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Silver 51-100
20/06/2016 | 15:31

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Silver 51-100
20/06/2016 | 14:13

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@federking888 - l'immaginario è, per definizione, inconscio. Quelle cui ti riferisci tu sono fantasie. Chissà quante volte hai sognato di farti la mamma e poi hai rimosso!

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Silver 51-100
20/06/2016 | 10:55

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La sessualità è fenomeno complesso e pervasivo di cui siamo impregnati da capo a piedi, che va ben oltre il mero fattore biologico, fino a comprendere non solo la genitalità ma anche l'affettività, la corporeità, la cultura e i suoi valori. La sessualità non ha nulla a che vedere con l'attività sessuale che ne rappresenta una manifestazione residuale, al contrario si manifesta olisticamente in tutto il nostro agire e determina ciò che ciascuno ontologicamente è.

L'incesto, che ho voluto esplorare nel mio racconto, fa la parte del leone in ogni immaginario erotico, a livello di proiezioni affettive e pulsioni inconscie.

Già immaginavo che in un contesto di ciulatori seriali, confinati all'interno dei ristretti ambiti della tradizione e della figa obbligatoriamente esogama dalle costrizioni e divieti sociali, il tema potesse suscitare qualche imbarazzo, ma invito a ragionare sul fatto che se per nove mesi siamo stati parte integrante del corpo di una donna uscendone, al momento della nascita, attraverso quel condotto in cui poi da adulti cerchiamo spasmodicamente di rinfilarci, forse un qualche nesso c'è. E senza timore di ammetterlo.

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Silver 51-100
18/06/2016 | 21:15

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Non per disprezzare la gnocca dove si puccia, ma il volontariato sociale brulica di cessi inchiavabili. Poi è anche vero che al buio tutti i gatti sono neri.

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Silver 51-100
18/06/2016 | 17:19

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Questo dovrebbe essere un sito trasgressivo come il suo nome lascia credere. Mi rendo conto, invece, che pullula di benpensanti. Ma, cazzo, lasciatevi andare, non sapete che l'orgasmo è ascesi mistica?

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Silver 51-100
18/06/2016 | 16:14

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Ero da poco entrato in quella che, una volta, veniva definita “maggiore età” e non me la passavo male nella mia succinta famiglia della quale mio padre e io esaurivamo il numero dei componenti. Lui era un eccellente ragazzo-padre nel senso che ci separavano solo 24 anni. Ragazzo nei casi in cui avevo bisogno di rapportarmi a lui come a un fratello maggiore, padre quando c’era da assumersi le responsabilità che il ruolo comporta. Mia madre si era defilata dagli orizzonti famigliari molto tempo prima, apparentemente senza traumi per nessuno dei tre. Semplicemente, una sera, aveva omesso di rientrare a casa ed era svanita dentro una mia personalissima foschia biancastra popolata di presenze mancate e affettività interrotte.

Mio padre, invece, se n’era fatta una ragione. Lui sapeva fin dall’inizio che si trattava di una storia a termine. “Fa parte del rischio d’impresa” – commentò una volta che capitammo sull’argomento – “specie quando investi su una creatura bellissima com’era lei ma anche terribilmente inquieta”. “E tu in qualche modo le assomigli”.

I primi tempi dopo il suo distacco mi telefonava un paio di volte al mese, spesso da luoghi esotici , ogni volta diversi, ma in seguito i contatti si fecero sempre più rari fino a cessare del tutto.

Io conducevo la normale vita di un ragazzo borghese: frequentavo l’università, giocavo da pivot a basket, rimediavo continui infortuni a calcetto e me la cavavo piuttosto bene a tennis e con le ragazze.

Quell’anno mi ero trasferito a Siviglia per l’Erasmus. Città fantastica, effervescente di millenaria cultura, amalgama di civiltà e copiosa di occasioni per un giovane di belle speranze. A una festa conobbi Lisa, sedicenne bellezza iberica mora con due magici occhi azzurri che ad ogni sguardo mi suscitavano un’indefinibile emozione. Orfana di un ricco allevatore di tori da combattimento, Lisa condivideva con me un sacco di interessi e anche quel feeling speciale , empatico, stranamente familiare suscettibile di trasformare un incontro casuale in amicizia intima fino ad evolvere verso un carnale desiderio reciproco che, nel nostro caso, riusciva a saziarsi solo in una furibonda frequentazione fisica.

La nostra storia aveva dello straordinario: nonostante la sua giovane età, mai una discussione, mai un broncio, un capriccio; partecipavamo sempre e all’unisono dello stesso desiderio; qualsiasi cosa volessimo fare lo volevamo entrambi. Lei non era gelosa, solo possessiva. Ci poteva anche stare che io finissi a letto con qualche sua amica, tanto lei era sicura di potermi recuperare in qualsiasi momento. E aveva ragione.

Per il mio compleanno il dono di Lisa fu davvero speciale: mi procurò l’ingresso a un club mooolto esclusivo situato in una castello privato sulle colline appena fuori città. Si diede da fare per recuperarmi uno smoking, insistette perché prendessi la sua Mini Cooper verde e volle che ci andassi senza di lei “perché le situazioni più intriganti si palesano solo al battitore libero”. Mai previsione si rivelò più azzeccata.

La location era suggestiva: il riflesso della luna sulle placide acque del Guadalquivir creava argentei giochi di luce che giungevano fino a riva. Gli ospiti venivano filtrati all’ingresso da due enormi mori, per essere poi affidati ciascuno a una ragazza diversa– tutte esotiche bellezze in costume da odalisca – che sarebbe stata la sua accompagnatrice per l’intera serata. A me toccò Ghizlane, una voluttuosa giovane saharawi , che, giocosamente, ma forse neanche troppo, si presentò dichiarandosi, con un sorriso, mia schiava e umile ricettacolo di ogni mio desiderio. Le varie sale del castello interpretavano temi della cultura mudejar; io mi fermai in una dove il suono ipnotico di un oud pizzicato con rara maestria diffondeva le note malinconiche di antiche melodie arabo-andaluse. Ghizlane, accovacciata sul pouf accanto a me mi porgeva con le sue dita affusolate leccornie di ogni genere attingendo al tavolo del buffet.

Improvvisamente avvertii il montare di un’onda, come un potente campo magnetico che stava sgretolando l’aura di estatico incantamento in cui mi trovavo avvolto. Dall’altra parte della sala una diafana visione femminile aveva “agganciato” come un sistema radar di acquisizione del bersaglio, la mia presenza e non se ne distoglieva più. Io mi alzai come un automa, pervaso da una specie di trance che mi sospingeva irresistibilmente verso di lei fino a gettarci l’uno tra le braccia dell’altro.

Fu così che, dopo quindici anni, rincontrai mia madre.

Mia madre… madre… parola che rimanda nell’iconografia tradizionale a esili madonne col bambino grondanti d’amore e devozione per il pupo che tengono in braccio. Ma qui le cose stavano diversamente: la donna con la quale era scattato un reciproco magico nonsoché era un pezzo di figa di 38 anni bella e avvolgente come la luna nelle calde notti di mezza estate. Mi disse di aspettarla il tempo necessario a organizzare la sua eclissi dall’ “evento” per il resto della serata, poi sussurrò qualcosa alla mia accompagnatrice e, rivolgendomi un sorriso denso di indecifrabili significati, scomparve. Ghizlane mi prese per mano e mi accompagnò direttamente al quarto e ultimo piano del castello. Mi spiegò che il secondo era adibito a foresteria per gli ospiti che desideravano intrattenersi con le ragazze e al terzo si trovavano gli alloggi del personale. A questo punto le chiesi con una certa trepidazione che cosa c’entrasse esattamente la signora che mi aveva abbracciato e lei mi rispose che era la proprietaria del castello e titolare del business. Mi fece accomodare in un lussuoso appartamento dalle cui vetrate si dominava tutta la valle del Guadalquivir e si accommiatò con un bacio a fior di labbra. Non ebbi molto tempo per mettere a fuoco il puzzle di informazioni, sensazioni ed emozioni che nell’ultima mezz’ora mi erano piovute addosso perché di lì a poco bussarono alla porta ed entrò mia madre.

Parlammo a lungo, dopo. Lei era raggiante, mi guardava con quei suoi magici occhi azzurri che mi rimestavano l’animo con inquietanti abbinamenti subliminali, mi accarezzava, mi stringeva a sé, mi diceva cose bellissime inebriandomi con le spire del suo impercettibile profumo. Poi mi prese dolcemente la testa tra le mani attirandola verso il suo seno. Si accorse della mia riluttanza – “ma dai, sciocchino, non ricordi quante volte mi hai già preso le tette in bocca? E non te ne volevi staccare, sai, e ora non ti piace più”? La guardai stranito, ma il mio uccello, che per sua ontologica natura aveva afferrato la situazione al volo, era diventato un blocco di marmo vibrante dell’atroce spasimo di riportarmi dentro quel corpo di donna da cui ero uscito vent’anni prima.

Come i salmoni che tornano a deporre le uova là dove sono nati, anch’io mi ritrovai a ripercorrere quella stessa strada all’incontrario, sfogando tra le prensili e avvolgenti mucose di quella vagina l’infinito amore per la donna che mi aveva messo al mondo e tutto il rancore per quella stessa donna che, poi, se n’era andata per sempre. Anche lei sembrava capirlo quando inarcava il bacino quasi a volermi risucchiare tutto dentro di sé. Poi le parti si invertirono e i nostri corpi anche: mia madre, accucciata sul mio viso mi porgeva l’orifizio attraverso il quale mi aveva dato alla luce, quasi a chiedermi di compensarne l’antica sofferenza con appassionati baci filiali. Quindi inclinò il busto e le sue labbra si chiusero delicatamente attorno al mio uccello con la lingua che non cessava di accarezzarne il glande in una completa regressione orale, come un bambino che non vuole separarsi dal ciuccio.

Non fu sesso, ma la celebrazione di un rito di rebirthing nel quale entrambi riproducemmo l’atto creativo della nascita, che ci lasciò spossati come dopo un vero parto.

Mia madre cercò di sdrammatizzare il mio turbamento edipico con una battuta: “sei l’uomo che ho avuto più a lungo dentro di me… comprendendo, ovviamente, inove mesi di gestazione”. Il sonno ci sorprese ancora abbracciati.

Al risveglio parlammo a lungo. Lei mi raccontò i suoi 15 anni che mi mancavano:

se ne era andata al seguito di uno zingaro del mare sulla sua barca e per quasi 3 anni avevano solcato insieme gli oceani. Poi, stanca di avere i capelli sempre arricciati dall’umidità e infeltriti dalla salsedine, era sbarcata a Cadice. Lì aveva conosciuto Alonso, un ricco allevatore di tori andaluso molto più anziano di lei, dal quale aveva avuto una figlia…. Sobbalzai. Queste ultime parole mi avevano scatenato un cortocircuito emozionale che non tardò a trovare conferma dell’atroce sospetto negli stessi magici occhi azzurri che accomunavano Lisa e mia madre.

“Alla sua morte – proseguì lei con uno strano sorriso - io ereditai questo castello e ne feci un’oasi esclusiva dedicata al culto della bellezza e del piacere”. Poi aggiunse come per inciso: “tua sorella si chiama Lisa”.

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Silver 51-100
16/06/2016 | 08:56

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@GnoccaLowCost - il tuo è solo un nick o anche un programma di vita? Perché - come ha rilevato @FlautoMagico - vedo che ignori la differenza tra cultura e istruzione.

@Vivo_a_Bucharest - donne di successo con uomini falliti? Quando mai! Al massimo una scopata e via, non certo come "fidanzati" insieme ai quali mostrarsi in giro!

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Silver 51-100
10/06/2016 | 22:45

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Benvenuto anche da parte mia @GVdF. Le tue credenziali ti ammettono direttamente al livello silver B2 junior: Congrats.

@Genovese - il vantaggio del pay è che, in genere, bastano 50 euro per rompere il ghiaccio.

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Silver 51-100
10/06/2016 | 22:29

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Concordo sulla caccia in solitaria. Senza alcuna remora ad ammetterlo se te lo chiedono. "I miei amici? Sono qui da solo". Come dire "non mi servono sponde per approcciare una ragazza - giochiamocela noi due da soli". Fa molto sicuro di sé. E piace.

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Silver 51-100
10/06/2016 | 11:02

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@Vivo_a_Bucharest - Con la cultura e con la conoscenza ce magni, ce trombi, ce vivi, insomma, alla grande in tutti i sensi perché sapere è potere.

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Silver 51-100
08/06/2016 | 09:43

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@tony76 - d'accordo che gli alibi aiutano a vivere meglio, però fanno scopare poco.

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Silver 51-100
07/06/2016 | 19:54

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@ILROSSO -non solo li riporto a casa, ma dopo averli lavati, controllo col laser che non presentino abrasioni o punti di leakage, altrimenti li faccio vulcanizzare dal gommista, quindi li rivendo a metà prezzo a un sex shop low cost.

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Silver 51-100
06/06/2016 | 23:16

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Silver 51-100
04/06/2016 | 11:12

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Silver 51-100
04/06/2016 | 11:09

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Ciao @fr27, il senso della mia consulenza alla definizione della tua nuova stabilità esistenziale si riduce alle considerazioni che seguono.

Eviterei di iniziare con la ricerca di una donna. Punta, invece, a un luogo dove tu possa vivere e lavorare bene: Filippine - come suggerisce anche @frimaind - (per via della la colonizzazione spagnola c'è qualcosa di veneto nell'arcipelago). Cambogia che tra pochi anni diventerà l'ennesima tigre asiatica. Per la lingua non preoccuparti, in 6 mesi di studio si impara qualsiasi idioma. Cuba, prossima a un megaboom turistico e residenziale senza precedenti.

Lascerei, invece, perdere il nord-est europeo; troppo poco diverso dai luoghi da cui vuoi andartene.

E, soprattutto, buona fortuna!

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Silver 51-100
03/06/2016 | 10:02

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Credo che le mediorientali (per le israeliane discorso a parte) siano tra le più esposte alla seduzione in quanto psicologicamente predisposte a subirne gli effetti, compresse come si ritrovano da divieti, tabù e precetti tesi a nascondere ogni manifestazione della loro femminilità. Si tratta solo di tirarle fuori dall'ambiente in cui vivono, cosa non facile.

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Silver 51-100
02/06/2016 | 12:34

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Si sa che l'aglio è un potente afrodisiaco. Bravo! =D>

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Silver 51-100
01/06/2016 | 18:35

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Per chi nn lo sapesse, la corda attorno al collo simula il cordone ombelicale che ti si attorciglia alla gola mentre stai venendo al mondo: nascere e morire nello stesso istante - un'esperienza inenarrabile!

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Silver 51-100
01/06/2016 | 17:05

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Emigrare, si deve emigrare. "Moglie e buoi dei paesi tuoi" andava bene quando la stabilità era un assett. Ora in un mondo globalizzato e in continuo divenire lavoro e donne bisogna cercarseli ai quattro angoli del pianeta. Dicevano i Romani al culmine della potenza imperiale: "navigare necesse, vivere non est necesse", concetto ripreso in epoca più recente nello slogan "chi si ferma è perduto".

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Silver 51-100
01/06/2016 | 12:28

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In altri termini: l'italiana è particolarmente "choosy", per dirla alla Fornero, il chè comporta un alto tasso di competitività sia tra i pretendenti, sia, poi, all'interno della coppia; competitività che, se all'inizio può risultare stimolante, alla fine, esaurisce ogni energia positiva perché non si può concepire un rapporto - breve o lungo che sia - come una infinita corsa a ostacoli. La natura ha fatto in modo che al maschio debba rizzarsi, se vuole combinare qualcosa (anche nell'interesse della partner) e, a molti, una alla quale si debba sempre dimostrare di essere il migliore per tenersela, dopo un po' finisce per ammosciarlo.

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Silver 51-100
21/05/2016 | 08:01

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@sahibe - Mi piacciono i lettori attenti e perspicaci e tu sei entrambi. Con questo racconto di un viaggio realmente effettuato tra l'8 e il 19 maggio (sono appena rientrato) a Phnom Penh e Kampot Cham ho inteso soprattutto partecipare le mie emozioni di un'esperienza umana ed esistenziale da cui mi sento enormemente arricchito. Ho cercato di "dipingere" con pennellate lievi paesaggi, situazioni, stati d'animo e fatti reali, ma sempre e comunque filtrati dalla mia sensibilità, elementi questi che, combinati tra loro, tendono a produrre un risultato "pittorico" dalle caratteristiche oscillanti tra "impressionismo" ed "espressionismo": più attenzione al colore che al disegno, negazione dell'importanza del soggetto, prevalenza della soggettività dell'autore, della luce sulla forma, fino a giungere alla sensitività metareale (giustamente hai parlato di onirismo) di Van Gogh e allo sconsolato spaesamento dell'ultimo Gauguin.

Ora, nello specifico della tua osservazione, la ragazza è uscita dal bagno vestita esattamente come ne era entrata e il "telo di spugna" con cui l'ho avvolta nella mia narrazione, interpretalo, se vuoi, in chiave di mia trasposizione onirica di due momenti successivi; quello in cui è uscita dal bagno all'inizio (vestita dei propri abiti) e quello in cui vi è rientrata prima di andarsene (avvolta, appunto, in un telo di spugna).

Grazie per il tuo puntuale intervento.

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Silver 51-100
21/05/2016 | 00:21

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@Michael84 - io alloggiavo al Daly, pulito, in ordine, discreto, ma, come posizione, è forse meglio il Mekong Hotel o il Monorom 2. Comunque, se vuoi farti un giro "out of the beaten track", una città vale l'altra, nel senso che le situazioni favorevoli esistono dappertutto, ma le devi saper individuare e cogliere con un minimo di iniziativa personale. Non avere fretta e fermati almeno 3-4 notti. Oltre a Kampong Cham puoi prendere in considerazione Kratie, Battambang, Stung Treng, Kampong Thom e ogni altra al di fuori dei circuiti turistici con popolazione tra i 70.000 e i 120.000 abitanti.

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Silver 51-100
20/05/2016 | 13:40

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La mia Cambogia-viaggio fuori dagli schemi nella provincia rurale alla ricerca del Paradiso perduto

Arrivato il 9 maggio a Phnom Penh, ultimo brandello della vecchia, putrida Indocina. Afa, polvere, casino, ma visi sorridenti, alcuni sinceri, altri meno. Per ora solo un buon massaggio in albergo con happy ending mancato per via dell'estenuante trattativa sul prezzo, che mi ha fatto passare la voglia. Comunque la prima impressione di questa mia terza visita in Cambogia è che le pro si stiano adeguando ai prezzi thai ma senza la stessa qualità di prestazioni. Nei prossimi giorni mi riprometto di esplorare il mondo semi-pro, ma non mi faccio illusioni perché lo vedo già abbastanza contaminato. Peccato, dal momento che qui tutto è a forma di gnocca, dal delta del Mekong che ricorda quello di Venere, alla calda umidità che riempie i polmoni quasi si respirasse con il viso affondato tra le cosce di una donna, alla vegetazione esagerata che ti avvolge come un enorme pube femminile. Tra non molto mi dirigo a nord lungo il Mekong: Kampong Cham, Kratie, nella speranza che la provincia contadina, sicuramente più autentica della ormai "sofisticata" capitale, sappia fornirmi qualche emozione.

14 maggio. A Kampong Cham mi viene incontro la Cambogia rurale intrisa del Mekong e dei suoi affluenti. Lontana dai caotici e accattivanti sberluccichii della Capitale, dove va a sedimentarsi quell’umanità varia alla ricerca di un sesso facile e privo di qualsiasi intrigo, questa ordinata cittadina si trova 150 km a nord-est di Phnom Penh, mollemente adagiata sulle rive del grande fiume. Esili corpi di donne-bambine dal volto bellissimo sorridono senza malizia allo straniero, perché non c’è malizia nella curiosità, né vergogna nel dimostrarla. Le incontri per strada che tengono per mano un mocciosetto di pochi anni; subito pensi a un fratellino, poi capisci che è il figlio. Degli altrettanto giovani padri non v’è traccia; si sono dileguati alle prime avvisaglie di diventarlo, e così legioni di madri-bambine sono costrette a trasformarsi troppo presto in donne. Di solito affidano il bambino alla mamma e vanno in città “a cercare fortuna”. Le ragazze che lavorano nei bar di Phnom Penh o Siem Reap hanno alle spalle tutte la stessa storia: un figlio senza padre e una famiglia senza reddito. Il ”lavoro” in città le indurisce da madri dolci, coraggiose o incoscienti in aride e avide professioniste; ma bisogna mandare soldi a casa per mantenere il bambino e in qualche modo ci si deve arrangiare.

Di questa “filiera” la mia curiosità mi ha spinto alla fonte, ai luoghi di origine della migrazione verso le grandi città delle ragazze, così da intercettarle nella loro originaria fragranza, prima che si compia la metamorfosi da leggiadre farfalle in sgraziate falene. Sotto il mio albergo quattro sgangherati centri massaggi danno da vivere a una decina di ragazze. Sono tutte giovanissime e tirano svogliatamente sera con lo sguardo perso nel vuoto in attesa di qualche sparuto cliente. Entro in uno che mi sembra un po’ meglio degli altri e dico alla più anziana (30-35 anni ma ancora molto piacente) che voglio un massaggio in camera mia: “5 dollari, 1 ora” – mi comunica con l’unica frase in inglese che, probabilmente, conosce. Le scrivo il numero della camera e salgo ad aspettare la “sorpresa”. Contavo che la mama-san volesse ben figurare con lo straniero (sono rari gli occidentali a Kampong Cham), capitato per caso nel suo negozio. Dopo pochi minuti suonano alla porta, vado ad aprire e mi trovo davanti una delle più angeliche “apsara” del pantheon induista. Ventanni? Forse meno. Confesso di avere avuto un attimo di esitazione; poi penso che in fondo la maggiore età in Cambogia per il sesso è 16 anni e la faccio entrare. Sono subito affascinato dalla sua timidezza, una riservatezza quasi virginale che le professioniste delle città bordello di quest’area del mondo hanno da tempo dismesso: “quick quick boom-boom e avanti il prossimo”. Mi piace come si chiude la porta alle spalle bloccandola con la “sicura”, promessa di un’intimità foriera di intriganti scenari. Chiede se può andare in bagno. Ovviamente sì. Sento lo scroscio della doccia e poco dopo ne esce avvolta in un telo di spugna. Mi fa cenno di spogliarmi; eseguo e mi stendo sul lettone a pancia in giù. Il massaggio cambogiano è simile a quello tradizionale tailandese, ma più improntato alla pressione che allo strofinamento e, pertanto, senza l’uso di olii antifrizione. Mi copre la zona lombare con un asciugamano e inizia il suo lavoro. Piacevole – non c’è che dire – sentirmi addosso il suo peso da scricciolo mentre mi sale con le ginocchia sui polpacci, procede a carponi sulle cosce, preme con i gomiti sul dorso, mi monta a cavalcioni sulla schiena, accompagnando il movimento delle braccia con un ritmico beccheggio del bacino che mi lascia percepire l’eccitante, lieve sporgenza dell’osso pubico. Dopo un po’ mi fa segno di girarmi; sposta l’asciugamano a coprirmi le pudenda e attacca a lavorare l’interno coscia. Ora che possiamo guardarci in faccia, ci sorridiamo; lei dice qualcosa in Khmer, che, ovviamente, non capisco; scrive sul telefonino 20 facendo cenno verso se stessa; ora ci sono: mi ha detto la sua età e vuole sapere la mia. Gliela dico e lei si lascia andare ridendo in una esclamazione di meraviglia. Poi sposta la mano a varie altezze e mi guarda interrogativa: vuole sapere se ho figli grandi o piccoli. Le rispondo alzando le dita corrispondenti al numero delle unità della mia prole. Continua a sorridere. Sempre a gesti le rivolgo anch’io la stessa domanda. Scuote il capo con un grande innocente sorriso. Nel frattempo l’asciugamano che mi copre il bacino comincia ad animarsi, come i fantasmi lenzuolati dei cartoni; lei se ne accorge e, maliziosamente, ne solleva un lembo. Altra divertita esclamazione di meraviglia. Da qui in poi la successione degli eventi mi si confonde nella memoria. Credo di essermi messo a sedere sul letto e di avere cominciato ad accarezzarla; quindi l’ho aiutata a sfilarsi la maglietta attillata, le ho slacciato il reggiseno che ha liberato una deliziosa “terza” piena color dell’ambra. I suoi pantaloncini erano tenuti un vita da un semplice nastro e via anche quelli. Le mutandine assomigliavano più a quelle di una castigata collegiale anni ’30 che agli slip di una teenager moderna. Non voleva togliersele. “E furono baci e furono carezze” e una laboriosa attività di lingua dietro le orecchie, sui capezzoli, tra le cosce, fino a lambirne gli elastici che le chiudevano all’inguine. Alla fine, docilmente, si sfilò anche quelle. Allungò la mano verso l’interruttore e la stanza piombò in un’oscurità lattiginosa, appena stemperata dalle luci della strada che filtravano attraverso le tende. E’ tipico delle giovani orientali chiudere gli occhi o fare buio attorno (che è poi la stessa cosa) davanti a qualcosa di cui potrebbero vergognarsi, e non per ragioni morali, ma per semplice pudicizia. Sempre con la lingua sono andato avanti non so per quanto a insinuarmi in ogni recesso della sua profumata gnocchetta, alternandone l’esplorazione di tutti gli anfratti a leggere percussioni sul clitoride che andavano poi a dissolversi in movimenti rotatori negli immediati dintorni. Dopo un tempo che non saprei definire lei mi ha tirato in su verso di sé accentuando, al tempo stesso, l’apertura delle cosce in un animalesco richiamo ad entrarle dentro. Mentre la penetravo con dolcezza, la sua vagina si apriva sotto la spinta del mio glande restringendosi subito dopo attorno al prepuzio, come a volerlo imprigionare dentro le sue mucose così da rendere i nostri corpi reciprocamente solidali in un tutt’uno che avrei voluto non finisse mai.

Era ormai sera tardi quando si alzò per andarsene. Non mi chiese soldi, solo se poteva prendere una stecca di cioccolato, acquistata durante un transito, che avevo lasciato sul top del minibar. Gliela porsi con un sorriso insieme a una banconota importante. Avrei voluto aggiungere che non si trattava del compenso per la prestazione, ma di una manifestazione di gratitudine per avermi regalato un’esperienza sensoriale al limite della trascendenza. Lei mi restituì il sorriso e con un frullo d’ali fu fuori dalla stanza.

Il pomeriggio del giorno dopo tornai a cercarla. Mi dissero che era andata via per una decina di giorni. Sorrisi tra me e me pensando che forse le avevo dato troppo. Ma andava bene così. Passai dal centro-massaggi accanto e chiesi di

mandarmi una ragazza. Con sorpresa conoscevano già il numero della mia camera; evidentemente la voce era girata, sperabilmente accompagnata da buone referenze. Fu un massaggio discreto ma senza implicazioni extra, cui l’operatrice non mostrò di essere particolarmente interessata. Al termine, dato il persistente “languorino”, mi dirigo verso un vicino ktv, scelgo una morettina tutto pepe e sale, pago la fee di 6 usd per un’ora e salgo in camera dove lei mi raggiunge poco dopo. Prima mezzoretta dedicata al massaggio, quindi parte la trattativa, ma sono io che faccio la musica e lei può solo seguirne il ritmo se non vuole andarsene a mani vuote. Alla fine ci accordiamo per XXX usd, yam-yam compreso. Ora, molti di voi già sanno che il sesso orale non fa parte della tradizione cambogiana, nonostante la recente dominazione francese e la profonda influenza che l’induismo, grande veicolo di cultura erotica (Kamasutra),

ha esercitato per secoli su questa regione. Tuttavia, una volta sperimentatolo su di sé, le ragazze gradiscono eccome! Infatti, dopo averla scaldata a dovere sul “bersaglio grosso”, mi attardo ad accarezzare di lingua la sua fighetta bambina e, anche in questo caso si compie il “miracolo” della liquefazione degli umori: l’inesperta puttanella allenta ogni tensione e ritegno, la sento inondarsi come il Mekong in piena mentre, gemendo, inarca il bacino e con le mani preme sulla mia nuca per affondarmi la testa sempre più giù tra le sue cosce. Lievi sussulti accompagnati da delicati spasmi e contrazioni mi comunicano tutto il suo piacere. Ci sono attimi in cui il sesso si sublima in un più alto grado di consapevolezza esistenziale; in quel momento di suprema ri-generazione per entrambi era come se la madre volesse riprodurre il processo creativo all’incontrario, facendo rientrare dentro di sé il bambino così da tornare ad essere un tutt’uno con lui. Poi mi afferra la mano destra e si infila il mio dito medio su per la vagina; la naturale forma anatomica dell’arto rivolta all’insù stimola il suo punto “G”. Si copre il volto con il cuscino per nascondere e attutire un orgasmo ormai fuori controllo, ma la cinetica del suo corpo acerbo scosso da sussulti e brividi rivela un totale e per lei inedito scatenamento dei sensi. Quando la furia accenna a placarsi la penetro dolcemente e a lungo con un movimento lento e regolare come quello di una culla a dondolo; lei mi trattiene stretto a sé e poi scoppia in un pianto dirotto.

Alla reception del mio albergo, semivuoto nell’incipiente afoso arrivo del monsone estivo, si alternano due ragazze talmente simili che non sono mai riuscito a distinguere l’una dall’altra: 1 metro e 55 per forse 40 kg, età sui 25-28. Sempre sorridenti, spiccicano quel poco di inglese che basta al loro lavoro e in un paio di occasioni mi era capitato di chiedermi che cosa mai potesse frullare nelle loro testoline aggraziate vedendo il via vai femminile per e da camera mia che si svolgeva sotto i loro occhi. Disapprovazione? Curiosità? Indifferenza? Intrigo? La risposta mi venne incontro la sera prima della partenza. Erano da poco passate le 23 e stavo controllando la mail, quando sento suonare alla porta. Sì, perché la mia “VIP suite” da 40 usd a notte disponeva di un campanello per annunciare i visitatori (visitatrici, nel caso specifico). Vado ad aprire incuriosito da chi potesse essere a quell’ora e mi trovo davanti, anche se almeno 20 cm. più in basso, il faccino sorridente della receptionist che faceva il turno quando ero rientrato da cena. “Scuse me, sir, electricity broken in my house, me very hot, can I sleep here tonight”? accennando al divano letto dell’anticamera. Attingo a tutto il mio aplomb e la faccio accomodare simulando un’espressione di accondiscendenza. Lei mi ringrazia alla loro maniera con le mani giunte all’altezza del mento e un lieve inchino con la testa. Le porgo un asciugamani e le dico che può usare il bagno, poi torno al pc a far finta di lavorare, mentre la mia fantasia volava in tutt’altre direzioni. Esce dal bagno in un pigiamino di cotone verde con disegni stilizzati di foglie di loto e di elefantini; due minuscole rotondità segnano la parte superiore della sua tenuta da notte – “forse una seconda” – penso. Le sorrido e chiedo se vuole bere qualcosa. Sorprendentemente risponde di sì.

Ha passato tutta la notte abbracciata a me, come un gattino addosso al padrone, alla ricerca di quell’intesa che, se verbalmente era problematica, a livello corporeo funzionava a meraviglia. Ci siamo presi e dati reciprocamente in tutti i modi possibili, nel rispetto dei suoi tabù culturali e tenendo conto della differenza tra le rispettive dimensioni. Ma, soprattutto, ci siamo scambiati sprazzi di infinita dolcezza.

Cari colleghi gnoccatravelers, se anche a voi capiterà di inoltrarvi oltre ai soliti posti deputati alla scopata garantita, tra le sconfinate lande del Mekong e perdervi nella provincia della vecchia, putrida Indocina, forse incontrerete dei “fiori” come è successo a me. Vi prego, coglieteli con delicatezza perché le vostre carezze potrebbero rivelarsi l’ultima cosa bella che queste ragazze avranno ricevuto prima di andare a farsi sfondare l’anima e il corpo nelle grandi città bordello che tutti conosciamo.

spermaflex
Silver 51-100
11/05/2016 | 15:39

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Non operano ancora voli diretti tra gli USA e Cuba, ma solo via Paesi terzi con relativo cambio d'aeromobile. Credo, comunque, che entro l'anno verranno introdotti. E con l'arrivo in massa degli yankee, fine della fiesta per gli gnoccatravels nostrani.

spermaflex
Silver 51-100
11/05/2016 | 04:47

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Acute osservazioni @ilpoetadeibordelli! Comunque professoroni e trolls sono le classiche due facce della stessa medaglia: i primi, insicuri e, pertanto, affetti da esibizionismo cronico, i secondi sempre pronti a tagliarglielo (ai primi) appena glielo vedono tirar fuori.

spermaflex
Silver 51-100
10/05/2016 | 19:45

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Arrivato ieri a Phnom Penh, ultimo brandello della vecchia, putrida Indocina. Afa, polvere, casino, ma visi sorridenti, alcuni sinceri, altri meno. Per ora solo un buon massaggio in albergo con happy ending mancato per via dell'estenuante trattativa sul prezzo, che mi ha fatto passare la voglia. Comunque la prima impressione di questa mia terza visita in Cambogia è che le pro si stiano adeguando ai prezzi thai ma senza la stessa qualità di prestazioni. Nei prossimi giorni mi riprometto di esplorare il mondo semi-pro, ma non mi faccio illusioni perché lo vedo già abbastanza contaminato. Peccato, dal momento che qui tutto è a forma di gnocca, dal delta del Mekong che ricorda quello di Venere, alla calda umidità che riempie i polmoni come se si respirasse con il viso affondato tra le gambe di una donna, alla vegetazione esagerata che ti avvolge come quella di un enorme pube femminile. Tra non molto mi dirigo a nord lungo il Mekong: Kampong Cham, Kratie, nella speranza che la provincia contadina, sicuramente più autentica della ormai "sofisticata" capitale, sappia fornirmi qualche emozione. Keep u posted!

spermaflex
Silver 51-100
02/05/2016 | 11:37

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@gianniDrudi, @Shanti - lieto di aver reso le emozioni di un incontro, breve ma intenso, sostanzialmente tra due anime che si sono servite dei rispettivi corpi per scambiarsi coccole, momenti d'estasi e frammenti di bellezza, prima di proseguire ciascuna il proprio cammino tra le incognite dell'esistenza.

@NewCasanova - con le locali pochissime chances perché i terreni di gioco sono troppo asimmetrici. Per quanto la Giordania sia un Paese abbastanza laico, mancano le opportunità di interazione e di integrazione tra ragazze del posto e uomini non arabi o, comunque, di religione diversa, dal momento che l'Islam consiste, soprattutto in appartenenza identitaria. Quanto al pay, è discretamente presente, anche OTR, ma non si discosta molto, per contenuti e prezzi, da ciò che si trova qui da noi.

@MatteoMontesi - vedo che segui... Bravo! Effettivamente i luoghi di cui parlo sono quelli in cui si incontrano e scontrano le tre grandi religioni monoteistiche, custodi dell'Assoluto, ma dove anche l'effimero si presta a raggiungere intensità di tutto rispetto.

@renegade - l'età e l'avvenenza contano relativamente; è più importante saper essere se stessi con disinvolta tranquillità.

spermaflex
Silver 51-100
10/04/2016 | 10:28

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Come si diceva in un altro 3d, lo "status" ormai fa colpo solo con le tamarre e le provinciali. Se si aspira a qualcosa di meglio bisogna dotarsi di "stile".

spermaflex
Silver 51-100
10/04/2016 | 10:12

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spermaflex
Silver 51-100
17/03/2016 | 16:12

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spermaflex
Silver 51-100
17/03/2016 | 16:02

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@gnoccatravelss - non sbilanciarti, i corsi di seduzione potrebbero

essere il prossimo step del sito.

spermaflex
Silver 51-100
17/03/2016 | 10:30

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AMMAN - paradiso della gnocca filippina

Sono reduce da una trasferta di lavoro e gnocca filippina ad Amman dove ho avuto modo di infiltrarmi con qualche successo nella numerosa comunità filippina ivi residente. Si tratta prevalentemente di baby-sitter, collaboratrici domestiche, cameriere e receptionist, qualche impiegata, che prestano servizio presso alberghi, tour operator, famiglie locali e straniere (di altri Paesi arabi e europei). Premetto che le filippine non amano gli arabi perché le trattano da schiave, mentre, per la ragione opposta, adorano gli europei che ad Amman sono per la maggior parte diplomatici e funzionari di organizzazioni internazionali impegnati nella crisi siriana. Amman, con i suoi 3 mln di abitanti di cui almeno un terzo rifugiati palestinesi, è una città abbastanza insignificante, seppur di antichissima origine, ma fino a 150 anni fa, poco più di un villaggio. Vi si percepisce un livello di sicurezza assai elevato nonostante si trovi nel cuore del Medio Oriente, anche se contatti locali mi confermano che la città è sede discreta delle frenetiche attività di intelligence dei Paesi interessati ai mutevoli assetti della regione. Inquadrata la situazione generale, veniamo ora al dunque. Dopo qualche giorno di lavoro mi ritrovo alla vigilia del week-end (nei Paesi arabi venerdì e sabato) senza un programma preciso ma risolutamente intenzionato a recuperare, in un modo o nell'altro, una "compagna di giochi" per i due giorni liberi che ho davanti. Scartato il market place virtuale dei siti di escort (minimo 250 dollari a botta con ragazze dell'Europa orientale e qualche marocchina), decido di rivolgermi al market place reale dove gira, invece, un sacco di gente in carne e ossa. Mi avevano parlato del mercato del venerdì di Abdali, nella parte sud della città, classico appuntamento settimanale per locali e residenti stranieri. Ci arrivo in 10 minuti e 2 dollari di taxi e comincio il tour tra le bancarelle. L'atmosfera è quella di tutti i souq, dal nord-Africa al Medio Oriente anche se qui prevale il "non-food": abbigliamento, nuovo, usato, grandi marche (fake); casalinghi, elettronica, qualche banchetto di frutta e ortaggi, ma soprattutto una fiumana di gente che sfila in entrambe le direzioni sfiorandosi lungo gli angusti passaggi tra una postazione e l'altra. Dopo i locali la comunità filippina fornisce il maggior numero di visitatrici-acquirenti e ciò si spiega col fatto che per tutte queste ragazze il venerdì è giorno libero; si ritrovano in gruppetti di amiche a curiosare tra le mercanzie in un continuo fitto chiacchericcio prerogativa di tutte le donne, specie le orientali. L'età oscilla tra i 25 e i 35, single o comunque con il marito lontano e i figli nel loro Paese affidati ai nonni. L'impressione d'insieme di questo grande mercato all'aperto mi si focalizza, improvvisamente, come una zoomata, negli occhi all'insù vivaci e sorridenti di una puledrina intenta a fissarmi. Mi fermo e ricambio lo sguardo: davvero un'apparizione invitante, un corpicino ben tornito, i fianchi prensili ma senza esagerazione, altezza circa 1,65 x 46 Kg e quel sorriso ricco di promesse... Mi avvicino e diamo inizio al balletto dei convenevoli di presentazione: "Ciao, i tuoi occhi mi hanno stregato, come ti chiami"? "Nelly e tu? Di dove sei? Ah, italiano! Io ho amiche che lavorano a Roma e mi dicono che è Italia molto bella e italiani gentili". "E tu di che provincia sei? Mindanao... no, non ci sono mai stato ma conosco bene Manila. A Mindanao siete islamici, vero"? Vero, ma io non sono particolarmente bigotta" (ride). "Lavori qui"? "Sì, per un'agenzia di viaggi che organizza tour in Terra Santa". "Dove abiti"? "A Weibdeh". "Ah, mica male! Da sola"? "No, con due amiche". "E la famiglia"? "Mio figlio di 6 anni vive con i nonni nelle Filippine, di suo padre non so e non voglio sapere più nulla. E tu cosa ci fai ad Amman"? "Sono venuto apposta per incontrare i tuoi occhi" (ride). "E adesso che li hai incontrati"? "Non li voglio più lasciare per tutto il tempo che starò qui". "Quanto di fermi"? "Una decina di giorni". "Sei sposato"? "Non più". Guardo l'orologio che segna quasi le 13. "Ti va di mangiare qualcosa"? "Ok". Identica risposta quando, dopo il caffé, le propongo di andare a casa mia. Qui, un bicchiere di wiskey più tardi, le nostre lingue serpeggiano ingrifate nelle rispettive bocche, dentro e dietro le orecchie, sul collo e a scendere... "Cool down baby", interrompe lei sorridendo, "let's shower". Ma la doccia non lenisce il desiderio; anzi lo esalta distillandolo al più estremo grado di purezza e rende i nostri corpi innocenti come in un lavacro battesimale. Ci buttiamo sul letto ancora bagnati; ne segue una lunga articolata trance di sfregamenti, penetrazioni e libagioni di ogni reciproco umore, io le vengo in bocca mentre lei mi squirta addosso tutta la sua voglia. Proseguiamo a pecora e il cazzo scivola dentro da solo, invitato dal liquido abisso che gli si apre davanti. Anche la lingua va per conto suo; un daty prolungato trasforma la mia partner in una gatta in calore e con i piedi le devo spingere a forza la testa contro il materasso per attutirne i gemiti. Non sono più io che le sto dentro, è lei che mi circonda con la bocca, la figa, il culo, tutta se stessa e mi contiene come un bambino nel ventre della madre. In preda all'estasi di questa specie di rebirthing, avverto tutta la magica, cosmica potenza femminile, quella che è in sintonia con le fasi lunari, con il montare e calare delle maree, che si fa interprete manifesta delle più oscure forze della natura, archetipo di ancestrali paure maschili: le streghe, le Sheela na Gig, le vagine dentate, gli incubi di castrazione, il totale controllo della nostra virilità perché, a loro piacimento, ce lo fanno impennare, ammosciare, inturgidire nuovamente e ridurre poco dopo ad un'inservibile pendula appendice. Mi sembra di trovarmi dentro un vulcano che attinge energia al centro della terra e la scatena tutto intorno a noi. Altro che gentil sesso!

Spossati piombiamo in un sonno che ci traghetta verso l'oscurità della sera e al nostro risveglio un cielo guardone carico di stelle ci osserva dalla finestra. Non lo deluderemo e per almeno altre due ore riprendiamo i giochi proibiti di due esseri umani che hanno solo voglia di sfondarsi l'uno dell'altro. Poi lei guarda l'ora. "Devo andare" e si dirige verso la doccia. Io me ne resto a letto a crogiolarmi nella beatitudine del "dopo", avvolto come in un bozzolo nella pellicola che i nostri umori ormai asciugatisi mi hanno lasciato sulla pelle. Lei esce dal bagno e si riveste. Mi alzo anch'io. "Ti accompagno". "Non è necessario". Chiama un numero e scambia poche parole in arabo. "Il taxi passerà a prendermi tra 10 minuti". "Ti voglio rivedere". "Maktoub" risponde lei. "Cosa vuol dire"? "Vuol dire Inshallah; io sono stata bene con te

e credo anche tu con me; ci siamo incontrati per caso e il caso ci ha regalato gioia e piacere come a me non era mai accaduto; programmare altri incontri significherebbe violentare la volontà del destino; oggi abbiamo dato vita a momenti sublimi e cercare di ricrearli sarebbe come inseguire la replica di un originale, di un'unicità che non merita di essere diluita in copie conformi. Lasciamo che resti tale, nella nostra memoria e nei nostri cuori". Con un ultimo bacio mi sfiora le labbra e si avvia leggera per le scale. Io resto come una statua sul pianerottolo, immobile, per paura di rompere l'incantesimo.

spermaflex
Silver 51-100
09/03/2016 | 19:21

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@ales23 e @gioferry

Sono stato l'ultima volta in Myanmar nel 2007 e già cominciava a muoversi qualcosa. Certo non era e non diventerà mail un bordello a cielo aperto come la Thailandia. Ma non è quello che cercavo e cerco. Mi intriga, invece, esplorare la disponibilità delle ragazze ancora prima che si manifesti, sollecitandone la curiosità che induce in tentazione, cogliendo e incoraggiando quell'impercettibile momento magico in cui una giovane massaggiatrice del Sedona di Mandalay decide di buttarsi alle spalle secoli di inibizione per spalancare le cosce allo straniero ingrifato. Certo, bisogna pasturare un tantino, ma le soddisfazioni che ne derivano non hanno prezzo. Per tutto il resto... c'è quella nota carta di credito...

spermaflex
Silver 51-100
09/03/2016 | 11:47

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Bisogna spostarsi a pasturare in provincia: Sittwe, Mawlamyine, Taunggyi, dove le più scaltre stanno associando soltanto ora la gnocca al concetto di fonte di reddito.

spermaflex
Silver 51-100
09/03/2016 | 11:14

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@Franc - l'originalità è come lo smoking, bisogna saperla portare. A volte è faticoso in un mondo popolato da repliche e da replicanti. La gente in generale ne ha una fottuta paura perché, essendo l'originale un pezzo unico, ovvero insostituibile, la sua eventuale perdita lascerebbe un vuoto irreparabile, da lenire o con un altro originale (ma ci vogliono anni e fortuna prima di trovarlo) o accontentandosi di una copia (chiodo scaccia chiodo). Alla fine, se l'autenticità del rapporto non è prioritaria, molto meglio nutrirsi di repliche per la loro agevole intercambiabilità. Ma tornando al "maestro" e alla ventenne, individuo un ulteriore elemento di reciproca attrazione: il fascino della trasgressione al sacrale tabù dell'incesto metaforicamente agito tra la figura genitoriale paterna del "maestro" e quella fliale della ragazza.

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