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andy69
Newbie
13/04/2022 | 14:25

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Concordo in generale sul senso di delusione,con il passare degli anni , rispetto alle aspettative di una citta' come Cebu,Santuario inesauribile ,storico,di gnocca filippina ,delle mitiche" Cebuane "generose e passionali,.... la vita notturna e' praticamente inesistente. Alle 10.30 di sera sono aperti solo i minimarket 7eleven,se ti sei dimenticato qualcosa da sgranocchiare . Le zone dove vanno i chiassosi gruppi di coreani ,ovviamente da evitare come la peste.La globalizzazione ha fatto i suoi danni pure li'.Nel caso che ci riguarda il rapporti sociali di amicizia o altro.... ormai si basano solo su relazioni virtuali ,gestite a distanza intercontinentale con infinite ed estenuanti chats che al 99% dei casi non portano a nessuna relazione di tipo classico...un incontro diventa una chimera ,del resto se ci sono un esercito di "cretini",americani ,europei e pure Italiani che mandano soldini con paypal,o money gram pur di avere conversazioni intime a distanza di migliaia di km con fidanzatine filippine virtuali mai incontrate... contenti loro!Ma siamo vicini allo sfascio dei rapporti umani e lo smartphone con le apps diventa una protesi impiantata in quel che e' rimasto, del cervello digitalizzato.Dal punto di vista delle ragazze ovviamente,conviene smanettare 24 su 24 il loro smartphone ,molto piu' redditizzio ,riposante,e sicuro, di un appuntamento in hotel covid-free ....

Mattiafibra
Silver
31/01/2021 | 13:33

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Repubblica domenicana e cuba cercano di fare la cresta ai turisti. Approfitandosene sempre!!!!sarà il fatto che sono visitate da molti americani(nei posti dove vanno vacanza gli americani costa il triplo) . Ho letto recensioni che parlano di cifre dei hotel,appartamenti e delle ragazze per passare la notte . In altre nazioni gli hotel,appartamenti costano la metà e le ragazze costano 1 /3 per passare la notte. Poi calcolate che a cuba uno stipendio medio ė 60,100 euro. Come si fa a pagare una donna 60 euro per un paio di ore siete pazzi???repubblica domenicana idem se stipendi medi sono 150,200 euro come puoi dare 100 euro per un paio di ore ?? Per non parlare di hotel e appartamenti che costano di più che in Europa....... 50 euro per un hotel 4 stelle .....o ragazzi siamo a santo Domingo non a new york!!!!!!!non siamo a zurigo!!!!!!! Credo dato il momento economico,dove gli americani e europei sono alla frutta!!! cuba e santo domingo avranno molti turisti in meno. Per un paio di anni faranno la fame!!!!!per poi vedere se diminuendo i turisti faranno prezzi normali oppure continuano a fregare i turisti come adesso. Nel futuro le nazioni dove gira la moneta saranno cina e india. E quelle nazioni le persone per turismo sessuale non vanno a santo Domingo o cuba ma piuttosto vanno in Thailandia, filippine ecc..... un consiglio a tutti piuttosto di spendere 4 volte tanto,non andate a cuba e santo Domingo ma cambiate nazione e scegliete una nazione dove guadagna sui turisti ė giusto. Ma non aumenta i prezzi all'invero simile come questi posti trattando i turisti come dei polli!!!!

Forus
Newbie
01/10/2019 | 12:08

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Il problema e' che l' Italia e' una Nazione di MERDA....
Entra quotidianamente la peggior feccia da tutto il Mondo, la maggior parte avanzi di galera senza nessun problema, niente documenti, non si sa chi siano, ecc.
Mentre se vuoi invitare in Italia una brava ragazza straniera di qualche Nazione esotica, , e' un' impresa quasi impossibile.
Ne sa qualcosa un mio caro amico Italiano qui' ad Ha Noi , Viet Nam, che ha provato l' impossibile per invitare in Italia la sua ragazza per 3 mesi, e non ci e' riuscito.
Porte aperte invece per chi entra clandestinamente e senza documenti.
Che dire di una Nazione del genere ? Solo che e' una Nazione di MERDA, e lo riconfermo ad alta voce...
Benissimo faccio a stare lontano da quella Nazione demente.

Jackxx79
Newbie
09/05/2019 | 14:59

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Ciao sono carlo e vi scrivo da Mindelo iniziamo con il dire che gran parte delle recensioni Non corrispondono alla realtà credo che molte recensioni che ho letto sono state scritte da tour operator che hanno interessi personali per fare venire turisti nei periodi di scarsa affluenza,premesso che tutto ciò che sto per scrivere e frutto di situazioni reali e non dovute a situazioni personali.iniziamo con il dire che l unico periodo per visitare capo Verde e tra il 15 di giugno e il 15 di ottobre e il periodo di carnevale, tutti gli altri periodi e categoricamente da escludere.le motivazioni sono: i forti venti che impediscono l accesso alle spiagge in totale relax, la sabbia nonostante sia più granulosa rispetto alla nostra diventano migliaia di spilli grazie al vento che fuori dai periodi citati sfiora i 40 kilometri orari.la gente durante la settimana lavora quindi solo il venerdì e il sabato ce un unica discoteca che apre che è il caravela.Eviterei i night per i prezzi esorbitanti(40 euro la camera e 50 la ragazza)VIP in testa.Per il resto le ragazze sono belle grandi fisici...diffidenti ma comunque pronti al sorriso ...sanno benissimo che siamo di passaggio quindi free e complicato.a testimonianze di tutto ciò posso inviare in privato sia foto che video..faccio sacrifici per viaggiare e spesso ho utilizzato questo sito per scegliere destinazioni e periodo non voglio che capiti ad altri ciò che è capitato a me,il cibo e ottimo e si mangia bene un Po ovunque ma diffiderei da quelli italiani non tanto per la qualità ma per i prezzi elevati rispetto la media del posto.

Mindelo.li 09/05/2019

Wlagnocca
Newbie
05/06/2018 | 11:37

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Tutto perfetto,trovare un ragazza normale che ti lascia soggiornare a nana ( centro del puttanaio e una mezza fogna ) nonostante Bangkok abbia zone stupende e sia grande 8 volte Milano e viene con te al Oskar bar noto puttanaio per chi cerca freelance, non c’è che dire , la miliardaria che deve andare a lavorare alle 5 di mattina dopo il viaggio , strano poi che non abbia la macchina , devi essere un giovane proprio carino , disse colui che si fa offrire bottiglie di whisky al insomnia dalla puttane , potrebbe nascere una nuova coppia )

Wlagnocca
Newbie
02/06/2018 | 16:25

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Aggiungo che turisti quando non avete niente da perdere cagate il cazzo ai residenti e volete le dritte , appena vi fate la tipetta zoccola diventate gelosi ed il residente diventa il nemico 😁 vi sopravvalutate giusto quel attimo , tipico atteggiamento italico , basta vedere anche qui sul forum le richieste di aiuto e poi una volta ritornati non fanno più le recensioni , poi non lamentatevi se rimangono sul sito solo pifferai magici

Canserbero
Gold
26/02/2018 | 21:45

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A me questa storiella mi fa venire in mente che tutto è soggettivo e tutto è relativo,bellezza,attitudine e voglia di divertirsi.
Se rincorri sempre e solo la bellezza estetica probabilmente non la troverai mai se non in qualche manichino o in qualche foto su internet,oppure nelle ragazze degli altri che siano fidanzate vere o puttane.
Se invece stai bene con te stesso e te ne sbatti del giudizio degli altri hai un grande vantaggio che è quello di saperti divertire e di essere consapevole e soddisfatto delle scelte che fai.
Questo per dire che se mi scopo una ragazza che a te non piace ma a me si sono solo cazzi di chi mi giudica ma non i miei.
Detto ciò a Medellín è veramente pieno di bellissime gnocche ma purtroppo sono molto difficili da portare a letto e mi riferisco a quelle veramente fighe che si vedono al poblado invece è ancora più pieno di ragazze molto belle ma non così esagerate che sono molto più facili da portare a letto e va bene così.
Tanto per le supergnocche che intendo io ci vogliono i soldi,molti soldi.

IlMarchese
Silver
14/03/2018 | 18:04

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A Dumaguete se vuoi andare a mignott vai al Whynot.
Ceno alle bancarelle sul lungomare con gommosi calamari fritti e Balut, che sono uova sode con la sorpresa dentro.
No, se pensate agli ovini Kinder siete fuori strada. La sorpresa è un pulcino bollito vivo dentro l'uovo, con penne becco e tutto il resto.
Con pio pio cadavere e calamari di gomma che lottano tra succhi gastrici e birra scadente attraverso la strada e arrivo al Why Not. Sbaglio porta finisco nel ristorante che ha lo stesso nome del club. Alla fine entro nella porta giusta. Il locale è desolato, vuoto e triste peggio di un deposito di rame dopo che sono passati i rom. Questo succede quando vai nei posti prima delle 22 anche sai che l’atmosfera si anima solo all’ora delle streghe. Nel Why Not siamo io, una barista che nella vita fa più pompini che cocktails e un tizio che credo sia il deejay, o comunque c’è questo tizio che sta litigando con cavi, amplificatori e luci e lancia bestemmioni in Tagalog. Dall’ombra, come attirate dall’odore carne fresca, sbucano due walking dead mignotte. Nemmeno il tempo di bere un St. Miguel e fare e fare una scorreggia al pulcuno in beata solitudine. Le walking dead, magre come tossicomani, prendono due sgabelli e mi si mettono sedute accanto. Io me ne sto appoggiato a un trespolo e faccio finta di leggere messaggi inesistenti sullo smartphone. “Possiamo sederci?” Mi chiedono dopo dieci minuti che mi fissano come se fossi uno di quegli strani animaletti pelosi che ti fanno vedere nei tour della giungla.
Sono sorelle o cugine o comunque nella loro bruttezza si assomigliano un casino. Saranno però fondamentali nel gioco di amicizie particolari che si svolgerà da lì a tre ore.
Facciamo finta di premere un ipotetico tasto >> e arriviamo alle 0.54.

Il whynot adesso è bello stipato di malattie veneree.

Le walking dead hanno capito che non me sarei mai chiavate nemmeno se mi pagavano loro. Fanno la spola tra il mio un altro tavolo dove è riunita una congrega di zoccole alquanto pittoresca. Prendono a fare una routine assurda. Partono dal tavolo delle suine srl, arrivano al mio, toccano il culo a un ciccione seduto nel tavolo accanto con lo spacco delle chiappe che esce dai pantaloni. Il ciccione prima sorride e sta al gioco quasi è contento che se lo cagano, dopo la sesta volta che gli toccano il culo questo s’incazza dibbrutto.
Loro insistono. Il ciccione non sa che per fermare una walking dead gli devi mozzà la testa.
Stremate dalla mia resistenza, dal momento che sono quasi quattro ore nel locale non mi sono ancora deciso a caricarle, mi chiedono se per caso sono gay. Rispondo che sì, lo sono, ma solo nei giorni dispari.
Mi raccontano leggende metroputtane di clienti che pensavano di aver pescato una ragazza, e quando poi in albergo si sono ritrovati una ragazza con l’uccello, hanno fatto buon culo a cattivo gioco. Dicono che loro almeno sono donne. Come se il solo fatto di avere due cromosomi x le rendesse chiavabili. Mi prendono le mani e se le mettono sulla figa. Avverto una gelida emozione triste.
“Se mi trovo davanti un Ladyboy me ne accorgo” dico. “C’hanno sempre qualcosa di strano” mi tocco il pomo di adamo. Dico che questo non lo togli. Poi tolgo le mani dalle loro fighe.
Finalmente le sorelle walking dead si levano dai coglioni.
Osservo la situazione gnocca sulla pista da ballo. Mi metto a ballare con un paio di macache che non mi convincono. Ritorno al trespolo della passione, di nuovo le walking dead all’attacco.
Questa volta portano in dono un paio di fighette, me le presentano. Chiacchieriamo, brindiamo, ruttiamo.

Le due tipe, una sta un po' per i fatti suoi e l’altra invece mi si avvicina sempre di più. Più si avvicina e più sento le mutande che mi stanno strette. Le walking dead a questo punto le vedo con la coda dell’occhio provare disperatamente con tutti i cazzi abili che li capitano a tiro. Faccio finta di stirarmi la schiena per piegarmi all’indietro e vedere a culo come è messa la figliola. Ho chiavato culi peggiori. Si chiama Liebl.
Non il culo, la ragazza. Anche l’altra figa non è male, magra ma con quello sguardo selvatico come se fosse appena appena sbucata dalla sua capanna nella giungla, dove vive in qualche tribù di cannibali mangiatrici di cazzi. A quel punto il WhyNot viene illuminato da un bagliore che dura qualche secondo come se qualcuno avesse lanciato una bomba all’idorgeno. La realtà della penombra svelata in tutta la sua crudezza. Ho ancora l’istantanea Liebl che mi sta attaccata come una sanguisuga e mi sorride, che però ha qualcosa di strano. Da quel momento non la chiamerei più figa. Un filo di peluria sopra le labbra dove si condensano goccioline di sudore. Anche sulle guance c’è un alone scuro.
Dal momento che una delle walking dead che insiste a chiedermi se gli piace la sua amica, ho il sospetto che me lo voglio letteralmente buttare nel culo. Rispondo “Ma per caso è un Ladyboy?”
“Chiedilo a lei,” fa.
Allora glielo chiedo, e Liebl annuisce. Non che abbia qualcosa contro i Ladyboy, ma mamma non vuole, dico. Liebl lancia uno sguardo assassino alla walking dead cambia trespolo, però continua a puntarmi a distanza: testa bassa, occhi concentrati come un vero cane da punta di cazzi. È rimasta però la sua amica secca, che di nome fa Lysa. Le chiedo subito se anche lei è un Ladyboy. Rimane misteriosa, e questo m’arrapa. È così selvatica e un po’ stronza. La porto a ballare. Diamo spettacolo in pista. Ritorniamo al tavolo e si è riunita tutta la congrega delle stronze. A questo punto non resta che mettermi Lysa sulle spalle e raggiungere l’albergo.
Prima di andare Lysa mi dice che la sua amica col pisello vorrebbe venire con noi in albergo.
“Non oggi che è giovedì,” dico. “Magari domani, che è venerdì, giorno di pesce”. Trattiamo su 1000 pesos short time. Prima di dare la buona notte a tutti ci facciamo diverse foto in gruppo da far vedere ai nipotini. Io tra i morti viventi. Io con e senza il Ladyboy. Io con le walking dead, il Lady boy e Lysa che nonostante non abbia un un filo di trucco ha un bel viso, ma fa una serie di faccine del cazzo. Lysa appena entra nella camera, plana sul letto. Troieggia un po’ e mi chiede subito i soldi con la scusa che ha avuto brutte esperienza. Le do i soldi ma per questo verrà punita severamente. Si scioglie i capelli neri e lisci che praticamente le arrivano a coprire il culo. Tette adolescenziali da smangiucchiare. Ventuno anni spesi male e non mi ricordo quanti cazzi di figli aveva già avuto, una mezza classe d’asilo. Non ha la minima smagliatura, quindi non si capisce da dove li abbia cagati. Comunque è una che le piace scopare. Mi dice che se veniva anche il Ladyboy ci si divertiva d’avvero.
A volte si fa chiavare da lui, da Lybel, che c’ha un cazzo grosso come il mio indice, dice. Parte subito a trastullarsi con la mia cappella. Lo so che ne voleva due, o almeno una e tre quarti con quella di Liebl. Gliene faccio bastare una. Me ne sto in piedi mentre mi sfarfuglia il cazzo, le arrotolo quei capelli da Porcahontas. Si mette seduta a sponda del letto e mi smercia quella passera pelosa. Mi inginocchio e le lavoro la figa e buco del culo. Piange. Continuo a sditalinarla, che ci vuole un idrulico per fermare la perdita dalle tubature dell’utero. Non so perché ma mi viene l’idea di prendere la cornetta del telefono sul comodino. Le faccio un’interurbana alla figa. Ride e dice che sono uno psicopatico. Faccio anche dei numeri a caso. La sollevo in piedi, con il menisco che scricchiola sinistramente. Lysa peserà venticinque chili. L’attacco al muro come un quadro di Picazzo e per poco non finiamo nella stanza accanto. Sul muro di cartongesso, sicuro come la merda che potete trovare ancora la sacra sindone del suo culo, magari anche la corona di spine ci vedete. La ritrovo abbarbicata alla schiena nemmeno una scimmietta in calore. La ribalto sul letto. Il getto dell’aria condizionata che arriva dall’alto, mi fa venire una broncopolmonite alla fava. In quella camera l’aria condizionata ha due livelli: gelo artico o phon del deserto del Sahara a mezzogiorno. Scopiamo forsennatamente. Chiedo il culo con quella voce strozzata che ti viene quando sei ingrifato, ma è una battaglia persa. Rallento un po’ il ritmo per non perdere metà delle coronarie. Ora inizio a pomparmela delicato, slinguandola e mordicchiandole le orecchie come se fossi il suo fidanzato del cazzo. Ma siccome non sono il suo fidanzato del cazzo, la rigiro. Una manrovescio sul quel culo da campo di concentramento, e la monto da dietro. Molleggiamo sul letto. La sto centrifugando a 90 gradi de mezz’ora, rischio troncarla in due. Col senno di poi, stasera più in vena di combattimento tra uomini. Il Ladyboy reggeva meglio il colpo, lo potevo pure prendere a cazzotti nei reni, con Lysa non posso, anche se l’ho già pagata. Ormai non ce la faccio più, la sborra mi sta salendo come Guinness alla spina. Mi tolgo il salvacazzo e le faccio lo shampoo ai capelli, lei s’incazza. Ma tanto è un problema suo, la sborrata è fatta.

La sera dopo ritorno al Why Not, questa volta dopo mezzanotte. Stessa storia. Walking Dead, il Ladyboy la secca stanno in gruppo. Sembra stiano lì ad aspettarmi, magari già dalle 22. Il Ladyboy ha gli occhi che brillano di malizia repressa. La secca stasera è da sfasciacarrozze.
Incontro una tipa che non avevo visto la sera prima. Il culo che scoppia dagli shorts di jeans. Tette, il minimo sindacale. Unta e burrosa come churros sudaticcio. La porto in pista e Cristo di un dio quasi la vorrei bucare lì davanti a tutti. Scatena quel culo indiavolato in un raggaeton che non vedo dai tempi dell’Avana. Come la mosca sta alla carta moschicida, il mio ‘Ballare’ è sempre stare attaccato al suo culo. Ci diamo una calmata e ritorniamo al tavolo, prima di commettere atti impuri. Il tempo che vado a ordinare un paio di birre e scoppia il finimondo. Un parapiglia assurdo. Vedo solo gatte randage che si tirano per i capelli. È l’apocalisse zoccole che litigano, per il tempo di una canzone nessuno interviene. Tutti stanno lì a farselo venire duro, a guardare lo spettacolo di queste suine che se le danno di brutto. Con orrore vedo che delle suine è Il mio churros. Nel mucchione ci sono il Ladyboy e le walking dead. Se lo stanno pestando dibbrutto. Intervengono i buttafuori. Non faccio nemmeno lo sforzo di capire che cazzo succede con ‘ste troie. Prima di dover portare il churros all’ospedale invece del mio albergo, le afferro una mano e filiamo dal locale. Sani e salvi arriviamo in camera. Non è che ho avuto modo di studiarla molto e parlarci. Non ricordo nemmeno come cazzo si chiama. A questo giro potrebbe essere anche uno stranosessuale, mi ricordo la storia delle Walking Dead. Certo non la rimanderei indietro al fornitore come merce non conforme. Arriva il momento della verità. Il Churros si toglie gli shorts di due taglie inferiori al suo gran culone. Li abbassa lentamente, spunta appena un ciuffetto di peli prossima puntata. dalle mutandine. Ma un pelo non fa primavera. Poi resta così con la patta degli shorts aperta e le mutandine nere e ciuffetto sbarazzino. Si sfila il body, poi il reggiseno. Poi abbassa gli shorts, siccome non riesce a sfilarseli da tanto sono stretti, le do un mano. Le metto una mano tra le cosce. Accarezzo il piumaggio soffice del pube, infilo due dita oltre l’elastico delle mutandine, oddio cosa troverò ora, scendo e … lo scoprirete nella

sicix
Newbie
torino |  36-50
08/06/2017 | 20:35

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@sydneylover @toni.t sinceramente mi cambia poco che voi crediate o meno a quanto ho condiviso...io "fresco fresco" probabilmente ho fatto meglio di tanti espertoni che ci sono su qui e questo vi fa bruciare il culo...spero sia solo questo il motivo del bruciore e non altro..
questa ragazza che è venuta da me alle 2 di notte (che per altro sento ancora e probabilmente rivedrò a settembre) l'ho lavorata per un paio di settimane via chat ed il fatto che sia arrivata nel cuore della notte nel mio hotel, ha stupito molto anche me..ma è successo..
purtroppo noto che il livello generale di questo sito è sceso molto...lo seguo da ormai 10 anni ed inizialmente "leggevo" solo le recensioni degli altri perché erano utili ed interessanti...purtroppo adesso si è riempito di super esperti che si sentono obbligati a condividere il proprio sapere con il popolo che invece è stupido e non sa nulla...dovreste entrare in politica..siete portati per la polemica inutile ed inconcludente.
a nome di tutti vi ringrazio di esistere e di illuminarci con la vostra immensa saggezza.

IlMarchese
Silver
21/01/2017 | 16:19

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La mecca del mignottaggio nel Vietnam è Saigon. Quando a Saigon dici troie dici Apocalypse Now.
Non parlo del film, parlo del club.
Anche se finora su Internet non ho fatto che leggere recensioni terroristiche, tipo mignotte che ti fanno il gioco delle tre carte con la fica, depressione post nonchiavata, arresti della polizia che poi si chiava la troia con i soldi della tua pensione, cazzinculo non fatturati, terremoti, uragani, Ho Chi Minh, B52, froci che t’inculano con il cazzo degli altri.
Temo che a Saigon saranno solo segòn.
Prima di buttarmi nell’Apocalypse Now passo davanti a un massage parlour. All’ingresso ci sono tre o quattro vacche al pascolo, probabilmente sono tutti Ladyboys. Chiedo dei prezzi, orari, extra, le tengo come piano B o C o D.
Poi entro nell’Apocalypse. Mi precede un tizio occidentale in giacca a cravatta in compagnia di una stramignottona asiatica, roba come strisciare l’uccello direttamente sul pos.
Sto entrando nel posto giusto.
Saranno tipo le 23, nell’Apocalypse ci sono più buttafuori che clienti. Mi faccio un giro. Il locale è tutto lì: sala biliardo, sala fumatori, sala da ballo. Vago, con tutte queste sale mi sale la pressione. I buttafuori dopo 10 minuti ti trattano come se in quel club ci vai a baccagliare gnocche dal 1995. Chiedo informazioni sulla fica. Perché è mezz’ora che sto a chiacchera con omoni (si fa per dire) e non vorrei si facessero strane idee. Sto lì con la mia bottiglia di Corona a fissare la pista deserta.
Ammazzo il tempo a messaggiare troie su whatsup. Scatta la mezzanotte. Come per magia il regno del troiame si popola. Queste cenerentole al contrario.
Attacco a socializzare. Appoggiata ad una colonna una principessa sul pisello in attesa del pisello. Completo nero, capelli che le arrivano al culo, età indefinibile. Tanto per farmi un’idea di quanto viene quotata la fica al chilo. Mi spara a tradimento duecentocinquanta dollari per tutta la notte, invento una scusa tipo ‘devo correre a casa, ho lasciato il gas aperto’.
Ora praticamente il locale è pieno quasi quanto le mie palle. Un buttafuori con cui sono diventato amicone mi strizza l’occhio e poi mi fa cenno con la testa verso qualche gruppetto di gnocche. È il mio cane da punta.
Il mignottaggio è una caccia. Sono lì appoggiato al tavolinetto. Corona in mano ormai calda come piscio di vecchio. Sono un aquila che volteggia su una gag bang di lepri, sono un cecchino che tiene sotto mira un parco giochi, sono un maiale in una porcilaia. Individuo la mia preda. Incrocio il suo sguardo porcino, capelli con la messa in piega lunghi e neri come gli scarafaggi che mi escono dai muri nel buco dove dormo. Alzo la birra, lei risponde e so già che da lì a una mezz’ora avrà il mio l’uccello piantato su per le trombe di falloppio.
Mi avvicino, il rito del corteggiamento suino ha inizio. A questo giro posso dire con certezza il suo nome perché gran parte del dialogo mi è rimasto scritto sull’app note del Samsung.
DI seguito le parti salienti:
Quanto per full time?
Full che?
Ti scopo fino all’alba
150 dollari!
Facciamo 80 dollari, c’ho mutuo, famiglia e un abbonamento a Focus ?
No, troppo poco.
Non ho dollari, ti pago in euro va bene?
Ok
Va bene cosa? 100 euro?
Sì ok.
Stai in albergo?
In una guesthouse? Non faranno mica problemi?
Come si chiama?
Venus
No, nessun problema. La conosco.
Bene. Come hai detto che ti chiami?
Lynh

Lynh è una gatta-porca vietnamita. Balliamo, le mordicchio le orecchie, ride. Fa le fusa. Si struscia sull’uccello che le premo contro sul culo. Non fa miao ma quasi.
È tempo di partire per la monta. Poi arriva Lah, che è sua sorella più giovane. Se Lynh è figa la sorella è figa ++. Mi offrono da bere, pagano con la mastercard. In due praticamente si scolano una bottiglia di Havana. Il mio amico buttafuori è lì vicino che sorride. Sembra un fottuto buddha porcaccione. Probabile che siano le sorelle, e lui è contento. 150 euro è uno stipendio mensile di un impiegato. Decidiamo di andare e Lynh mi chiede se possiamo dare un passaggio alla sorella. La sorella di Lyh Lah, mi ci faccio un nodo all’uccello per la sera dopo.

Esco dal locale tra Lyh e Lah e i buttafuori all’ingresso mi fanno quasi la Ola. Scarichiamo Lah poco distante.
Arriviamo alla Guesthouse e trovo la saracinesca sbarrata. Busso, suono, e pocoddio in birmano
Viene ad aprire quel rincoglionito della reception. Uno sguardo assonnato prima me e poi a Lynh attraverso le mani che usa per stropicciarsi. Sono solo le 2 del mattino porcocazzo già dormi?
Se mi fai qualche problema ti do una testata che poi il riso lo mangi con la cannuccia, mi dico.
Nessun problema.
Nemmeno chiede a Lynh la carta d’identità. Vuole solo tornare a dormire sul quel divano sborrato dal ‘65.
In camera faccio appena in tempo a pisciare che Lynh mi entra nel cesso e vuole che ci docciamo insieme. Me la trovo già attaccata all’uccello, non ho bisogno nemmeno di scrollarlo. Lynh ha tette belle piene e capezzoli duri color ruggine. Lynh è una favola dalla fronte alle tette. Un tatuaggio di non si capisce cosa sulla pancia per coprire lo squarcio di un cesareo.
Parte a mulinarmi la lingua in bocca che pare un frullino da muratore, mi smanetta il pisello nemmeno giocasse alla nintendo Wii categoria sport, sottocategoria seghe.
Intanto la doccia/cesso di un metro per un metro è diventato una risaia. Quasi scivolo e mi spezzo una gamba quando per fare il fenomeno la prendo di peso, per mantenere l’equilibrio la lancio sul letto stile lancio del nano, vado un po’ lungo e devo ringraziare la madonna gialla di Saigon che non mi sbatte contro il muro. Se la tramortivo la scopavo lo stesso, sia chiaro. La rivolto bocconi. Sulla chiappa sinistra ha un tattoo con labbra a bacio e la scritta “Lovely bitch”. Testimonianza di un passato da studentessa dalle Orsoline. Le piazzo in quella passerina angusta un quartino d’uccello. Un aperitivo di cappella. Uno spritz di cazzo. Tenendola a 90 le allargo le chiappe e lappo fica culo fica - culo fica.
È talmente maiala che non ha peli ma setole.
La rivolto e con le gambe sparate in aria le ficco senza preavviso tutto il cazzo duro fino a che non sento l’osso del pube che si incrina. E porcatroia lei comincia a parlare lingue sconosciute. Diventa una babele di porcate. Afferro solo le parole Shit, 他妈的我,Amore, كلب الل, fuck, scopami, te amo, Berlusconi.
Non so da quale demone del cazzo fosse posseduta, ma era qualcosa di veramente lurido.
Con tutto il casino che facciamo ci sentiranno fino a Shangai in quella guesthouse con le pareti di carton gesso bucate dagli scarafaggi e pidocchi. Già mi immagino qualche sbirro vietkong a sfondare la porta, ma nessuno ci caga, ci sono abituati. Alterno le leccate di passera e culo alla scopata a limonate di lingua a cattivo. Ho la faccia che sa di limonata alla fica vietnamita.
Sento lo skizzo che sale e mi piazzo in piedi a bordo del letto, le idrato la faccia da cagna-gatta-maiala. Non ricordo se me la sono inculata, ma probabile di sì forse anche per sbaglio mi ci è scivolato dentro.
Prima che sveniamo di stanchezza Lynh mi dice che andrà via presto, alle 7, visto che siamo dentro il mercato, perché così vestita da mignotta non è il caso. Sono le 5, con Lynh abbarbicata alla schiena so già che per 2 ore non dormirò un cazzo, oltretutto ‘sta troia russa.
Con le prime cantilene dei venditori del mercato di Cho Ben Thanh finalmente Lynh si leva dai coglioni.

La sera dopo all’Apocalypse il mio amico buttafuori chiede come è andata. Il mio sorriso la dice tutta.
La mia ultima sera a Saigon inizia floscia come il cazzo di mio nonno morto. Rimbalzo quattro o cinque suine. Saluto Lynh che è già a rizzare il cazzi ad un pelato, poi vedo la sorella Lah insieme a un’amica.
Punto all’amica perché Lah sì è figa ma dev’essere frigida come un ghiacciolo ficcato su per il culo. L’amica la sto osservando da un po’. E mi sorge quel dubbio che a volte in questi posti ci siano gnocche che sono lì per i dischi gira il Dj e non per i cazzi che si mettono nel portafogli e i dollari nel culo, o forse è il contrario.
Ho ancora di queste illusioni. Domani magari crederò pure alla madonna di Medjugorje.
Questa giovane vietnamita è vera calamita per cazzi che però sfancula senza pietà. Giovani, vecchi, belli, brutti. Ha uno sguardo che trasuda innocenza.
Stasera Basta con le maiale. Ho voglia di tenerezza. Ho voglia annusare freschi boccioli di rosa. Di ciucciarle quelle tettine acerbe come mirtilli di montagna. Ho voglia di…
Insomma sono quasi le 2 di mattina e porcaputtana devo sborrare.
Mi avvicino, tanto provarci è gratis. Sono le 2 anche per lei, ci sta, perché probabilmente vede che nessuno la caga più. Quando ho detto che il mignottaggio è un lavoro di caccia e attesa…
Il suo nome è Suh. Poi un po’ arriva Lah, e ci rimane male perché capisce che le salta l’affare. Oltretutto la sorella era di buon umore quando è tornata a casa dopo la montata con me. Dopo qualche minuto realizzo che sono in mezzo gruppo di cincillà viet. Sono comparse così all’improvviso come i sintomi della gonorrea. Tra loro c’è una cinegra favolosa, e cristoiddio Saigon mi mancherà più delle centinaia di euro che c’ho speso. Domani c’ho il volo per la Cambogia ma forse è meglio così perché a Saigon con sti trojon vanno via dei milion. Per gli amanti del rischio e della chiavata low cost a Saigon ci sono le suine motorizzate in zona bus station, la coltellata e la rapina sono incluse nel prezzo e se sei fortunato ti lasciano un Voucher Aids da regalare a chi vuoi tu.
Altro giro di bevute, brindisi. Ci abbracciamo, Suh mi fa le presentazioni come se fossimo a una qualche festa di fidanzamento del cazzo. A Suh e a me ci fanno i complimenti, siamo ormai una coppia da matrimonio. Ci facciamo seflie di gruppo. Ci mancano solo i suoceri a dirci che vogliono dei nipotini. Quasi quasi chiamo in Italia parenti e amici e dico che finalmente ho messo la testa a posto con un puttanone di Saigon. L’alcol, Suh che non la smette di strusciarsi al cazzo, l’odore di queste fighette che mi ronzano intorno, la musica. Il buttafuori che mi punta.
Sono talmente su di giri che vorrei sborrare su tutti quanti.
Ora però mi sono rotto le palle e dico a Suh, andiamo.
Apro il notes del Samsung e sotto il dialogo della sera prima, quello con Lah, digito uno spazio e scrivo:
“Quanto vuoi per tutta la notte, etc.”
Scrive 200
Ho un tuffo al cuore. Riesco a scendere a 150 euro solo dopo ripetute minacce di rompere il fidanzamento.

Arrivati alla Guesthouse il ragazzetto della reception al solito viene ad aprire dopo mezz’ora. Lo sguardo assonnato e mentre si stropiccia gli occhi vedo l’odio nel suo sguardo. Forse perché gli interrompo la fase rem, forse vorrebbe montarsi ‘ste fighe pure lui, forse se continua a guardarmi così gli apro il culo pure a lui.
Mentre salgo le scale lo vedo che si rimette a cuccia sul divano. Tra poco sentirà una sinfonia di gemiti, cigolii, e schiaffi sul culo. Arrivati in camera iniziamo a baciarci come quindicenni. Suh, le tette le ha lasciate al guardaroba del locale. Ma ha un culo tondo e paffuto con quelle fossette di venere appena sopra le chiappe che mi viene l’acquolina in bocca al solo pensarci. La spoglio lentamente, parto a succhiarle le tettine. Tiene quegli occhioni semichiusi e geme. Suh ha il sangue misto.
Durante la guerra del vietnam sua nonna ha preso cazzi e bombe americane come se piovesse.
La lecco tutta. Le faccio una doccia di saliva.
S’inginocchia me lo succhia mentre sto in piedi e mi sto togliendo la t-shirt. Un’arte, quella del pompino, che si tramanda di generazione in generazione. In Asia sono talmente brave che sicuro la insegnano nelle scuole durante l’ora di educazione fisica insieme alla palla a mano.
Mi faun bocchino a bocca di pesce. Glielo tiro fuori dalla bocca che di sicuro ora sa di pesce e mi diverto a bastonarla con l’uccello. La troietta ride. Ha la passera infiammata, la stuzzico col dito. La metto sul letto e le tiro via le mutandine. Grufolo tra quelle cosce. L’odore non è proprio di freschi boccioli di rosa come mi aspettavo, ma ha più un retrogusto acido di uva fragola spremuta tra le chiappe sudate di un cammello. Non so se avete presente.
Quell’odore selvatico, caprino che ti resta in circolo per giorni.
Devo montarla o morire. La piazzo a pecora e come un caprone montano, le ficco l’uccello e lei si getta indietro i capelli, ha un rinculo e fa un sospiro come se il cuore le avesse mancato un colpo. Ma il colpo è quello del mio cazzo duro che la penetra come un proiettile di grosso calibro. Un paio di mandate e devo assolutamente andare al cesso o pisciarle dentro, che non sarebbe male. Dopo un paio di minuti esco dal bagno e la ritrovo sempre nella stessa posizione, a quattro zampe, con il culo puntato al paradiso. Le succhio la figa fragolina cammellata e riparto d’uccello. La pelle di Suh è del colore del burro rancido, con quella cazzo di luce cruda sembra una gallina spennata. Mi sdraio e con l’uccello minaccioso che la punta. Mi sale sopra e lo vedo scomparire nella fighetta ombreggiata da una spruzzata di pelame nero. La stringo con un braccio e con l’altra mano le faccio del bullismo anale. Poi parte a fare dei salti sul cazzo che sembra Super Mario Bros che salta sui nemici per ammazzarli. Prima che mi ammazzi il cazzo fratturandolo con un salto sbagliato, la ribalto sul letto stile wrestling. La chiavo a forbice, di fianco. Così ho piena autonomia a trastullarle il nido del cuculo. Ci infilo tutto il dito medio e mi sento il cazzo sintonizzato nell’altro canale. Suh dice che il culo non lo da. Nemmeno con 50 euro. Provo a rilanciare a 100 euro, ci pensa un secondo ma rifiuta ancora. È proprio una ragazza che ci tiene alla sua dignità. Perché che se lei a me avesse offerto 50 euro mi sarei fatto inculare. Forse qui in Asia cacano oro, per questo il buco del culo è così prezioso. Ma quando tiro fuori il medio e me lo annuso, anche se non saprei dire quale è l’odore dell’oro, di sicuro non è quello che sento. Suh continua a strofinarsi la passera velocissima che mi sembra di assistere a una dimostrazione di come accendere un fuoco sulla passera usando bastoncini e i peli di fica come stoppino. Le giro quella faccia da manga e la slinguo come un rottweiler idrofobo.
Con gli ultimi colpi di reni cerco di infilarle il cazzo più in profondità possibile.
Voglio innaffiarle con uno schizzo la trachea, voglio che sputi sburra calda.
Ci addormentiamo abbracciati, o meglio lei si addormenta abbracciata e io conto le pecore che mi sono fatto finora. Anche lei dice che andrà via alle 7 prima che apra il mercato. Probabile che la mattina poi lavorano al banco degli ortaggi perché a quello del pesce ci lavorano la sera.

IlMarchese
Silver
18/11/2016 | 16:46

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Decido di partire per il Vietnam e la Cambogia. M’informo sui vari forum a livello gnocche come siamo messi. Non mi faccio troppe illusioni riguardo alla gnocca in Vietnam. Leggo che le donne vietnamite tra le gambe non hanno la figa, ma la falce e il martello. Che se ti beccano con una troia mandorlata, finisci al gabbio fino al giorno in cui canterai ‘o bella ciao’ con un perfetto accento Quốc ngữ, e nel buco del culo ti entra senza sforzo un lanciarazzi M72 LAW calibro 66mm. Mi rifarò in Cambogia, mi dico. Arriverò talmente arrapato da chiavarmi tante donne Khmer che mi chiameranno il Pol Pot della figa.
Il viaggio è deciso all’ultimo momento mi aggrego a un mio amico.

Ci facciamo ‘sto Vietnam partendo da Hanoi. Ci stiamo una notte sola. Fortunatamente perché a Hanoi o vai di seghe o sono cazzi tuoi. Parto per Halong Bay, notte in barca con giro a zonzo per Halong. Sulla barca conosco una turista Hong Kong in astinenza di cazzi. Ci scambiamo i contatti. Lei vuole visitare l’Italia, io la sua figa. Il destino girerà in modo diverso.
Arrivo a Hué. L’hanno chiamata così perché a livello di trombata è un pianto.
uèèèèè

Hué, anche lì per schizzare devi fare tutto da te.
È già 3 giorni che non chiavo. La stuzzicazzi di Hong Kong continuia a messaggiarmi e peggiora le cose.

Arrivo nella magnifica Hoi Han. A Hoi Han finalmente si comincia a sentire odore di Puttan.
Hoi Han è la Venezia dell’Indocina. Venezia è la figa dell’Europa. Hoi Han è la figa dell’Indocina.
Non è vero, ma questo sillogismo del cazzo ci stava bene.
Saluto il mio amico che prosegue il viaggio per conto suo e mi ritrovo da solo l’ultima sera a Hoi Han. Sono lì in preda allo sconforto che mia arriva un messaggio da Suen la ragazza di Hong Kong che in viaggio in solitaria si trova appunto a Hoi Han l’ultima sera prima di ripartire. Ci diamo appuntamento per cenare insieme. Ho 2 ore di tempo. Nell’attesa decido di provare un massaggio vietnamita tanto per rilassarmi. Il pessimismo cosmico mi attanaglia. So che il massaggio sarà solo un massaggio e che con la cantonese prenderò una cantonata. Nella zona del mercato ci sono diverse messaggerie.
Ne trovo uno in una via laterale, cioè la mamasan trova me che cammino tra le bancarelle e addocchia la preda. È tutta una caccia al porco. Mamasan mi trascina a vedere la bottega, mentre sono ancora lì che sto sgranocchiando una cavalletta fritta. In questa massaggeria il lavoro è tutto svolto da Hu, una ragazza minuta e abilissima nell'antica arte del massaggio vietnamita, chiamato anche massaggio celeste. A quell’ora sono l'unico cliente e Hu fa tutto con calma. Mi fa annusare oli cinesi, contorce il mio corpo in tutte le angolazioni della geometria trigonometrica. Prova anche qualche mossa di massaggio thai perché le dico che sono stato in Tailandia. Mentre mi accartoccia come una stagnola dice che non è tanto esperta, infatti la sciatica mi tormenta anche adesso che sto a sbattere sulla tastiera. Mi trovo Hu che mi zampetta sulla schiena come un macaco a mandorla. È single dice. Si è appena lasciata, e sorride. La ragazzina (sempre maggiorenne, previa verifica della Id e telefonata di verifica in questura e a casa dei parenti) è dolce , di una grazia mista a timidezza che solo le asiatiche possiedono, e anche qualche trans brasiliano. Hu dice che per un extra mi fa una bella sega celeste, ma lo dice da timida. Al momento di rivoltarmi supino, il drago si dispiega in volute pazzesche. Hu butta sul drago l’asciugamano come volesse spegnere un incendio. Ma non parte subito di falegnameria. Ci arriva a poco a poco. Lentamente con gesti studiati come un’arte del tè del cazzo continua a massaggiarmi le cosce, poi la sua manina di fata seghina sparisce sotto l'asciugamano. Una sensazione di fresco sulla cappella per via del mentolo o che cazzo ne so dell’olio cinese. Inizia a percorrere con la mano tutta l’asta del cazzo, su e giù, giù e sù e io mi perdo in quegli occhi sottili come un taglio di fica.
A rompere l’incantesimo arriva la mamasan. E porcaputtana se avevo una scarpa a portata di mano gliela tiravo su quella faccia rincagnita da bulldog cinese. Però parte un bel bestemmione. Dice che altri clienti stanno aspettando fuori. Hu inizia con una sega vietkong come se maneggiasse un mitragliatore Thompson. Al cambio di mano, le chiedo, visto che mi sembra stanca, di succhiare ma lei non vuole. Finalmente sborro un getto rovente, liquido e abbondante che quei musi gialli non vedevano da quando venivano innaffiati di napalm dallo zio Sam . Alla ragazzina lascio la macia. Peccato che ho poco tempo per lavoramela, il giorno dopo si parte per Na-trang. In ogni città dovresti starci almeno una settimana, il mio è un mordi e scopa. Mancano 20 minuti alle 20. Corro verso il ponte giapponese dove ho appuntamento con ‘Hong lo succhierei pure a king Kong’. Il cazzo ancora barzotto e viscido per via dell’unguento e sborra residua che sembra di averci un capitone marinato che mi scivola fuori dalle mutande.
Riconoscere una cantonese che hai visto una sola volta giorni fa, all’ingresso di un ponte giapponese a quell’ora dove ci saranno centinaia di coreani, vietnamiti e cinesi è facile come giocare a Shanghai col Parkinson.
Mi guardo intorno: panico. Tutte le ragazze mi sembrano uguali e probabilmente devo essere passato davanti a lei una decina di volte, quando alla fine mi sento toccare alla schiena. Mi giro e anche così non mi sembra la stessa ragazza che ho conosciuto a Halong, però mi fido. Non la deve aver presa bene.
Ceniamo in un ristorantino sul lungofiume, parliamo un 2 ore su argomenti che spaziano dal panteon delle divinità cinesi a come si fa una pizza alla margherita senza margherita e cristo sa di cos’altro, passeggiamo per Hoi Han che una delle città più romantiche dell’Asia, ma non siamo in un romanzo Harmony. La scopata è l’unico obiettivo, e l’obiettivo sembra allontanarsi sempre di più. Allora uso la tecnica alcool. Andiamo a bere qualcosa prima di salutarci, le chiedo.
È cantonese ma beve come una bavarese. Suen dorme in un ostello , io ho una camera doppia e mi si è liberato un letto perché il io amico è partito. Lei è mezza ubriaca. Prendiamo un taxi, Suen passa dall’ostello prendere un ricambio di mutande e spazzolino e partiamo per la mia guesthouse. Mi doccio subito perché c’ho l’uccello marinato dal massaggio e non vorrei fare brutta impressione. Suen si sta spogliando e rimane con la biancheria. Vedendola seduta sul letto dove fino a poche ore prima c’era seduto il mio amico, faccio questo confronto e penso che fisicamente era più arrapante lui. Ma di viso è meglio lei. Chiudo gli occhi le metto la lingua tra i denti. Poi scendo a leccargliela ma non si era fatta la doccia, sorvolo perché sembra di leccare un riso alla cantonese lasciato fuori dal frigo per un mese. Mi rimangono pure dei chicchi di riso tra i denti. Sorvolo sulle cosce e le mordicchio quei teneri capezzoli mentre sditalino frenetico la fighetta calda e umida come rivotare un dito dentro un involtino primavera. Non me lo succhia, nonostante spinga delicatamente quella testolina cantonese a sud dell’ombelico. Questo per me è un affronto. Non le piace a pecorina e capisco che non ci sposeremo mai. Mi sale sopra e si prende il mio cazzo in corpo con calma. La devo stantuffare veloce perché tra il goldone, il mentolo dell’unguento cinese che mi è rimasto sull’uccello e l’alcool bevuto, ho perso ogni sensibilità. Provo a sondarle il buco del culo ma da un o schiaffetto sulla mano e bestemmio, tanto lei non se la prende a male. La rivolto sul letto, le salgo sopra e la pompo come piace a me con il cazzo che lavora come pistone idraulico, le ficco la lingua in gola al ritmo del cazzo. Mentre sto per venire c’ho questo pensiero: sborrarle dentro o sulle tette. sborrarle in pancia o sulla faccia. Sborr…

Rimanete sintonizzati per la Parte 2 Na-Trang - Saigon

IlMarchese
Silver
05/12/2016 | 16:17

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Il Vietnam è come il corpo di una donna, più scendi in basso e più è facile che la fica la trovi. Sto viaggiando per il Vietnam da nord a sud e mi trovo a Nha-Trang. Siamo quasi a metà del Vietnam, siamo tipo all’ombelico, e l’odore di passera comincia a farsi sentire. Nha-Trang è una colonia russa. Russi, soldi, impossibile non esistano puttane, mi dico.
Il mio motto è: se in un posto ci sono delle troie, saranno loro a trovare te.
E infatti mi trovano. Dopo cena comincio a farmi un giro per il centro di Nha-Trang e sembra di stare a Vladivostok se non fosse per le palme e 30 gradi a mezzanotte. Al lato opposto della strada vedo un paio di suine viet che mi salutano. Di sicuro non siamo andati a scuola insieme. Sopra di loro un’insegna luminosa spara la scritta ‘Massage’ in rosso lampeggiante. Mi avvicino un po’ scazzato. Le suine mostrano il menù del centro massaggi chiamato “Rose Spa”.
Scorro la lista dei trattamenti benessere: Foot massage four hand, back massage, shoulder massage, back massage with stone, traditional vietnamses massage. I prezzi in dollari e dong. Guardo le tipe, poi il menù. Mi vedono indeciso. Una di loro si avvicina all’orecchio, sottovoce mi consiglia il piatto del giorno: gnam gnam e bum bum e mi indica il prezzo di un massaggio tradizionale a 50 dollari. Ma poteva anche indicarmi le lasagne al forno, tanto si tratta di pompino e scopata. Un tipo con una camicetta Hawaiana che non capisco se è compreso nel menù o supervisiona il tutto, con un sorriso a 3 denti fa sì sì con la testa. Mi riguardo la gnocca che non è proprio da paginone centrale di Playboy Vietnam, e diciamo che la strada semibuia gioca a suo favore, ma solo quei tre secondi intermittenti dove la luce dell’insegna Massage è spenta. A questo punto mi sarei chiavato pure quel frocio sdentato, a patto che si togliesse quella stramaledetta camicia. Un po’ di decenza, porcaputtana.
Col cazzo però che sborso 50 dollari.
Vi sembro un russo dico? Loro rispondono: sì.
Comunque o 30 dollari, dico, o vado a farmi strapazzare l’uccello da un‘altra parte. E inizia il solito baratto da mercato rionale. Quando faccio per andare, il frocio ribatte a 35. Affare fatto!
Mi accompagna su per le scale. Non il frocio, la troia.
La stamberga sembra uno screenshot dagli anni 70. Intendo anni 70 qui in Vietnam quando i B52 sganciavano sulle teste bombe di 6 tonnellate. La tipa, Huang Hiung Hong qualcosa, mi porta in una stanzetta tutta rivestita in fòrmica mi fa sdraiare a faccia in giù su un lettino pidocchioso. Parte a massaggiarmi e capisco che non è il massaggio alla schiena il suo forte. Cinque minuti di torture cinesi e mi rivolta. Inizia a lavorarmi l’uccello e palle come pasta per il pane. Prima di infornare, sta lì a fissarmi la baguette che lievita con uno sguardo curioso e allegro come se osservasse la schiusura delle uova della Tartaruga Liuto del Madagascar. Mi calza il preservativo che ovviamente ha le misure da puffo giallo. Appoggio la suina al lettino, in piedi, le tengo una zampa alzata e inizio a pompare. Huang Hiung Hong qualcosa, rimane vestita nella parte sopra così in caso d’irruzione di sbirri viet, si ritira su le mutande e siamo apposto con il fisco. Certo se vogliamo fare le cose senza farci sgamare usiamo proprio la strategia sbagliata. Dalla bocca di Huang Hiung Hong qualcosa oltre all’odore di cipolla, zenzero e qualcosa di morto escono dei gemiti e stridii che nemmeno dalla cinghia di distribuzione della mia Lancia Prisma, quando ho provato a rimetterla in moto dopo che per vent’anni era rimasta abbandonata in un campo rom. Anche il lettino fa la sua parte. Cigola come un carro armato M48 Patton appena passato sopra mina anticarro. Quel lettino ne deve aver viste più del colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Nel corridoio sentiamo dei passi, forse il frocio magnaccia hawaiano dell’ingresso che controlla la catena di montaggio. Forse, anche Huang Hiung Hong non ne è sicura. Solleva con uno scatto la mano.
Stop!
È un po’ stizzita come per dire “smetti un attimo di stantuffare, cazzo!”. Forse bestemmia in viet. M’immobilizzo con l’uccello a metà corsa. I passi superano la nostra porta. Rimaniamo in ascolto. È il frocio o un fantasma di un soldato americano che veniva a chiavare qui nel 69. Rimaniamo in ascolto, no respiriamo neppure, nemmeno fossimo rannicchiati nella giungla a nasconderci da una pattuglia di Vietkong. Potrei finire in galera, derubato e inculato dal frocio o trovarmi in una scena del film ‘il Cacciatore’. Di sicuro non è la chiavata più rilassante della mia vita. Il massaggio fatto a cazzo di cane vietnamita dopo quello ricevuto ad Hoi Han non fa che peggiorare la sciatica.
Il Vietnam mi ucciderà.
Huang Hiung Hong qualcosa, mi ridà il via. Riparto che mi si è mezzo ammosciato il cazzo. Prendo un ciuffo di capelli di Huang Hiung Hong qualcosa e le tiro la testa indietro. Adesso attacca con dei versi ancora più atroci. Forse sta mimando un orgasmo vietnamita, un richiamo d’amore del gibbone alle guance bianche, o forse semplicemente sta cercando di dirmi che la strangolo se insisto a torcerle la testa all’indietro.
Dai che ‘sto per sborrare! Huang Hiung Hong qualcosa si mette subito in ginocchio. Le piazzo l’uccello tra i denti gialli e le sparo uno spruzzo di defoliante AgentOrange giù per quella fottuta gola.
Che per almeno per un po’ se ne sta zitta. Mi rimetto su i miei stracci e solo dopo aver attraversato il corridoio dalle pareti scrostate, sceso le scale, attraversato la porta e dopo che frocio all’ingresso mi strizza l’occhio e mi fa ciao ciao con la mano, posso tirare un sospiro di sollievo e ‘na scorreggia al Napalm che stavo trattenendo da mezz’ora.

Rimanete sintonizzati: prossima destinazione Saigon . Lì si che ci sono le vere sorprese!

IlMarchese
Silver
25/03/2017 | 19:58

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Su Phnom Penh non c’avrei scommesso nemmeno un pelo di cazzo, invece si rivela una delle mete più tromberecce di sempre. C’ho passato solo 2 notti e 3 giorni. Volevo fare il turista ma li ho impiegati per la maggior parte a chiavare. Di sicuro se siete a Phnom vale una visita il Pontoon, soprannominato anche Montoonn. Il Pontoon non è un club, è un deja-vu. Appena entrato mi sembra di averlo frequentato da sempre. Nei 200 mq del Pontoon, come in una norcineria di gran pregio sono concentrati i meglio pezzi di suina di tutta la Cambogia e zone limitrofe. Al Pontoon incontro la vera perla d’oriente. La vedo a parlare con altre ragazze. Indossa un top che le risalta i seni perfetti. Ombelico scoperto dove brilla un piercing di diamantino. Pantaloni bianchi aderenti. Una cascata nera di capelli che le arrivano al culo. Il viso sembra quello che vedresti in qualche dipinto giapponese di gheishe.
Si chiama Suon. Suon è una ninfetta. Iniziamo a ballare. Suon c’ha uno shaker al poso del culo. Lo scuote con un movimento che ho visto fare solo alla nere. Non vedo l’ora di infilarci la mia banana e farci un frullato vitaminico. Il mio cazzo ormai congestionato nelle mutande ha raggiunto il limite della sopportazione. Mi struscio contro di lei come un micio in calore. Poi Suon va al cesso, rimango solo in balia di queste ninfomani e divento io la puttana in quel locale. Vorrei avere il dono dell’ubiquità del cazzo. Non posso tradire la mia ninfo. Lei è un gradino sopra ogni gnocca che vedo in giro. Suon mi ritorna triste dal cesso. Mi chiedo che le passa in quella testolina vuota. Mi dice che ha incontrato un suo ex. Nel senso quello che se l’è scopata la sera prima e che lui vorrebbe andasse via con lui. Però le piaccio io, ma le piace anche lui. È indecisa. Mi guardo intorno e vedo un tipo che ci fissa e le sorride. Dico a Suon che l’asilo l’ho finito da un pezzo. Che se vuole mettere all’asta la figa vado a ripescare un’altra (troia) principessa in pista. Glielo dico mentre le appoggio contro il fianco il pitone arrotolato nelle mutande.
Portami via subito, fa Suon, prima che cambi idea.
Sì, però non abbiamo parlato di soldi.
Mi dice se per una notte vanno bene 50 dollari. E penso che porcaputtana le offro anche la colazione. Ovvero un paio di biscotti oreo e un cappuccino solubile comprato al 7Eleven. Però non riesco a perdere il gusto del baratto rilanco a 40 dollari. Se mi avesse chiesto un Long Time per 2 euro avrei ribattuto 50 centesimi. Il suo sguardo in automatico scivola sopra la mia spalla, al tipo che non la smette di fissarci da mezz’ora. Comunque ok 50 le dico. La prendo per mano e mentre usciamo, incrocio lo sguardo suino/felino di una gnocca seduta al bar. La fotografo mentalmente, la metto in agenda per il giorno dopo. Con quella frangetta, pelle ambrata, così maledettamente cambogiana.
Arriviamo nella mia guesthouse il tipo che dovrebbe fare la guardia alla reception è sdraiato su un materasso tra la porta e il bancone. Lo scavalchiamo e saliamo in camera. Spedisco Suon subito sotto la doccia. Mi rientra in camera avvolta dal solo asciugamano, si sdraia sul letto. Le tolgo l’asciugamano. Me la vedo lì in piedi, completamente nuda. La perfezione!
Ringraziando il signore per il pane che sto per ricevere l’unica parola che mi esce è un porcoddio!! Che comunque a suo modo è una preghiera di ringraziamento. Suon è da venerare come una dea. 21 anni, senza un filo di trucco, seni sodi, i capezzoli li dovrebbero vendere all’Ikea come appendi abiti, ovviamente da montare casa. Il culo sembra i culo di una brasiliana attaccato a un’asiatica. Non saprei da dove partire a leccarla. La pelle di Suon è color latte scremato. Origini mezze vietnamite, mezze cambogiane, mezze non so cosa. La mangio iniziando dal mezzo. Le succhio quel piercing sull’ombelico, le succhio la lingua, ma con la faccia affondata tra le sue cosce le succhio le labbra della fica. È proprio lì che vorrei morire. Le passo la lingua tra la passera e buchetto segreto. Ride, quando le fotticchio il buchetto del culo con la punta della lingua. La rivolto come una frittella. Mordicchio chiappe, cosce, caviglie. Le faccio anche un massaggio e le parcheggio l’uccello tra le cosce. Suon si rigira e me lo prende in bocca. Lecca in punta, e poi passa le labbra intorno alla cappella. Fa un pompino sbrodolone. Solleva le palle e cazzo e mi solletica sotto. Ci facciamo una bel 69 sdraiati di fianco, inghiotto il sugo della sua fica che sa di ricotta acida. Il tempo di mettere il cappotto al cazzo e Suon se lo prendo dentro fino a dove arriva. Cavalca, la fica è bagnata come uno straccio. Le infilo un indice in culo, poi visto che c’è spazio, ci accompagno anche il medio, poi il pollice, poi mi fermo qui mi ci stava anche l’anulare. Poi le faccio succhiare le dita che le avevo infilato nel culo, che poi succhio io. Le piace la cavallina, dice. La sento spingere sempre forte. Sfrega il clitoride contro di me, orgasma. Il tutto in religioso silenzio, si fa per dire. La rigiro tenendole il cazzo ancora arpionate dentro, le gambe spalancate come uno sbadiglio me le metto sopra le spalle. La sbatto a sfondarla, mentre slinguazzo e le succhio il collo, che il giorno dopo sembra c’ha il livor mortis. La notte è maledettamente breve per tutto quello che vorrei farci. Per esempio incularla, cosa che lei rifiuta, nonostante si sia presa 4 dita in culo. Il tempo di sfilare il preservativo, innaffiarla su pancia e seno con una bella sborrata di buonanotte. Prima di addormentarmi resto una mezz’ora a guardarla mentre dorme supina accanto a me. I seni che si sollevano al respiro, il viso candido. Per addormentarmi conto le dita che le avevo infilate in culo una, due , tre… bum! Al mattino restiamo a parlare un po’, facciamo colazione. Racconta Suon che ha lasciato da poco la scuola. Non le piaceva studiare. Adesso studia bum bum. Le dico se vuole farsi un ripasso di geometria. Dice che non le piace il Bum Bum al mattino. Rispondo, sì è vero, che c’è chi studia meglio la mattina e chi la sera.
La temperatura media di Phnom Penh in quei giorni è 40 gradi all’ombra. Il pomeriggio passeggio sul lungo fiume, sto per raggiungere il palazzo reale ma vedo questa ragazza seduta all’ombra. Indossa grandi occhiali da sole, formosa, asiatica. Mi siedo accanto a lei e attacco discorso. Iniziamo a parlare del palazzo reale di fronte, del caldo, del che cazzo ne so io. Anche lei in vacanza, con un’amica. È thailandese, lavora a Patong e non fa la cassiera in banca.
Poi ci troviamo a discutere di massaggi, visto che fa la massaggiatrice.
Non voglio trattarla da troia, almeno non subito. Facciamo amicizia, ci scambiamo i numeri di telefono. Ann si chiama. Le chiedo se ha impegni per la sera fortunatamente dice di sì, che festeggia il compleanno con una sua amica. Meglio, perché io c’ho il Pontoon che mi aspetta. Allora le dico che ci possiamo vedere a colazione il giorno dopo. Che festeggiamo insieme. Vediamo, mi dice. La butto sul ridere che sono curioso di provare un suo massaggio, sul ridere un cazzo. Ritornato alla guesthouse prima del riposo pre serata chattiamo e finisce che rimaniamo d’accordo per la mattina dopo. Vieni presto, scrivo su whatsapp, che poi ho il volo nel primo pomeriggio.
Mi prende in parola. Alle 9 ti aspetto sotto il tuo Hotel, risponde su whatsapp. Poi le scrivo: non è che mi chiedi i soldi? Risposta: non se volessi dei soldi te lo avrei già detto. Non che la cosa per me avrebbe fatto differenza, ma è bene mettere subito le cose in chiaro. Mi dico che se viene preso almeno avrò il tempo per fare qualche foto in giro, di visitare il palazzo reale, tanto per ricordarmi di essere stato a Phnom Phem. La sera di nuovo al Pontoon cerco disperatamente la gnocca che mi aveva fulminato con lo sguardo la sera prima. Niente. Ogni lasciata è persa diceva sempre mio nonno prima che li venisse l’Alzhaimer.
Saluto Suon e il suo gruppo di amiche. Poi Suon mi viene a parlare. Chiede se vogliamo passare la serata insieme. Le dico che no. Che poi rischio di innamorarmi. In genere funziona.
Sì hai ragione, anch’io, dice lei e se ne va. Ancheggiando con quel culo fenomenale. Però non mi scatta in modalità troia, almeno non subito. Tutta la sera rimane con le sue amiche. Baccaglio due/tre gnocche che poi mi sparano cifre assurde e le mando affanculo. L’ora è tarda e mi devo trovare la montata della sera. Che poi domani mi devo alzare presto per il massaggio. Pesco questa ragazza dall’occhio selvaggio, capelli tagliati corti. Nome d’arte Vichy. Vichy inizia a strusciarsi contro il pisello, passarsi la lingua sulle labbra e a guardarmi arrapata capisco che ho trovato la mia anima gemella. La porto via, incrocio Suon che fa finta di non vedermi. Il tipo che dorme all’ingresso della guesthouse questa volta è rotolato contro la porta, per entrare devo spingere il suo cadavere. Mentre li passiamo sopra borbotta qualcosa e poi si è volta dall’altra parte. Finora non ho capito se era messo lì a fare la guardia o era semplicemente un barbone che aveva trovato la porta aperta. Comunque arrivati in camera accendo la luce e mi accorgo che la fica che avevo sempre visto nella penombra e credevo avesse i capelli neri, invece li aveva blu elettrico. Rispengo la luce. Tiro direttamente fuori l’uccello, lei si inginocchia e comincia il suo lavoro di ricamo. Intanto la spoglio, indossa una salopette in jeans da operaia del sesso, sotto un body. Ha due grosse tette in cui, verso qualche litro di durex al guaranà e ci metto il cazzo in salamoia. Vichy al mio cazzo italiano alterna sega spagnola a pompino cambogiano, mi fa un massaggio prostatico cinese. Sembra di stare al consiglio di sicurezza dell’ONU. Le afferro una ciocca di quei cazzo di capelli cyberpunk e tirandole la testa indietro le do scudisciate di cazzo in faccia. A questo giro voglio dedicarmi quasi esclusivamente all’antica arte dell’anal. Le do un paio di mandate di riscaldamento in fica, mentre le condisco il culetto con gel e sputi. A sto giro non lo chiedo nemmeno. Una volta che le punto il bucio di culo Vichy non solo non dice no, ma mi aiuta a centrare meglio il bersaglio. Il culo sembra non voler cedere, poi con uno schiop! La cappella sparisce nelle profondità rettali. Il suo buco del culo è così profondo e caldo che potrebbe venirci fuori una canzone d’amore. La scopo in culo mettendoci tutta la lunghezza del mio cazzo, avanti e dietro, lentamente. Mentre le sono dentro l’intestino retto, Vichy m’agguanta i fianchi. M’ affonda le unghie nelle maniglie dell’amore, mi fa un male tale che le sto per dare una testata. Le masturbo la fica ormai in fiamme. Dopo averla inculata fino alla paranoia. Non voglio sborrarle nel culo, deve ingozzarla di sperma, ‘sta troia. Mi sfilo dal suo culo, il goldone le rimane infilato nell’ano, ce lo lascio. Probabile le sia rimasto penzoloni fino al mattino e magari è andata a casa così. Le giro la faccia e le faccio una schizzata mezza fuori dalla bocca, lei si raccoglie un po’ di sperma che sta colando dal mento, e poi si fa la scarpetta e prende tutto il resto in bocca. Al mattino mi sveglio con Vichy che mi fa le fusa. Le faccio fare una puppata di cazzo. Il tempo di infilarmi il preservativo, giusto per farle un favore, la giro e la pompo da dietro un po’ svogliato. Tra il caldo e che ho dormito una sega tutto quello che voglio è una doccia fredda. Mi suona la sveglia. Le 8.30 di mattina. Penso che tra mezz’ora mi arriva la thailanese. Salto dal letto con l’uccello imbizzarrito. Le vacanze dovrebbero servire a rilassarsi, sì. Mi invento la scusa che devo fare i bagagli e Vichy un po’ delusa mi saluta il cazzo ancora ritto con un bacino, poi mi da un bacino sulla guancia, come se fossimo persone separate.
Alle 9 puntuale come la morte Suon mi aspetta all’ingresso della guesthouse, la vado a prendere, lei un po’ timida mi saluta, il proprietario della reception che vede tutto sto movimento di fica mi guarda storto.
Arrivati in camera Ann è molto imbarazzata. Le offro un caffè, parliamo. Ci sciogliamo un po’, mi spoglio. Inizia con il suo massaggio. Mi snoda gli arti che sembro Big Jim col cazzo. Pressioni qui, colpetti là. Insomma un massaggio thai dalla testa ai piedi. Ogni volta che la guardo, lei ride e dice: chiudi gli occhi. Non vuole essere osservata, è timida. Sì un cazzo! Mi osserva il pacco nelle mutande, allarga gli occhi come se non si aspettasse una reazione del genere. Non hai ancora visto nulla tesoro, penso. Cerco di accarezzarle le cosce, mi respinge la mano. Insisto. Ann respinge ogni volta sempre meno convinta. Appena sono a tiro provo a baciarla. La camera che odora di fregna cambogiana, ci manda in fregola. Finito il massaggio, non restava altro che o scopare o che mi tirasse fuori qualche gioco di carte. Si vede che non le piacciono le carte. All’improvviso come per togliersi un pensiero m’infila una lingua lunga un chilometro fino in gola, quasi mi strozzo ‘che non me lo aspettavo. Penso: che cazzo, sto slinguando con un alieno. Io in mutande, lei ancora vestita. Le accarezzo la fica che sento bagnarsi sotto le mutandine. Tempo zero, tiro fuori il pisello. Ann l’agguanta e lo prende in bocca come se fosse una sistola per dissetarsi dopo un lungo cammino in montagna sotto il sole d’estate. La sditalino a due dita. La sua figa è una pozzanghera. Mi chiedo quant’è che questa non scopa. Io da un circa un’ora. C’ha un boschetto sul pube, scosto i peli e la lecco alternando dita e lingua. Ann e i suoi grossi seni con capezzoli larghi che mi ci attacco come un neonato. Mi prende il cazzo e se lo struscia sulla fica, prima che se lo ficchi dentro senza preserva, rovisto nel comodino accanto al letto. E prego iddio di trovarne uno non sborrato. Me lo calza lei. Mi sale sopra il cazzo. In quella guesthouse grande come una barattolo, diamo la sveglia a tutti. Y mi salta sul cazzo, il letto cigola che sembra la colona sonora di un horror. Ann geme, tipo dolore da peritonite acuta. Le metto mano sulla bocca. Non vorrei trovarmi il proprietario alla porta accompagnato dal qualche Pol Pot di turno. La rigiro a pecora. E non è che le cose migliorino, il letto a suon di sbalzi finisce a sbattere contro il muro. Se continuiamo così ci ritroviamo nella stanza accanto. Credevo di sbrigare la faccenda in un’ora, così da poter visitare al volo il palazzo reale. Invece sono già due ore tra massaggio e montata. Guardo l’orologio e devo assolutamente sborrare. Posso perdermi il palazzo reale ma non il volo per l’Italia. tra un’ora devo presentarmi al check in. Ma prima devo fare il check out dal culo di Ann. Sono sudato come un beduino, non riesco a venire. Accaldato, pompo come un pozzo petrolifero nel deserto. Poi finalmente sborro una spruzzata d’aria e sparo qualche spermatozoo sopravvissuto. Quel cazzo di palazzo reale, non sono proprio riuscito a vederlo.

IlMarchese
Silver
20/02/2017 | 16:28

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Ogni puttanaio asiatico che si rispetti ha una strada dedicata ha il tratturo delle vacche che transumano tra i vari locali. Pattaya ha la walking street, qui a Siam Reap reap la chiamano Pub street. Praticamente cinquecento metri affollati di troie, turisti, bacilli e venditori di insetti fritti. Prima di inoltrarmi nella giungla d’asfalto della puttanastreet. Voglio togliermi la soddisfazione di fare una visita al ‘Mickey bar’. Che sta a circa un chilometro dal caos della pub street. Su internet il Mickey Bar è considerato la mecca della fica a Siam Reap. Sarà, ma quella sera dentro il locale c’è solo un vecchietto che sembra Gandalf che stufo d’incularsi Hobbit nella Terra di Mezzo è venuto fino in questo buco in cerca di qualche emozione esotica. E invece sta lì seduto su un trespolo, a fissare il culo secco di un paio di mignotte che fingono di divertirsi a giocare a biliardo.
Altro luogo di culto, si fa per dire, è il Temple Bar sulla pub street. Dove se ti gira bene a fine serata puoi rimorchiare qualche Australiana ubriaca raschiandola dal pavimento, dovendo affrontare la concorrenza degli altri maschi alpha. È invece una topaia anonima come l’X-Bar dove almeno in quei giorni, si concentra tutto il pelo locale. L’X-Bar, tre metri per tre diventa la riserva di caccia grossa. Entro nel locale e le fiche sono tutte schierata al bancone. Una di loro è così maledettamente Khmer che sembra di vedere una Devata. Le Devata sono la statue raffiguranti le ancelle sacre nude che ho ammirato il giorno stesso visitando i templi di Angkor.
Capelli tenuti a coda di cavallo arrivano a farle il solletico al culo. Occhi enormi, esageratamente allungati dalla coda di cavallo. Andate davanti allo specchio, tiratevi la faccia all’indietro, ecco cosa intendo. Si chiama Nary. Le ciglia finte sbattono come le ali di farfalla, labbra turgide come la cappella di un mandrillo. Iniziamo a ballare, ci annusiamo come gatti randagi in calore.
Le tette di Nary esplodono strizzate da un vestito rosso acceso. La prendo per i fianchi, scendo con la mano sul culo. Penso di avere toccato il culo a tutte le 1796 Devata dei templi di Angkor, sotto gli occhi imbarazzati dei turisti. Il culo di Nary ha la stessa consistenza.
Ho invocato le divinità Indù di farmi trovare un fottuto buco su una di quelle Devata. Perché con una Devata avrei voluto farci una chiavata. Shiva o Visnù o Kalì o chiccazzo tra gli dei Indù ha ascoltato le mie preghiere. Ora mi ritrovo qui tra le mie braccia una Devata in carne e ossa, pure mignotta. Quindi l’idea di tornare a i templi con martello e scalpello scavare un buco in una di quelle statue viene accantonata. Poi l’incantesimo si rompe e dobbiamo parlare di affari. Stipuliamo un contrato da 50 dollari tutta la notte. Per essere una Devata è anche economica. Via subito sul suo motorino direzione Tin Tin Guesthose, dove soggiorno. Sembriamo Gregory Peck e Audrey Hepburn che scorrazzano per Roma nel film ‘Vacanze Romane’. Ma in questo film siamo io e Nary e soprattutto non in vacanze Romane ma in vacanze puttane. A fare il turno di notte alla reception hanno piazzato un vigilantes in uniforme, che poi senza uniforme diventa il facchino che mi era venuto a prendere all’aeroporto, se lo vesti tutto di bianco è il cuoco che prepara la colazione, e con in testa la parrucca e una gonna assomiglia maledettamente alla cameriera che viene a rifare le camere al mattino. Il tipo è più acido di una gastrite, e lo credo provate voi a lavorare 20 ore al giorno assumendo sempre ruoli diversi. Gastrite controlla la Id card di Nary, foto, date, la mette in controluce, nemmeno dovesse accedere al Pentagono. Poi inizino a litigare dibbrutto. Chiedo a Nary che cazzo succede. Non si capisce bene il motivo, forse non apprezza la foto. Piegandosi in due, toccandosi la pancia, Nary dice che deve scappare al cesso. La Gastrite vivente allora se la prende ancora più comoda. Che cazzo di situazione. Me la sto facendo sotto anch’io per la paura che mi salti la montata, o che Nary si caghi addosso. All’improvviso Gastrite sorride. Evidentemente Nary, gli ha promesso un soffocone quando finisce con me. Gastrite mi sta consegnando le chiavi che Nary intercetta con una presa veloce come la lingua di un camaleonte. Col fuoco al culo la vedo sparire di sopra. Mi bevo una coca per rilassarmi.
Quando entro in camera, Nary è ancora al cesso. Aspetto. Dopo circa una quarantina minuti, esce. Peccato ci abbia messo così poco, perché mi perdo il finale della puntata 2345 della famosa soap opera Cambogiana Nisai Sneah Pi Jeat. Quando Nary esce dal cesso si ferma tra me e il televisore per farsi ammirare. Tutta nuda, la pelle color canna da zucchero ancora bagnata. I capelli avvolti da un asciugamano tipo turbante. Ora però mi auguro chiuda la porta del bagno perché la puzza che ne esce non è proprio di alohe vero. Ma invece no. Evidentemente è parte dell’atmosfera che vuole creare. Infatti Nary avrà altre sorprese in riserbo per me. Mi si avvicina, le prendo in mano il seno a soppesarlo, è morbido e caldo a forma di pera Khmer. La passera è depilata, ci passo la lingua sopra, una sosta sull’ombelico, le titillo il piercing, le faccio una striscia di saliva su fino ai capezzoli che mordicchio come un castoro affamato di tette. Nary fa Ahi, ma più un ahi tipo infilami anche un dito in culo.
Tra quei seni grossi ci affondo la faccia. Ci morirei, se non fosse che ho pagato in anticipo la guesthouse. Slinguiamo come trichechi, mentre Nary gioca con l’uccello e io le solletico da dentro la fica. Mi sdraio. Una cascata di capelli mi ricoprono la metà del corpo, gli scosto i capelli perché la voglio vedere quando lo prende in bocca, fa un bocchino bavoso che mi chiedo per tirare furi tutta questa saliva da quale pozzo attinga.
Si parte con una pecora come vuole la tradizione pastorizia. La scopo a sponda del letto. Sto e in piedi le infilo una grossa salsiccia italiana dentro quella passera Cambogiana stretta stretta, che poi devo controllare se invece non glielo messo dentro il buco del culo. E invece no.
Nary Geme, le avvolgo i capelli intorno alla mano. Forti colpi di reni, il ciaf ciaf del suo culo contro le mie cosce lo sentono per le stanze, per i corridoi e arriverà alle orecchie di Gastrite. Nary la metto svaccata sul letto. Glielo pianto nell’utero come se volessi inchiodarci quei quadretti di paesaggi alpestri con vacche alla monta. Mi dico, cazzo quanto sei bagna. C’hai una Bagna Càuda dentro la fica. Sfilo il pisello e penso a quando tiri fuori un hot dog da un panino ed è tutto rosso di ketchup. Accendo la luce, e cristoiddio il lenzuolo è la locandina di ‘profondo rosso’.
Ora capisco quando sentivo parlare a scuola di ‘Khmer rossi’ cosa intendevano, altro che Pol Pot. Mi guardo le mani imbrattate. Ho lasciato persino una manata di sangue sul muro. Controllo se Nary è ancora viva, il che mi pare impossibile. Cazzo, dico, hai avuto un aborto spontaneo? Mi sono scopato un feto? Ti ho spaccato il culo?
Nary è stupita più di me. Mi spiega che non si aspettava le sue cose arrivassero stasera, mi fa vedere anche le sue mutandine che sono pulite. Dice che scopare le ha anticipato il mestruo. Dice, che non mi devo preoccupare perché lei non ha nessuna malattia. Sì certo che la cosa mi rassicura detta da lei. Avevo letto su internet che da queste parti una delle scuse più comuni delle troie dopo averti scroccato bevute, è che dicono di averci le loro cose e che non possono chiavare. Ammesso che tu non sia un amante dello splatter.
Vado al cesso, oltretutto il goldone mi era mezzo sceso, l’uccello sembra la bandiera di qualche tricolore del cazzo: amaranto della cappella, rosa e rosso sull’asta del cazzo. La pancia è tutta rossa. La mattina dopo, la cameriera quando entra in camera e le chiedo se mi cambia il lenzuolo, il suo solito sorriso svanisce, passa dal preoccupato allo schifato quando realizza cos’è quella macchia rossa sul lenzuolo. Nary va in bagno a darsi una sciacquata. Chiede se voglio continuare. Le sparo la lingua in bocca in risposta. Questo odore forte da centro trasfusionale mi arrapa. Però le dico che forse è meglio se mi dà il culo. Sì però mi ricorda che ha avuto la diarrea poco prima.
La vita spesso ti mette di fronte ad un bivio.

La sera dopo me ne sto al mio quartier generale, l’X-Bar, ad osservare la fauna. Un paio di gnocche mi invitano al tavolino. Mi metto al loro tavolo e iniziamo a parlare. Poi una di loro se ne va e rimango solo con l’altra che noto è un ladyboy. Arrivano altre troie e nel giro di cinque minuti sono in una tavolata in mezzo a quattro ladyboy. Con la coda dell’occhio fuori del locale rivedo Nary, già all’acchiappo con un altro cliente, se ieri sera aveva solo i sintomi delle mestruazioni mi chiedo che succederà stasera con lui. Si vede che è la serata ladyboy perché di gnocca zero. Una scimmietta cambogiana con una passata da coniglietta in testa cammina vicino al tavolo mi lancia un’occhiata prima di entrare in bagno. Saluto cortesemente le signore del tavolo lista cazzo in culo. Mi apposto al bancone, per intercettare la coniglietta all’uscita del bagno. Appena si avvicina, le prendo la mano. Fa la sorpresa, la troia.
La coniglietta ha appena finito il turno di lavoro in un centro massaggi. Come altezza mi arriva giusto a leccarmi i capezzoli, minuta e giovane che le devo chiedere se mi fa vedere l’id. Maggiorenne per un pelo. Mi sento talmente in imbarazzo che decido di portarla subito alla guesthouse. Avessi avuto un sacco ce l’avrei infilata dentro. E invece mi tocca fare tutta la strada con lei. Insiste a volermi tenere la mano, magari qualcuno penserà che sto accompagnando mia figlia al una qualche festa in maschera. Gastrite appena varcato l’ingresso della Guesthouse solleva gli occhi dalla pagina di youporn sul pc e guarda prima me e poi la coniglietta e poi mi fissa minaccioso. Controlla l’Id della leprotta e mi auguro di no aver sbagliato sul conto degli anni.
Si chiama Dara o Darla a seconda del momento e sembra più una cinese nana che cambogiana, però ha un bel viso e questa troietta sembra disegnata con un pennello. La faccio spogliare tutta, quando si sta per togliere la passata dico no! Tira fuori dalla borsetta un olio e mi unge per bene. Inizia un massaggio su tutte le parti molli del corpo. Per ultime le parti dure. Il suo forte è la sega a due mani. Come farsi fare la sega da una scimmietta con delle cazzo di orecchie da coniglio. Lavora la cappella delicatamente e poi tutta l’asta del cazzo completa, con una l’altra mano mi massaggia le palle, accarezza il perineo, solletica il buco del culo. Io in tanti anni di pratica non saprei farmi una sega così ricca di angolazioni, cambi di tempo, velocità e pressioni diverse. Le faccio un video da usare come training.
Le spingo la testa in giù e glielo faccio succhiare, mi aspetto di vederglielo uscire dalle orecchie tanto lo ingolla, fino alla fine. Dopo la diarrea di Nary e il suo bagno di sangue ci manca che questa mi vomiti addosso e poi la cameriera mi denuncia. Dopo che si è tenuta un bel po’ il cazzo nell’esofago Dara scaracchia e sputa dentro un fazzolettino. Poi mi sale sull’uccello e se lo piazza bene dentro, gioca alla cavallina e le piace da matti. Le agguanto le chiappe, la lancio in alto e la faccio ricadere sul cazzo. È talmente leggera che prenderla in braccio e chiavarmela contro il muro, in piedi, non è mai stato tanto facile. Le sue gambe mi stringono i fianchi. Dopo un dieci minuti così, il menisco sta per cedere. La butto sul letto, mi diverto a vedere il mio cazzo gonfio di sborra che le affonda tra le labbra della fica. Prima di sborrarle dentro ho voglia di leccarla. Le propongo un bel 69. Voglio schizzarle in bocca, dico. Non fa una piega, altre 30 dollari, e mi si posiziona sulla faccia come se fosse la sella di una mountain bike. La fica è acre e saporita. La vedo che mi lavora l’uccello, con mani e bocca alternati. Mentre orgasmo fiotti caldi, lei muove delicatamente il bacino, mi struscia tutta la figa bagnata e pelosetta sulla faccia. Si tiene in bocca la cappella in punta e risucchia ogni goccia residua. Corre in bagno a sputare. Poi la scimmietta segaiola mi propone di rimanere tutta la notte per altre 50 dollari. Io le propongo di levarsi dalle palle a costo zero. Mi vado a vedere i selfie che ci siamo fatti, il video di lei che lavora l’uccello come un vaso di argilla al tornio. Lei con quella passata da Hello Kitty mignotta e il viso da scolaretta. Sembra che l’ho pescata al ballo delle scuola media.
Seleziona tutte le foto, poi premo il tasto elimina.

L’ultima sera a Siam Reap sempre all’X-Bar vedo questa tipa insieme un gruppo di ragazzi e ragazze cambogiani. Mi sorride, le sorrido.
Mi piacciono le ragazze che magari escono per una serata con gli amici, però quando capita il business no se lo lasciano sfuggire. Questa gnocca è una vera gatta siamese. Minuta, ha gli zigomi così pronunciati che sembra uscita da un incontro di box. Gli occhi sottili e truccati pesantemente e le ciglia finte. Balla, salta, e ogni tanto getta allo sguardo nella mia direzione. Prima che getti lo sguardo verso un’altra direzione, mi avvicino. Senza fare la parte dell’allupato, solo che mi metto a tiro. Anzi me lo tiro proprio. Aspetto che lei prenda l’iniziativa. Mi prende per mano e mi porta a ballare in mezzo al gruppo dei suoi amici. Io sono anche timido per cui, mi ci vuole un po’ prima, di metterle la mano sul culo e vederne la reazione. Tipo, mi ci vogliono 5 minuti. Al sesto la premo contro una colonna e le sparo la lingua in gola. Praticamente balliamo attaccati per la lingua come due lumache che scopano. Prendiamo fiato e andiamo al tavolo. Beviamo qualcosa, c’è anche una sua amica cicciona che siede con noi e per tutto il tempo mi punta, ma non si capisce se le faccio schifo, se mi scoperebbe o semplicemente sta osservando lo struscio in strada attraverso il mio corpo invisibile.
Prendo Lisa e le chiedo il prezzo per la monta. Spara alto: 80 short time. In genere per evitare incazzamenti il prezzo lo scrivo anche in numeri sul smartphone. Lisa parla un buon inglese, non sa leggere un cazzo. Fa vedere lo smartphone all’amica con scritto 50 Long Time e la sua amica sembra cadere dalle nuvole, continua a fissarmi apatica. Mi tocco anche sulla testa per vedere se magari mi ci si è posato un piccione cambogiano.
Lisa la vedo partire con il mio smartphone verso un gruppo di amiche sedute a un altro tavolo. Discutono sul prezzo, le danno consigli. La sua amica continua puntarmi.
Tengo d’occhio Lisa e immagino di vederla correre via da un momento all’altro con il mio smartphone.
Finalmente ritorna e dice che si 50 dollari vano bene, ma solo short time. Stanco di queste trattaive estenuanti accetto.
Prima di salire sullo scooter e accompagnarmi alla guesthouse, vuole fare uno spuntino.
Da noi ci faremmo una piadina con salsiccia, dei churros con nutella, una porchetta e birra. Lisa ordina 3 scorpioni fritti da asporto, e nel mentre spiluzzica cavallette e scarafaggi. Prende un verme e mi imbocca come se fossi il suo pulcino dell’amore. Io già la amo.
Arrivati in camera, Lisa, salta sul letto e fa zappig col telecomando. Tira fuori gli scorpioni per lo spuntino. Immaginandomi di baciare Lisa dopo che ha mangiato degli scorpioni non so se potrebbe essere più o meno terribile del sapore di cipolla.
Decido di mangiarli anch’io tanto per evitare sorprese.
Lisa mi dice che anzi, devo mangiarli. Poi mi fa il gesto dell’ombrello. Mi indica il cazzo.
Spezza la coda dello scorpione e me la mette in bocca. Evidentemente lo scorpione è come il Viagra da queste parti.
Sarà stato lo Scorpione o Lisa che era un gran troione ma quella sera ci facciamo un bello scopone.
Lisa è così minuta e delicata che quando me la trovo sotto e la pompo ho paura che mi vada in frantumi come se scopassi una bambola gonfiabile di cristallo. Gode, mugola che sembra l’audio di un porno asiatico. Dove il piacere per le fighe è sofferenza. Tiene sempre quegli occhi chiusi e li strizza quando le assesto dei colpi di reni più forti. La prendo per la gola, la stringo. Lei orgasma ancora di più. La schiaffeggio e lei mi artiglia la schiena. Se mi scopassi una gatta randagia sarebbe lo stesso. Ci troviamo ingarbugliati in posizioni che non saprei nemmeno descrivere, attorcigliati come cavi elettrici. Il mio cazzo viene piegato in angolazioni impossibili, pompa dentro quella figa famelica senza sosta. Non riesco nemmeno più a sborrare. In camera senza aria condizionata, con il ventilatore a palla, saranno 30 gradi. Prima che mi venga un infarto, rallento il ritmo e rimaniamo abbracciati, ci addormentiamo con il mio cazzo che si scioglie dentro la figa. Ci risvegliamo a non so quale ora del mattino. Vado a farmi una doccia. Quando rientro in camera vedo palloncini che che rimbalzano ovunque. Lisa ha gonfiato i preservativi, compreso quello che avevo usato e sembra di stare a una festa di compleanno del cazzo.
Rido, ma se mi ha finito tutti i goldoni in quel modo, per punizione la scopo con il telecomando.
Decide che rimane a dormire.
Questo è il bello delle semi pro è che non hanno regole rigide, e se gli piace l’uccello ti fanno anche gli straordinari non retribuiti.
La mattina al risveglio ci facciamo le coccole. Lisa inizia a trastullarmi l’uccello. Col cazzo che ancora mezzo barzotto se lo prende in bocca. Nella stanza c’è un caldo infernale, un odore di passera che sembra di stare nell’infermmo della figa. Mi riviene duro. Lisa inizio a scoparmela in bocca, in genere alla mattina ci si lava i denti così in cambogia. Lisa se lo trastulla sulle tette e poi lo struscia su tutto il corpo. Inizia a giocherellarci sulla figa, per farsela bagnare, sono lì mezzo assonnato e cotto dal caldo, quando sento il cazzo avvolto da un calore insolito. ‘Sta suina se l’era ficcato dentro senza preservativo, che se non mi casca il cazzo in Cambogia non mi casca più. Lo tiro subito fuori e le vorrei dare una testata. Mi infilo l’ultimo preservativo rimasto, e la pompo pigramente di fianco, tenendola per i capelli. Con la sborra accumulata dalla sera ci potrei riempire una tazza con i cereali. Poi io e Lisa scendiamo a fare colazione, scopro che alla Guesthouse è anche amica della barista, che deve essere mezza nera e mezza cambogiana. Ci baciamo un’ultima volta. Ci scambiamo i contatti, poi Lisa risale sullo scooter. Resto lì ad aspettare il minivan per Phnom Penh, dove mi aspettano altre chiavate. Intanto chiedo alla barista se i bomboloni caldi con la crema sono disponibili.

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