda al pisello. Ora è così pulito e brillante che lo potrebbero usare per la pubblicità dell’omino bianco. Mi passano anche un po' di sapone tra le chiappe. Poi le lavo io. È già mezz’ora che siamo in ammollo, mi si stanno macerando le palle. Ci asciughiamo, saltiamo nel lettone, così tutti nudi come Adamo ed Eva ed Eva bis e c’è pure il serpente. Non so da chi iniziare a leccargliela, faccio la conta: Ambarabà Ciccì Coccò la leccata a chi lo do.
Inizio da Ayu n°1. Così maneggevole, è una specie di gnocca laptop, comoda da portarsi in viaggio, la pieghi e la metti in valigia. Mi si stringe al collo con movimenti delicati e lenti che sembra un koala lascivo. Intanto Ayu N°2 decide di lavorarmi il cazzo come una panettiera. Ci sputa sopra, rivolta, impasta per farne uno sfilatino. Io sono lì che mordicchio Ayu N°1 sul collo e quelle piccole tettine acerbe. Le passo la mano i tra i capelli così lungi e setosi che mi ci potrei impiccare. Usa la mia faccia come un cuscino. Si sistema comoda. Sulla sua passerina ci strofino il naso, qualche peletto mi fa il solletico. C’ha quell’odore inodore. Così immerso in paradiso, non ho la più pallida idea di cosa staia facendo Ayu n° 2 con il mio uccello. Se sta infornando la pagnotta nella bocca, nel culo o in fica o lo abbia reciso per appenderlo all’albero di Natale. Succhio anche il buchetto cacatorio di Ayu n°1, di sicuro sarà più igienico del succo al cocco avariato, del pollo marcio o dell’infuso al piscio del primo giorno prima. Poi faccio con la mano il gesto di girarsi, da brave scimmiette ammaestrate obbediscono. Stanno lì con le fiche che mi fissano aperte tra le gambe spalancate. Rosse come tagli e pelate. Prendo Ayu n°2 per le caviglie e la trascino ai bordi del letto. Gioco un po' con la cappella, su e giù tra le labbra della passera. Poi a tradimento lo faccio scivolare dentro. Lei rovescia la testa, gira gli occhi all’indietro, che più che scoparla sembra le stia facendo un esorcismo. Ayu n°1 accanto sempre a gambe larghe, la prendo per la nuca e la stringo a noi. Diventiamo un groviglio. Le piazzo un dito nella figa e la lingua nella faringe. Mentre sotto di noi la sorella, la gemella, la cugina o quel che cazzo che, è schiacciata. Il ciaf ciaf dei nostri corpi che sbattono deve rimbombare per i corridoi dell’hotel fino alla moschea. Nel pomeriggio sono stato a visitare le torri gemelle, le Petronas Towers. Come un architetto sporcaccione costruisco anch’io le mie torri gemelle. Impilo queste due troiette una sopra l’altra in una torre di figa e culi, le Troionas towers, così le battezzo. Partono risolini che sembrano due bimbette al parco giochi sull’ottovolante. Queste due ridono tutto il tempo. Le lecchi, e ridono. Le infili un dito nel culo, ridono. Le pianti un cazzo in figa, ridono. Si guardano, mi guardano, ridono. Ridono, e ridono e cominciano a darmi sui nervi. Ora le prenderei a schiaffi e vedere se così ridono ancora. Il mio cazzo non ha ancora fatto conoscenza con la passera di Ayu n°1. Una lacuna da colmare. Ayu bis è in cima alla torre, non avendoci ahimè, un secondo cazzo le affondo un dito medio nella fregna. Sbavo sul culetto stretto, lo titillo con l’indice, affondandolo piano piano. Lo vedo scomparire, il dito, fino alla falange, quando lei mi ferma con la mano, e indovinate nate cosa fa? Ride.
Vado avanti a fotterle così cazzo/figa/culo/dita, fino che Ayu bis sfiancata dal peso del clone sopra di lei non sta per cedere. Ayu n°1 sarà stata leggera e leggiadra come una foglia di salice, ma provate voi a stare a quattro zampe con qualcuno a cavalcioni sulla schiena e avere un dito infilato nel culo. Sarà anche divertente, ma alla fine le gambe cedono. Prima che la Troionas Tower collassi miseramente, in preda al furore bellico chiedo un doppio anale carpiato, ma niente da fare. Offro mari e monti, convertirmi all’Islam, sposarle, tingermi i capelli di rosa, ma sono irremovibili. Allora mi stappo la preserva. Glasso di sbroda bollente questo capolavoro di architettura neo-puttanesca. È a quel punto che parte il richiamo del muezzin, e in coro anch’io inizio a salmodiare parole incomprensibili.
È una preghiera, una bestemmia o un semplice alaahahallallakbaralalahhhhhsborrooooo !!!!

IlMarchese
Silver
11/02/2023 | 15:39

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Grazie @Minifallo continua a seguirmi allora e non ti sarai iscritto per niente.

IlMarchese
Silver
03/02/2023 | 14:33

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@MickeyRourke said:
grande bel racconto, rappresentata bene la vacanza tipo a jakarta fatta di date, mall e camere da letto. Sono in partenza per Sorong (con tappa obbligatoria a jkt) qualcuno esperto ha qualche dritta su qualche locale o cosa fare a Sorong?

Anche a Sorong le tue palle rimbalzano tra le gnocche come a Ping Pong

IlMarchese
Silver
27/01/2023 | 18:48

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@mickypri said:
@IlMarchese free interessato,chiarisci bene altrimenti pensano davvero di andare a trombare in indonesia gratis.

Caro, ma cosa dovrei chiarire? Mi sembra che ho scritto tutto manca solo il numero di telefono della mia amica. In Indonesia chiavi anche gratis ma ci devi lavorare, come ovunque. Le inonesiane sono molto socievoli e piace anche solo passare una serata con te, non è detto che poi tutte finiscano a gambe aperte, non tutte.

IlMarchese
Silver
26/01/2023 | 13:54

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@MarcoPoloDellaFregna said:
@IlMarchese

Il marchese è come Virgilio. Quando apri la lista per fare viaggi con te fammelo sapere e mi prenoto. #eroe

Grazie. Viste le molte richieste per la prossima edizione sto organizzando di arrivare con una carrozza trainata da slave mascherati da renne, tipo babbo natale fetish per fare un'ingresso trionfale. Ovviamente vi frusterò tutti come meritate.

IlMarchese
Silver
23/01/2023 | 15:11

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@stunned84 said:
Sono anni che lo dico che un viaggetto in Indo merita 😁
Merita sì

IlMarchese
Silver
21/01/2023 | 16:22

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@Trombamico said:
Ma allora è proprio vero che in Indonesia si chiava rigorosamente aggratisse... 😆😱
Sempre un piacere leggerti @ilmarchese 👏👏

Grazie Trombamico. Sì si trova free e pay. Le meglio gnocche che ho trombato sono state free.

IlMarchese
Silver
20/01/2023 | 15:16

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@ElFlaco said:

Schiaffeggio questa ingorda a colpi secchi di cazzo bavoso

Sei il mio idolo 😂😂🔝🔝

Grazie @ElFlaco !

IlMarchese
Silver
18/01/2023 | 14:39

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@ElFlaco said:
@IlMarchese

La migliore recensione mai letta

Complimenti..

Sarebbe un’esperienza indimenticabile vivere una serata del genere con uno che l’ha già fatta..

🔝

Grazie per l'apprezzamento. Per la prossima edizione mi voglio presentare alla grande, con uno slave al guinzaglio, se sei disponibile pensaci, sicuramente sarebbe un'esperienza indimenticabile.

IlMarchese
Silver
14/01/2023 | 17:06

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Attero a Jakarta che è notte. Venti ore di viaggio, jetlag, intestino irritato, l’autista dell’uber che mi ha sfiancato con la sua conversazione, si fanno sentire. Jakarta è un immenso agglomerato urbano con un piano edilizio che sembra un tetris. Club e locali dove rimediare una scopata sono sparsi per la città, inoltre, il covid ancora circola. Tutto gioca contro di me. Quindi di uscire stanotte non se ne parla. Non mi do per vinto. Mi metto subito all’opera sui social per programmare le chiavate del giorno dopo. Mitraglio alla cieca sulla folla delle fighe online messaggi tipo “Hi Miss Jakarta” o anche il sempreverde acchiappafiga ““How are you? beautiful!” e poi ❤, 🤩 e stronzate assortite. Dopo un minuto, telefono comincia a trillare come un fringuello. Mi arrivano decine di notifiche di risposta. Sembra che tutto il parco gnocche di Jakarta sia online all’una di notte aspettando appuntamenti. Faccio una scrematura dei profili: Via questa, è un bufalo degli acquitrini. Questo c’ha i baffi. Questa non la tromberei nemmeno col cazzo vostro. Questa sono 500 euro. Questa è mia cugina. Avevo spammato alla cieca tre-quattromila messaggi. Alla fine, Fisso una decina appuntamenti per il giorno dopo. Meglio avere un piano b,c,d etc. Nella pole position, entrano Tiny e Martina. Tiny, almeno dalle foto, sembra la più trombabile. Un viso da brava ragazza, di quelle che presenteresti alla mamma. Ma anche Martina non scherza, però è più di quel tipo che tua madre ti direbbe: ma che troia ti porti in casa. Inoltre, io e Tiny stabiliamo un feeling speciale. No, non le mando subito le foto del cazzo come fareste voi. Mi da ufficio informazioni con una serie di dritte dove fare cosa a Jakarta. Io e Tiny ci diamo appuntamento la domenica sera, a cena, al Mall Grand Indonesia, nel centro di Jaka, alle 16! Rispondo che alle 16 io faccio la merenda, va bene per le 20? ma il Mall chiude alle 21 dice lei. Troviamo un compromesso: le 18.30. Con Martina il randevouz e per mezzora più tardi, un aperitivo in un bar sempre in centro. Non avendo il dono dell’ubiquità, domani ci sarà una ragazza a Jakarta che mi odierà dibbrutto. Per tutta la domenica, fino a dieci minuti dall’appuntamento Tiny mi tempesta di messaggi. Perché non è che si fida tanto di me, teme le dia buca. Arrivato al Mall, il gorilla all’ingresso indica un cartello, per entrare è obbligatoria mascherina ffp2. Ovviamente ho portato di tutto: preservativi, lubrificanti, scottex, manette, ma la mascherina ffp2 no. Dall’altra parte del vetro vedo una tipa che assiste la scena, poi se ne va. Ecco, penso, mi sono giocato Tiny e i suoi pompini. Sto per passare al piano B. Con il telefono in mano per chiamare Martina che già mi aveva mandato una decina di messaggi, perché sono già in ritardo, quando appare il popup il nome Tiny sul display. Era corsa a comprarmi la mascherina. Brava Tiny, la davo già per volatilizzata. Mi raggiunge all’ingresso. Timide presentazioni, strette di mano, bacino sulla guancia. Nell’emozione del momento indosso la mascherina al contrario. Solo dopo mezz’ora Tiny me lo farà notare, me la sentivo strana, infatti. E io che davo colpa alle cazzo di mascherine indonesiane. Tiny ha quel viso tipico indonesiano: zigomi che sembra abbia preso dei pugni in faccia, labbra da succhiona, naso a patata, un sorriso luminoso e acceso come un’alba di Sumatra. Porta i capelli lunghissimi sciolti come piacciono a me, castani, con colpi di sole. Lascio andare avanti Tiny per un po', per studiarle il culo. Ora, Tiny è un nome che ti fa venire in mente qualcosa di sottile e piccolo. Il culo di Tiny è tutt’altro. Due belle chiappone paffute, tonde, da schiaffoni amano aperta. Sono lì che mi sfrego le mani quando Tiny si gira e sorride, are you ok? mi fa, sempre con quel sorriso incredibile. Poi mi lascia andare avanti, sento i suoi occhi puntati sul il mio di culo. Una volta finito di studiarci il culo, ci sediamo in questo ristorante di cucina tipica Indonesiana. Il telefono continua a vibrare. Martina è passata dalle intimidazioni agli insulti. Quando presentano il menù non ho la più pallida idea di cosa ordinare. Tiny lo fa per me. Si presenta il cameriere con una serie di portate che sfamerebbero tutta la squadra di calcio giavanese. Io e Tiny parliamo e parliamo. Lei fa la baby-sitter, è madre single di una figlia. Ovviamente è la prima volta che si presenta all’appuntamento con un tipo incontrato sui social. Poi viene il mio turno di parlare di me, e racconto tutta una serie di cazzate.
Dopo cena decidiamo di andare in un locale dove suonano musica dal vivo. Ci accoccoliamo su un divanetto. Suona una band che fa le solite cover rock. Inizio le operazioni di studio per valutare le percentuali di scopata. Le prendo la mano, l’accarezzo il dorso col pollice, poi le metto un braccio intorno ai fianchi, la stringo. Finora tutto bene. Le quotazioni di scopata stanno salendo. L’alcol va in circolo e Tiny inizia a sciogliersi. Nonostante Tiny sia musulmana, l’alcol non le fa schifo. Evidentemente nemmeno il maiale, visto che mi si fa sempre più vicina. Provo a baciarla, ma lei si ritira. Insisto, ma ottengo solo un bacino che daresti a tua sorella. Ahia. A questo punto le percentuali di scopata crollano drasticamente. Sto già pensando a Martina, che probabilmente è più da battaglia. Come se l’avessi evocata. Mi arriva una videochiamata, Martina Jakarta, l’ho memorizzata in rubrica per distinguerla dalle 7-8 Martine della mia vita. Lo so, sono un Martin pescatore. Martina sta lanciando maledizioni. Alla fine, mi sono rotto le palle di ascoltare l’ennesima cover di Brian Adams e il cazzo devo infilarlo da qualche parte. Faccio la mia all-in.
Sussurro nell’orecchio a sventola di Tiny la fatidica: “Do you want to come to my place?”
La risposta è “Where?”
Prima che ci ripensi, voliamo al taxi.
Al mio hotel, faccio appena in tempo a chiudermi dietro la porta di camera, che a Tiny switcha in modalità porca. Parte all’assalto. La mano sul cazzo. Un metro di lingua fiondata in bocca, nemmeno un camaleonte del Madagascar. Se l’avessi fatto io lo chiamerebbero stupro. La cosa quasi mi spaventa. Per prendere tempo dico, e che cazz.. Tiny un secondo che mi faccio una doccia. Devo almeno pisciare. Dopo la doccia, esco dal cesso e trovo Tiny reggiseno e mutande sdraiata sul letto. Tiny, se avesse avuto una bottiglia, una banana, un ombrello o qualsiasi cosa similcazzo, gliela avrei trovata piantata in figa tanto è arrapata e impaziente. Tiny mi srotola l’asciugamano legato alla vita, resta un secondo a studiarmi il cazzo, lo solleva, mi soppesa le palle, un tanto all’etto. Poi divora tutto con un solo boccone. Le spingo la faccia verso di me e sinistri gorgoglii mi fanno capire la sto per strozzare. Prima che l’istinto di conservazione le dica addenta! libero la presa. Lei ancora con la bava alla bocca spalancata, mi guarda. Schiaffeggio questa ingorda a colpi secchi di cazzo bavoso. È che Tiny non riesce a stare senza il cazzo in bocca. Lo vorrebbe ingoiare, digerire e cacare. Poi si sdraia. Spogliami tutta, mi dice. Le tolgo le mutande e la figa è una coltivazione intensiva di pelacci.
Prima di passarci la lingua annuso l’aria che tira. Non è aria di primavera. Atterro sulle tette. Tiny ha le tette grandi, morbide e color marroncino e capezzoli come uvette. Le tette di Tiny sembrano due panettoni. Ho più capezzoli io. Però non potendo succhiarmi i capezzoli, mi accontento di quello che passa il convento e li succhio a Tiny. Ho il cazzo duro e dritto. Pizzami in terra e se mi dai uno schiaffone, giro come una trottola. Tiny lo sente questo tronco dell’amore tra le cosce. Tutto quello che vuole è coltivarlo come un pino in quel fitto bosco pubico. Visto che ancora non glielo sto trapiantando, fa da sé. Lo prende in mano, sta per interrarlo in quella buca profonda. Mi ritiro, dico, e che fai… non ho messo il preservativo. Lei, “Don’t worry. I’m clean”
Se lo avessi ficcato senza cappotto ogni volta che mi sono sentito dire “Don’t worry. I’m clean” mi sarebbe già caduto il cazzo da quel dì. Forse avrei anche qualche centinaio di figli. Più probabile, avrei scritto recensioni dei miei viaggi tra Lourdes, Medjugorje e il santuario di padre Pio.
M’incappuccio. Tiny che nel cervello ha riso bollito sembra quasi offesa, come se la trattassi da troia. Per punizione le faccio assaggiare la cappella, giusto passandola sulle labbra della figa, poi mi ritiro. Vado avanti così fino a che quasi piange. Alla fine, non resisto nemmeno io alla voglia di piantarci il cazzo. Inizio a lavorare di su e giù. Tiny vorrebbe strillare come un macaco crestato del Sulawesi. Si tiene una mano sulla bocca. Prende a sbatacchiare le mani sul materasso. È in preda alle coliche.
La fica di Tiny è tenera e calda e sugosa che sembra bagna cauda. Troppo bagna, però. Mi guardo il cazzo. È diventato tipo quando lo infili nel sugo di pomodoro. Non che l’abbia mai infilato nel sugo di pomodoro, ma immagino che se un giorno mi venisse in mente di farlo, uscirebbe così.
Tutto rosso e gocciolante.
A quel punto mi devo asciugare il pisello con dei fazzoletti. Diventa tutto un operare e tamponare sangue. Mi sento come E.R. - Medici in prima linea.
Dice Tiny che le sue cose dovevano arrivare la prossima settimana. Ti fa schifo, mi fa?
L’ho ficcato in posti peggiori, faccio io.
Alla fine dopo che ha perso qualche litro di sangue, l’emorragia sembra arrestarsi. Cambio posizione. Vista la stazza di Tiny evito di chiavarmela a smorza. Non vorrei piegarmi come uno sgabello. Giro Tiny come un pancake. La cuocio bene anche sull’altro lato. A pecora Tiny offre il suo profilo migliore. Come uno squalo tigre eccitato dal sapore del sangue, vorrei farle sanguinare anche il culo. Le allargo le chiappe, prendo il suo bucio del culo per una sputacchiera. Ci sto quasi piantando il cazzo come una bandiera di guerra. Tiny mi ferma. Non vuole. Il culo no. Non sta bene, ci siamo appena conosciuti. Però mi lascia intendere che potrebbe anche darmelo, però non ha mai provato, ovviamente.
È bello sapere che là fuori esistono ancora ragazze con una solida morale.
Back to fica, allora.
Così girata, tra le chiappe, la figa di Tiny mi si presenta come un musetto rosso con i baffi. Piazzo in quel musetto centimetri di cazzo. La galoppo, manca solo che faccia Hop Hop.
Agguanto Tiny per i capelli e prendo a schiaffeggiarla quel culo che è il mio obiettivo fin da quando l’ho adocchiato al Mall. Nell’albergo penseranno la sto menando. Tiny mi guarda da sopra le spalle con quel faccione sempre allegro. Vorrei sborrarle in faccia e vedere se la smette di sorridere. Però schizzo lava bollente nella di fica di Tiny che nemmeno un’eruzione del Krakatoa. Mi accascio sulla sua schiena
Vado al cesso e sciacquarmi il pisello, quando rientro in camera Tiny è già vestita. Le avevo detto che il giorno dopo avevo il treno presto per Yogyakarta, per fortuna non le viene in mente di dormire da me. Chiamo un taxi. L’accompagno in strada. In attesa del taxi parliamo di come sia stato incredibile il nostro incontro. Facciamo già progetti per il futuro. Le ho sparato tante di quelle balle così convinto quasi ci credo anch’io. Tipo, che sarei tornato dal mio viaggio di lavoro di pochi giorni a Jakarta da Yogya. Ci saremmo rivisti la settimana dopo. Tiny mi dice che avrebbe potuto venire a Yogya a trovarmi, visto che è la sua città di origine, e saremmo ritornati a Jakarta insieme. Sicuro faccio io, sarebbe bellissimo. Ovviamente tutto questo non succederà mai. Se vai pescare le uniche cosa vere, nel cesto delle cazzate assortite che ho regalato a Tiny, ci sono: una che sì partivo Yogyakarta ma come tappa del viaggio senza tornare a Jakarta. Due, ero sì in Indonesia per lavoro, ma non come programmatore software, ma programmatore di scopate. Sale sul Taxi, mi fa ciao ciao. Il suo faccione che mi guarda triste dal finestrino è l’ultimo screenshot di Tiny. Guardo il telefono, ci saranno tipo cento notifiche tra messaggi video chiamate di Martina. Alla fine Martina ha smesso di maledirmi in Inglese e ha preso a iniziato a mandare messaggi in indonesiano. La partenza è all’alba. È ancora mezzanotte, ho il tempo per farmi un’altra chiavata. Messaggio a Martina, la butto sul tragico voglio fare leva sulla sua comprensione. Le mando una cosa tipo cosa tipo “Scusa, Honey, sono stato rapito da una banda di terroristi della Jemaah islamiyah, non potevo risponderti. Ora mi hanno liberato, siamo ancora in tempo per vederci?”
Attendo ancora una risposta da Martina.

IlMarchese
Silver
11/01/2023 | 15:22

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@hicnus said:
@IlMarchese
chapeau...
in confronto Cap D'Agde e' un monastero di suore di clausura😅
Purtroppo contesti cosi per mi inibiscono.. fifa di portare a casa brutti ricordi 😅

Porti a casa solo bei ricordi.

IlMarchese
Silver
11/01/2023 | 15:22

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@hicnus said:
@IlMarchese
chapeau...
in confronto Cap D'Agde e' un monastero di suore di clausura😅
Purtroppo contesti cosi per mi inibiscono.. fifa di portare a casa brutti ricordi 😅

Porti a casa solo bei ricordi.

IlMarchese
Silver
07/01/2023 | 15:17

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@begbie said:
"Vogliamo le foto delle tipe, dei froci e degli scontrini/ricevute della serata. Altrimenti non sei credibile cazzo!". A volte mi chiedo perché ancora bazzico da queste parti nel 2022, ormai 2023. Le tue recensioni sono una delle poche risposte. Mille grazie Marchese, uno degli ultimi romantici

Al di fuori delle foto scattate da fotografi autorizzati che vengono pubblicate sul sito web, se ti trovano con lo smartphone in mano a fare foto o anche solo per vedere che ore sono, finisci sala delle torture anali. Quindi fidati di quello che ho racconto, però ho ancora il biglietto

Mille grazie per l'apprezzamento delle mie recensioni e resta sintonizzato che ne verranno delle belle.

IlMarchese
Silver
30/12/2022 | 16:24

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@Gnoccatravels said:

@IlMarchese grazie del report!

Grazie a voi per offrire questo spazio unico nel suo genere. Vi seguo attivamente da anni, credo dai primi vagiti, o per meglio dire, orgasmi. Auguri per un 2023 di sucessi e trombate!

IlMarchese
Silver
28/12/2022 | 14:51

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@mondokane said:

Esperienza dantesca col rischio di finir infinocchiato. Relazione quantita uomini-donne?

L'essere infinocchiato al Wasteland per molti è visto come un'opportunità. Non saprei dirti il rapporto uomini donne. è un pò tutto confuso. Però c'è un gran numero di gnocche e di qualità eccelsa e se hai letto la rece, il fatto che siano accompagnate non significa che non siano chiavabili.

IlMarchese
Silver
23/12/2022 | 09:04

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@Mattiafibra
Grazie per i complimenti. Il party si tiene ad Amsterdam, come ho scritto all'inizio, però si alterna a Berlino. Il costo è 45 euro, preservativi, oli essenziali e frustate incluse nel prezzo.

IlMarchese
Silver
17/12/2022 | 17:37

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Sono ad Amsterdam per il fetish party più trasgressivo al mondo, il Wasteland.
Il Wasteland è un party fetish che rimbalza come una ball gag da Berlino ad Amsterdam. Indosso il mio outfit fetish d’ordinanza. Pantaloni in pelle nera, maglietta della salute in latex nera, maschera cattiva, nera, mutande con orsetti di vari colori. Insomma il vestito che metteresti per il pranzo di natale in famiglia. Mi metto in fila per entrare. Già si capisce il tono della serata. Davanti a me c’è Jesus Christ Superstar con corona di spine che spilla sangue, fa coppia con un troione in corsetto di pelle e collare borchiato. Sento parlare Italiano e ci sono Mario che tiene Giovanni per una catena al collo. All’ingresso due stanghe con la frusta decidono se sei abbastanza fetish per poter partecipare, sono abbastanza fetish.
L’ambiente è un misto tra un concerto Black Gothic Dark Metal, un locale di scambisti e una festa patronale.
Arrivo presto, sono le 22. Il party si tiene in un club di tre piani che è come l’inferno: più vai giù, più scotta. Appena entrati c’è la sala da ballo. Voglio dire, se non fosse per la gente che sembra uscita dal film Hellraiser o eyes wide shut, i manichini impiccati che penzolano dal soffitto, il Dj con la maschera da caprone, sembrerebbe una normale discoteca. Anche la musica è la solita dance elettronica dimmerda. Al piano sotto, altra sala da ballo. Qui a saltellare sono più maschioni nudi. I più timidi indossano mutande di pelle con pettorine fetish. Non saprei dire che musica suonassero, se fossero canti di uccelli, maracas brasiliane o quant’altro, perché me ne esco di filata. Per carità, niente contro le maracas brasiliane. Sullo stesso corridoio apro una porta nera e spessa che non ispira niente di buono. Mi trovo in una stanza dal soffitto basso, sembra una cantina o una cella punitiva o il monolocale di mio cugino. Invece è il Chillout Lounge con il Karaoke. Una tipa mascherata da sposa cadavere scompone in grugniti, miagolii e scorregge vocali quella che mi sembra I Will Survive di Gloria Gaynor. Cantata da una tizia truccata color livido, occhi cerchiati postmortem, lenti a contatto opache da cernia pescata sei giorni prima, mentre ondeggia nel suo vestito di organza stagione autunno inverno 1869, pare la scelta musicale azzeccata.
Scendo ancora a cercare il centro dell’inferno. In questa sala si tiene una performance sadomaso. Un puttanone mascherato da catwoman, con un pennarello scrive su pancia e petto di un disgraziato pescato tra il pubblico, frasi come: la mia vita non ha senso, sono un pezzo di carne, tifo per la Juve, e altre cose umilianti che non ho il coraggio di trascrivere. Poi lo frusta e gli piazza il tacco 12 in mezzo alle palle. ‘Ahi’ fa il pubblico per solidarietà. Con la coda dell’occhio vedo qualcosa che ad un party fetish, almeno in quelli legali, stonerebbe. Un bambino che si fa strada tra il pigia pigia di carne, latex, metallo e sesso. Guardo meglio. Non è un bambino, è un fottuto nano. Poi penso che l’unica cosa che non può mancare a un fetish party con i controcazzi è un nano sessuale, e al Wasteland fanno le cose in regola. Questo nano è truccato come uno zombie nano, una mandibola squarciata disegnata sulla faccia nana, mi fissa dal basso come un cucciolo il padrone. Sta dicendo qualcosa, mi dice qualcosa. Non sento, mi piego. Me lo devo far ripeter due volte perché penso, spero, giuro, di aver capito fischi per fiaschi. Invece avevo capito bene.
Da quella bocca da zombie nano esce : Vuoi che ti frusti? Così tout court. Come se mi chiedesse l’ora.
E io dico no grazie, dico, la mia mamma non vuole. Arriva un altro nano, questo è color cioccolata. Mi tolgo da questa situazione da Willy Wonka fetish.
Continuo l’esplorazione dei gironi infernali. Mi sento un po' Dante Alighieri. però devo pisciare. Non esiste una vera distinzione tra signori e signore anche nei bagni. La porta del cesso è chiusa. Tramestii e mugulii che sembra qualcuno sti partorendo un meteorite. Aspetto cinque minuti. Si apre la porta, escono due uomini e una donna, anche se da come sono vestiti non sono sicuro. Entro e mentre sto per chiudere la porta, un energumeno in piume e mascara mi guarda con quello sguardo che dice “vuoi che te lo regga?” “hai bisogno di un bidet?”
Nel cuore nero dell’inferno c’è Satana con tutti i suoi diavoli e si divertono un casino. L’ultimo girone è Il dungeon. Il dungeon è come la casa degli orrori del luna park, oscuro, labirintico, non sai mai quale spauracchio ti farà sussultare nella prossima stanza. Ma, a differenza della casa degli orrori, nel dungeon gli spauracchi, oltre che spaventare, scopano. In questo dedalo di turpitudini, vago come un Teseo arrapato senza il filo d’Arianna a farmi da guida, perché Arianna è una mistress cintura nera di bondage e sta arrotolando il filo intorno a un uomo che fuori da qui è direttore di banca, è membro attivo della comunità e dona l’8 x mille alla chiesa cattolica. Arianna lo lavora come un norcino bdsm, lo trasforma in un culatello della val frociona. Oltre all’angolo dell’insaccato bdsm, c’è la sala della gogna, quella con la croce di sant’Andrea, diverse zone con lettini sessuali in catene e cuoio e lacci e umiliazione. Poi il lettino del ginecologo, lo Spanking Bench quello dove ti devi mettere a pecora legato e sottoposto ad angherie di ogni tipo, e… Venghino siori, venghino! La gabbia! Se vuoi trombare nella privacy, alcove chiuse da tendine fanno per tre. In un angolo oscuro, intravedo grovigli di corpi, piedi con i tacchi spuntare fuori da questo involtino orgiastico. Mi avvicino come un appassionato d’arte che al museo vuole ammirare da vicino i panneggi e i nudi di un qualche gruppo scultoreo, tipo Amore e Psiche del Canova o il Laocoonte e i suoi figli. L’opera in questione potrebbe essere intitolata “il gruppo dell’ingroppo”. Invece di tirare fuori gli occhiali da vista come farebbe uno studioso d’arte che si rispetti, tiro fuori l’uccello. Un mascalzone sta sifonando a perdifiato una donna sdraiata su un lettino, altri tre intorno che si smanettano pronti per l’arrembaggio. Non saprei dire se la gnocca è vecchia, giovane, bella o brutta, lebbrosa o col vaiolo. L’oscurità è fitta come i cazzi che la circondano. Quello che la scopa lo fa senza preserva. L’unica raccomandazione di lei: “non venirmi dentro”. Si vede che ci tiene alla salute. Di fianco un uomo che le sussurra all’orecchio e sembra controllare il traffico. Appena la passera si libera un attimo, ci infilo un dito. La sensazione di barattolo di mascarpone mi fa capire che il tizio di prima non ha seguito le istruzioni. Lei mi guarda con quello sguardo tra l’estasi e il delirio e il “mi stai facendo solo il solletico”. Aggiungo un altro dito, poi un altro ancora, ci potrei infilare anche la mano ma non mi sembra educato. Per tutto il tempo un tipo alto due metri, capelli lunghi, mutande di pelle, pettorina di catene e uno sguardo da Hannibal Lecter, fissa la scena e semplicemente si sega, ansioso di entrare in azione. In vena di vandalismo sessuale mi preparo a dare qualche martellata al gruppo scultoreo. Sono lì per dare il primo colpo, e… lei si alza e se ne va via insieme al tizio che le sussurrava alle orecchie. Entrano nella zona tendine. Io rimango lì, il preservativo tristemente afflosciato sul cazzo, gli altri due tizi che mi guardano. Hannibal Lecter si è incattivito ancora di più.
Ritorno nella sala da ballo al primo piano. A parte la solita musica del cazzo anche qui la situazione sta diventando bollente. Passo davanti a una coppia, lui appoggiato al muro, lei in ginocchio a succhiare come un pipistrello vampiro. Mi siedo su in divanetto, mi bevo un drink, osservo lo zoo umano. Quelli seduti a fianco, prima occupati a parlare del meteo e della congiuntura economica mondiale, cominciano a slinguare. Lei si mette in piedi, si solleva la gonna, monta alla cavallina in sella al pisello di lui che sbuca dalla patta. Partono al galoppo. Non fanno caso a me che sto bevendo il mio drink a dieci centimetri. I ghiaccioli nella mia vodka Lemon tintinnano come se ci fosse un terremoto. La cavallerizza va in deliquio. Sta per essere disarcionata, si aggrappa con una mano al mio braccio. Poteva anche essere un tronco d’albero, tanto continuano a non cagarmi. Quella troia mi rovescia il drink e vaffanculo.

Verso l’una di notte alcol e droghe cominciano a fare il loro effetto afrodisiaco. Torno di sotto. Ora è il Dungeon è follato e frenetico come un carcere filippino. Scosto le tendine dell’alcova e ritrovo la coppia della ninfomane che sono ancora a scopare, praticamente scopano da due ore. Nell’alcova accanto Hannibal Lecter appecorinato in attesa che qualcuno se lo inculi. Dopo dieci minuti, lo ritrovo stravaccato su un’altalena sessuale, lo sguardo cattivo. Le palle strizzate da un cinturino, sempre in attesa che qualcuno se lo inculi, ma nessuno che vorrebbe farsi mangiare il fegato con contorno occhi, se lo incula.

Nella sala della gogna spunta un culo e stivali neri a mezzo coscia. Piegata a 90, testa e braccia bloccate. Chiunque sia è in balia di un tipo con la frusta, ma la usa senza convinzione. Chiedo al tipo, posso? Il tipo fa la cazzata di passarmi il frustino da equitazione, mi dice sì ma vacci piano. Tutti sanno che quando mi trovo una frusta in mano, non conosco mezzi termini. ‘sto culo si becca una scudisciata che le rimane come un morso sulla chiappa. Il culo appartiene a una ragazza che solleva la testa, a sopra la spalla vede me con lo scudiscio in mano e un ghigno stronzo in faccia. Non è tanto contenta. Neppure il suo uomo è tanto contento. Per evitare di finire sulla pubblica gogna al posto suo, mi confondo tra il flusso di allupati che vaga tra i corridoi.
Sulla sedia bondage è accomodata una suora. Tonaca, velo, croce, insomma tutto l’armamentario monacale, solo che è in latex bianco e rosso. Non avrà più di 25 anni. Un’altra consorella vestita come lei mi dà le spalle le sta rimestando la figa. La cosa strana della consorella è che c’ha la barba, e mentre la lavora di dita, si sega. Intorno a queste orsoline, un gruppo di fedeli si smanetta senza posa. Sembra una specie di rito mariano-segaiolo. Prendo la suora per il mento. No, non quella con la barba, l’altra. La giro verso di me. Le lecco la faccia. Infilo la comunione in quello bocca monacale da troia. Le rimesto la lingua consapevole che quella bocca deve aver preso più schizzi di un’acquasantiera. Suor maiala mi mette la mano sul cazzo, me lo tira fuori. Prendo posizione al posto della sorella barbuta. La inchiodo come un cristo a quel fottuto trespolo bdsm. Suor maiala è in estasi mistica, non apre mai gli occhi. L’altra suora, che non ho capito se è il ragazzo o un membro della stessa confraternita, le dà la santa comunione. Le fa inalare una fialetta di popper. A quel punto la sua fica si contrare. Il suo utero c’è come una mano che mi strizza il cazzo. Se lo tirassi fuori, a parte lasciarci dentro mezzo cazzo, si sentirebbe un “flop” come se stappassi una bottiglia di chardonnay. È in preda a una specie di crisi epilettica, trema, si irrigidisce. Spero che non mi muoia o almeno che lo faccia dopo che ho sborrato. Tira la testa all’indietro in un’estasi mistica, sembra santa Maria Teresa D’Avila, manca solo l’aureola di luce e l’angelo a completare il quadro.
Suor maiala Santa subito!
Poi finalmente apre gli occhi, poi li richiude. Evidentemente s’aspettava di trovarsi davanti Gesù redentore o padre pio o l’angelo avvolto di luce, ma invece è un porco sudato vestito il latex nero con la maschera nera cattiva che le ha battezzato l’utero.
In un’altra stanza si stantuffa di mano una donna con la stessa delicatezza di quando sturi lo scarico di un lavandino otturato. Fa pure le pernacchie. Il tubo si stura. Schizzi su l’idraulico e tutti quelli che lo stanno assistendo. La fogna squirta e lo sprizzo mi raggiunge anche se faccio un salto all’indietro. Sulla maglia in latex mi cola questa bava lucida di piscio, brodo ficale e chissà cos’altro della donnatubo stasata.
In mezzo al corridoio, un ingorgo causa lavori in corso. Una squadra di operai africani e una cicciona bionda hanno allestito un cantiere. Lei carponi, con le mani lavora due cazzuole, con la bocca un trapano. Poi c’è il capocantiere, che se la incula. Resto lì ad osservare come farebbe un vecchio un cantiere edile. La squadra di operai africani è la più richiesta nel dungeon, sono gran lavoratori.
Una vecchia penzola da un’altalena come un fico secco da un albero. Tra le gambe ha un ragazzo che potrebbe essere il nipote. Il marito, un simpatico vecchietto, guarda questo estraneo che si fotte la moglie che nella vita ha accumulato più cazzi che rughe, ed è felice. Almeno per una volta salta il turno, non è non è costretto a ficcarlo in quel buco stantio, lo fa qualcun altro. Anche lei è felice. Il nipotino tira fuori il pisello e le irrora la faccia di sborra. La vecchia si alza a fatica, si rimette le mutande, prende a braccetto il marito. Un filamento biancastro le cola dal mento, lo raccoglie. Fanno ciao ciao a tutti e se ne vanno.
Ora, la domenica, quando siete a tavola con i vostri nonni a mangiare la pasta al ragù, li vedete provati e chiedete cosa hanno fatto la sera prima, e loro rispondono eravamo a un torneo di burraco, o, a ballare il liscio alla balera, e poi vostra nonna, quella delle torte della nonna alla crema, si passa la mano sulla faccia e sorride al quel pacioccone di vostro nonno, ripensate a questa storia.
Incrocio una suina tenuta per mano da un mandingo in mutande che poi è il capocantiere di prima. Altri tre o quattro arrapati che li seguono. Mi accodo alla processione. Il nero le suggerisce che sull’altalena sessuale a pecorina è meglio che supina. Lei non vuole, si mandano affanculo. Ci sono delle gnocche che hanno il pallino delle gang bang, o, magari quando spengono le cinquanta candeline sulla torta di compleanno, esprimono un desiderio che non è il principe azzurro. Questa è una di quelle. Infila le zampe nelle imbracature dell’altalena, si posiziona a gambe larghe come se dovesse partorire. Con uno sguardo passa in rassegna tutti i cazzi che la puntano come un plotone d’esecuzione. Sotto a chi tocca. La suina inizia a ondeggiare sull’altalena. Sembra Heidi la ragazza delle Alpi, quella del cartone animato. Mancano solo le montagne innevate, i prati verdi e il vestitino da pastorella svizzera, ma il sorriso è quello. Heidi e i cazzi le fanno ciao. Stuzzico i capezzoli a questa vacca montanara. Dal momento che ha almeno la bocca libera le avvicino il pisello. Lei non ci pensa un minuto, lo afferra come un microfono e ci canta uno dei suoi jodel “Holalaaaiiidiii, Holalaaaiiidiii”. Accipicchia, Heidi qui c'è un mondo fantastico! Quando non è il pisello in quella bocca canterina ci piazzo un pollice che succhia e morde come una bimbetta. Intanto tra le sue cosce sono passati già due o tre caproni. Mentre la nutro a cazzi e pollici, una mora in maschera nera tutta ricamata tipo centrino, tette nude e capezzoli coperti da un cerotto, si avvicina curiosa come una vacca al pascolo. Poi si piega a baciare Heidi sulla bocca, le accarezza i seni. Faccio vedere a questa vacca mascherata che potrebbe anche succhiarmi il cazzo, cosa che non se lo fa dire due volte.S’inginocchia e me lo succhia. S rimette in piedi, e girandosi verso il suo ragazzo che era rimasto tutto il tempo muto a guardare, ride e fa “I’m a bitch”, tanto per ribadire.
Quest’aria da alpeggio di montagna mi dà la fregola. Mi metto in fila per il rancio o almeno per sgranocchiare l’osso. Spingo, sgomito e prepotentemente guadagno la pole position. Penso che Heidi sarà ormai sazia, non è così. Un paio di colpi di cappella sulla bocca di quella sorca spanata. Lei è tutta contenta a vedere il mio cazzone. Glielo ficco in quelle profondità abissali. Tenera piccola Heidi, con un bucio di culo così. Avete mai provato a chiavare qualcuno sdraiato su un’altalena sessuale? No?
Ok, Per evitare che oscilli come un campanaccio, devi tenere ferme le catene che la reggono al soffitto. Le tue gambe devono seguire il movimento ondulatorio, si alzano e si abbassano, si alzano e si abbassano. Aggiungi inoltre che devi cercare di centrarle la fica o perlomeno il buco del culo, mentre lei si dimena, si contorce e cerca di arraffare tutti i cazzi che le capitano a tiro. Più che una scopata è una gara di pentathlon. Heidi sull’altalena fa acrobazie incredibili. Inoltre, devi avere anche gli occhi dietro la testa. Non sai chi c’è dietro di te e soprattutto cosa stia facendo. A me, avere dietro qualcuno che aspetta in fila, che sia la fila alla cassa del supermercato, in fila in chiesa a prendere la comunione o in fila per scopare una ninfomane in una gang bang in un fetish party, mi genera ansia. Poi ci sono quelli che continuano a smanettarsi come automi. Con la scusa della ressa, te lo appoggiano. Avere quattro, otto, sedici palle al culo è un attimo. Dopo che Heidi si è presa tanti cazzi che messi in fila fanno l’altezza del Cermis, da un bacino in bocca a tutti e se ne va.
Dopo tre ore di chiavate e chilometri e chilometri percorsi come un’anima in pena nei meandri del Dungeon, la stanchezza si fa sentire. Le ginocchia sono budini, i piedi, carboni ardenti, il cazzo, un ecce homo. Gocce di sudore colano da sotto la maschera, la vista s’annebbia. Inciampo su una gamba qualcuno inginocchiato a spompinare qualcun altro. Ruzzolo come una palla di latex e caracollo dentro l’alcova sbagliata. Sono sdraiato a pochi centimetri da tre tipi incastrati e accartocciati uno con l’altro come un trenino gay deragliato. Per non finire anch’io coinvolto in questo incidente frocioferroviario mi rimetto in piedi, dico anche scusate per averli interrotti visto che si sono fermati e mi stanno fissando, e me ne vado.
Sono le quattro di mattina e a fine serata il Dungeon puzza come un preservativo usato.
L’ultima polaroid dall’inferno è un’apoteosi orgiastica. Un presepe fetish. I tre re magi sono un trans pelato dalle sopracciglia contornate da piercing e due grosse tette, che un tizio in tuta zentai nero lucida come se avesse fatto il bagno nella pece sta succhiando, mentre rovista nelle mutande del trans cercando inutilmente di farglielo rizzare. Questo a sua volta tiene per il guinzaglio un altro che se ne sta in ginocchio e lo spompina come se vivesse solo per quello.
Sborra, incesto e birra.
La capanna è la gabbia bdsm. Dentro c’è l’asinello che si fotte il bue che nel nostro caso è una vacca di due metri che grida come se fosse al macello. Si regge alle sbarre scuotendole e sferragliando come una gorilla in preda a un attacco di panico. Intorno tutti i pastori che ovviamente, si segano. Poi c’è il mio amico nano zombie che non può che interpretare Gesù bambino. In piedi sopra la spanking bench si sta fottendo Maria che intanto lo succhia a Giuseppe. E L’angelo? L’angelo è una bionda avvolta in una tutina a rete e sta minacciando tutti con un gatto a nove code.

IlMarchese
Silver
25/11/2022 | 17:29

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IlMarchese
Silver
06/09/2021 | 10:11

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La prossima che mie entra in casa di notte la tengo per te.

IlMarchese
Silver
06/09/2021 | 10:10

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ripartenza resilienza della figa non sto senza!

IlMarchese
Silver
06/09/2021 | 10:09

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IlMarchese
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06/09/2021 | 10:07

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ripartenza resilienza della figa non sto senza!

IlMarchese
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05/04/2021 | 09:32

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IlMarchese
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11/09/2020 | 20:00

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IlMarchese
Silver
11/09/2020 | 20:00

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@bellomo
sì in effetti dovrei integrare con qualche foto... mi sono riguardato le foto delle fighe di Dumaguete compreso il trans e preferivo averle dimenticate

IlMarchese
Silver
20/05/2020 | 18:07

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@alfonse
Quando mi omaggiate mi viene duro, grazie. Aggiungo anche la regola: se beve come uno straccio portala a scopare prima di trovartela in coma e di toglierti dalla faccia la sua cena. E poi anche la regola: attento a quando ti dice che squirta, ma invece piscia. E poi, ma questa vale sopratuttonin Asia, se mangia piccante prima del pompino scoperto, copriti.

IlMarchese
Silver
11/02/2020 | 16:25

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IlMarchese
Silver
01/01/2020 | 13:52

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@SugarXYZ
Grazie. Saigon è stata già recensita. La trovi tra le mie recensioni

IlMarchese
Silver
30/11/2019 | 10:20

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@Papero
Ho letto anch'io Shantaram, ottimo libro. Mi fa piacere ch hai seguito qualche volta le mie impronte, spero ti siano state utili. Vedremo cosa riserva l'India a livello figa.
Namaste

IlMarchese
Silver
21/11/2019 | 14:42

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Una volta un indovino profetizzò " A Mumbai non tromberai"
Al mio ritono ve lo saprò dire...

IlMarchese
Silver
09/09/2019 | 15:57

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@Ruoppolo
Perchè non andare a troie a Troia provincia di Foggia?

IlMarchese
Silver
05/09/2019 | 16:17

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Mousse au chocolat sfornato dalla ragazza e glassato alla crema chantilly di produzione propria, Calda, cremosa che cola come perle liquide. Il tutto innaffiato da uno Champagne che zampilla dalla fontana di venere.
Roba da Gourmet.

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