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Quando le questioni sulla gnocca sono una cartina tornasole delle questioni sulla Libertà

Due capitoli interi di libro sono necessari per esprimere il mio pensiero sue due trovate del governo Macron, servo non solo (come si sapeva) delle lobbies finanziarie senza patria, che negano gli interessi delle nazioni e dei loro cittadini (depredandoli, in nome di un mercato senza volto e di una umanità presunta universale, di ogni ricchezza e identità materiale e morale), ma pure (e lo dimostra con le sue leggi) del femminismo demagogico che nega a tutti gli uomini la possibilità di vivere liberi e felici nella sfera sessuale (e da lì in tutto).

CAPITOLO 1: Multe per chi "importuna" (ovvero abborda o tenta di corteggiare) le donne per strada

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/apprezzamenti-volgari-verso-donne-pubblico-multe-arrivo-1487753.html

Dovrebbero dare un bonus di 90 euro a tutti gli uomini, ormai costretti, a ricorrere ai servizi a pagamento delle sacerdotesse di Venere (che il precedente, criminoso e socialista, governo di Holland ha vietato) a causa non più soltanto della vanagloriosa prepotenza (sfogata senza limiti, remore né regole in tutte quelle occasioni nelle quali le disparità di numeri e desideri nell’amore sessuale volute dalla natura per i suoi scopi, totalmente avulsi da concetti di libertà, felicità individuali e pure di parità di genere, e riguardanti soltanto propagazione e selezione della vita, mettono proprio chi nella narrazione cristiano-femminista dovrebbe essere il “conquistatore” in una condizione di debolezza psichica e quindi sociale), della tirannica vanità (in ogni tentativo di approccio, fisico come intellettuale) e dell’infinito “tirarsela” (“intender no lo può chi non lo prova”) delle donne, che pretendono ancora il privilegio medievale del corteggiamento mentre esigono parità nei moderni “diritti”, ma pure dei rischi legati a leggi come queste.

Distingueranno pure fra corteggiamento e molestia, fra approccio e importuno, ma se il discernimento è lasciato al giudizio arbitrario ed ex-post della presunta vittima, nessun uomo ragionevole farà mai neppure un tentativo. Non si può sapere in anticipo se un complimento, un aforisma, un atteggiamento fisico o psicologico, un invito, un verso, oppure soltanto uno sguardo sarà gradito o meno, se e come verrà interpretato come lusinghevole forma di interesse oppure verrà deprecata come volgarità, insulto a sfondo sessuale, disturbo della propria quotidianità. Lo stesso comportamento, lo stesso irrompere nel cammino altrui può risultare piacevole digressione dalla noia quotidiana (a prescindere dal fatto di voler o meno proseguire il flirt) ovvero fastidiosa scocciatura, a seconda della persona che più o meno esplicitamente con esso si propone in senso erotico-sentimentale. E chi è costretto ancora da (questi sì) stereotipi di genere a farsi avanti per primo non può, ahilui, sapere a priori se possieda o meno quelle specifiche qualità d’aspetto, d’intelletto, di sentimento o di posizione sociale richieste dalla controparte per essere minimamente preso in considerazione come qualcuno diverso da “uno fra i tanti”, da un “banale scocciatore”.
E questo senza contare che, non esistendo altra “prova” dal soggettivo sentire riportato dalle parole della donna, anche chi non ha fatto o detto assolutamente nulla di “sessualmente” offensivo, o anche solo vagamente invitante ad un principio di seduzione, possa essere accusato e multato a capriccio.

Se la definizione del confine fra lecito e illecito è lasciata alla arbitraria interpretazione e alla irriproducibile (e spesso inconoscibile) sensibilità della presunta vittima, come sarà possibile anche per chi non ha fatto nulla di male dichiararsi innocente? Se una donna dichiarerà di essersi sentita molestata, come farà l'uomo accusato a sostenere il contrario, non essendo nelle sue facoltà entrare nella psiche della controparte e mostrare che non vi è stata sensazione di molestia? Che la donna menta o meno, l'uomo potrà soltanto dire di non aver avuto intenzione di molestare e di non aver compiuto nulla di oggettivamente molesto.Se però l'oggettività del diritto è sostituita dalla soggettività femminile la condanna risulterà sistematica (poiché il reato verrà definito a posteriori e a capriccio della presunta vittima).Bella prospettiva per uno stato di diritto.

Già che dobbiamo (nostro malgrado) sempre fare la prima mossa senza poter sapere a priori se il tentativo sarà gradito (e rischiando di essere trattati con malcelata sufficienza o addirittura con aperto disprezzo, quando non con una dose di violenza fisica e psicologica spettante piuttosto a veri e propri assalitori, se con immediatezza e sincerità, attraverso la parola, lo sguardo, il gesto, esprimiamo il disio spontaneo -o comunque l’apprezzamento subitaneo – per le lunghe chiome, il chiaro viso, la figura slanciata, le membra marmoree, la pelle liscia ed indorata come sabbia baciata dall’onda e dal sole, le braccia scolpite, le gambe lunghissime e modellate, le rotondità del petto, il ventre piatto e levigato e l’altre grazie che, come direbbe Dante, “è bello tacere”, o comunque di essere chiamati “molesti” se, dopo magari essere con fatica e buona volontà riusciti, nella speranza di compiacerle e di stabilire un contatto sia pur solo momentaneo ed emotivo con loro, già che dobbiamo farci avanti e continuare con complimenti formulati e inviti meditati, senza poterci arrendere ai primi dinieghi (pena l’eterno disprezzo delle donne per i “pavidi nel corteggiamento”), già che dobbiamo (per pretesa loro) insistere, resistere ai dinieghi (da esse una buona metà delle volte appositamente posti come prova, dal significato del tutto opposto ad un invito ad andarsene), inventare nuovi modi, nuove proposte, offrire e soffrire sempre di più (per permetter loro di verificare il nostro interesse, accrescere il nostro disio, valutare con calma l’eventuale presenza in noi delle doti da voi volute, pregustarle se presenti o irriderle se assenti, indugiare in tale condizione di preminenza psicosessuale), già che dobbiamo (per disparità naturali) sottostare alla condizione psicologicamente critica di chi è costretto a fare qualcosa (o comunque ad essere “sotto esame”) innanzi a chi invece è già mirata, disiate e accettata per quello che è (bella, quando non vi è la bellezza supplisce l’illusione del desio) e può già rilassarsi e scegliere se divertirsi con noi o su di noi, dando con ciò la possibilità alla dama di turno di usarci (per capriccio, moda, vanità, interesse economico-sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, patologico bisogno di autostima o sadico diletto) come freddi specchi su cui testare l’avvenenza, pezzi di legno innanzi a cui permettersi di tutto, come giullari del cui disio irridere, come attori condannati alla parte dei dongiovanni per compiacere la vanagloria femminile, come cavalier serventi costretti a dare tutto in pensieri, parole ed opere per la sola speranza, come mendicanti d’amore alla corte dei miracoli indotti, nell’attesa della sportula a guardare e implorare dal basso verso l’alto colei dal cui gesto dipendono il paradiso e l’inferno, o addirittura come pupazzi da scegliere fra tanti, sollevare per gioco nell’illusione (fingendo apprezzamento) e gettare poi con il massimo del disprezzo, dell’umiliazione e del dolore, punching-ball insomma per gli allenamenti delle stronze, ci viene pure detto che se anche in buona fede sbagliamo l’approccio (o la non immediata interpretazione delle intenzioni femminee nel corteggiamento) dobbiamo essere multati o trattati da delinquenti?

Se proseguirà questa deriva (che la lobby della finanza senza patria di cui Macron è campione sta sospingendo da decenni ormai) di leggi e costumi circa la cosiddetta “molestia sessuale” nessun uomo dabbene mai più corteggerà. Come si fa infatti a sapere a priori se un complimento, un atto, uno sguardo sarà considerato molesto o meno? Nel dubbio un uomo savio non farà assolutamente nulla. Non ci si lamenti allora se gli uomini non vogliono più corteggiare: ora alla naturale timidezza, alla razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aleatoria), all'emotiva ritrosia a doversi sentire "sotto esame", al rifiuto psicologico a trovarsi nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d'ogni tirannia, umiliazione e inganno, si aggiunge pure il pericolo di essere multati e la consapevolezza di venire trattati (sia pure per ora solo amministrativamente) con la violenza psicologica e l'odio spettanti semmai a veri violentatori, o comunque di venire considerati "molesti" per il fatto stesso di aver espresso (senza alcuna intenzione violenta o molesta) il proprio disio di natura (e quindi di essere condannati o all'eterno disprezzo dall'altro sesso o ad un continuo nascondimento di sè), anche quando non si sono usate parole volgari o offensive (non lo sono né "dio ti benedica", né "come sei bella", utilizzate come esempio di “motivi per essere mitragliata da una giustiziera in gonnella” in un demagogico videogioco “antimolestie” di qualche anno fa). Magari certe multe (come certe smitragliate) resteranno pure virtuali, ma l'uccisione della spontaneità nei maschi è ormai reale.
Anche senza denunce reali e sventagliate di mitra virtuali, quanto ferisce profondamente e fa perdere per il futuro la capacità di sorridere alla vita e al sesso o comunque di esprimere con spontaneità la gioia del (principio di) disio amoroso e di approcciarsi alle ragazze senza vedervi sorgente di perfidia, inganno o tirannia è il fatto stesso di sentire contro di sé (proprio da parte di chi si sta immediatamente, irresistibilmente e profondamente apprezzando, ingenuamente e soavemente mirando, probabilmente amorosamente disiando), disprezzo, rabbia, addirittura odio proprio mentre si apprezza sinceramente (con la parola, lo sguardo, o il gesto), ci si abbandona ingenuamente al disio (senza alcuna intenzione ostile o violenta) e si è mossi almeno da un principio di attrazione amorosa (la quale, almeno per l'uomo, sorge sempre dalla vista, come direbbe Cavalcanti, il più nobile dei sensi: "chi è questa che vien c'ognom la mira, che fa tremar di chiaritate l'aure, e mena seco amor sì che parlare null'omo pote ma ciascun sospira"). E quel disprezzo, quella rabbia e quell'odio non son virtuali, sono il motore di queste leggi e del movimento “me too” che le ha ispirate”.
Come si può pretendere che un uomo addirittura corteggi, quando anche solo la prima naturale espressione (più o meno raffinata, più o meno poetica, più o meno esplicita a seconda delle inclinazioni, degli stili e delle conoscenze di ciascuno) del suo desiderio per le grazie femminili può essere ad esclusivo arbitrio della presunta vittima reputata un’infrazione alla legge?
Questo porterà ad una uccisione sul nascere della spontaneità di ogni uomo (soprattutto se giovane) in ogni rapporto con le donne e un conseguente progressivo allontanamento di ogni uomo dotato d'intelletto dal genere femminile.
Sarà anche vero che la maggioranza delle donne non denuncerà un ammiratore per un complimento osè, e si limiterà a segnalare i casi davvero molesti, ma se si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbe neppure la legge.
Quanto rende questa legge abominevole è il fatto di permettere a quel sottoinsieme di donne false e perfide di denunciare chicchessia per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza erotico-sociale (nel poter far finire nei guai un uomo con l'arma dell'attrazione sessuale e nell'esser creduta a priori mentre l'altra parte è tenuta a tacere e se parla reputata indegna d'ascolto e degna solo o del riso o del disprezzo). Non sto dicendo che le donne siano tutte perfide e sadiche, sto solo esprimendo il mio sdegno per una giurisprudenza tale da permettere a chi lo sia di infierire massimamente sul primo uomo incontrato per strada. Sarebbe come una giurisprudenza che permettesse agli stupratori di infierire sulle vittime (le donne se ne lamenterebbero anche senza considerare tutti gli uomini stupratori).

Perché, invece, non è reato la stronzaggine? Ben altro che 90 euro di multa servirebbero per sanzionare coloro le quali (appoggiate dalla cultura occidentale per la quale il diritto in ogni modo tempo e luogo a “(s)vestirci come ci pare” confina con quello a “stronzeggiare” a prescindere dall’abbigliamento e dai luoghi) sono use ad adoperare l’avvenenza per agire in maniera psicologicamente simile a quella del “bullo” che usa le disparità fisiche e psicologiche per infierire sul ragazzo più piccolo!

Le molestie sessuali femminili (fino al caso estremo dello stupro psicologico) esistono eccome (per via delle disparità di desideri e psicologiche presenti soprattutto nella prima fase dell'approccio), ma sono impunite. Se toccare un culo(o un seno) costa 5 anni di carcere
http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/11809550/Se-in-Francia-fai-la-.html
e esclamare un complimento 90 euro, e, in Italia (vedi stalking) qualche telefonata di invito o complimento fino a 5-6 anni di carcere e decine di migliaia di euro di ammenda. allora il “fare le stronze” (come ormai divenuto costume nei luoghi di divertimento come in quelli di lavoro, negli incontri brevi e occasionali per via o in discoteca come in quelli più lunghi e sentimentali), ovvero:

trattare con sufficienza o aperto disprezzo chiunque tenti un qualsiasi avvicinamento erotico-sentimentale, mostrare pubblicamente, per capriccio, vanità , aumento del proprio valore economico sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza, le proprie grazie solo per attirare, ingannare e sollevare nel sogno chi poi si vuole far cadere con il massimo del fragore, della sofferenza e del ridicolo, diffondere disio agli astanti e attrarre a sé (o addirittura indurre ad arte a farsi avanti e a tentare un approccio) sconosciuti che non si è interessate a conoscere ma solo a ingannare, far sentire nullità e frustrare sessualmente, dilettarsi, con (s)vestimenti, movenze, sguardi espliciti e atteggiamenti impliciti, silenzi eloquenti e parole ambigue, a suscitare ad arte disio per compiacersi della sua negazione (e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa per il corpo e la psiche da una raffinata, intenzionale e premeditata perfidia, possa far patire le pene infernali della negazione a chi è stato dapprima illuso dal paradiso della concessione), attirare chi si vuole solo respingere, illudere chi si vuole solo deludere, fingere di apprezzare chi si vuole solo disprezzare, attrarre intenzionalmente, scegliere fra tanti e invitare all’approccio chi si vuole poi trattare come uno qualunque, un uomo senza qualità, un banale scocciatore, chi poi si vuole far sentire un puro nulla davanti a sé e agli altri, chi si vuole poi chiamare “molesto” quando, in maniera magari maldestra, comunque sincera, cerca di carpire i favori, attirare e respingere con l’intenzione di infliggere continuamente tensione psicologica, ferimento intimo, senso di nullità , irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, inappagamento fisico e mentale degenerante se ripetuto in ossessione e disagio scivolante da sessuale ad esistenziale (con rischio, per il giovane maschio, di non riuscire più a sorridere nel sesso e di avvicinarsi ad una donna senza vedervi motivo di patimento, tirannia e perdita di ogni residuo interesse per la vita), usare insomma sugli l’arma della bellezza in maniera per certi versi ancora più malvagia di quanto certi bruti usino sulle donne quella fisica)

dovrebbe essere punito con decenni di reclusione e centinaia di migliaia di euro di multa, perché il danno alla psiche è notevolmente maggiore (e va dalla cosiddetta “anoressia sessuale” al suicidio, da una quasi patologica timidezza al farsi avanti con le ragazze alla completa impossibilità futura a sorridere e volere in tema di corteggiamento in particolare e di “amore” in generale, e quindi anche di “vita” in senso pieno, dal precoce bisogno di prostitute ad un disagio psichico ora celato con l’ironia ed ora pronto ad esplodere in eccessi di aggressività).
Il fatto che gli uomini, per obbligo culturale a mostrarsi forti e cavalieri e per plagio psicologico femminista (che li dipinge come carnefici anche quando sono vittime) in genere non lo ammettano non significa non esista.

Se una donna si sente in ansia (addirittura, dice il macronismo, “limitata nella sua libertà e nella sua autostima”) per via di chi magari in maniera insolita ma comunque non violenta né necessariamente offensiva, la apprezza (con fiori, omaggi e telefonate, e tutto quanto può oggi essere denunciato come stalking, o anche solo, come nel caso in oggetto, per dei complimenti per strada, ancorché a volte apparentemente volgari o comunque mascherati da spacconeria “Denim” di chi “non deve chiedere mai”, ma intanto mostra nel suo stesso desiderio una debolezza, la debolezza di chi deve fare o dire qualcosa per sperare di farsi notare ed essere preso “in esame” dalla controparte, comunque già comoda sul piedistallo della bellezza o dell’illusione generata dal disio stesso e pronta a scegliere dall’alto se divertirsi con lui o contro di lui), come si sentirebbe se, essendo uomo, rischiasse (come rischia ogni maschio sin dalla pubertà) di essere oggetto di odio e di disprezzo proprio da colei verso le cui grazie si è mossi da quel desiderio che, avendo la naturalità come di una primavera che irrompe, di un fiore che sboccia, di un fiume che si getta a valle dalle rocce, di una stella che fori l’oscurità notturna con lo splendore divino, è germoglio di ogni amor naturale e motore d’ogni poesia, proprio da colei verso cui si è tentato di esprimere con il guardo, la voce, il gesto, il suono, apprezzamento immediato e sincero (in maniera più o meno raffinata, più o meno esplicita, più o meno poetica, più o meno scontata, più o meno imaginifica, più o meno comune, comunque non violenta, non offensiva e semmai “volgare” solo nel senso di “comune anche al volgo”), e proprio perché la sì è disiata e proprio mentre la si desia, e soprattutto se dovessi subire la stronzaggine di chi usa l’occasione del respingimento per ferire, irridere e umiliare?

CAPITOLO DUE: "Diritto" a manifestare nude

http://www.letteradonna.it/it/articoli/attualita/2017/05/31/la-ministra-che-sta-con-le-femen/23515/

Addirittura qui si arriva a dire che è un diritto manifestare pubblicamente nude, quando è ancora un reato (per l’uomo) denudarsi in pubblico (atti osceni), addirittura una “violenza” se davanti ad una donna (vedi certe sempre più allargate ancorché diffuse interpretazioni della cosiddetta “violenza sessuale”).
Più in generale, in Francia come in tutto il dannato occidente, vige il solito doppiopesismo femminil-femminista, per il quale sarebbe "morale e civile" ogni comportamento più o meno sessualmente femminile (come il gir per via mostrando esplicitamente o implicitamente le proprie grazie, l'apparire in ogni modo tempo e luogo belle e disiate, anche quando non si ha alcun interesse a conoscere uomo alcuno, come per attirare tutti e selezionare chi eccelle nelle doti volute, giacchè non è la mente, ma l'istinto a saperlo, come nel caso dell'uomo cui la natura fa vedere belle le tette che garantiscono abbondante nutrimento al neonato), mentre risulterebbe immorale e incivile il corrispettivo maschile.
Non c’entra nulla il “senso del peccato”
(ora che dio è morto) associato al corpo femminile, c’entrano molto, invece, il senso di colpa che le femministe vorrebbero instillare negli uomini che desiderano quel corpo (vedi oscuramento dei concorsi di bellezza e proibizione delle ombrelline sullo schieramento della Formula 1) e le pene esse che vorrebbero attribuire a chiunque cerchi legittimamente di goderne (vedi divieto della prostituzione anche adulta e consenziente, vedi condanna come "molestie o ricatti" di veri e propri rapporti consensuali do ut des basati sullo scambio di favori altrettanto "particolari", come la concessione di rapporti erotici e la promessa di corsie preferenziali in certe carrierie, vedi definizioni sempre più vaghe e onnicomprensive della cosiddetta violenza sessuale fino a comprendervi potenzialmente qualunque tentativo ecc.).

Non posso ammettere che, se certe grazie corporali non sono sessualmente offensive quando vengono liberamente mostrate sulla pubblica via, lo divengano quando vengono altrettanto liberamente guardate, che se l'atto, esplicito o implicito, volontario o involontario, di mostrare certe grazie suscitanti per natura (e non già per volontà o colpa dell'uomo) disio è ritenuto "puro", divenga "impuro" l'esprimere ingenuamente, in maniera più o meno poeticamente vaga o prosaicamente diretta, e comunque oggettivamente non violenta né offensiva, tale natural disio (e non ammetto neppure venga chiamato sprezzantemente "bava").

Non è tanto una questione di istinto, quanto di ragione.

Care la mie ministre\avvocate\giustiziere, cari amici liberali o progressisti, non è ammissibile (per la stessa ragione prima ancora che per l'istinto) che al loro diritto a suscitare disio corrisponda il nostro dovere a reprimerlo, che al loro mostrarsi debba corrispondere il nostro non guardare (troppo), che al loro esprimere liberamente il naturale istinto di sentirsi belle e disiate debba corrispondere il nostro non poter mirare (disianti), seguire (con lo sguardo e l'azione) e cercare di ottenere (come sarebbe in natura) la bellezza, esprimendone il disio in maniera gioiosa, spontanea e per nulla ostile o violenta, che al loro esagerare a piacere nel diffondere disio, nell'illudere e persino nell'irridere, nell'umiliare e nel far patire nel corpo e nella psiche debba corrispondere il nostro obbligo assoluto a non uscire di un millimetro da limiti stabiliti peraltro non in maniera chiara ed oggettiva a propri, ma, a posteriori, in maniera vaga, soggettiva e dipendente dal loro solo capriccio, che quanto provoca il minimo e presunto ferimento alla loro soggettiva sensibilità sia punito da leggi e costumi nella maniera più vasta e dolorosa possibile mentre quanto in maniera ben più profonda ferisce la nostra diversa e non già inesistente psiche sia considerato inesistente o irrilevante come gravità, normalità da sopportare da parte nostra, diritto della donna o addirittura bello di essere donna!

Se esse chiamano violenza/mancanza di rispetto il guardare con disio a fanciulle discinte (per volontà loro) perché non dovrei considerare violenza maggiore e mancanza di rispetto più grave il mostrare (implicitamente o esplicitamente) agli astanti le grazie da parte di queste fanciulle, essendo non solo l'atto corrispondente del guardare, ma anche, fra i due, quello che avviene per primo quale causa prima non causata? Si esercita violenza in quanto si impone qualcosa senza possibilità di scelta a chi non l'ha richiesto (chi si trova poste innanzi le grazie femminili non può scegliere di non disiare quanto la natura gli mostra disiabile: può al massimo girarsi dall'altra parte, ma non può evitare né la distrazione della mente, né la frustrazione del corpo, per aver suscitato nel profondo quanto almeno in quel momento non può essere appagato - e, per inciso, è sempre raro, difficile, faticoso, costoso da ogni punto di vista materiale e morale appagare - né il disagio della psiche, per trovarsi di fronte, senza armi per contrastarne la bellezza, a colei che essendo da tutti subitaneamente disiata potrebbe permettersi e ottenere tutto su tutti a da tutti).
Si manca di rispetto all'uomo, ridotto a freddo specchio su cui provare la propria avvenenza o a pezzo di legno innanzi a cui permettersi di tutto (perché quasi considerato privo di sensibilità).

Poi saremmo noi i medievali? Esse per prime fanno di noi un uso strumentale ben peggiore di quello della “donna-dello-schermo” di dantesca memoria! Non c'entra il medioevo (delle cui presunte “oppressioni” le donne moderne si lamentano ex-post, ma dei cui reali privilegi cavallereschi pretendono il mantenimento). C'entrano le corrispondenze logiche!
Dobbiamo rifiutarci di anche solo di discutere con donne come questa ministra (e con i di lei amici sedicenti liberal-progressisti), perché disconoscono la verità, evidente e naturale, che PRIMA esiste il farsi disiare e guardare della donna POI il disio e lo sguardo dell’uomo, e MAI (il che sarebbe illogico) VICEVERSA (prima vi è chi si fa seguire, poi chi segue, prima vi è quanto attrae l'attenzione e poi chi segue con lo sguardo, prima vi è la fonte di desiderio, poi chi desidera, così come prima vi è un campo gravitazionale e solo dopo l'attrazione di un grave). E ciò non è “colpa” né degli uomini ne’ delle donne, ma della natura. Guardate I corteggiamenti degli animali! Gli impulsi maschili e femminili sono complementari ed è menzognero dire che i nostri (disiare e seguire) sono "immorali e violenti" e i vostri "esser disiate e farsi seguire" sono puri e pacifici.
E non mi si venga a dire (come fanno sempre le femministe e i loro servi!) che solo con questo discorso “giustifico lo stupro”. Qui si parla di qualcosa di naturale come guardare quanto per istinto attira l'attenzione ed agire (o re-agire) per essere parimenti notati e (auspicabilmente, se possediamo le particolari doti di sentimento o intelletto pretese da una determinata donna per un eventuale rapporto e la fortuna di poterle renderle sensibili alle orecchie di lei in un dialogo solus ad solam) disiati a nostra volta. Lo stupro invece non è natura! Nessun animale stupra. E’ una deviazione del desiderio naturale. Non nasce affatto dallo sguardo, né dal complimento, né dal tentativo di stabilire un contatto ed essere apprezzati, nasce da deformazioni mentali indotte dalla società o dal perverso sviluppo della psiche individuale (magari da eccessiva repressione da un lato o eccessiva malvagità intenzionale dall’altro), non certo dal disio naturale in sé (solo una femminista antimaschile può sostenere ciò, e con ciò leggi che puniscano il solo sguardo o il solo tentativo di abbordaggio).
Medievale, semmai, è il discorso che impone agli uomini l'obbligo di trattenersi mentre dà alla donna la libertà di "esprimere se stessa", che crea con ciò disparità, privilegi, e quindi ingiustizie, arbitrii, frustrazioni e corvée amorose (di cui il corteggiamento è l'espressione classica e le leggi sulla cosiddetta molestia quella moderna), che concede alla donna di potersi permettere letteralmente di tutto senza prendersi la responsabilità delle proprie azioni (poiché protetta dal vittimismo femminista), senza dover temere le reazioni (poiché protetto dallo status di dama intangibile), senza dover pensare a quanto (in questo caso in termini di inganno, irrisione, ferimento e disagio da sessuale ad esistenziale) il suo agire "libero" provoca sulle emotività altre da sé.
Il mio è un discorso fondato sulla natura, sulla ragione e sulle logiche corrispondenze. Che poi gli istinti, la razionalità e le implicazioni logiche, morali e naturali siano "maschiliste" quando le donne vogliono affermare la propria prepotenza sessuale al di là di ogni etica, di ogni ragione e di ogni logica è un altro discorso.

Difatti, per le femministe (e per i giudici al loro servizio) anche uno “sguardo insistente” è molestia, ed anche un tentativo maldestro di corteggiamento (come in quei “baci rubati” a cui è dedicato l’immortale capolavoro di Truffaut) “violenza”.
Ma che cavolo di discorso è? Ella può mostrare e io non guardare? Ella puoi sfoggiare liberamente (per vanità, capriccio, moda, autostima, accrescimento di valore economico-sentimentale, o gratuito sfoggio di preminenza erotica) le sue grazie, nel modo che vuole e per il tempo che vuole ed io non posso altrettanto liberamente guardare quanto (da ella) mostrato (secondo natura)? Ella puoi "tenere le cosce di fuori" passando sulla pubblica via ed io non posso, nel medesimo luogo, rivolgere ad esse lo sguardo e il disio (da ella per prima oggettivamente suscitato con il fatto stesso di mostrare pubblicamente quelle fattezze che, in conseguenza non della mia volontà, ma delle disparità di desideri volute dalla natura, hanno valenza sessuale)? E perché il suo mostrare sarebbe raffinato e il mio guardare porco? Sono entrambi desideri di natura! E' solo ipocrisia il fatto che ella presenti il "mostrare le belle gambe depilate" non come istinto (qual è) ma come "cultura" (mentre al contrario chiami "fare il porco" il guardare secondo natura le stesse forme da lei mostrate). Come si fa a negare che nel diritto a “vestirsi come ci pare” si nasconda il legittimo e naturalissimo disio femminile (magari inconscio) di farsi guardare (anche quando la mente cosciente non ha intenzione di incontrare o conoscere uomo alcuno, perché l'istinto non può saperlo)? Mi considerate stupido? Sappiate che odio la femminea ipocrisia! Si vestano e agiscano come vogliono! Posso accettare ciò, ed evitare il burqua e l’altre cose e restrizioni talebane, se ovviamente si riconosce il corrispondente diritto a guardare ciò che la donna per sua decisione autonoma ha deciso di mostrare. Altrimenti si tratta di uno squilibrio inaccettabile. Se io devo “trattenermi” dal guardare (e non si capisce perché) la donna si deve “trattenere” dal mostrarsi (secondo me non è giusto neanche questo in un mondo non talebano, ma segue coerentemente dal primo divieto), come avviene presso gli Arabi. Io speravo in un occidente emancipato in cui le donne potessero farsi guardare senza essere violentate e gli uomini guardare senza essere accusati. E lo stesso dicasi per i tentativi, più o meno volgarmente espliciti, più o meno poeticamente vaghi, più o meno raffinatamente letterari, più o meno bassamente prosaici, più o meno esperti, più o meno maldestri, di corteggiamento. Se ella pretende (ancora!) il diritto ad essere corteggiata, io devo avere il diritto (non il dovere, però) di provarci in buona fede senza rischiare denunce per violenza (oppure non ci si lamenti più se da vent’anni esatti ho scelto la strada esclusiva del culto di Venere Prostituta)!
Non ho motivo per ritenere che essere oggetto di disio sessuale sia più offensivo per una donna di quanto non lo sia per un uomo essere considerato un freddo specchio su cui provare la propria avvenenza (e questo sta dietro la pretesa di vestirsi e svestirsi o addirittura provocare come vogliono), o, peggio, un pezzo di legno davanti a cui permettersi letteralmente di tutto sapendo che non può e non deve reagire (come invece magari farebbe nelle corrispondenti situazioni con un altro uomo). Perché questo attualmente succede in occidente! Questo è quanto succede per le strade, nelle discoteche e persino a volte nei luoghi di lavoro! E dirò di più: mentre il comportamento dell’uomo è spesso soltanto naturale, quello della donna ha in più la stronzaggine premeditata.

Che le femministe di “me-too” riservino l’epiteto di maiale a qualcun altro (ai loro amichetti progressisti, ad esempio)! Con me le loro menzogne non funzionano. A parte il fatto che il maiale (Orazio docet "Epicuri de grege porcus") è un animale infinitamente più simpatico e creativo delle velenose vipere quali esse sono, e che è assurdo definire "maiale" chi brama appagare di quando in quando il naturale bisogno di godere della bellezza non appena questa si fa sensibile ai sensi nelle grazie femminee, mentre non viene definito ghiro chi mostra il bisogno di dormire tutte le notti o cinghiale chi esprime il desiderio di mangiare tre volte al giorno, la loro affermazioni (come quelle di tutte le donne quando mescolano biologia e filosofia morale) sono prive di senso, in quanto il bisogno d'ebbrezza e piacere dei sensi è proprio a tutti gli esseri viventi maschili e non ai soli suini.
Tornando agli umani (e alle merde quali sono Macron e le sue ministre), vadano a fare la morale in un altro continente (magari in quello che resta dell’Africa coloniale francese). Qui, in Europa, nella culla del Rinascimento, dei sonetti di Petrarca e del naturalismo artistico e filosofico, non è logicamente, eticamente e naturalmente ammissibile che il mondo femminile presenti sotto le spoglie di "bontà" e "purezza" il proprio comportamento naturale (e quindi di origine chiaramente animale come quello dell'uomo) consistente nel mostrarsi in ogni modo tempo e luogo belle a disiabile (inconsciamente, per attirare più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, consciamente per pura vanità, supina accettazione di mode e costumi, patologico bisogno d'autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) e pretenda al contempo di far apparire "più animale" o comunque "impuro" e "malvagio" e addirittura "vergognoso e colpevole" il corrispondente comportamento naturale maschile consistente nel mirare, disiare (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) e cercare di ottenere la bellezza nella varietà multiforme delle creature femminine, poiché entrambi le tendenze (tanto il suscitare disio, il rifuggire e il negarsi per attirare tutti e selezionare solo chi mostra eccellenza nelle doti qualificanti la specie, quanto l'esprimere subitaneo disio e voler godere della bellezza di tutte) concorrono al fine naturale di propagazione e selezione della vita, entrambi, in quanto natura, sono di là dal bene e dal male (almeno fino a che la cattiva coscienza di chi agisce per capriccio, vanità, interesse economico sentimentale o gratuito sadismo non introduca un'intenzionale perfidia e un scientifico inganno) e nessuno dei due potrebbe esistere senza l'altro.
E cercare di dipingere come pure e giusto il proprio comportamento naturale (in questo caso monogamo, non concedersi facilmente, apparire belle e disiabili per attrarre quanti più contendenti e selezionare fra tutti chi eccelle nelle doti volute, rimanendovi poi fedele) bollando al contempo come impuro e malvagio il suo opposto complementare (in questo caso poligamo, mirare, disiare e seguire con l'intensità del tuono e la rapidità del fulmine la bellezza e cercare di ottenerla nella varietà delle forme viventi), che non solo parimenti è naturale (e quindi di là dal bene e dal male), ma che è anche assolutamente necessario, perchè senza di esso lo stesso comportamento decantato come buono non potrebbe essere agito, è la forma più grave di immoralità.

Le loro allusioni su nostre presunte "malattie psicologiche" (o trasformazioni in animali), sono quindi parimenti prive di fondamento (morale e razionale). Essere (con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono) mossi da disio per la bellezza non appena questa si mostra ai sensi è del tutto naturale (e a volte persino poietico) e non ha nulla "da curare con lo psicologo" (il che significherebbe solo "de-naturarsi").
E' l'essere sottoposti allo sfoggio sfacciato e insistente delle grazie corporali (attraverso vestimenti e svestimenti) e alla costante, volontaria o involontaria, esplicita o implicita, provocazione di disio in modi e tempi ben superiori alle intensità e alle frequenze naturali a provocare potenzialmente qualcosa di patologico.
E' il dover continuamente trattenere, nascondere, frustrare (e addirittura, secondo quanto vorresti tu, condannare moralmente come "violenza") tale disio suscitato a generare sofferenze nel corpo e nella psiche.
Il loro dire: "non è colpa mia/non mi interessa che la tua natura sia repressa/sofferente e il tuo corpo e la tua psiche si sentano feriti e alla lunga danneggiati, perchè io mi vesto, mi muovo e mi comporto con gli altri come mi pare" è simmetrico nella sua prepotenza individualistica e sessista ad un discorso maschile del genere: "non è colpa nostra se vi dà fastidio quando vi tocchiamo o se state male quando siete costrette ad un rapporto non voluto!". Se la libertà delle proprie azioni ha un limite in quanto esse generano nel corpo e nella psiche del prossimo, ciò deve valere anche per il loro "vestirsi come ci pare" (e non solo per il nostro "non toccare").

Non è accettabile che la donna possa passeggiarmi innanzi (per via o, peggio, sul lavoro) mostrando liberamente le sue fattezze e suscitando consapevolmente o meno disio ed io non possa altrettanto liberamente mirare, seguire e disiare e cercare di ottenere come sarebbe in natura, o (se da umani non si ha alcuna voglia di corteggiare), semplicemente esprimere con lo sguardo, la parola e il gesto il proprio naturale apprezzamento o commentare quanto il disio fa venire alla mente.

Quanto non accetto è che quando si parla di comportamenti in un modo o l'altro legati alla sessualità alla sua illimitata licenza nell'esprimere la propria natura (nel poter suscitar disio, attirare e mostrarsi) debba corrispondere il mio obbligo (nel disiare, seguire e mirare), a reprimere, limitare, nascondere la mia natura corrispondente. Perché poi deve valere solo la sensibilità della donna?
Anche per la mia corrispondente e non già inesistente sensibilità maschile potrebbero risultare molesti certi atteggiamenti definiti "diritto della donna" o "bel gioco dell'essere donna" da demagogia femminista e stupidità cavalleresca.
Si sente offesa nella dignità di donna ad essere vista come oggetto di disio (il che è natura)? E allora io perché non dovrei sentirmi ancora più offeso nella mia dignità di uomo ad essere trattato come un freddo specchio innanzi a cui le donne testano la loro avvenenza, come un pezzo di legno innanzi a cui si possono permettere di tutto (qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi tensione psicologica, qualsiasi derisione al più profondo disio) o addirittura un pupazzo da attirare e respingere, da sollevare solo per farlo poi cadere con il massimo del dolore e del disprezzo?
Certi comportamenti suscitano disagio? Quanto suscita disagio è soggettivo.
Io mi sento a disagio anche solo quando la donna appare nel mio campo visivo ponendomi innanzi (senza io lo chieda) le proprie grazie corporali, poiché suscita un disio che non potendo essere almeno in quel caso appagato genera frustrazione.
E tale rimane il mio sentimento sia che secondo natura continui a guardare (giacché la situazione mi fa sentire un puro nulla innanzi a colei che tutto può poiché da tutti è disiata) sia che costringendomi contro natura guardi dall'altra parte (poiché comunque il disio è già stato suscitato e anche la semplice consapevolezza di esser vicini a quanto non si può raggiungere fa permanere lo stato di frustrazione).

E se la donna di turno, per capriccio, vanità , autostima o diletto sadico, sfrutta la situazione per infliggere ferimento intimo suscitando ad arte il disio compiacendosi poi della sua negazione, per provocarmi intenzionalmente sofferenza emotiva, irrisione al disio, frustrazione nel profondo, umiliazione pubblica o privata, inappagamento fisico e mentale, per rendermi ridicolo davanti a me stesso o agli altri qualora tenti un qualsiasi approccio, per causarmi dolore fisico o psicologico nell'attirarmi e nel respingermi, per trattarmi come uno qualunque, un banale scocciatore, dopo avermi scelto fra tanti e illuso solo per farmi patire l'inferno dopo la speranza di paradiso, per appellarmi molesto dopo avermi appositamente attratto e indotto implicitamente a farmi avanti in maniera da lei considerata magari maldestra, se insomma usa l'arma erotico sentimentale per infierire su chi psicologicamente si trova in svantaggio nei primi momenti di incontro (occasionale e breve come sentimentale e lungo) con l'altro sesso, allora mi suscita un disagio da sessuale ad esistenziale. Altro che molestia!

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