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Red Light District, viali di puttane, escort… Ma noi restiamo a guardare lo zoo???

Articolo tratto dal Corriere della Sera, di Sara Gandolfi

Sono appena tornata da Amsterdam. Da brava turista, ho fatto il giro del quartiere a luci rosse. E mi ha fatto impressione. Perché erano tutte extracomunitarie, molte un po’ sfatte e tutt’intorno giravano branchi di uomini molto diversi fra loro ma tutti con gli sguardi eccitati, affamati. Il giorno dopo sono andata allo zoo e ho provato lo stesso fastidio. Anche lì animali in gabbia o sottovetro. Alcuni si avvicinavano al turista in cerca di un cenno, altri avevano capito l’antifona e non alzavano neppure il muso. Però avevano gli stessi occhi stanchi e annoiati delle donne del Red District. Mi sono chiesta più volte come sia possibile che nella ricca e civilissima Amsterdam, dove il giorno prima avevo visto danzare decine di donne e uomini insieme in piazza Dam contro la violenza sulle donne (per l’appuntamento del One billion rising), si potesse permettere uno zoo umano come quello che circonda la Oude Kerke, la Vecchia chiesa del centro. Non ho trovato risposte se non che forse quelle puttane, reiette della societa’, stanno meglio delle ragazzine dell’Est che si prostituiscono al freddo nei nostri viali, seguite e forse imprigionate da aguzzini spietati. La società non ha davvero più nulla da dire sul tema?

In un mondo in cui le donne possono dire sì, forse le donne possono tornare donne. Con un lavoro vero. Forse non ha alcun senso che ci siano ancora donne che non possono dire no. Soprattutto quelle che non hanno scelto di fare il mestiere più’ antico del mondo.Comunque ecco alcune cifre.

Ad Amsterdam lavorano circa un migliaio di prostitute, di cui alcune centinaia dietro le vetrine del Red Light District. Le altre lavorano in club, bordelli, a casa o per servizi escort. In totale la città ha circa 400 “finestre”, la maggior parte lungo il Wallen nel Quartiere rosso.

Uso il termine “lavorano” perché ad Amsterdam la prostituzione è legale dal 1811 e viene considerata appunto come un lavoro. Dal 2000 è stato abolito anche il divieto di organizzare e gestire bordelli. Unico limite è che le prostitute devono essere maggiori di 18 anni e i clienti di 16. Le prostitute hanno un sindacato (De Rode Draad) anche se quasi nessuna aderisce. In realtà, però, prostitute e bordelli fanno fatica sia a stipulare un’assicurazione sia ad ottenere prestiti.

La maggior parte delle prostitute del Red District non ha protettore. E’ il boss di se stessa. Affitta una stanza per il giorno (85 euro) o la notte (115 euro) e si mette a “lavorare”. Il Red District è sorvegliato sia dalla polizia, presente in forze per tutto il giorno, sia dagli Hell’s Angels che tengono il quartiere “pulito”. All’interno di quasi tutte le stanze, in caso di bisogno, c’è un bottone che innesca un allarme e una luce all’esterno, proprio per richiamare l’attenzione di polizia e Hell’s Angels. Ciò non impedisce che fin dalle prime ore del pomeriggio la zona sia battuta da gruppi di uomini ubriachi e vocianti.

Una volta le prostitute erano in maggioranza thailandesi, poi è stato il turno delle sudamericane, ancora molto presenti ma ormai surclassate dalle europee dell’Est.

Il prezzo si aggira sui 50 euro per 15-20 minuti di sesso orale e rapporto completo (entrambi con il condom). Scende a 30 euro se ci si limita a una delle due pratiche. Per altro, bisogna contrattare un prezzo extra. Quasi nessuna accetta di baciare.

Una recente inchiesta svolta da funzionari del Comune ha tratteggiato il cliente tipo: nella stragrande maggioranza dei casi è straniero, tra i 25 e i 45 anni, dei più svariati ceti sociali. Ogni anno circa 200.000 uomini visitano le prostitute del Red District.

In Italia, secondo le ultime stime del Gruppo Abele, ci sono 70mila prostitute – per metà straniere e per il 20% minorenni – per nove milioni di clienti: un business illegale che frutta cinque miliardi di euro l’anno. Dati in linea con quelli di “Escort Italia” che si batte per la regolarizzazione del mercato del sesso.

Nel 1859 venne per la prima volta autorizzata, con un decreto voluto da Camillo Benso di Cavour, l’apertura di case controllate dallo Stato per l’esercizio della prostituzione in Lombardia; l’anno successivo il decreto fu trasformato in legge con l’emanazione del “Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione”. Aprirono le cosiddette “case di tolleranza”, perché tollerate dallo Stato, che ne fissava addirittura con legge tariffe – dalle 5 lire per le case di lusso alle 2 lire per quelle popolari – e norme, come la necessità di una licenza e l’obbligo di effettuare controlli medici per evitare il diffondersi di malattie veneree. Le persiane sarebbero dovute restare sempre chiuse, da qui i bordelli presero il nome di “case chiuse”.

Il 20 settembre 1958, a seguito di un lungo dibattito nel Paese, è stato introdotto il reato di sfruttamento della prostituzione e le case di tolleranza sono state chiuse con la cosiddetta legge Merlin, scritta da Angelina Merlin del Partito Socialista. La legge punisce lo sfruttamento della prostituzione o lenocinio e anche il favoreggiamento.

Le puttane, e i loro protettori-aguzzini, continuano però a popolare i nostri viali, le nostre piazze, le nostre coscienze di donne moderne.

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