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IlMarchese
Silver
05/12/2016 | 16:17

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Il Vietnam è come il corpo di una donna, più scendi in basso e più è facile che la fica la trovi. Sto viaggiando per il Vietnam da nord a sud e mi trovo a Nha-Trang. Siamo quasi a metà del Vietnam, siamo tipo all’ombelico, e l’odore di passera comincia a farsi sentire. Nha-Trang è una colonia russa. Russi, soldi, impossibile non esistano puttane, mi dico.
Il mio motto è: se in un posto ci sono delle troie, saranno loro a trovare te.
E infatti mi trovano. Dopo cena comincio a farmi un giro per il centro di Nha-Trang e sembra di stare a Vladivostok se non fosse per le palme e 30 gradi a mezzanotte. Al lato opposto della strada vedo un paio di suine viet che mi salutano. Di sicuro non siamo andati a scuola insieme. Sopra di loro un’insegna luminosa spara la scritta ‘Massage’ in rosso lampeggiante. Mi avvicino un po’ scazzato. Le suine mostrano il menù del centro massaggi chiamato “Rose Spa”.
Scorro la lista dei trattamenti benessere: Foot massage four hand, back massage, shoulder massage, back massage with stone, traditional vietnamses massage. I prezzi in dollari e dong. Guardo le tipe, poi il menù. Mi vedono indeciso. Una di loro si avvicina all’orecchio, sottovoce mi consiglia il piatto del giorno: gnam gnam e bum bum e mi indica il prezzo di un massaggio tradizionale a 50 dollari. Ma poteva anche indicarmi le lasagne al forno, tanto si tratta di pompino e scopata. Un tipo con una camicetta Hawaiana che non capisco se è compreso nel menù o supervisiona il tutto, con un sorriso a 3 denti fa sì sì con la testa. Mi riguardo la gnocca che non è proprio da paginone centrale di Playboy Vietnam, e diciamo che la strada semibuia gioca a suo favore, ma solo quei tre secondi intermittenti dove la luce dell’insegna Massage è spenta. A questo punto mi sarei chiavato pure quel frocio sdentato, a patto che si togliesse quella stramaledetta camicia. Un po’ di decenza, porcaputtana.
Col cazzo però che sborso 50 dollari.
Vi sembro un russo dico? Loro rispondono: sì.
Comunque o 30 dollari, dico, o vado a farmi strapazzare l’uccello da un‘altra parte. E inizia il solito baratto da mercato rionale. Quando faccio per andare, il frocio ribatte a 35. Affare fatto!
Mi accompagna su per le scale. Non il frocio, la troia.
La stamberga sembra uno screenshot dagli anni 70. Intendo anni 70 qui in Vietnam quando i B52 sganciavano sulle teste bombe di 6 tonnellate. La tipa, Huang Hiung Hong qualcosa, mi porta in una stanzetta tutta rivestita in fòrmica mi fa sdraiare a faccia in giù su un lettino pidocchioso. Parte a massaggiarmi e capisco che non è il massaggio alla schiena il suo forte. Cinque minuti di torture cinesi e mi rivolta. Inizia a lavorarmi l’uccello e palle come pasta per il pane. Prima di infornare, sta lì a fissarmi la baguette che lievita con uno sguardo curioso e allegro come se osservasse la schiusura delle uova della Tartaruga Liuto del Madagascar. Mi calza il preservativo che ovviamente ha le misure da puffo giallo. Appoggio la suina al lettino, in piedi, le tengo una zampa alzata e inizio a pompare. Huang Hiung Hong qualcosa, rimane vestita nella parte sopra così in caso d’irruzione di sbirri viet, si ritira su le mutande e siamo apposto con il fisco. Certo se vogliamo fare le cose senza farci sgamare usiamo proprio la strategia sbagliata. Dalla bocca di Huang Hiung Hong qualcosa oltre all’odore di cipolla, zenzero e qualcosa di morto escono dei gemiti e stridii che nemmeno dalla cinghia di distribuzione della mia Lancia Prisma, quando ho provato a rimetterla in moto dopo che per vent’anni era rimasta abbandonata in un campo rom. Anche il lettino fa la sua parte. Cigola come un carro armato M48 Patton appena passato sopra mina anticarro. Quel lettino ne deve aver viste più del colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Nel corridoio sentiamo dei passi, forse il frocio magnaccia hawaiano dell’ingresso che controlla la catena di montaggio. Forse, anche Huang Hiung Hong non ne è sicura. Solleva con uno scatto la mano.
Stop!
È un po’ stizzita come per dire “smetti un attimo di stantuffare, cazzo!”. Forse bestemmia in viet. M’immobilizzo con l’uccello a metà corsa. I passi superano la nostra porta. Rimaniamo in ascolto. È il frocio o un fantasma di un soldato americano che veniva a chiavare qui nel 69. Rimaniamo in ascolto, no respiriamo neppure, nemmeno fossimo rannicchiati nella giungla a nasconderci da una pattuglia di Vietkong. Potrei finire in galera, derubato e inculato dal frocio o trovarmi in una scena del film ‘il Cacciatore’. Di sicuro non è la chiavata più rilassante della mia vita. Il massaggio fatto a cazzo di cane vietnamita dopo quello ricevuto ad Hoi Han non fa che peggiorare la sciatica.
Il Vietnam mi ucciderà.
Huang Hiung Hong qualcosa, mi ridà il via. Riparto che mi si è mezzo ammosciato il cazzo. Prendo un ciuffo di capelli di Huang Hiung Hong qualcosa e le tiro la testa indietro. Adesso attacca con dei versi ancora più atroci. Forse sta mimando un orgasmo vietnamita, un richiamo d’amore del gibbone alle guance bianche, o forse semplicemente sta cercando di dirmi che la strangolo se insisto a torcerle la testa all’indietro.
Dai che ‘sto per sborrare! Huang Hiung Hong qualcosa si mette subito in ginocchio. Le piazzo l’uccello tra i denti gialli e le sparo uno spruzzo di defoliante AgentOrange giù per quella fottuta gola.
Che per almeno per un po’ se ne sta zitta. Mi rimetto su i miei stracci e solo dopo aver attraversato il corridoio dalle pareti scrostate, sceso le scale, attraversato la porta e dopo che frocio all’ingresso mi strizza l’occhio e mi fa ciao ciao con la mano, posso tirare un sospiro di sollievo e ‘na scorreggia al Napalm che stavo trattenendo da mezz’ora.

Rimanete sintonizzati: prossima destinazione Saigon . Lì si che ci sono le vere sorprese!

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