Quando pensi all'Australia, ti vengono in mente canguri, coccodrilli, il boomerang e quegli stronzi di Koala. Dopo aver letto questo report, l’Australia ti sembrerà un posto diverso. No, e non intendo i pinguini del titolo. Sono a Melbourne e c’ho tutto un programma per le visite alle varie attrazioni. L'unica cosa che non era programmato erano le ammucchiate. Faccio un paio di ricerche e grazie al dio Google vengo a sapere che domani si organizza un party trombata in un certo “club Gemini”. Prendo contatti con Rose, dopo un estenuante scambio di mail, mi da il numero della collega Alyssa, ci scambiamo sms per richiesta informazioni, conferma identità e menate varie, che ci mancava che mi chiedessero il permesso dei genitori. Mi accettano all’evento. L’ultimo ingresso è per le 22, perché in Australia le 22 are the new mezzanotte. Il problema è che lo stesso giorno c’ho un tour impegnativo per assistere al fenomeno dei pinguini che escono dal mare dopo il tramonto e rientrano dopo una giornata di pesca a rintanarsi nei loro buchi. Sembrerebbe un evento spettacolare, perché ci sono migliaia di persone che assistono come se andassero a vedere Juventus–Inter. Che già la vita dei pinguini è un ‘mmerda figuratevi quando dopo un’estenuante giornata mentre te ne ritorni a casa che non vorresti vedere nemmeno la tua ombra, ti trovi dei cinesi che ti urlano addosso, ti scattano foto col flash e ti riprendono mentre caghi. Dopo questo evento epocale. Passo tutto il viaggio in bus di rientro dal tour in ansia perchè so di non farcela ad arrivare in tempo. Messaggio con Alyssa chiedendole se posso arrivare più tardi, lei mi risponde svogliata è già tanto se non mi denuncia per stalking, ultimo ingresso alle 22.30. Punto e cazzo!
Arrivo in hotel, sono le 21.45, giusta una sciacquata alle palle per educazione, il cambio delle mutande e la chiamata all’uber. Mi rendo conto che in tutti gli scambi di informazioni, ci siamo dimenticati la cosa più importante: l’indirizzo. Sul sito non c’era nessuna informazione, te lo mandano solo se sei ammesso al party. Sembra un'estenuante caccia al tesoro del cazzo. Poi arriva questo indirizzo, l’ora è tarda. Chiamo l’Uber. Per arrivare al Gemini sono trenta minuti. Menomale siamo in Australia e non in Svizzera perché arrivo alle 22.35. Col Jet Leg, l’orario del mio corpo segna le 4 di mattina. Bevo sei litri di red bull. Tutto questo mi genera uno stato d’agitazione tremendo, vorrei essere già a letto. Ma c’è del lavoro da fare. Arrivo con l’uber in un sobborgo buio e desolato al limite del niente del bush australiano. Pure Rhman l’autista dell’Uber, mi guarda come per dire “ma dove cazzo siamo finiti, madonna maomettana”.
Aspetta Abdul dico, ok si chiama Rahman ma tanto capisce lo stesso. Mi avvicino a un edificio buio che corrisponde esattamente al segnaposto di Google Map. Un rumore sordo di Unz Unz dall’interno. C’è una porta, ma senza un campanello, e che cazz. Busso, niente. Passano dieci minuti. Emrullah intanto mi guarda spazientito mentre si arrotola un missile. Ahhh Emolliaha, mannaggia i cammellieri.
Sto per tornare all’Uber, che la porta dietro di me si apre. Non perché bussavo, ma perché, apriti sesamo, esce un troione occhialuto a fumare una siga. Mi guarda come se fossi un venditore di enciclopedie.
Alyssa che ho stolkerato per due giorni e cominciato ad odiare. Mi presento. Sono IlMarchese, mi ero registrato così sul sito. Lei guarda il cellulare, c’è la lista degli ospiti. Poi fa ah “Mah-Keez?” lo pronuncia così. Suona più Mah-Ke kez alla leccese. D’ora in poi in Australia sarò conosciuto come Mah-Ke kez, sappiatelo.
Sei in ritardo mi fa. Balbetto qualche stronzata di scusa. Entriamo. Risucchiato dal nulla cosmico dell’esterno in questo girone di sporcaccioni australi, non fa che esasperare il mio stralunamento, già messo a dura prova dal jet leg, dai pinguini, dai cinesi e dalla vita in generale.
A quel punto Alyssa mi caga da Rose che sembrerebbe l’addetta al bar e alla cassa, insomma l’altro puttanone con cui avevo messaggiato, pago cash 180 dobloni australiani. Mi riempie la testa con una serie d’istruzioni per l’uso di cui non capisco un emerita minkia perché parla a raffica con l’accento strascicato dei montanari del Northern Territory o come se avesse un mezzo cazzo nelle trachea. Nella no to do list c'era quella che se voglio andare ai piani di sopra, che è la zona monta, devo andarci nudo bruco.
Io salgo, vestito. Anche perché l’organizzazione non è il forte del Gemini Club. Non esiste un guardaroba, se non un cazzo di ripostiglio nel retro della cambusa. Dovresti lasciare lì tutti i tuoi averi, inclusa la dignità. Che poi quella l’ho persa già non so dove, ma se ti fottono all’altro capo del mondo vestiti, telefono e documenti, poi che ci racconti a casa.
Arrivato al primo piano m’infilo nel primo trombatrogolo che trovo. Mancano tre mesi ad Halloween ma sembra già addobbata così. Finte ragnatele, finti ragni, finti scheletri e nel mezzo la stanza un lettone a forma di bara, con una finta morta che ha l’aria di un cadavere riesumato di fresco. Una salma che gorgoglia, si dimena mentre la bombano in due. Poi entra un milfone capelli color pagliericcio con due tette, che non sono tette, ma campanacci da cattedrale gotica. Resta lì, inoperosa, attonita. Una deficiente, insomma. Uno dei due necrofili alza gli occhi e mi invita “E suonali ‘sti campanacci a morto.”
I due devono avere un grado stretto di parentela. La timidona è con la mano appoggiata alla spalliera di quel letto loculo. Tiro fuori il batacchio per scampanarla, lei come se scattasse un meccanismo sporcaccesco si mette seduta su una poltrona stile impero del male. Comincia a ciucciare. Quando a scuola c’era la lezione di bocchini, doveva essere assente, perché mi si drizzava di più a vedere i Pinguini che rotolano, sculettano e barcollano come birilli dopo l’happy hour. Vedere il mio cazzo trattato con cotanta superficialità… Ringrazio per l’impegno, cambio scenario.
La camera accanto è una scatola di sardine con tre coppie sott’olio che si montano tra loro. Deve essere stata tipo la camera dei bambini, quando quella casa era abitata da una famiglia felice, prima che fosse infestata da queste anime in pène. In fondo al corridoio, la misteriosa stanza dedicata alle Fruste, Corde e Cattiveria. C’è un gioco avviato. Al centro una mistress in erba, sui venti, capelli lunghi neri, corsetto e stivaloni mezzo coscia. Sta impacchettando una figa. Una mora, pelle color caramello, fisico da pecorara della Tasmania, tatuaggi su un culo da menare, le sta legando le braccia dietro la schiena. Mi avvicino a un buzzicone che sta lì ad assistere, così per rompere il ghiaccio, lo guardo e accenno un sorriso e chiedo qualche cazzata socializzante tipo di dove sei? Lui ci pensa un pò, barcolla alcolizzato e risponde, mi fa “Australia” anche un po risentito.
Australia lo dice con un accento di qualche stato che finisce in stan, però. Intanto mistress dei miei stivali, fa abbassare la penitente a novanta, la incastra nella gogna. Io sono proprio di fronte a loro. Non so perché ma mi guardano come se si aspettasse qualcosa, che ne so, un gesto di pietà, un applauso, una caramella, cinquanta dollari. L’unica stronzata che mi viene da dire, come una scorreggia cerebrale è “ sono il giudice, ti condanno al massimo della pena. Il che applicando il mio codice penale, considerate le aggravanti per troiaggine abusiva, lesbiaggine su minorati, spompinamenti colposo e spanamento di culo pubblico, dispone che l’imputata riceva tante ciaffate dainfiammate quel deretano che quando ci sborri sopra sfrigola.
Non sono arrivato attrezzato per i giochi de frusta.
Vi sparo in fronte un Flashback.
Sono a Cairns, a questa fiera gastronimico-campagnola australiana, c’è un tizio vestito da Buffalo Bill che fa una dimostrazione di come si schiocca la frusta tra i Canguri e Koala. Nello stand accanto vendono varie cazzate da vaccari, tra fruste di varie misure, colori, forme. Chiedo alla ragazzetta al banco, ne ha qualcuno di più maneggevole, perché comprare una frusta di due metri e portarsela in giro per l’Australia era complicato. Mi fa vedere una serie di fruste, ne scelgo una di un cinquanta centimetri. La provo, schiocca che è una meraviglia, è fatta di pelle di Canguro, la miglior pelle da frusta. Un bell’oggettino da portare a casa, c’ho già in mente qualche culo su cui provarla. La ragazzetta vede la luce perversa nei miei occhi, ha già capito tutto. Con mezzo sorrisetto, chiede “ma per cosa la usi”. Rimango sul vago, le dico che è un segreto. E poi per che cazzo me lo chiedi a fare?. Come se vai al supermercato, sei alla cassa, sul nastro sfilano carote, zucchine, cetrioli, crema Johnson&Johnson, preservativi, bastoncini di merluzzo surgelati.
“Sono venti euro, contanti o carta? Ma cosa ci fa con ‘sta roba?”
Lo stronzo della sicurezza all’aeroporto, me la requisisce con la scusa che potrei legarci qualcuno sull’aereo. Sicuro che poi se l’è portata a casa per farsi spellare il culo.
Quindi senza attrezzi confido nella Mistress. Chiedo se ha un flogger, un battipanni, una mazza da baseball, una spada laser, non ha un cazzo. Ha lasciato tutto a casa. Come se chiami il pronto soccorso e lasciano in ospedale bende e cerotti e clisteri. ‘Sta svampita di una Mistress.
Potrei usare la cintura, ma sono in mutande. Allora facciamo old school. Assetto all’ergastolanal un tale ceffone sul culo che lo sentono in Giappone. Ma quel culo è talmente corazzato, che in Giappone sentono il mio porco dio, da quando mi faccio male. Alterno schiaffoni a carezze e graffi e morsi. Lei si dimena bloccata nella gogna, quel culone busone che mi guarda. La mistress intanto sgomita perché si sente estromessa o per meglio dire “estromistress”. Quando le mie mani sono tanto infiammate che se ci sborri sopra sfrigolano, faccio un giro intorno alla condannata, mi ci piazzo di fronte.
Baby Mistress ginocchioni le sculaccia entrambe le chiappe, con una tecnica di cui prendo nota. Tipo macchina sculacciaculi. Tiro fuori la mia frusta rosa dalle mutande, la agito davanti agli occhi di questa troia penitente, lei prima guarda il pisello, poi guarda il buzzicone turkmenaustrale che dovrebbe essere il ragazzo, lui non è d’accordo. Rinfodero la frusta. La tracagnotta nella gogna è talmente arrapata che agogna un cazzo. Appena la mistress le libera le mani si libera, l’agguanta, le pianta la lingua in gola. C’è una tale voglia di scopare generale che se ci fosse uno manometro allo scopometro esploderebbe.
Intanto nella stanza si assiepano spettatori, sono entrati altri tre quattro segaioli che si smanettano come porcelli. La cosa da fastidio a tutti. Il turkastraliano si avvicina alle due. Confabulano, vogliono un pò di provacy, vanno nella stanza accanto, che è dedicata alla monta. Seguo la combriccola, io e dietro gli altri segaioli “ Siamo piccoli porcellin, tutti e tre fratellin”.
Il turkastraliano sulla soglia in un ultimo barlume di lucidità, fa tipo la selezione dei cazzi che possono entrare, te sì, te no, tesì, te no, Io… boh. Non capisco se sono tra i sì o i no, ma tanto non lo capisce nemmeno lui, tanto è alcolizzato. M’infilo dentro.
Si sdraiano tutti e tre sul lettone, lui al centro, da una parte Baby Mistress, dall’altra sponda culo corazzato che prende a ciucciare il birillo al suo ragazzo. Il tipo pregusta la doppietta del secolo con queste porcone. Mi avvicino a Baby Mistress che voltata di spalle fa le coccole ai due. Mi metto a toccarle la schiena, i capelli, sussurro all’orecchio che ha il vago odore di sandalo, hennè e cipolla taggiasca se gliela posso leccare, ma lei non se la fa leccare, dice. Forse aveva capito che intendessi leccarle la membrana timpanica. Comunque rimango lì deluso, contrito, col pisello che reclama vendetta.
Allora vedo di avvicinarmi alla culona che ce la mette tutta, ma davvero tutta, per provocare una reazione rizzatoria al nostro eroe. Smanetta, succhia, geme, dimena il culo, ma rien à faire. Che poi si sente in colpa a farsi fottere da un altro. Quello spaghetto stracotto e triste tra le mani in preghiera. Lui ormai sta sprofondando in un coma etilico, tutto quello che vuole è il trapasso. Mi propongo per una leccata consolatoria. C’è un breve consulto tra i due, sì ma solo leccarla, non scopare, è il responso. Mi accontento di poco, io. Mi metto ginocchioni dietro di lei. Affondo la lingua tra quelle chiappe cercando il buchetto umido. Lei è bella saporita e sbrodolosa. Succhiarle la passera, e buco di culo non fa che peggiorare la sua agonia. Sventolo il cazzo, così che se ne accorga, lui fa un gesto come per dire, ma sì dai scopatela così mi lascia morire in santa pace. La mistress sta coccolando il moribondo. La culona, si mette bucio all’aria, mi presenta quella figa ambrata che sbrilluccica, ci affondo la cappella in slow motion. Si gode tutto l’immergersi del palo, fino alle palle. Cerca di rimettere in bocca la prima cosa che le capita a tiro, diciamo così che è il vermicello del suo ormai ex ragazzo. Assetto schiaffoni d’ordinanza sul culo. Da sopra quella Torta Saint Honoré di chiappe, incrocio lo sguardo di baby mistress coccolona. Che sinceramente in questa scena è inutile come le mutande in un film porno. Come per dire, scopo lei ma sto scopando te.
Ribalto la sgualdrina, piazzata a gambe spraccate con quella bella passera color castagnaccio a implorarmi pietà, pietà! Si merita solo il colpo di grazia. Mentre la pompo, il letto traballa col suo ragazzo accanto che sobbalza esanime, forse è il caso di chiamare il 112? ce ne fottiamo. Inchiodo la zozza al materasso, che deve aver preso più schizzate e colpi di sponda di un Titanic. Finalmente sborro. Saluto, ringrazio, e benedico con sgrollata di fava. Nel bordello generale mi accorgo di aver lasciato i pantaloni in una stanza, le mutande in un'altra, un calzino di qua e l’altro chi lo sa. La maglietta la ritrovo a terra, è uno straccio di sbrodolate d'orifizi assortiti. Rifaccio il percorso di quel porcile a ritroso. Ricostruito il guardaroba, con brandelli di vesti che trovo in giro, non ci metterei la mano sul fuoco che quelle mutande di pizzo e i calzini verde rosa siano i miei.
Il cerbero che sorveglia l’andamento delle montate è già la terza volta che mi becca in fallo, così vestito. Mi nascondo nella stanza di Halloween. Il cadavere è in uno stato di rigor mortis, che sono due ore se la stanno sfondando, non può essere ancora umana. Forse è un rito per farla rinascere a miglior vita. O forse è davvero morta e questi gemiti, gorgoglii e bestemmie australiane è il demone maialone che l’ha posseduta.
Un nonno pelato, alto esagerato, con una mano che non è un mano ma un artiglio di ruspa, mentre ci da di fava, stringe e rilascia il gargarozzo a una troietta che potrebbe essere la nipotina, che doveva accompagnare al corso di clavicembalo, poi si sono fermati a prendere un gelato. Lei, tra un’asfissia e una ripresa di coscienza dal coma scopereccio, mi guarda. Pallida e supplica, come a chiedermi centimetri d’amore o solo di chiamare la polizia. Non decifro, anche perché non me ne fotte una sega. C'eravamo incrociati al piano di sotto, al bar. Mi era passata accanto, le avevo strusciato lascivo e disinteressato un dito su una chiappa, lei si era girata, sorridendo, inviandomi sms mentali di porcaggini. Avessi avuto più tempo…
Ma come ogni sogno finisce bruscamente. Sei lì che galleggi in cieli rosa, laghi di miele, angeli che suonano l’arpa e poi ti parte una scorreggia che ti risveglia alla realtà. La scorreggia in questo frangente è una stronza dell’organizzazione che mi ripete ‘sta fissa che devo essere nudo. Prima di essere sbattuto fuori in malo modo, mi levo dalle palle da solo. Tra Pinguini e Bocchini questa giornata di venti ore può anche giungere al termine.
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IlMarchese
11/11/2025 | 16:43
Silver
♂ Melbourne Pinguini e Bocchini ♀
Quando pensi all'Australia, ti vengono in mente canguri, coccodrilli, il boomerang e quegli stronzi di Koala. Dopo aver letto questo report, l’Australia ti sembrerà un posto diverso. No, e non intendo i pinguini del titolo. Sono a Melbourne e c’ho tutto un programma per le visite alle varie attrazioni. L'unica cosa che non era programmato erano le ammucchiate. Faccio un paio di ricerche e grazie al dio Google vengo a sapere che domani si organizza un party trombata in un certo “club Gemini”. Prendo contatti con Rose, dopo un estenuante scambio di mail, mi da il numero della collega Alyssa, ci scambiamo sms per richiesta informazioni, conferma identità e menate varie, che ci mancava che mi chiedessero il permesso dei genitori. Mi accettano all’evento. L’ultimo ingresso è per le 22, perché in Australia le 22 are the new mezzanotte. Il problema è che lo stesso giorno c’ho un tour impegnativo per assistere al fenomeno dei pinguini che escono dal mare dopo il tramonto e rientrano dopo una giornata di pesca a rintanarsi nei loro buchi. Sembrerebbe un evento spettacolare, perché ci sono migliaia di persone che assistono come se andassero a vedere Juventus–Inter. Che già la vita dei pinguini è un ‘mmerda figuratevi quando dopo un’estenuante giornata mentre te ne ritorni a casa che non vorresti vedere nemmeno la tua ombra, ti trovi dei cinesi che ti urlano addosso, ti scattano foto col flash e ti riprendono mentre caghi. Dopo questo evento epocale. Passo tutto il viaggio in bus di rientro dal tour in ansia perchè so di non farcela ad arrivare in tempo. Messaggio con Alyssa chiedendole se posso arrivare più tardi, lei mi risponde svogliata è già tanto se non mi denuncia per stalking, ultimo ingresso alle 22.30. Punto e cazzo!
Arrivo in hotel, sono le 21.45, giusta una sciacquata alle palle per educazione, il cambio delle mutande e la chiamata all’uber. Mi rendo conto che in tutti gli scambi di informazioni, ci siamo dimenticati la cosa più importante: l’indirizzo. Sul sito non c’era nessuna informazione, te lo mandano solo se sei ammesso al party. Sembra un'estenuante caccia al tesoro del cazzo. Poi arriva questo indirizzo, l’ora è tarda. Chiamo l’Uber. Per arrivare al Gemini sono trenta minuti. Menomale siamo in Australia e non in Svizzera perché arrivo alle 22.35. Col Jet Leg, l’orario del mio corpo segna le 4 di mattina. Bevo sei litri di red bull. Tutto questo mi genera uno stato d’agitazione tremendo, vorrei essere già a letto. Ma c’è del lavoro da fare. Arrivo con l’uber in un sobborgo buio e desolato al limite del niente del bush australiano. Pure Rhman l’autista dell’Uber, mi guarda come per dire “ma dove cazzo siamo finiti, madonna maomettana”.
Aspetta Abdul dico, ok si chiama Rahman ma tanto capisce lo stesso. Mi avvicino a un edificio buio che corrisponde esattamente al segnaposto di Google Map. Un rumore sordo di Unz Unz dall’interno. C’è una porta, ma senza un campanello, e che cazz. Busso, niente. Passano dieci minuti. Emrullah intanto mi guarda spazientito mentre si arrotola un missile. Ahhh Emolliaha, mannaggia i cammellieri.
Sto per tornare all’Uber, che la porta dietro di me si apre. Non perché bussavo, ma perché, apriti sesamo, esce un troione occhialuto a fumare una siga. Mi guarda come se fossi un venditore di enciclopedie.
Alyssa che ho stolkerato per due giorni e cominciato ad odiare. Mi presento. Sono IlMarchese, mi ero registrato così sul sito. Lei guarda il cellulare, c’è la lista degli ospiti. Poi fa ah “Mah-Keez?” lo pronuncia così. Suona più Mah-Ke kez alla leccese. D’ora in poi in Australia sarò conosciuto come Mah-Ke kez, sappiatelo.
Sei in ritardo mi fa. Balbetto qualche stronzata di scusa. Entriamo. Risucchiato dal nulla cosmico dell’esterno in questo girone di sporcaccioni australi, non fa che esasperare il mio stralunamento, già messo a dura prova dal jet leg, dai pinguini, dai cinesi e dalla vita in generale.
A quel punto Alyssa mi caga da Rose che sembrerebbe l’addetta al bar e alla cassa, insomma l’altro puttanone con cui avevo messaggiato, pago cash 180 dobloni australiani. Mi riempie la testa con una serie d’istruzioni per l’uso di cui non capisco un emerita minkia perché parla a raffica con l’accento strascicato dei montanari del Northern Territory o come se avesse un mezzo cazzo nelle trachea. Nella no to do list c'era quella che se voglio andare ai piani di sopra, che è la zona monta, devo andarci nudo bruco.
Io salgo, vestito. Anche perché l’organizzazione non è il forte del Gemini Club. Non esiste un guardaroba, se non un cazzo di ripostiglio nel retro della cambusa. Dovresti lasciare lì tutti i tuoi averi, inclusa la dignità. Che poi quella l’ho persa già non so dove, ma se ti fottono all’altro capo del mondo vestiti, telefono e documenti, poi che ci racconti a casa.
Arrivato al primo piano m’infilo nel primo trombatrogolo che trovo. Mancano tre mesi ad Halloween ma sembra già addobbata così. Finte ragnatele, finti ragni, finti scheletri e nel mezzo la stanza un lettone a forma di bara, con una finta morta che ha l’aria di un cadavere riesumato di fresco. Una salma che gorgoglia, si dimena mentre la bombano in due. Poi entra un milfone capelli color pagliericcio con due tette, che non sono tette, ma campanacci da cattedrale gotica. Resta lì, inoperosa, attonita. Una deficiente, insomma. Uno dei due necrofili alza gli occhi e mi invita “E suonali ‘sti campanacci a morto.”
I due devono avere un grado stretto di parentela. La timidona è con la mano appoggiata alla spalliera di quel letto loculo. Tiro fuori il batacchio per scampanarla, lei come se scattasse un meccanismo sporcaccesco si mette seduta su una poltrona stile impero del male. Comincia a ciucciare. Quando a scuola c’era la lezione di bocchini, doveva essere assente, perché mi si drizzava di più a vedere i Pinguini che rotolano, sculettano e barcollano come birilli dopo l’happy hour. Vedere il mio cazzo trattato con cotanta superficialità… Ringrazio per l’impegno, cambio scenario.
La camera accanto è una scatola di sardine con tre coppie sott’olio che si montano tra loro. Deve essere stata tipo la camera dei bambini, quando quella casa era abitata da una famiglia felice, prima che fosse infestata da queste anime in pène. In fondo al corridoio, la misteriosa stanza dedicata alle Fruste, Corde e Cattiveria. C’è un gioco avviato. Al centro una mistress in erba, sui venti, capelli lunghi neri, corsetto e stivaloni mezzo coscia. Sta impacchettando una figa. Una mora, pelle color caramello, fisico da pecorara della Tasmania, tatuaggi su un culo da menare, le sta legando le braccia dietro la schiena. Mi avvicino a un buzzicone che sta lì ad assistere, così per rompere il ghiaccio, lo guardo e accenno un sorriso e chiedo qualche cazzata socializzante tipo di dove sei? Lui ci pensa un pò, barcolla alcolizzato e risponde, mi fa “Australia” anche un po risentito.
Australia lo dice con un accento di qualche stato che finisce in stan, però. Intanto mistress dei miei stivali, fa abbassare la penitente a novanta, la incastra nella gogna. Io sono proprio di fronte a loro. Non so perché ma mi guardano come se si aspettasse qualcosa, che ne so, un gesto di pietà, un applauso, una caramella, cinquanta dollari. L’unica stronzata che mi viene da dire, come una scorreggia cerebrale è “ sono il giudice, ti condanno al massimo della pena. Il che applicando il mio codice penale, considerate le aggravanti per troiaggine abusiva, lesbiaggine su minorati, spompinamenti colposo e spanamento di culo pubblico, dispone che l’imputata riceva tante ciaffate dainfiammate quel deretano che quando ci sborri sopra sfrigola.
Non sono arrivato attrezzato per i giochi de frusta.
Vi sparo in fronte un Flashback.
Sono a Cairns, a questa fiera gastronimico-campagnola australiana, c’è un tizio vestito da Buffalo Bill che fa una dimostrazione di come si schiocca la frusta tra i Canguri e Koala. Nello stand accanto vendono varie cazzate da vaccari, tra fruste di varie misure, colori, forme. Chiedo alla ragazzetta al banco, ne ha qualcuno di più maneggevole, perché comprare una frusta di due metri e portarsela in giro per l’Australia era complicato. Mi fa vedere una serie di fruste, ne scelgo una di un cinquanta centimetri. La provo, schiocca che è una meraviglia, è fatta di pelle di Canguro, la miglior pelle da frusta. Un bell’oggettino da portare a casa, c’ho già in mente qualche culo su cui provarla. La ragazzetta vede la luce perversa nei miei occhi, ha già capito tutto. Con mezzo sorrisetto, chiede “ma per cosa la usi”. Rimango sul vago, le dico che è un segreto. E poi per che cazzo me lo chiedi a fare?. Come se vai al supermercato, sei alla cassa, sul nastro sfilano carote, zucchine, cetrioli, crema Johnson&Johnson, preservativi, bastoncini di merluzzo surgelati.
“Sono venti euro, contanti o carta? Ma cosa ci fa con ‘sta roba?”
Lo stronzo della sicurezza all’aeroporto, me la requisisce con la scusa che potrei legarci qualcuno sull’aereo. Sicuro che poi se l’è portata a casa per farsi spellare il culo.
Quindi senza attrezzi confido nella Mistress. Chiedo se ha un flogger, un battipanni, una mazza da baseball, una spada laser, non ha un cazzo. Ha lasciato tutto a casa. Come se chiami il pronto soccorso e lasciano in ospedale bende e cerotti e clisteri. ‘Sta svampita di una Mistress.
Potrei usare la cintura, ma sono in mutande. Allora facciamo old school. Assetto all’ergastolanal un tale ceffone sul culo che lo sentono in Giappone. Ma quel culo è talmente corazzato, che in Giappone sentono il mio porco dio, da quando mi faccio male. Alterno schiaffoni a carezze e graffi e morsi. Lei si dimena bloccata nella gogna, quel culone busone che mi guarda. La mistress intanto sgomita perché si sente estromessa o per meglio dire “estromistress”. Quando le mie mani sono tanto infiammate che se ci sborri sopra sfrigolano, faccio un giro intorno alla condannata, mi ci piazzo di fronte.
Baby Mistress ginocchioni le sculaccia entrambe le chiappe, con una tecnica di cui prendo nota. Tipo macchina sculacciaculi. Tiro fuori la mia frusta rosa dalle mutande, la agito davanti agli occhi di questa troia penitente, lei prima guarda il pisello, poi guarda il buzzicone turkmenaustrale che dovrebbe essere il ragazzo, lui non è d’accordo. Rinfodero la frusta. La tracagnotta nella gogna è talmente arrapata che agogna un cazzo. Appena la mistress le libera le mani si libera, l’agguanta, le pianta la lingua in gola. C’è una tale voglia di scopare generale che se ci fosse uno manometro allo scopometro esploderebbe.
Intanto nella stanza si assiepano spettatori, sono entrati altri tre quattro segaioli che si smanettano come porcelli. La cosa da fastidio a tutti. Il turkastraliano si avvicina alle due. Confabulano, vogliono un pò di provacy, vanno nella stanza accanto, che è dedicata alla monta. Seguo la combriccola, io e dietro gli altri segaioli “ Siamo piccoli porcellin, tutti e tre fratellin”.
Il turkastraliano sulla soglia in un ultimo barlume di lucidità, fa tipo la selezione dei cazzi che possono entrare, te sì, te no, tesì, te no, Io… boh. Non capisco se sono tra i sì o i no, ma tanto non lo capisce nemmeno lui, tanto è alcolizzato. M’infilo dentro.
Si sdraiano tutti e tre sul lettone, lui al centro, da una parte Baby Mistress, dall’altra sponda culo corazzato che prende a ciucciare il birillo al suo ragazzo. Il tipo pregusta la doppietta del secolo con queste porcone. Mi avvicino a Baby Mistress che voltata di spalle fa le coccole ai due. Mi metto a toccarle la schiena, i capelli, sussurro all’orecchio che ha il vago odore di sandalo, hennè e cipolla taggiasca se gliela posso leccare, ma lei non se la fa leccare, dice. Forse aveva capito che intendessi leccarle la membrana timpanica. Comunque rimango lì deluso, contrito, col pisello che reclama vendetta.
Allora vedo di avvicinarmi alla culona che ce la mette tutta, ma davvero tutta, per provocare una reazione rizzatoria al nostro eroe. Smanetta, succhia, geme, dimena il culo, ma rien à faire. Che poi si sente in colpa a farsi fottere da un altro. Quello spaghetto stracotto e triste tra le mani in preghiera. Lui ormai sta sprofondando in un coma etilico, tutto quello che vuole è il trapasso. Mi propongo per una leccata consolatoria. C’è un breve consulto tra i due, sì ma solo leccarla, non scopare, è il responso. Mi accontento di poco, io. Mi metto ginocchioni dietro di lei. Affondo la lingua tra quelle chiappe cercando il buchetto umido. Lei è bella saporita e sbrodolosa. Succhiarle la passera, e buco di culo non fa che peggiorare la sua agonia. Sventolo il cazzo, così che se ne accorga, lui fa un gesto come per dire, ma sì dai scopatela così mi lascia morire in santa pace. La mistress sta coccolando il moribondo. La culona, si mette bucio all’aria, mi presenta quella figa ambrata che sbrilluccica, ci affondo la cappella in slow motion. Si gode tutto l’immergersi del palo, fino alle palle. Cerca di rimettere in bocca la prima cosa che le capita a tiro, diciamo così che è il vermicello del suo ormai ex ragazzo. Assetto schiaffoni d’ordinanza sul culo. Da sopra quella Torta Saint Honoré di chiappe, incrocio lo sguardo di baby mistress coccolona. Che sinceramente in questa scena è inutile come le mutande in un film porno. Come per dire, scopo lei ma sto scopando te.
Ribalto la sgualdrina, piazzata a gambe spraccate con quella bella passera color castagnaccio a implorarmi pietà, pietà! Si merita solo il colpo di grazia. Mentre la pompo, il letto traballa col suo ragazzo accanto che sobbalza esanime, forse è il caso di chiamare il 112? ce ne fottiamo. Inchiodo la zozza al materasso, che deve aver preso più schizzate e colpi di sponda di un Titanic. Finalmente sborro. Saluto, ringrazio, e benedico con sgrollata di fava. Nel bordello generale mi accorgo di aver lasciato i pantaloni in una stanza, le mutande in un'altra, un calzino di qua e l’altro chi lo sa. La maglietta la ritrovo a terra, è uno straccio di sbrodolate d'orifizi assortiti. Rifaccio il percorso di quel porcile a ritroso. Ricostruito il guardaroba, con brandelli di vesti che trovo in giro, non ci metterei la mano sul fuoco che quelle mutande di pizzo e i calzini verde rosa siano i miei.
Il cerbero che sorveglia l’andamento delle montate è già la terza volta che mi becca in fallo, così vestito. Mi nascondo nella stanza di Halloween. Il cadavere è in uno stato di rigor mortis, che sono due ore se la stanno sfondando, non può essere ancora umana. Forse è un rito per farla rinascere a miglior vita. O forse è davvero morta e questi gemiti, gorgoglii e bestemmie australiane è il demone maialone che l’ha posseduta.
Un nonno pelato, alto esagerato, con una mano che non è un mano ma un artiglio di ruspa, mentre ci da di fava, stringe e rilascia il gargarozzo a una troietta che potrebbe essere la nipotina, che doveva accompagnare al corso di clavicembalo, poi si sono fermati a prendere un gelato. Lei, tra un’asfissia e una ripresa di coscienza dal coma scopereccio, mi guarda. Pallida e supplica, come a chiedermi centimetri d’amore o solo di chiamare la polizia. Non decifro, anche perché non me ne fotte una sega. C'eravamo incrociati al piano di sotto, al bar. Mi era passata accanto, le avevo strusciato lascivo e disinteressato un dito su una chiappa, lei si era girata, sorridendo, inviandomi sms mentali di porcaggini. Avessi avuto più tempo…
Ma come ogni sogno finisce bruscamente. Sei lì che galleggi in cieli rosa, laghi di miele, angeli che suonano l’arpa e poi ti parte una scorreggia che ti risveglia alla realtà. La scorreggia in questo frangente è una stronza dell’organizzazione che mi ripete ‘sta fissa che devo essere nudo. Prima di essere sbattuto fuori in malo modo, mi levo dalle palle da solo. Tra Pinguini e Bocchini questa giornata di venti ore può anche giungere al termine.
INCONTRA DONNE VOGLIOSEIlMarchese
14/11/2025 | 10:26
Silver
Gnoccatravels
16/11/2025 | 08:07
Admin
@IlMarchese grazie del report
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IlMarchese
21/11/2025 | 16:34
Silver
Grazie @Gnoccatravels è sempre un piacere contribuire con nuovi versetti alla BIBBIA
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