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Apocalypse Now, miglior club di Saigon e del Vietnam

Eccomi qua, ultima sera a Saigon a casa del mio amico Enri. Sembra più un ritrovo per cannati anonimi ma è casa in affitto di quattro insegnanti di inglese. Tralasciandone la maggior parte, uno si chiama Tom. Viene da Londra ma sembra che venga da Marte. Questo insegna inglese circondato da vietnamite, che a quanto pare sono le asiatiche più fighe. Invece questo che fa? Se ne sta chiuso in casa a fumarsi spinelli e rincoglionirsi alla tv. Io l’ho sempre detto che la droga fa male. La marijuana fa male. Si trova a Saigon da quattro mesi e non ha ancora scopato: credetemi, ce ne vuole. Con me ci sono anche un amico di Roma e un genovese dalle braccia corte (veramente corte) con i quali ho appena fatto un viaggio in moto per il Vietnam.

È stata una giornata afosa e sto cercando ancora un altro souvenir: ne ho tanti, ma me ne manca uno: quello che tutti cercano a Saigon. Giusto per prepararci alla serata, due birre con gli amici. Saigon Lager questa è la birra della casa, perché no. Stiamo in tema vietnamita, questo è quello che voglio. Dalla A alla Z, passando per la G: una bella, succulenta, gnocca vietnamita, meglio se free. Dopo due settimane a zonzo in moto, con solo due sburrate all’attivo, ho una voglia matta di impringiare (‘mettere incinta’ per i non sardi) qualche bella fighetta vietnamita. Ed eccoci qua, io, Enri, il ragazzo di Roma, il t-rex e quel rincoglionito: che dream team, per la pazza notte di Saigon!

Due, tre, quattro birre, siamo pronti per andare. Dove andiamo? Andiamo all’Apocalypse Now, rinomato da tutti, probabilmente il miglior club a Saigon. Il romano ed il t-rex mi fan notare che prende il nome da un famoso film sulla guerra in Vietnam. Mi dicono, “è un’investigazione nella profondità dell’orrore”. Se vi chiedevate perché non sono ancora riuscito ad infilare il mio bonsai in una foresta vietnamita eccovi la risposta, cari amici di GT: sono accompagnato da un branco di caghineri (‘froci’ per quelli del continente). Ma questa volta no, stasera se non scopo l’orrore e la sua profondità glielo faccio passare a loro sotto forma di violenta penetrazione.

Che poi una scopata comatosa me la sono anche fatta. Ho strappato i jeans Calvin Klein a un’astrauliana sulla spiaggia che si è fatta stantuffare da me e una tonnellata di sabbia. Era una povera ignorante che di CK conosceva solo i jeans e non il vecchio mix ‘n match Cocaina e Ketamina. Il giorno dopo non mi ricordavo neanche che faccia avesse e se lo meritava. Un tempo ero una persona seria e una così non me la sarei mai coddata (‘scopata’). A meno che non mi attaccava, sia chiaro. La solita domanda ‘coddi o sei caghineri?’ non l’ho mai sbagliata. Se poi erano rimastine da rave ancora meglio, ma la droga fa male e questa è un’altra storia.

Eccoci qua, siamo là, all’entrata del famoso locale. Insegna grande, al neon, luminosa, abbaglia tutta la strada e il mio cuore batte forte. Sembra il primo amore, un amore che non c’è mai stato. Facciamo le scale, mi saluta il buttafuori, mi sento una celebrità. Entriamo. Nero e silenzio. Dura solo un attimo e poi ‘Bum!’, parte il drop. Una scritta luminosa risplende il tempio della perdizione, alle spalle del dj diciassettenne si legge ‘Apocalypse Now’. Attorno a me vedo un sacco di ragazze tutte da sole che aspettano una vittima per succhiare più soldi possibili, e forse anche l’anima. Musica a palla, bellissima, tecno anni 90 proprio quella che smascellavo sottocassa ai rave, prima in Sardegna e poi a Londra. Bisogna essere preparati per certe cose. Andare ai rave non è una cosa da poco. Giacca mimetica, un vero soldato. Quattro tasche frontali schierate a scacchiera. In ordine sparso: soldi, schede, munizioni e munizioni pesanti. Erano i tempi dei mix ‘n match, dei miscugli di droghe e sperimentazioni di vita. Tra tutti, il mio preferito rimane sicuramente LSD e Ketamina. Ma stasera all’Apocalypse non sono qui per quello.

Prendiamo un drink, un colpo al cuore e al portafogli. Probabilmente non ideale ai genovesi. Cinque euro a birra. Eccoci qua, nella pista, accerchiato da mille ragazze, forse gnocca-pay, forse free. Subito una mi attacca. La guardo, vestito rosso, piccola, senza reggiseno e i capezzoli turgidi. Turgidi come il mio cazzo. Tutti la guardano, ma lei guarda solo me. Forse è ubriaca. Viene verso di me, mi prende alla sprovvista. Dice: “Ai lai iu”. Ma che mi dice le bugie? Forse intendeva ‘I like you’ e questo tanto basta per me: colgo la palla al balzo, l’acchiappo e la faccio girare come una trottola. Probabilmente il ballo più bello della sua vita. Sono sicuro: sarà lei la mia dea della notte. Balliamo fino all’avvilimento. La volgarità vietnamita, nascosta sotto un’apparente timidezza, non conosce limiti. Finalmente la musica finisce e dobbiamo andare. Eccoci qua, è l’ora del giudizio: prendere o lasciare. Non sono il tipo che opta per ‘lasciare’. Per un istante mi torna in mente mio padre che da bambino mi insegnò un concetto semplice, una questione di rispetto, un fondamento dei miei trentuno anni: a caval donato non si guarda in bocca. A questa in bocca ci vorrei guardare. Quindi pazzia della serata, salgo in scooter con in suoi amici. Mi portano in un ristorante e andiamo a mangiare. Sono le 4 del mattino, loro ordinano a un cameriere un po’ stordito mentre lei mi attacca le labbra e mi strizza il cazzo. Dice che mi vuole.

I suoi amici pagano anche per me questa cena/colazione. Questa suona come una rivincita. Due settimane prima, nella stessa città, Enri aveva finalmente avuto una buona idea, la prima da quando era arrivato: andare a farsi fare un massaggio. Dopo una corsa di un euro in taxi ci siamo trovati di fronte ad una ragazza così appetitosa che i miei ormoni stavano già correndo più veloci dei fantini sardi. Ci ha chiesto 6 euro a testa: gliene avrei dati altri 5 per ricevere un messaggio da lei. Invece ne arrivano due non particolarmente invitanti. Tanto meglio penso, “quando sono brutte, non se le scopa nessuno e diventano eccellenti bocchinare”, così mi diceva un saggio moldavo a Londra, così mi diceva, “questione di sopravvivenza nella dura giungla dei cazzi”. Una tenda mi separa da Enri. Mi spoglio e mi accomodo sul lettino col pisello nel buco per la testa. Mi sembra un gran posto! Spero solo che mi venga duro. Lei si leva la parte di sotto e mostra un cespuglio cresciuto dagli anni 30. Ma che cazzo! Fa quasi schifo, ma non sono mica un caghineri e glielo voglio mostrare: allungo la manona e cerco di toccargliela. Non vuole. Chissà che cazzo nasconde in quel cespuglio. Manco il tempo di capire se dovrei incazzarmi che lei acchiappa il mio cazzo e comincia a smanettare come fosse un joystick in sala giochi. Questa può andare avanti tutta la sera ma non capisce che così non verrò mai. Intanto parla con quella accanto che si sta occupando di Enri. E bla bla bla e giù di scrollate al cazzo. Grandi discorsi hanno da fare! Di che parlate, della lunghezza dei peni? Il mio non sarà il più grosso che hai visto: è piccolo ma sincero. Ma ti giuro che se ti prendo ti fa male! La tortura finisce. Bei 6 euro buttati al cesso! Intanto Enri mi dice che si è fatto fare un massaggio alla schiena, un paio di bacini al cazzo e venuta attraverso il buco. Ma che sono stronzo io? Sta a vedere che questi del continente ce l’hanno con i sardi.

Non avevamo iniziato bene, ma ora il conto è pagato ed eccoci qua: è ora di andare. Invito la mia donna in rosso a casa del mio amico e lei accetta come se fosse il regalo della sua vita. Saliamo su un taxi e via. Chiudiamo le portiere e lei mi salta subito sopra, è assetata. Mentre mi tocca il cazzo, mi succhia i capezzoli. Saliva. Ne lascia un litro sul mio petto. Saliva salmastra che sembra provenire da una sperduta spiaggia sarda nei pressi dell’isola Rossa. Ora che ci penso meglio la saliva ha scandito i tempi della mia vita. Da bambino, incoscientemente, la lasciavo sui miei giochi e le mie dita. Una volta cresciutello, la sputavo sul ragazzetto che faceva più il gallo - gli sbruffoni e i galli non mi son mai piaciuti - lo sputo o la sberla, niente di più, niente di meno. Quando i primi segni ormonali comparivano sulla mia faccia sotto forma di acne virulento, la mia saliva annaffiava i teneri ani delle zozze che passava il convento. In un secondo tempo, quello della perdizione, la saliva serviva da olio da motore per le smascellate importanti nei rave più disperati di Londra. Ci fu anche un tempo della maturità, quando la scambiavo con quella mielata e soave della ragazza romana…

Torno in me. Non so più come comportarmi. Il tassista mi guarda dallo specchietto, sono in imbarazzo ma mi sento quasi un dio. Un euro di corsa e siamo arrivati. Entriamo in casa, lei affamata come una cagna, è incontrollabile. La prendo, la porto in camera, non mia, di un coglione americano andato in serata ed io me la sbatto nel suo letto. La butto giù e lei si spoglia. Sono pronto, voglio spaccarla. Lei ha paura, giustamente direi. Le infilo il cazzo, lei urla. Sono sicuro che tutto il vicinato abbia sentito. Vengo in poco meno di 15 secondi. Lei è insaziabile, ne vuole sempre. Dalla finestra sento uno scooter arrivare, sicuramente quel coglione americano che sta tornando. Devo cambiare camera. Andiamo su, nella lavanderia. La butto giù tra la biancheria sporca, tra le camicie di lavoro di Enri e le mutande sporche di Tom. E via, si ricomincia.

Lei urla, Saigon tace. Si sente il mare. Ne sento il sapore e il rumore. Io me lo ricordo il mare della Sardegna. Mi ricordo i giochi, gli amici, le prime ragazze. Mi ricordo l’africana che si prese la mia verginità, insieme alle mie prime trentamila lire. Le pecore e gli schiaffi di mio padre. Mi ricordo le defecate nei campi nella stagione dei carciofi e quelle nel mio letto da una ragazza con dieci anni di più che mi coddavo in gioventù, quando il suo ragazzo non c’era. Quelle si che erano scopate! Anche se dopo averle rotto il culo, la puzza della merda che colava sul mio letto non è la parte che mi piace ricordare di più in questo momento: ho un’erezione da mantenere.

Qualcosa mi riporta in me e sono di nuovo presente. Vedo due geishe, una tatuata e l’altra sul mio cazzo, che ha sicuramente confuso con un martello pneumatico, perché nonostante il mio assentamento, lei ci sta dando dentro a pecorella e capisco finalmente il senso di quel tatuaggio sulla schiena. Tutto sommato è una bella scopata: gnocca-free tatuata sul pavimento della lavanderia in casa degli insegnanti di Saigon, non è roba da tutti. È proprio un bel mix ‘n match! Poi però il cazzo comincia a far male e il pavimento si fa sentire sulle ginocchia. Alla fine anche il piacere si tramuta in dolore. Allora penso a voi cari amici di GT, questa è una scopata come tante altre che ho già avuto. Per quanto divertenti, alcune non le ricorderò per l’alcol o le droghe e alcune non le ricorderò e basta. Non so per quanto resterà l’amore di questa notte. So solo che domani torno a Londra, torno alla routine e torno col sorriso, perché se si è disposto a vivere e viaggiare, ci saranno sempre belle sorprese. L’unico consiglio che vi posso dare è mix and match, my friends. Mix ‘n Match!

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Il romanzetto è piacevole da leggere. La figa free magari con tanta fortuna può capitare, ma che dei Vietnamiti paghino da mangiare e bere ad un occidentale appena incontrato che sta per sbattersi la loro amica, beh amico, questo risulta veramente difficile da credere, anche per un romanzo di fantascienza.

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Pero abbastanza irreale .
..

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ma io sono arrivato a meta' romanzo ma é abbastanza ,potrebbe provare a mandarlo alla mondadori o alla treccani magari ci fanno un mini romanzetto ....ma poi che è un figlio dei fiori ? LSD PCP DTT MA CHE é roba per ammazzare le mosche vietnamite 😹😹😂😂😄😄

La gnocca thai!!! È come il primo amore...non si scorda mai 🤣🤣😋😋😍😍

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