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Shasei Sangyou: sesso e prostituzione in Giappone

Shasei Sangyou
Sesso e prostituzione in Giappone
Cristiana Celli
Fonte:www.trickster.lettere.unipd.it

Tutte le società hanno scoperto che le vite sessuali dei loro cittadini possono rappresentare un potente incentivo commerciale. Invero, persino se lasciato a sé stesso il sesso tende verso la commercializzazione.
A quanto appena detto non fa eccezione il Paese del Sol Levante dove,anzi,il mercato sessuale è una realtà molto sviluppata, sicuramente più visibile che altrove, in una certa misura integrata e istituzionalizzata nel sistema sociale e con delle specificità strettamente connesse al background culturale nipponico.
Pochi altri Paesi al di fuori del Giappone hanno dimostrato così efficacemente quanto un istinto naturale possa esser trasformato in un business altamente remunerativo:è stato stimato che l’industria sessuale nipponica rappresenti un giro d’affari annuale di oltre 40 miliardi di euro.(1) Non è così semplice e chiaro in che maniera si sia giunti a calcolare questa cifra né in che modo la si possa comparare con quelle di altri Paesi, ma è indubbio che stiamo parlando di molto denaro- quasi equivalente al budget investito per la difesa nazionale.
L’industria del sesso giapponese, più popolarmente conosciuta in patria come shasei sangyou -cioè industria dell’eiaculazione- è un settore di proporzioni imponenti accettato dalla maggior parte dei giapponesi, inclusa la polizia, come un dato di fatto e una delle principali componenti dell’immaginario delle attività di svago dell’uomo medio. Ma come mai il mercato del Sex Entertainment è così sviluppato e capillare nella società giapponese contemporanea?

Comprendere come si manifesti la sessualità in un dato Paese non può prescindere dall’osservazione dei suoi caratteri culturali. Nel caso specifico del Giappone è necessario spendere qualche parola sulle credenze religiose autoctone che, nell’interazione con la società e l’ambiente, hanno inciso profondamente sullo sviluppo di una morale sessuale. Lo shintoismo presenta un atteggiamento permissivo nei confronti del sesso, in particolare per il ruolo fondamentale che esso ricopre nella procreazione:ampio spazio è riservato ai riti di fertilità e ai culti fallici connessi. Molto frequenti nelle campagne, questi rituali della fertilità assumono un valore sacro di estrema importanza, collegando la sessualità e la potenza erotica alla prosperità della terra e al lavoro agricolo. Come l'uomo semina nel corpo della donna, così seminerà nel corpo della terra. Culto essenzialmente animista e politeista, lo shinto vede la presenza di forze soprannaturali- i kami- in tutte le manifestazioni del reale e,conseguentemente, tutto ciò che è naturale è anche morale.
Perciò l’eros e il sesso possono essere vissuti in piena libertà, scevri dal concetto cristiano di peccato.
Anche il buddhismo, così come è stato rielaborato dalla cultura giapponese, non ha una visione negativa dell’atto sessuale: la tradizione zen non esprime giudizi morali circa il sesso finalizzato al piacere piuttosto che alla riproduzione, così come non fa distinzioni tra eterosessualità e omosessualità. Anche la prostituzione in sé non viene condannata: quello che una persona fa con il suo corpo è un suo affare privato. Ad esser condannato è invece lo sfruttamento o il danno inflitto ad un’altra persona.
Si può dunque affermare che, sebbene sia innegabile la presenza di un certo moralismo di stampo confuciano che vorrebbe disciplinare la sessualità secondo i princìpi delle norme familiari, in linea di massima gli studiosi hanno riconosciuto come nella società giapponese sia presente da sempre una consolidata libertà sessuale, anche delle donne.
In “Il Crisantemo e la spada” Ruth Benedict scrive: “Essi considerano il sesso allo stesso modo in cui considerano qualsiasi altra passione umana, ossia come qualcosa di essenzialmente positivo, anche se di secondaria importanza rispetto ai vari elementi costitutivi della vita umana.”(2)
Nella concezione tradizionale giapponese ciò che rientra nella sfera dei sentimenti non deve interferire con le “cose serie”: l’attività erotica, con la sua funzione distensiva e dal carattere di libertà, è nettamente distinta dalla sfera dei rapporti coniugali, che rientrano invece nell’ambito delle obbligazioni sociali dell’individuo e che pertanto vanno gestiti con un rigido formalismo. Questa chiara delimitazione del “giusto posto” spettante a ciascuna delle due sfere, ci chiarisce il motivo per cui tuttora la frequentazione di hostess club e altri locali notturni di intrattenimento sessuale da parte di padri di famiglia, non venga nascosta né moralmente condannata dal senso comune.
Si osservi tuttavia che negli ultimi decenni sono riscontrabili alcuni cambiamenti anche nella percezione dell’idea di famiglia e rapporto coniugale, dovuti ad una mentalità sempre più occidentalizzata, soprattutto tra le nuove generazioni. Si fa sempre più strada infatti il modello di coppia inteso come unione d’amore nel quale l’intervento di terzi debba esser “limitato” il più possibile.

Al fine di comprendere in che modo le istituzioni abbiano tentato di regolamentare e codificare i rapporti sessuali che intercorrono al di fuori dell’ambito familiare, può esser utile ripercorrere brevemente gli sviluppi dell’industria del sesso negli ultimi secoli.
Il 1617 è data decisiva a questo proposito: in quell’anno lo shogunato Tokugawa - massimo potere politico-militare dell’epoca - emanò il primo ordine di restrizione della prostituzione ad aree delimitate, nelle periferie cittadine. Uno dei più famosi distretti a luce rossa del mondo è appunto quello di Yoshiwara, sorto ad Edo (l’attuale Tokyo). Prostitute e cortigiane erano autorizzate ad esercitare il ruolo di yuujo, “donne di piacere”, ed erano organizzate secondo un’elaborata gerarchia in base a bellezza, temperamento, educazione e abilità artistiche: agli strati più bassi si collocavano le ragazze di strada, costrette ad accettare clienti di ogni estrazione sociale, mentre l’apice era rappresentato dalle cosiddette tayuu, considerate adatte ai daimyou, i signori feudali.
L’apertura del Giappone verso il mondo esterno (Restaurazione Meiji ,1867) e la conseguente influenza delle abitudini occidentali sui costumi tradizionali portò tutta una serie di cambiamenti, maggiormente evidenti a partire dal Dopoguerra quando il governo d’occupazione americano abolì definitivamente il sistema della prostituzione legalizzata. I quartieri di piacere vennero chiusi favorendo così l’esplosione del fenomeno delle ragazze-squillo e da locale, oltre ovviamente alla crescita ulteriore di quelle di strada: fu uno strappo nei riguardi della tradizione che non significò necessariamente progresso. E’ necessario sottolineare due particolari determinanti della “Legge di Prevenzione alla Prostituzione” emanata nel 1956: anzitutto la pratica della prostituzione veniva dichiarata illegale, ma non un crimine (non veniva difatti proibita). In secondo luogo la definizione del termine prostituzione era strettamente limitata alla penetrazione genitale, senza porre espliciti divieti per quanto riguarda le altre forme di commercio sessuale: sesso orale, anale, etc. Si favoriva così lo sviluppo del Mizu Shoubai, letteralmente “commercio d’acqua”. Con questo termine si fa riferimento genericamente all’intera industria del sesso, sia legale che illegale.
Negli ultimi decenni, sull’onda di una crociata moralizzatrice senza precedenti, si è tentato di bandire la prostituzione, ma la forte accettazione sociale ha fatto sì che essa venisse rivendicata a più livelli, persino dai sindacati sotto forma di “indennità accessoria” che permettesse agli impiegati di concedersi tali svaghi. Il Fuuzoku eigyou torishimari hou(“Legge per la regolamentazione degli affari connessi alla morale pubblica”) del ’48 regola la questione dal punto di vista legale.
Sono molti i termini utilizzati per parlare dell’industria sessuale giapponese: abbiamo già menzionato il cosiddetto “commercio d’acqua”, il tradizionale eufemismo per indicare il mondo notturno dei club, bar, ristoranti e che include al suo interno anche i locali dedicati all’intrattenimento erotico, in cui lo staff è quasi esclusivamente composto da donne.
Oggi, tuttavia, i giapponesi tendono ad utilizzare un altro termine per riferirsi specificatamente all’industria sessuale: Fuuzoku, ossia “pubblica morale”(3). Esistono diverse forme di attività relazionate a questa categoria, partendo da quelle soft come gli Hostess Club, fino alle numerosissime varianti ben più esplicite.

Gli Hostess Club, conosciuti maggiormente in Giappone con il termine Kyabakura, contrazione di due parole inglesi “cabaret” e “club”, sono locali che ingaggiano principalmente personale femminile allo scopo di soddisfare uomini adulti alla ricerca di compagnia e di un momento di svago dallo stress quotidiano bevendo,cantando,scherzando e flirtando assieme.
La professione di hostess, così com’è svolta in Giappone, è quasi unica al mondo e si è evoluta negli anni del Dopoguerra. Il termine inglese, durante l’occupazione americana, andò lentamente soppiantando la parola autoctona jokyuu (composto da due ideogrammi, il primo jo = donna, il secondo kyuu = provvedere), che si riferiva a una ragazza che prestava servizio in un locale. Essendo la cultura giapponese molto sensibile all’estetica e all’atmosfera degli ambienti, il compito di queste donne non si limita a quello di una semplice cameriera,ma piuttosto di un’accompagnatrice dispensatrice di grazia. In questo senso non è errato vedere nelle hostess la versione moderna delle geisha, sebbene la professionalità e lo status che è loro riconosciuto nella società giapponese non sia assolutamente paragonabile. Diciamo che vi sono vari punti in comune tra le due figure: come le geisha, esse sono diverse dalle prostitute, vengono pagate per intrattenere una sorta di rapporto per lo più platonico con i clienti e in genere non vendono sesso,ma fantasie. Sta poi a loro decidere se dormire con un cliente oppure no.
Gli uomini frequentano un club per svariati motivi: bisogno d’attenzione,di affetto, di qualcuno con cui bere, che rida alle loro battute, che li lusinghi. E di sesso ovviamente. Le ragazze devono per lo più far loro dei complimenti. Ma è di sicuro la capacità di simulazione quella più importante richiesta a una hostess:gli uomini vogliono lasciare a casa la realtà e far parte di una favola, almeno per qualche ora.
I Kyabakura rappresentano una componente fondamentale del sistema economico, in tutti i sensi. Sono centinaia di migliaia le persone che lavorano in questo campo e il giro d’affari e di centinaia di miliardi di yen. Non si tratta solo di un luogo in cui divertirsi: per alcuni è il posto ideale dove concludere un affare. In Giappone infatti gli affari più importanti si concludono dopo l’orario di lavoro,mentre ci si rilassa. Per alcuni c’è il golf, per altri c’è il club.
Negli anni ’80, ad esempio, grandi aziende come la Mitsubishi avevano un rimborso spese per il divertimento dei propri clienti e dei dipendenti che li accompagnavano che superava anche il milione di yen ciascuno(4).Ora la crisi economica ha ridimensionato tutto questo.
Si comprende quindi come questo genere di locale rappresenti una parte fondamentale della vita aziendale, promuovendo e rinforzando gli affari attraverso momenti di aggregazione. In questo processo due sono gli elementi che fungono da lubrificante sociale: l’alcool ,da sempre considerato in questo Paese un importante rito cerimoniale - l’etichetta vuole che tutti i membri di una riunione non debbano mai ritrovarsi con il bicchiere vuoto- e la capacità di mediazione delle hostess che in qualche modo dirigono la transazione commerciale, capiscono quando intervenire in potenziali momenti di attrito tra le parti in causa,attraverso una battuta che allenti la tensione o dirottando il discorso verso un punto di maggiore intesa. Ovviamente qui si sta parlando delle intrattenitrici dei club più esclusivi, donne colte e di classe sempre aggiornate in argomenti economici e politici.
Si può dire che il Giappone il business sia un piacere e il piacere un grosso business. Solo a Tokyo circa mezzo milione di donne lavora nei club come hostess o in locali molto meno puliti. Di questi ultimi ce ne sono un’infinità di tipologie, ognuna delle quali offre ragazze specializzate in differenti servizi erotici.
Uno degli esempi che gode di maggiore notorietà è sicuramente il caso dei Soapland (in giapponese è traslitterato come Sopurando). Si tratta di un genere di bordello in cui gli uomini vengono assistiti durante il bagno da giovani prostitute.
Questi “love-bath house” inizialmente venivano chiamati bagni turchi (in giap: toruko-buro), ma nel 1984 sorse un problema di carattere diplomatico quando uno studioso turco, tale Nusret Sancakli, lanciò una campagna di denuncia su un giornale contro l’uso improprio che in Giappone veniva fatto del termine originario. Così la Tokyo-to Tokushu Yokujo Kyokai(“Associazione dei bagni speciali di Tokyo”) decise infine che i 110 bagni pubblici affiliati avrebbero cambiato la loro denominazione. Ma in cosa? Il pubblico rispose con numerosi suggerimenti, tra i favoriti c’erano Roman-buro(http://cioè bagno romano) Rabuyu (una felice combinazione di “love bath” e “love you”) ma il vincitore fu proprio il nome attuale: Sopurando.
Da notare la semplicità della costruzione che ci suggerisce l’immagine di pulizia – il sapone - e una proposta di piacere- il suffisso che ci richiama alla mente l’idea di Dysneyland. Questa trovata riscosse un successo immediato, con un riflesso sul piano economico grazie ad entrate sempre più cospicue.
Di norma l’ambiente è suddiviso in due zone: una piccola stanza provvista di un letto e un sofà e l’altra comprendente una doccia spaziosa. Al cliente è richiesto di lavarsi i denti e il corpo prima di usufruire del servizio. Viene fatto distendere su un materassino gonfiabile mentre la ragazza si cosparge di lozioni e oli vari per poi strusciarsi addosso, massaggiandolo con il proprio corpo. E’ poi l’uomo che decide se terminare la seduta con questo piacevole gioco o se fare sesso. Questa forma di erotismo è considerata la più gradita in assoluto ed è per questo motivo che è la tipologia di bordello più dispendiosa.
In una cultura dove l’atto sessuale rappresenta anche un momento di evasione da un quotidiano deludente, l’industria del sex entertainment fornisce sempre più servizi per soddisfare ogni fantasia erotica e quindi il maggior numero possibile di clienti. Ecco quindi apparire accanto ai Sopurando nuove forme di intrattenimento, di cui le principali verranno delineate qui di seguito:

Imekura , abbreviazione dell’inglese “Image Club”, locali che appagano i desideri voyeuristici più bizzarri. Vengono riproposte le fantasie sessuali maggiormente popolari e le ambientazioni più varie: finte scuole di infermiere o aule scolastiche con ragazze vestite in uniformi, riproduzioni di interni di autobus o di scale della metropolitana dove poter palpare furtivamente glutei di estranee. Le stesse prostitute, la cui attività si limita al sesso orale, indossano costumi esagerati appropriati al setting e al desiderio dell’avventore di turno.
L’idea di praticare sesso orale è anche alla base di numerose altre tipologie di locali quali i Pink Salon, i Fashion-Health massage, etc...

No-pan Kissa, in inglese “No panties cafè”, è un’espressione che si riferisce a caffetterie e bar in cui le cameriere non indossavano biancheria intima e spesso il pavimento era rivestito di specchi per permettere ai clienti di sbirciare: la regola era guardare ma non toccare. Per il resto il negozio all’apparenza era un normale coffee shop, sebbene i prezzi delle bevande e degli snack fossero quadruplicati! Il primo locale di questa categoria, chiamato “Johnny”, venne aperto nel 1978 a Kyoto da Tsuchida Yuichi. In seguito il successo del genere ne permise l’apertura di molti altri nelle principali metropoli del Paese. Se al principio erano situati ai margini della città, fuori dai tradizionali quartieri di divertimento, nell’arco di pochi anni si diffusero anche nei pressi delle stazioni etc.
Un successivo sviluppo in alcuni No-pan Kissa vide la creazione di piccole stanze in cui lo staff offriva servizi sessuali quali masturbazione e sesso orale.
Dopo il boom negli anni ’80, il loro numero iniziò a ridursi drasticamente a causa della “Nuova Legge per la regolamentazione degli affari connessi alla morale pubblica” del 1985 che ridusse ulteriormente il raggio d’azione dell’industria sessuale e oggi i No-pan Kissa praticamente non esistono quasi più.

Videobox, altro genere di successo dedicato prettamente alla pratica dell’onanismo. Come tutte le maggiori trovate commerciali, l’idea di per sé è semplicissima: una grande sala divisa in cabine in cui, dopo che il cliente ha scelto da un catalogo il dvd soft-porno da vedere e la ragazza che lo assisterà, entra e si chiude a chiave nel gabbiotto. Si accende in automatico la tv in cui deve inserire una moneta da 100 yen. Le uniche altre due cose di cui è fornito il box sono un pacchetto di fazzoletti e un cestino: la dinamica è lapalissiana. E’ quasi ammirevole l’abilità imprenditoriale giapponese e la sottile immaginazione necessaria nel persuadere il cliente a pagare per un piacere, quello della masturbazione, fino a quel momento totalmente gratuito.

Terekura, abbreviazione di Telephone Clubs, sono piccoli locali, oltre un migliaio nella sola Tokyo, dotati di un centralino e loculi riservati, dove uomini di mezza età attendono la chiamata di una Burusera (buru è l’abbreviazione di buruumaa, dall’inglese bloomer, sera sta per sailor. E’ un termine metonimico che si riferisce ai calzoncini e uniformi alla marinaretta indossate dalle studentesse giapponesi) che si intratterrà con loro al telefono. Se la conversazione raggiunge livelli soddisfacenti, le due parti possono eventualmente pianificare un incontro, basato spesso sull’accordo implicito di pagare per ricevere una prestazione sessuale; si sfocia allora nella prostituzione o nel cosiddetto Enjo Kousai. (5)
Con tale termine si indica un fenomeno sociale del Giappone contemporaneo per cui studentesse delle scuole medie e superiori accettano di frequentare adulti, solitamente di mezza età, in cambio di regali o denaro. L’espressione letteralmente significa “rapporto di sostegno” (forse la traduzione inglese “compensated date” o “dating for assistance” rende meglio l’idea di base) poiché, come dice una di queste ragazze, “lui aiuta il mio stile di vita, io aiuto il suo ego”.
Poiché gli appuntamenti vengono organizzati soprattutto tramite messaggi e-mail spediti attraverso i cellulari o tramite circoli telefonici, a metà degli anni ’90 con il boom dei Terekura il fenomeno attirò l’attenzione di quotidiani e sociologi che lo collegavano spesso al dilagare della subcultura consumistica e modaiola, in particolar modo tra le ragazze più giovani. L’ Enjo Kousai sarebbe quindi, secondo l’opinione di alcuni, un mezzo per affrontare le non indifferenti spese di abbigliamento, accessori tecnologici e altro necessarie per ottenere l’approvazione e la considerazione da parte del gruppo. L’acceso dibattito sulla moralità e legalità di tal fenomeno,assieme alla pressante richiesta da parte di vari gruppi cittadini di vietare questo commercio del sesso, ha portato finalmente nel 1997 all’emanazione a Tokyo di una nuova legge contro la prostituzione minorile. Ora a coloro che hanno rapporti con minori di 18 anni in cambio di denaro o doni può esser comminato fino ad un anno di prigione e multe fino a 500.000 yen. Ci si chiede, però, se questo possa bastare ad inibire il complesso di Lolita che imperversa nel Paese del Sol Levante. Difatti ad esclusione di alcune sporadiche denunce, le autorità dimostrano tuttora un atteggiamento a metà tra il silenzio e il permissivismo che fa dell’ Enjo Kousai una devianza moralmente condannata ma socialmente tollerata. Come radici di questa relativa tolleranza del fenomeno si può individuare un complesso intreccio, tipico del Giappone attuale, tra una feticizzazione collettiva della ragazza adolescente e la difficoltosa ristrutturazione del potere maschile adulto all’interno della famiglia e nella società.

Il love hotel è un tipo di albergo molto diffuso nelle grandi città giapponesi. Esso nasce dall'esigenza di fornire alle coppie un luogo di intimità e libertà dove soddisfare i propri desideri e le fantasie sessuali.
Ce ne sono circa 35 mila sparsi in tutto il Paese, 3000 solo nella capitale. Sono spesso riconoscibili per via delle sfavillanti luci al neon nelle quali sono avvolti e per le sfarzose architetture che richiamano atmosfere carnevalesche, ambientazioni medievali o hawaiane anche se di recente si è optato per love hotel più sobri tali da poter esser scambiati per normali pensioni.
Posso essere utilizzati come alberghi ad ore, anche in fasce diurne - è molto gettonata la fascia della pausa pranzo lavorativa - oppure per tutta la notte ed il prezzo differisce oltre che per la durata del “riposo”, anche a seconda dei servizi che vengono offerti al loro interno. Ogni stanza fa testo da sé: si possono trovare letti rotanti e vibranti o stanze ricoperte di specchi. In aggiunta molti hotel servono la colazione, altri mettono a disposizione optional super tecnologici come karaoke, satellite, circuiti televisivi chiusi che trasmettono video pornografici e addirittura che riprendono le prestazioni della coppia per poi ritrasmetterle sullo schermo. Altri ancora corredano le camere con i cosiddetti “Romance box”, scatole che contengono whisky, saponette, profilattici, vibratori e quant’altro.
Per garantire la privacy le entrate sono separate dalle uscite, lo staff è ridotto al minimo e molti hotel usano reception automatiche in cui si introducono i soldi e si riceve la card per la stanza desiderata in maniera del tutto anonima.
I love hotel sono in genere utilizzati da giovani coppie o per intrattenere relazioni extra-coniugali. Tuttavia sin dalla loro prima apparizione nel Dopoguerra, sono sempre anche stati uno dei luoghi privilegiati per la prostituzione ed il traffico sessuale. Non a caso le zone in cui sono collocati sono tappezzate da Pinku Bira, adesivi e volantini pubblicitari di servizi erotici e ragazze squillo.
E’ interessante notare come, dagli anni ‘70, questo e altri luoghi di intrattenimento sessuale per adulti siano regolati applicando le stesse normative vigenti per alberghi e motel ordinari, rendendo in questo modo labile la distinzione tra mercato del sex entertainment e quello prettamente alberghiero e di conseguenza anche difficile monitorare le eventuali attività illegali,quali appunto la prostituzione, che gravitano attorno a questo enorme giro d’affari.(6).

Note

(1) Citiamo da: “The image factory: fads and fashions in Japan” 2003 . Gli autori non danno descrizione del modo in cui sono giunti a tale stima.

(2) Benedict, Ruth. 1991. “Il crisantemo e la spada. Modelli di cultura giapponese”. Rizzoli

(3) www.fuzoku-japan.com . Motore di ricerca sul mondo fuzoku. Il sito è interamente il lingua giapponese. Una consultazione anche superficiale può aiutare a comprendere la vastità e varietà dell’intrattenimento sessuale giapponese.

(4) 1 euro = 157, 19 yen

(5) Kinsella, Sharon. 2001. “The Japanese School Girl Boom: Uniforms, Prostitute Chic, Kitsch and Parodies of Conspicuous Consumption”. Relazione al convegno Schoolgirls & Mobilesuits. Minneapolis College of Art and Design, 16-18 novembre 2001.

Lupis, Marco. “Dopo il pallone faccio sesso con Lolita”. L'Espresso, 10 gennaio 2002.

(6) Mark D. West “Japanese love hotels: legal change, social change and industry change”. Articolo scaricabile anche online.

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Ridere sulle perversioni giapponesi :-D
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Questo articolo deve essere abbastanza vecchio, parlano di lire invece che di euro

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Non ci credo... anche il distributore automatico di prostitute.... finchè non lo vedrò con i miei occhi non ci credo @-) @-) :-j
" Negli ultimi decenni, sull’onda di una crociata moralizzatrice senza precedenti, si è tentato di bandire la prostituzione, ma la forte accettazione sociale ha fatto sì che essa venisse rivendicata a più livelli, persino dai sindacati sotto forma di “indennità accessoria” che permettesse agli impiegati di concedersi tali svaghi. "

A quando questo tipo di rivendicazioni anche in Italia???? :-D :-D

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Il distributore di prostitute è troppoo forte!! :-)) :-))

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Questo articolo sul Giappone è di ampio respiro. Se avete la pazienza di leggerlo
tutto avrete quasi tutte le risposte. Il Giappone è una nazione che estremizza tutto nella vita sociale, sia da lato negativo che da lato positivo.
L' articolo andava smussato, ma purtroppo una volta pubblicato non si può correggere.

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"l’industria sessuale nipponica rappresenti un giro d’affari annuale di oltre 40 miliardi di euro.(1) Non è così semplice e chiaro in che maniera si sia giunti a calcolare questa cifra"

Forse perchè in Giappone è legale...

Se volete conoscere il modesto parere di uno che in Giappone c'è stato e che ha diversi amici giapponesi, questo sembra l'ennesimo articolo scritto da giornalisti ignoranti.
Per quello che ne so io la tradizione Giapponese, come molte altre culture, non vede di buon occhio i rapporti prematrimoniali.

Le pay con cui sono stato a Fukuoka provenivano da altre città proprio per salvaguardare la propria privacy. Se lavorassero nelle loro rispettive città di origine difficilmente potrebbero uscire di casa.

Diverso è il discorso degli hostess club dove la ragazza svolge la funzione di entreneuse facendo bere il cliente ed intrattenendolo con la conversazione. Che poi ci si possa accordare per una scopata a pagamento non è da escludere ma non essendo considerate prostitute queste ragazze non hanno bisogno di nascondersi.

Per quanto riguarda il solito discorso trito e ritrito sul fatto che in Italia si stà male perchè c'è il Papa posso dire questo:
1- Gesù Cristo ha salvato un'adultera dalla lapidazione. Chi ha letto il Vangelo dovrebbe saperlo.
2- L'idea che la donna non possa vivere la sua sessualità non è frutto della morale cristiana ma di una mentalità tipicamente mediterranea derivata in parte anche dall'islam.
A sostegno di questa tesi basta mettere a confronto una regione del sud con una del nord.
3- La senatrice Lina Merlin che ha portato avanti la famigerata legge, che di fatto ha condannato le prostitute italiane allo sfruttamento, era socialista e femminista, non certo democristiana però, pur di non ammettere che anche i progressisti animati dalle migliori intenzioni del mondo possono fare cazzate, si preferisce scaricare a massa sulla nostra cultura.

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@Erikvm
ogni cosa è opinabile. La tua opinione è bene accetta.
Comunque l'Islam e la religione cattolica hanno alcune cose in comune.
Non ti dice niente la Santa Inquisizione? http://it.wikipedia.org/wiki/Inquisizione
e leggi anche questo http://www.radicicristiane.it/domanda.php/id/41/ref/15/Cristianesimo/Cattolicesimo-ed-Islam.-Siamo-tutti-figli-di-Abramo- :)

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Stiamo andato troppo lontano dall'argomento Giappone. Ne il cattolicesimo e ne la fede musulmana hanno niente a che vedere con il Giappone.
http://it.wikipedia.org/wiki/Shintoismo

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@IlDrago

Ovviamente sono aperto al dibattito civile e rispetto ogni punto di vista tuttavia nessuno mi toglie dalla testa che se le ragazze nostrane sono melanzane e solo colpa di una cultura ipocrita che poco ha a che vedere con la religione.

Tanto per fare un esempio: la Polonia è un paese anche più cattolico dell'Italia ma non mi sembra che le polacche dal punto di vista caratteriale siano come le melanzane nostrane.

Per tornare all'argomento Giappone. I gesuiti sono arrivati nell'arcipelago nel '500 e la loro influenza nel Kyushu (la zona dove sono stato io) non è stata certo trascurabile. Ti posso assicurare che anche lì le ragazze fanno quello che vogliono ;-)

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@Erikvm
certamente la venuta dei gesuiti nel Giappone meridionale ha lasciato tracce indelebili. Che le ragazze giapponesi fanno ciò che vogliono è sicuro, amico mio ;)

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