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Beyazid_II

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Beyazid_II
Newbie
17/10/2018 | 16:17

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@marko_kraljevic said:
Mettettevi il cuore in pace, è l'economia a determinare la politica e non viceversa. Chi sostiene il contrario verrà prima illuso dalla politica e poi asfaltato dall'economia, soprattutto se predica stando seduto su una montagna di debiti.

No, non mi rassegno alla narrazione dominante quando questa si basa sulla madre tutte le menzogne (quella del debito pubblico di cui ho parlato nell’intervento di venerdì). Non è nella mia natura.
Certo oggi, specie da 25 anni a questa parte, è l’economia a determinare la politica. Ma questa non è una norma universale. E’ una patologia. Lo aveva capito Keynes.
Del resto, che una cosa esista non significa che debba esistere necessariamente. Ricordate la differenza fra “ente” ed “essente”?
Ai tempi dell’impero romano non era così. Eppure non era una civiltà primitiva.
Anche ai tempi nostri non sarebbe così se, ad esempio, nel 1941 Unione Sovietica e Germania, anziché scontrarsi, avessero mantenuto il patto e avessero congiuntamente spianato “l’occidente liberale”.
Mi rendo conto che è un esempio altamente distopico, ma serve semplicemente a far capire che nulla di quanto accade è di per sé “necessario” (nel senso “è andata così, ma avrebbe anche potuto andare colà”).
E chi vuole che sia così?
Chi, impedendo agli stati di usare il denaro come strumento sociale, vuole tesorizzarlo già dall’emissione, per renderlo uno strumento di potere di pochi (che possono anche smantellare le strutture democratiche e sociali degli stati per far valere un “totalitarismo consumista”). Sono quelli che davvero controllano l’Unione Europea (che non coincide con l’Europa unita quale destino storico già indicato da Nietzsche). Lo ha spiegato persino il premio nobel Krugman. Ma certo la retorica neoliberista (che vuole creare una neo-aristocrazia basata nemmeno sul denaro ma sulla speculazione finanziaria) preferisce vedere la spesa pubblica come il peccato originale da punire con ogni catastrofe, quando è invece, se opportunamente gestita (come l’Italia aveva fatto fino al 1981) una delle leve dello sviluppo (del resto, in economia, “la tua spesa è il mio guadagno e viceversa, se entrambi smettiamo di spendere, entrambi smettiamo anche di guadagnare”).
La politica mi ha deluso da almeno un secolo. Quanto all’economia, se andiamo avanti così, verrà asfaltata non solo l’Italia, ma l’Europa tutta, perché è impossibile svilupparsi e reggere la concorrenza mondiale lasciando il debito pubblico in balia della finanza speculativa, senza una banca centrale disposta a comprare i tuoi titoli quando questi sono sotto attacco o quando hai bisogno di fare deficit per uscire dalla recessione.
Ed entreremo tutti nella spirale irreversibile del: non investo perché non ci sono i soldi non mi sviluppo perché non investo il pil/deficit aumenta. E tutto questo mentre si giustifica lo smantellamento di tutto quanto lo stato offre ai cittadini (non solo welfare assistenziale, ma pure diritti civili, libertà di parola, istruzione ecc.). E tutto per trasformare gli Europei in un ammasso informe e brulicante di bisogni, in un proletariato globalizzato con tante speranza ma senza identità e diritti, perfetti per obbedire ai nuovi signori del mondo. Ma che bella prospettiva di benessere liberale! E’ davvero un ritorno al medioevo, senza bisogno di talebani e teocrazie.

Beyazid_II
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17/10/2018 | 15:58

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@emii said:
il problema è che gli americani usano l’europa come zona cuscinetto in caso di eventuale guerra.
Andate ad informarvi quante testate nucleari ci sono nelle basi militari in europa.
Quindi loro attaccheranno la russia dall’eruopa e ovviamente la russia dovrà rispondere colpendo l’europa.

Bello no? Grande strategia 🤔

Difatti la geopolitica non è un'opinione. La posizione filorussa che l'Europa dovrebbe avere se volesse fare gli interessi degli europei e non delle lobbies finanziarie senza patria e con sede in usa è motivata da questo fatto:
se il blocco continentale fosse euro-asiatico anzichè euro-atlantico, avremmo un oceano a dividerci dal nemico, e non saremmo la sacrificabile terra di nessuno.

Comunque tanto Stati Uniti quanto Russia hanno abbastanza armi per distruggere n-volte il pianeta. Non conta a questo punto chi ne abbia di più. Spariremmo tutti in ogni caso. Ed è proprio per questo che la guerra verrà combattuta con tutt'altre armi. Armi in relazione alle quali non è detto vi debba essere una superiorità yankee.

Beyazid_II
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17/10/2018 | 15:53

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@ir_pelato said:
ripeto esistono alternative migliori??no

Certo, le avete distrutte voi.
Mi sembra quel pezzo di "C'era una volta il West" dove Henri Fonda ribatte alla lista di nomi di Charles Bronson con "tutti morti" e quest'ultimo replica "erano tutti vivi prima di incontrare te".

E quelle che non potete distruggere vengono dipinte dalla media di Murdock e Soros come "stati canaglia", bombardati o comunque attaccati con l'embargo.

Ed ogni tentativo futuro di costruire un'alternativa viene condannato sul nascere come "fascista" (o "comunista") e stroncato con terrorismo finanziario.

Ti potrei parlare non solo dell'Italia pre-1981, ma pure di quello che si potrebbe fare ora riprendendo (e attualizzando) certi metodi che hanno funzionato negli anni 30 (non solo quelli di Heimar Schacht che ho citato prima, ma anche lo stesso "new deal" di Roosvelt).
Forse tu non conosci Keynes e le sue critiche ai liberisti di allora (che finirono per sostituire il dollaro alla sterlina senza risolvere il problema, che ora viene al pettine più che mai).

Parli invece proprio come Churchill dopo che aveva appena raso al suolo le città che avevano attuato un'alternativa al gold standard....

P.S.
E dal lato gnocca, se alternative al mondo attuale non esistono, preparati a trasformarti nel barboncino che sbava, scondinzola e obbedisce o nel gattone castrato che melanzane e femministe vogliono come animale domestico umano, perchè i modi per evitare personalmente tutto questo (posizione socio-economica, ricorso alle sacerdotesse di Venere prostituta) stanno sfumando. Ci tolgono soldi, potere e opportunità di conquista e ci fanno leggi proibizioniste e criminalizzatrici. Sicuro sicuro, ora, che non possa, anzi non debba, esistere un'alternativa migliore?

Beyazid_II
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17/10/2018 | 15:41

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@ir_pelato said:
@dell 100 minuti d applausi,a chi non piace il cattivo occidente beh ci sono paesi come iran o nord corea pronti ad accoglierli

Ti torno a rispondere: andate via voi illusi e paggi del neoliberismo. Ne avete abbastanza di paesi indistinguibili ormai l'uno dall'altro in cui emigrare! Lasciate che almeno in Europa esistano ancore delle identità di sangue e spirito.
E lasciate che restino le condizioni per un minimo di libertà e di felicità materiale (che lo stato ed il capitalismo italiani, prima di venire travolti dal turbinio mondialista, aveva garantito pur fra tanti specifici problemi e difetti).

Ma non vedete che gli unici due motivi per cui ha avuto in passato veramente senso essere "occidentali", ovvero il benessere diffuso e lo stato di diritto, sono sempre più smantellati da neoliberismo e femminismo?

Ma di cosa credete di essere ancora i paladini voi filoyankee?

Dei diritti delle "minoranze" di speculatori di borsa a rapinare ancora di più le nazioni di ogni ricchezza materiale e morale facendo accettare tutto come "naturale" sviluppo del mercato, della concorrenza, dello "spread"?
Della femminismo giudiziario e della gogna mediatica femminista?
Del metoo?
O dei diritti LGBT? In questo sito poi?

Se il femminismo demagogico, antimaschile e tirannico che voi lasciate prosperare impunemente mi costringerà davvero a chiedere (come per me dovrebbe fare Strumia se non dovesse essere reintegrato al Cern) di essere accolto in Iran, mi ricorderò di post come questo.

E giurerò un giorno di tornare, ma non per sparare da dietro una tastiera....

Beyazid_II
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17/10/2018 | 15:31

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@emii said:
trovo che qui ci sia per molti troppo la visione del questo è il migliore dei mondi possibili, contro chi invece sostiene che questo sia il peggiore dei mondi pissibili

C'é sempre questa abituidine di estremizzare la discussione mettendosi da un lato o dall'altro

il modello presente oggi nelll'occidente ha molti lati positivi ma anche tanti lati negativi.

ragionare in modo analitico su entrambi gli aspetti è utile, uscirsene con: preferivi vivere sotto la dittatura staliana?, è una tecnica retorica banale, abusata e infantile

Per la verità gli estremisti mi sembrano sedere sul fronte neoliberista. Si definiscono “laici”, ma in effetti hanno un’adesione fideistica al modello dominante, giacché, anche quando le evidenze attuali sono contrarie, continuano a dire che “non esistono sistemi migliori” o che “comunque non si può cambiare”.

Sono gli stessi argomenti di chi credeva “voluto da dio” l’ordine feudale che lo opprimeva (ed esattamente come adesso, all’enunciazione dell’uguaglianza delle anime davanti a dio non faceva certo corrispondere un’uguale, o perlomeno equa, distribuzione di risorse, ricchezze e poteri) e temeva il “castigo divino” in caso di cambiamento. Oggi “dio” si chiama “mercato”, si chiama “diritti umani”, si chiama “progresso”, si chiama “donna” e il castigo divino è diventato lo spread, ma poco è cambiato.

Io, al contrario di @pussylicker, non ho una pregiudiziale ideologica contraria allo stato liberale, anzi. Non penso affatto sia “satanico” concedere la libertà a tutti entro limiti oggettivi (e non moralistici) di convivenza civile. Rilevo però che tale libertà diventa licenza senza freni nel caso di chi ha tanti soldi, può speculare contro interi stati e dettare leggi, costumi e “nuova etica” tramite il controllo dei mass media e dell’industria culturale (o giudiziaria, vedi divorzi, avvocati e associazioni femministe), e vera e propria schiavitù materiale e morale per chi non ha mezzi da opporvi e deve accettare tutto per più o meno quieto vivere.

Non è il mio pensiero troppo diverso da quello del “socialismo non marxista” espresso a suo tempo dal vituperato Bettino Craxi e messo in atto durante gli ultimi governi che ci facevano vivere bene. Un socialista di tal fatta vuole diffondere a quante più persone possibili le “conquiste” dello stato liberale. Il marxista le vuole distruggere (e quanto accaduto ad est del muro è lì a ricordarcelo).

Non posso però chiudere gli occhi su una realtà (non solo italiana) nella quale le conquiste del mondo liberale, come la libertà di scelte private e sessuali, lo stato di diritto e il benessere diffuso, siano riprese con gli interessi da quello che chiamo, infatti, “neoliberismo” e porta nei fatti a colpevolizzare o addirittura criminalizzare (unilateralmente) sia il pay sia il free (più di quanto farebbe e fa ogni oscurantismo “tradizionale”, e sempre con motivazioni “morali” e quindi arbitrarie e non dimostrabili scientificamente), a sospendere le garanzie (proporzionalità, oggettività del diritto e presunzione di innocenza) e i principi (uguaglianza) costituzionali quando si tratta di “reati contro le donne” o di “casi di divorzio” e a distruggere ogni ricchezza (materiale e pure culturale) costruita con il lavoro dei nostri padri.

Il liberalismo, per me, andava bene, anzi benissimo nel dopoguerra e oltre, quando ci ha permesso di sollevarci dalla povertà e di diventare la quinta-sesta potenza mondiale (ed ha usato in economia un misto di liberismo e socialdemocrazia), ma non va certamente più bene oggi che è degenerato in neoliberismo e femminismo, due vere e proprie tirannie come ho cercato di farvi capire.
Si può correggere? Bene. Facciamolo. Non si può correggere? Cerchiamo un’alternativa.
Questo fa un “rational player”. Invece qui vedo solo fedeli, che attribuiscono la qualifica di giusto e sbagliato alle idee e ai modelli a prescindere dalla loro effettiva riuscita pratica in un determinato contesto.
Come fossero idee platoniche a-temporali e a-storiche. Come fossero dogmi religiosi per cui morire o da rifuggire come la morte!
Bisogna pensare se e come il modello liberale può essere, hic et nunc, riadattato al contesto privato delle sue derive neoliberiste e neofemministe.

Ma ciò non è possibile se vi sono, dall’uno e dall’altra parte, adesioni o rifiuti a-priori da parte di chi crede sia opera del maligno e di chi crede altrettanto fermamente sia il migliore dei mondi possibili. Come diceva Schopenhauer: “o si pensa o si crede”.

Beyazid_II
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17/10/2018 | 15:27

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@dell said:

@pussylicker said:
.
@itaconeti volevo proprio scrivere l'europa è caduta nel'45 ma temevo un ban, non si sa mai a parlare di certe cose

@Beyazid_II quindi non era "reductio ad hitlerum" ma "auto-reductio ad hitlerum"

Purtroppo è un errore comune. Quando avevo quattordici anni, alla prima assemblea di istituto, venni chiamato fascista perché avevo sostenuto, fra le altre cose, che fine primario della scuola è lo studio e non la “socializzazione”. Adesso che ne ho quaranta (quasi), mi sento dare del fascista perché, semplicemente, rivorrei un’Italia di Italiani. E anche qui, in quella che dovrebbe essere (se non altro per motivi pratici) la culla della lotta politicamente trasversale (se non altro culturale) al femminismo suprematista, proibizionista, anti-maschile e fallofobico, vedo dare (o darsi) del “nazista” a chi vorrebbe semplicemente opporre un chiaro “no” a quell’ideologia (mondialista, pseudopacifista, femminea nei valori) ormai integrata nel neoliberismo che ha partorito il neofemminismo di cui sopra e che giustifica sempre più violazioni allo stato di diritto (vedi tutto il discorso anti-maschile sui presunti reati simbolo del femminismo, ma anche il doppiopesismo nelle leggi e nei costumi).
Ci vuole elaborazione per uscirne. Ed anche una smisurata dose di autocontrollo.

La reazione istintiva sarebbe quella che ebbi a 14 anni, ovvero di dichiararsi apertamente “fascista” accettando implicitamente il sofisma per cui approvare il modello di liceo gentiliano avrebbe dovuto implicare anche approvare il regime politico che lo aveva realizzato (senza accorgersi che questa fallacia logica si basa, sostanzialmente, sul prendere per vera proprio la propaganda fascista della “riforma scolastica come la più fascista delle riforme”).

E’ del tutto comprensibile, come fu comprensibile vedere istriani, dalmati e fiumani in camicia nera dopo che tutte le “culture” politiche antifasciste avevano mostrato pieno disinteresse, se non ostilità, verso i diritti italiani ai tempi della vittoria mutilata (che non è una narrazione dannunziana, come raccontano le propagandiste femmineo-pacifiste traditrici di oggi, ma un fatto storico), come fu comprensibile vedere i tedeschi votare NSPD dopo aver avuto con Weimar una serie di governi effettivamente servi degli interessi stranieri e delle ingiustizie di Versaglia (almeno lì c’erano i frei-korps a farla pagare cara ad un Rathenau, mentre da noi un Monti è stato fatto senatore a vita). E la colpa, qui, non fu di fascisti e nazisti, ma dei cagoja liberali e dei traditori socialisti che non lasciarono alternative a chi in Italia e Germania voleva sinceramente il bene della propria nazione (e solo dopo capì l’errore).

Anche gran parte dei neo-fascisti di oggi, secondo me, lo è molto più per odio delle “alternative” omologanti neoliberiste e neofemministe, che non per sincera “nostalgia” di Mussolini. Penso che neppure un ministero della propaganda fascista attivo su social e media avrebbe potuto portare oggi (a più di settant’anni dal fallimento) al “consenso” che si puo' percepire da post spontanei un po’ ovunque in rete.

E l’antifascismo militante dei Saviano, dell’Anpi, della Boldrini, non fa altro che alimentare l’arruolamento di nuovi “fascisti”, pescando da chi magari allora sarebbe stato “anti”, ma oggi si dichiara tale perché vuole un’italia di Italiani, liberata dal politicamente corretto mondialista ed immigrazionista e soprattutto (quello che a me preme) dal femminismo demagogico.

Finché mi si diceva: “Mussolini non va bene perché era un guerrafondaio e un anti-egalitario”, io replicavo “proprio per questo Mussolini va bene: perché ci riconduce alle origini virili, guerriere e aristocratiche della nostra civiltà”.
Poi, con un solo dato, ma fondamentale, fornito da uno studioso serio come De Felice, ho cambiato il mio giudizio. A fronte della propaganda bellicista, i governi Mussolini ridussero via via le spese militari in favore degli investimenti in quello che oggi diremo “welfare” (insomma, una politica da pacifista 5 stelle). “E allora era un patacca”, penso oggi.

Finchè le leggi razziali vengono criticate associandole ai provvedimenti anti-immigrazione di Salvini ed Orban, ho tutto il diritto a pensare “allora saranno le stesse menate e il mondo filo-semita le critica solo per giustificare il meticciato, il mondialismo e i propri interessi spicci”. Poi, andando a vedere le storie singole, reali, scopro che sono due cose imparagonabili. Scopro, ad esempio che una delle vittime fu Beppo Levi, l’autore del teorema della convergenza monotona senza in quale non potrei dimostrare la metà dei miei risultati analitici, costretto ad emigrare in Argentina dalle discriminazioni fasciste. Cioè, per colpa della politica, l’Italia perse allora una “risorsa” in senso ben più tangibile di quanto la parola significhi ora! Scopro addirittura che l’ammiraglio Augusto Capon (suocero di Enrico Fermi) rimase fedele alla causa italiana non solo dopo le leggi razziali, ma pure fino ad un minuto prima di essere condotto ad Auschwitz: “«Fino al giorno del suo arresto, provò sentimenti favorevoli per il Duce, per il nuovo Stato fascista di Salò del quale criticava solo la forma repubblicana, essendo lui un fervido monarchico fedele a Casa Savoia, e per l’intenzione di continuare a combattere al fianco dell’alleata Germania, attribuendo la definitiva rovina dell’Italia al “Maramaldo Badoglienko”. Egli approvò in pieno i vari discorsi di Alessandro Pavolini e di Rodolfo Graziani, che incitavano al patriottismo degli italiani per combattere gli angloamericani, solo in apparenza portatori di libertà e benessere.” Ecco che, più di tutti i piagnistei di tutte le Liliana Segre del mondo, più di tutte le retoriche antifasciste, anti-italiane, pseudo-pacifiste e partigiane, questo fatto nudo e crudo mi ha fatto capire quanto sbagliate fossero sotto ogni punto di vista (non solo morale, ma pure politico, pratico, storico) le leggi razziali e quanto stupido sia di per sé l’anti-semitismo (come tutte le generalizzazioni, del resto). Un uomo di valore, che aveva provato nella grande guerra la propria dedizione alla Patria, anziché essere portato ad esempio per gli Italiani (sempre troppo pronti, invece, al voltafaccia e al compromesso), viene consegnato ai tedeschi per essere gasato! E’ da nazionalista che mi indigno, non da “semplice umano” come vorrebbe la sinistra mondialista.

Ma traggo da questa storia anche l’esempio di come, sulle questioni di fondo (come appunto la difesa d’identità e dell’interesse nazionale, ma oggi, aggiungo, pure di quelle del nostro stesso sesso), non si debba cambiare bandiera nemmeno se gli errori della nostra parte storico-politica ci colpiscono personalmente. Quando tramontò la speranza che dalle leggi razziali fossero esclusi almeno i militari di provato valore, Capon scrisse: “La discriminazione, che secondo i primi intendimenti doveva pareggiare gli ebrei discriminati agli ariani, divenne invece una lustra, che non favorisce che i grandi possessori di beni immobiliari. Tutto ciò non fa onore all’uomo [Mussolini, ndA], al quale io rimasi fedele per amor di Patria, malgrado che questi bestiali provvedimenti mi colpissero nella mia dignità di uomo e di soldato, dopo una lunga carriera dedicata sempre al servizio del mio paese».”
Eppure non pensò nemmeno che se Mussolini sbagliava, fossero sbagliate le rivendicazioni italiane del primo dopoguerra, e si comportò di conseguenza a costo della sua stessa vita.

E se non ha cambiato bandiera lui, perché avrebbero dovuto essere giustificati a farlo, allora (ed ora), tutti i sinistri che hanno usato (e usano) la causa antifascista per giustificare il voltafaccia, il tradimento della nazione, il perseguimento di interessi extra-nazionali o sovra-nazionali?

E soprattutto, sono ancora meno perdonabili dei traditori certi maschi-pentiti che, in nome della retorica pseudopacifista e antifascista di cui il neofemminismo si nutre, hanno cambiato bandiera all’interno della stessa guerra fra “generi” (come si dice oggi) e sono diventati servi delle femmine e cani da guardia del peggiore politicamente corretto!

Purtroppo per loro e per noi, il mainstream non ha capito che sono gli argomenti e i fatti, e non gli slogan a far cambiare idea (e vale anche al contrario: se volete che ritorni liberale, dovete dimostrarmi con i fatti che sia possibile vivere da italiani maschi in uno stato liberale di oggi).

Beyazid_II
Newbie
17/10/2018 | 15:25

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@dell said:
Concordo con @puccio70. Se invece di andare dietro a sparate propagandistiche si leggono testi specializzati si viene a conoscenza della totale supremazia strategica degli Stati Uniti, unica superpotenza globale, garantita sia da dal livello inarrivabile della propria tecnologia militare, sia dal predominio convenzionale aereo e marittimo in tutti i teatri del globo.
La Russia è una potenza regionale sotto attacco che si è arrabbattata per salvare le vicine basi militari in Crimea e in Siria. La Cina è militarmente inesistente oltre i propri confini, persegue un'espansione commerciale rimandando sempre più in là nei decenni l'ipotesi di costruire un proprio blocco militare internazionale. Quanto all'iran non vale neanche la pena di parlarne, è un attore locale debolissimo che cerca di rincorrere la supremazia israeliana nella zona, avendo contro anche l'intero mondo arabo sunnita.

Vista la loro provenienza e la formazione ideologica dei loro autori i “testi specializzati” sono semplicemente una propaganda più raffinata (è così pure in ambito più strettamente scientifico, figuriamoci in quello scientifico-militare).
I tempi dell’unica superpotenza sono finiti da quando la Cina è diventata la prima economia al mondo. Siete o non siete voi a dire che è l’economia a comandare sulla politica (oggi)?

La “inarrivabile” supremazia tecnologica è garantita da ingegneri, e se continuano a licenziarne per far posto alle “minoranze” (vedi il caso del “misogino” di google) finirà che saranno raggiunti. Ovviamente la mia è una provocazione, ma ha un fondo di verità.
Pensate tutti ad una guerra in termini convenzionali, ma se davvero ci sarà un prossimo conflitto mondiale, non sarà deciso da aerei, portaerei e bombe atomiche, ma da big data e reti neurali. E’ lì oggi il vero potere.
Oppure da clave e bastoni come diceva Einstein…

Vale la pena di parlare dell’Iran, perché sta facendo esattamente quello che deve fare uno stato sovrano: il massimo per accrescere la propria potenza, la propria identità, la propria possibilità di affermazione, se non nel mondo, almeno nella regione. Quello che l’Italia ha dimenticato da quasi un secolo. Certo, non ha la possibilità di fare la guerra al mondo da solo, ma almeno fa tutto il possibile per non sottomettersi ai vicini e agli allogeni.
Proprio perché è circondato da un mondo sunnita ostile ha tutto il diritto di dotarsi dell’arma di dissuasione atomica (che hanno tutti gli altri: i sauditi via basi usa, gli israeliani anche se ufficiosamente ed in barba ad ogni controllo internazionale, i turchi via nato e pure i pakistani). Proprio la reciproca dissuasione, come insegna la guerra fredda, garantisce la pace. Sono Usa e Israele, proprio perché vogliono la guerra, a cercare sempre la disparità di forze.

Non dico che sia una fortezza inespugnabile, ma non può essere paragonato all’Iraq di etnie composite e tenuto assieme solo dalla dittatura “laica” di Saddam. Espugnarlo in termini convenzionali costerebbe una quantità di vite umane comparabile a quella richiesta dal Giappone o dalla Fortezza Europa del ‘45. Del resto, pure in Iraq gli americani hanno faticato tanto da rompere il fronte interno (davanti alle bare le certezze degli interventisti pro-Bush vacillavano, per non contare le continue protesta pacifiste). Non posso credere che siano così stupidi da ripetere l’errore su scala ancora maggiore. Per questo provano (ma senza successo) di infiltrare elementi sovversivi e femministi nel paese.
Perché, del resto, dovrebbe accettare di “occidentalizzarsi” quando, come spiegato, sulle questioni di fondo di oggi (finanza, femminismo) garantisce la vera libertà dei propri cittadini molto meglio del modello neoliberista?

Beyazid_II
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17/10/2018 | 03:01

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Insomma, non siamo certo come vuo far credere l'ottimista @dell in una situazione di parità nella guerra con le femministe. Forse lo eravamo 30 anni fa (e infatti mi sembra parlare dai magici anni Ottanta dell'edonismo reaganiano, ora c'è poco da godere sotto ogni punto di vista economico e sessuale). Nel sistema di valori e di competizione attuale, le donne possono usare le loro armi naturali (spesso negando pure di averle, come nel caso de pussy-power) mentre noi non possiamo usare le nostre (perchè saremmo il "male assoluto"). E anche quando con le regole "neutre" della competizione lavorativa o di studio, raggiungiamo, per via, se non di migliori doti, almeno di maggiore impegno (perchè per noi eccellere, affermarci e renderci visibili socialmente è un obbligo tassativo quando per loro può essere solo una scelta), una certa predominanza (come nelle cosiddette materie STEM) questa, anzichè un merito, viene vista come una colpa, ovvero come ulteriore prova di "discriinazione" contro le donne (vedi caso Strumia).
E dà la "giustificazione" ad "azioni positive" volte a dare alle donne posti di prestigio senza che se li debbano conquistare.

E' così che vogliamo continuare a guerreggiare?
E in 20 anni di movimenti maschili "democratici", cosa abbiamo ottenuto? La misandria legalizzata nei mass-media, le istituzioni boldrinizzate, le risoluzioni antimaschili e antiprostituzione dell'UE e le leggi illiberali di stati come Italia (stalking incostituzionale, vedi blog di Davide Stasi), Spagna (violenza di genere, condanne maggiori e senza prove per gli uomini) e Inghilterra o Svezia (violenza sessuale con inversione di onere della prova).

Vogliamo andare avanti così o vogliamo cambiare rotta?

Per fronteggiare il nazifemminismo serve essere ideologicamente e materialmente più cattivi di Stalin, altro che cagoja liberali.....

Hanno ottenuto molto di più, infatti, i ragazzi pro-ISIS. In pochi anni di frequentazione delle nostre strade hanno ricacciato con la coda fra le gambe e la voglia di "protezione" nel cuore tutte quelle "leonesse da tastiera" occidentali che ci accusavano di sguardi troppo insistenti e approcci troppo frequenti, che dicevano "gli uomini non servono a niente" e rivendicavano i loro diritto a "vestirci come ci pare", per non dire apertamente a "stronzeggiare su chi ci pare". Davanti agli amici dell'Imam non si azzardano più....

Persino la Boldrini si mette il velo...

E allora più immigazione e meno sicurezza potrebbero anche essere le ricette giuste, il modo di "cavalcare la tigre".

Beyazid_II
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17/10/2018 | 02:30

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@dell said:
@Beyazid_II il cattivo capitalismo è quella cosa per cui oggi la speranza di vita supera gli 80 anni mentre prima arrivava in media poco dopo i 40 anni, Il livello materiale di vita si è elevato esponenzialmente, mentre prima era fermo da quando si hanno dati e cioè dal tempo dei romani fino all'epoca moderna, il cattivo capitalismo è quella cosa per cui non si muore più di fame per una carestia come era normale prima, si studia e si ha accesso alla cultura e non si è analfabeti al 99% come prima, e potrei continuare a lungo...

Prima di continuare, parliamo di capitalismo, di neoliberismo o di rinascimento europeo dopo il medioevo? No, perchè quanto tu giustamente incensi non è stato affatto ottenuto dalle elites mondialiste che predicano il neoliberismo di oggi, ma dal lavoro, dallo studio e dal genio dei popoli europei (fra i quali quello Italiano ha avuto, Gioberti docet, un certo "primato morale e civile") che hanno fatto "ripartire" la civiltà dopo la "parentesi" cristiano-medievale.

Sì, certo, il capitalismo, fino dagli inizi, fu una componente (i mercanti veneziani, i banchieri medicei ecc.), ma chi lo critica come tale? Forse Marx, non io. Io dico solo che la direzione che un certo turbo-capitalismo ha preso negli ultimi 20-30 anni sta portando esattamente alla distruzione di tutto quanto è stato costruito prima in termini sociali, civili, culturali ed economici. Soprattutto, di quanto di buono era stato fatto nella seconda metà del secolo scorso.
Sovranità popolare cancellata dalle tecnocrazie euroinomani (nessuno dei grandi organismi che bacchetta oggi i governi è mai stato eletto nè ha fra i propri scopi il bene pubblico), principi costituzionali stralciati (con gli assurdi vincoli di bilancio che prendono il posto dei fini programmatici del dettato costituzionale come il diritto allo studio, la tutela della salute, il diritto-dovere al lavoro), diritti e sicurezze dei lavoratori tornati a livello di inizio Novecento (dietro le parole magiche del neoliberismo "flessibilità", e "competitività" si celano i cari vecchi sfruttamenti), per non dire del reale impoverimento della popolazione (tanto che un Boeri qualunque non ha pudore dell'ammettere che "i giovani guadagnano metà di quanto guadagnavano i loro padri" e nell'usare questo come dato di fatto per argomentare le sue cazzate mainstream, anzichè vederlo come fonte di tutti gli altri problemi!).

Se andiamo avanti così, contando anche la babele di lingue e razze e l'implosione degli stati, torniamo davvero ad una società da primo medioevo...
Una volta che, ad esempio, gli stessi "italiani" saranno distrutti (se non etnicamente sostituiti o dissolti, o privati di uno stato capace di tutelarli e farli esistere come italiani, magari materialmente e moralmente ridotti ad un brulicare indistinto di bisogni primari o consumistici, ad una massa amorfa di individui senza identità di alcun genere, privi di capacità di pensiero e azione) mi dici chi più sarà in grado di generare un nuovo "rinascimento"?

P.S.
Più la cultura si diffonda quantitativamente, più perde in qualità. E una massa di scribacchini non potrà mai costruire un valore letterario degno di Dante. Nessuna marea di cantautori da talent show potrà mai eguagliare la musica di un Puccini o le parole di un Metastasio. E il fatto che si percepisca la quantità più importante delle differenze qualitative (ad esempio fra genio e banalità, fra arte e showbusiness, fra bellezza e mercato) è un segno di questi tempi orizzontali.

Il cattivo liberalismo è quella cosa per cui tu puoi criticarlo duramente senza subire pesanti conseguenze,

"You cannot be serious, man!" direbbe quel famoso tennista americano.
Io non posso neanche criticare "leggermente" un singolo aspetto del neoliberismo. Anzi, non posso, in un'occasione ufficiale, mettere neppure in dubbio uno solo dei suoi dogmi. Ma lo sai che un ricercatore del Cern (vincitore di un ERC, e non sto qui a spiegare quanto sia difficile in ambito scientifico arrivare ad un risultato del genere) è stato SOSPESO solo per aver osato mostrare dati e statistiche per smentire la storiella ufficiale delle "donne discriminate nella scienza"? Non ha affatto detto (come riportano i giornali banditori delle menzogne mainstream) che "la fisica è roba da uomini" o che "le donne non possono essere brave scienziate". Ha semplicemente ipotizzato che il "gender gap" sia frutto, statisticamente, di diverse scelte e diverse inclinazioni. Lo hanno fatto passare per un misogino e qualche coglione mainstream ha pure raccoglio firme per fargli recovare il finanziamento UE. Viva la libertà di ricerca!
Sai quali sarebbero le "non pesanti" conseguenze se domattina osassi dire "duramente" che il processo di "internazionalizzazione" della facoltà di ingegneria sta azzerando il livello qualitativo? Che quando avevamo classi di italiani (con lingua e regole italiane) stavamo producendo degli ingegneri con i controcoglioni, ed invece oggi che abbiamo copiato gli Usa anche qui (riempiendoci di indiani, pakistani, e compagnia) stiamo solo generando degli ignoranti specializzati o, peggio, dei vanitosi anglofili che credono di essere tecnologici, moderni e scientifici solo perchè conoscono qualche termine tecnico inglese e ricevono un'infarinatura vagamente scientiifica (senza ormai apprendere più i fondamenti fisico-matematici)? O se mi permettessi di dire, statisticamente parlando (le singole persone sono variabili aleatore impredicibili) che (qui a ingegneria come altrove) le donne saranno pure superiori mediamente, ma noi lo siamo come varianza (ovvero: le donne sono mediamente più brave, ma è più probabile che il bravissimo sia uomo)? Sarei detto in un caso "provinciale" o addirittura "razzista" e nell'altro "sessista" o addirittura "misogino" e potrei dire addio ad ogni speranza di diventare professore. Non avrebbero neanche bisogno di licenziarmi dato che mi hanno sempre lasciato precario. Avrei buttato nel cesso vent'anni di studio e di impegno e di sofferenze. Ah, ma per te queste sono conseguenze leggere.

Certo, sempre più leggere del carcere o della condanna alla morte civile per chiunque pubblicamente osi negare i dogmi dell'egalitarismo, sia in riguardo alla presunta uguaglianza fra i popoli (smentita dall'esistenza stessa di quelle "colpe" storiche che, come ho cercato di evidenziare prima, sono invece "meriti", e che si possono spiegare solo con il fatto che alcuni popoli si siano mostrati propensi a pro-gettarsi nella storia, altri a starne semplicemente fuori, salvo poi reclamare il "diritto" ad entrare nel benessere che il vituperato "maschio bianco occidentale" ha prodotto), sia a quella (smentita dalla natura) fra uomini e donne (le quali non sono certo inferiori, come credono i maschilisti, ma, al contrario, dotate, in ipercompensazione della minor forza fisica, di ben diverse armi, le quali rendono necessarie tutte quelle mirabile strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società, ideate dai più forti e saggi fra gli uomini, che la propagande femminista ha ingiustamente definito "oppressione", ma che in realtà sono l'equo e umano modo di bilanciare - in desiderabilità e potere - quanto dato alle donne dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale e di quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri, al fine di dare così anche all'uomo le stesse possibilità di scelta e la stessa forza contrattuale in quanto davvero rileva davanti alla Natura, alla discendenza ed alla felicità individuale).

E' condannato all'ostracismo (se non al carcere per "reato d'odio") non solo chi inneggia al fascismo o chi incita a discriminare le donne (e ormai viene accusato di questo chi semplicemente dice che i discriminati sono ormai gli uomini), ma anche solo chi faccia notare come il politicamente corretto e il femminismo, per i loro metodi di intimidazione del dissenso, di squalifica morale e giudiziaria preventiva di ogni critica (basta le parole magiche "ur-fascismo" o "patriarcato"), di distruzione dello stato di diritto (presunzione di innocenza, oggettività del diritto, responsabilità solo individuale sono concetti distrutti dal neofemminismo, che vorrebbe - e su questo ha ottenuto l'avvallo della Cassazione - mandare in galera qualunque uomo sulla sola parola di qualsivoglia donna, lasciare a quest'ultima la libertà di definire a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri il confine fra lecito e illecito e imporre sensi di colpa "collettivi" agli uomini per ogni loro desiderio, per ogni loro pensiero -" perchè il problema della violenza è culturale"- per la loro stessa natura), di pretesa di "cambiamento antropologico" dell'uomo (dal classico "il maschi-bianco-etero è cattivo, la sua società è oppressiva, tutto va de-strutturato, a partire dal genere" al più esplicito "anche uno sguardo è violenza", che taglia le gambe a qualsiasi possibilità di approccio con le occidentali, come ci stiamo rendendo conto anche qui) siano proprio una nuova forma di totalitarismo.

Il bello è che l'accusa viene rigirata alle vittime. Vengo cacciato dall'università per motivi extrascientifici o perchè il concorso è per sole donne (come accadeva a chi non giurava fedeltà al regime fascista o era ebreo)? Se me ne lamento sono io il fascista e misogino (vedi caso Strumia). Faccio notare che le leggi su aborto divorzio e violenza sessuale sono a senso unico femminil-femminista, tanto da minare i principi di uguaglianza davanti alla legge e di pari opportunità di vivere liberi e felici? Sono io il nostalgico di un regime dittatoriale.

poi associarti con altri per combatterlo senza finire in galera, come ti succederebbe dove non c'è il cattivo liberalismo,

Associarmi ad altri per combattere il sistema attuale è sanzionato dalla costituzione (e non potrebbe essere altrimenti) come "attentato all'ordine democratico". Non esistono sistemi che davvero possano tollerare la negazione dei propri principi. E' un dato ovvio.
Non esiste alcuna differenza funzionale fra i fascismo che emarginava, incarcerava o mandava al confino chiunque negasse i principi "fascisti" e la sedicente repubblica antifascista che emargina, incarcera, priva della cittadinanza chiunque neghi i "valori democratici".
In entrambi i casi non ha diritto di parola e di cittadinanza chi non è d'accordo con quanto giustifica idealmente e materialmente il potere costituito.

Ha raccontato una balla chi ha fatto credere che vivessimo in un "mondo ideale" in cui fosse per la prima volta nella storia possibile criticare apertamente il potere. E che, salvo la ricostituzione del disciolto partito fascista (e solo di quello, non di tutto quanto possa essere ricondotto ad esso con strumenti dialettici), fosse possibile pure mettere in discussione, con argomenti razionali e modi democratici, le medesime fondamenta valoriali della nostra comunità. E' stato bello, però, da parte mia (bastian contrario e amante della dialettica) crederci fino a circa 10 anni fa!

dove può non bastare chinare la testa,

Anche qui ed ora può non bastare "chinare il capo" al pensiero dominante (e alle elites dominante e al loro "sesso dominante")!
Ma cosa ci vuole ancora per farvi capire che il femminismo (quello reale di oggi, non quello raccontato dai libri di vent'anni fa) è una tirannia? Dovete personalmente perdere tutti i vostri averi in una causa di divorzio? Essere soggetti a provvedimenti preventivi destinati ai reati di mafia per un presunto stalking senza prove? Finire in galera per "stupro" anche prima e anche senza riscontri oggettivi e testimianze terze della presunta violenza? Venire licenziati per una molestia che non avete mai fatto o che era solo un modo allora accettato di scherzare o di approcciare? Diventare vecchi senza poter davvero aver una - dico una - occasione di avere un rapporto paritario con una donna usando il risultato di studio, lavoro, posizione sociale, cultura, ricchezza, potere, fortuna o merito individuale per bilanciare finalmente quanto essa ha per natura (se non dalla bellezza, dalla sua illusione generata dal desiderio)?
Va bene, adesso abbiamo la Svizzera, l'Austria, gli FKK per sfogarci e "fare i bravi cagnolini" in patria, ma se davvero si seguissero le "regole UE" tutto questo dovrebbe finire. E noi dovremmi vivere quotidianamente alla mercè delle melanzane, rischiando di subire irrisioni, ferimenti, umiliazioni e sbranamento economico-sentimentali dalla stronza di turno. Il Parlamento Europeo ha votato per condannarci tutti come "stupratori a pagamento". In troppi ve lo dimenticate, Bastebbe questo per desiderare la chiusura di QUEL parlamento!

ma si può finire in un gulag solo per essere un kulako,

I Kulaki erano contadini proprietari fatti sterminare da Lenin e da Stalin proprio perchè la loro stessa esistenza contraddiceva il "proletariato". Con metodi certo meno brutali, ma non meno efficaci, i neoliberisti pro-globalizzazione stanno facendo sparire (a volte anche tramite suicidio) i tanti piccoli imprenditori che costituivano la spina dorsale del nostro benessere post-bellico, proprio perchè la loro stessa esistenza contraddice i "dogmi" della globalizzazione (concorrenza spietata, "flessibilità", e via andare con tutto ciò di cui avevano potuto fare volentieri a meno durante quel misto di capitalismo e di socialdemocrazia che era la prima repubblica).
Sei sicuro che certe perle appartengano solo al passato e ai nemici del neoliberismo attuale?

o in una camera a gas per essere ebreo o zingaro oppure omosessuale,

Non capisco poi tutto questa enfasi nel citare isreaeliti e omosessuali. Non sono nè antisemita nè omofobo, ma faccio semplicemente notare che. da un lato gli Ebrei hanno il loro bello stato, armato fino ai denti e pieno di dollari, che non ha certo bisogno di difesa esterna (e che non si dimostra, verso i Palestinesi, meno razzista di quanto, ad esempio il fascismo fu con loro) e, dall'altro, gli amici di Brunetto Latini non sono più condannati a correre sui carboni ardenti, ma hanno addirittura più tutele di noi etero. Persino le femministe si preoccupano della loro felicità, mentre delle masse di giovani "maschi-bianchi-etero" che vivono leopardianamente infelici perchè vittime continuamente delle stronze o perchè socialmente privi di mezzi per "conquistare" (quelle stesse donne che pretendono, assieme ai moderni diritti, anche gli antichi privilegi come appunto il corteggiamento), e sfogano nei videogiochi o su youporn la sempiterna frustrazione di ogni loro disio, a nessuno cale.

E poi la dico tutta: gli stessi anglosassoni che oggi bandiscono crociate, contro la Russia o l'Iran, per la difesa dei diritti dei Gay, un secolo fa erano i primi a condannare indegnamente Oscar Wilde alla prigionia e all'esilio. Non sono credibili. E mi chiedo come possano gli omosessuali più intelligenti non rendersi conto di quanto siano strumentalizzati dalla cultura mainstream!

Quanto agli zingari, manco dovrei dare la risposta. E' vietato "essere razzisti", ma qualunque lettore può chiedersi in sincerità quanta preoccupazione dovrebbe avere la nostra nazione per un gruppo umano che in divesi secoli di convivenza fra noi ha dato in "civiltà e progresso" il "contributo" che è troppo spesso sotto gli occhi di chiunque pensi all'acquisto di un buon antifurto.

per omosessualità buttato a sfracellarti giù dal tetto di un palazzo o per sesso extraconiugale frustato in piazza in Iran, se sei donna

Quanto all’Iran che avete tutti imparato ad odiare seguendo supinamente la propaganda israeliana, ti dico apertamente che lo ritengo molto meno iniquo dell’occidente soprattutto sulla questione femminile.
Mille volte meglio che una moglie venga “punita” quando tradisce, piuttosto che abbia, come da noi, la libertà non solo di tradire, ma di distruggere (anche materialmente) la vita al tradito, convincendo un giudice (o una giudichessa) che “ha dovuto farlo perché il marito non era e non faceva abbastanza per lei” e quindi pretendendo di tenersi casa e figli e di costringere il “cornuto” a mantenerla mentre vive con il nuovo amante.
Molto più equo un tribunale iraniano, dove la parola e i diritti di una donna valgono la metà (anche solo per bilanciare il fatto che, per le più volte citate disparità di desideri e di predisposizioni psichiche “materne”, varrebbero in natura il doppio), che un tribunale italiano, dove la parola di una donna può formare “anche in assenza di riscontri esterni atti ad avvalorare l’una o l’altra tesi” (cit. Cassazione) una “fonte di prova, e i suoi diritti (a volte coperti da quelli del minore, a volte anteposti senza vergogna) sono sempre “dispari” (come quando al suo “diritto” a mantenere il tenore di vita acquisito col matrimonio, corrisponde il tuo “dovere” di ridurre il tuo fino a dormire in macchina pur di pagarle gli alimenti, o quando al tuo dovere alla fedeltà corrisponde il suo “diritto” a non dartela o ad usarla come arma di ricatto).

fatta schiava e venduta al miglior offerente nell'Isis.

Quanto all'Isis, commetti un grave errore se la pensi come un "revival" del "passato oscurantista" e teocratico. Lo Stato Islamico si compone di giovani di origine araba che sono stati educati e cresciuti dalla nostra società e (esattamente come noi) hanno sperimentato le sue illusioni, le sue menzogne, le sue esclusioni (ricchezza promessa potenzialmente a tutti per merito ed invece rubata da pochi, libertà sessuale a parole, ma proibizionismo nei fatti, ecc. con l'aggiunto che loro hanno pure l'esclusione sociale dovuta al classismo se non al razzismo). Sono quindi un prodotto della contemporaneità, del neoliberismo (che infatti se ne serve doppiamente: come scusa per introdurre leggi liberticide qui e come motivo per fare guerre là).
La differenza fra noi e loro non è che loro credano in Dio e noi no. Sono nihilisti come e più di noi. La differenza è solo che loro hanno più vicino nel tempo e nei costumi l'immagine di una società ancora identitaria (il califfato) o comunque non degenerata in tutto indifferenziato globale , mentre noi l'abbiamo perduta nell'ignoranza della nostra storia.

Queste sono le perle regalate dalla storia passata e presente dei nemici del cattivo liberalismo, queste sono state le applicazioni reali dei fulgidi mondi alternativi evocati a parole.

Non ti lascio passare che i "fulgidi mondi alternativi" siano stati solo evocati a parole. Non solo sono esistiti nei fatti, ma sono pure stati il presupposto per da cui è scaturita la società occidentale. La Grecia di Omero, la Roma Repubblicana, l'India dei Veda, la Persia Iranica e pura la Germania Sacra e Imperiale hanno rappresentato la fase ascendente della civiltà Indoeuropea (se vuoi elimino "indo", dopo aver visto cosa sono gli indiani...) ed hanno costituito la base su cui tutte le identità di sangue e spirito storicamente generatisi in Europa hanno potuto edificare le loro mirabili costruzioni politiche e culturali.
Non solo le puoi studiare in storia e ne puoi visitare le vestigia monumentali, ma ne puoi pure cogliere "per exempla" le fondamenta etico-spirituali leggendo l'Iliade, l'Eneide, la Baghavad Gita, i Poemi Persiani, l'Edda, il Beowulf, E' a quelle fondamenta che bisogna guardare per continuare in futuro a generare verso l'alto (il mito è sempre stato questo: non reazionario ritorno al passato tale e quale, ma imaginifico slancio nello scegliere la direzione per il futuro, prendendo la parte voluta del passato quale meta e modello - giacchè il tempo della storia non è nè linea nè cerchio, ma sfera).
Il problema degli ultimi duecento anni (da quando cioè la "sovversione cristiana" è diventata ANCHE sovversione politica) è che l'Europa ha preso una direzione opposta (femminea, democratica in senso demagogico, e pseudopacifista) a tali principi (che sono, al contrario, virili, guerrieri e aristocratici nel senso da me spiegato negli altri intereventi). Come risultato, ci siamo trovati fuori dal centro del mondo. Perchè siamo decentrati rispetto al nostro stesso principio.

Il capitalismo si è abbinato con l'etica protestante (patriarcale sulla famiglia e repressiva sul sesso) fino all'epoca fordista, poi con il passaggio dal produttivismo al consumismo è passato a un'etica laica con la fine del patriarcato familiare e della repressione della sessualità.

Di solito non sono così diretto, ma questa è una sequenza di cavolate. Il capitalismo del '400-500 era relativamente libertino (almeno in Italia). Leggiti Pietro l'Aretino. E' stato proprio Lutero a far tornare il medioevo. Nel Novecento, poi, mentre Henri Ford produceva il suo modello T (che non significava trans) negli Usa, Italia e Germania avevano costumi molto più "liberi" (non solo per Gianni Agnelli, ma per tutti quelli che se lo potevano economicamente permettere) di quella che poi sarebbe stata la patria del femminismo (dove, ad esempio, era già vietata la prostituzione e dove, ancora nel 1955 quando fu girato “quando la moglie in vacanza”, ad un infuriato Billy Wilder vennero tagliate, per rispetto alla “provincia americana”, tutte le scene anche solo allusive all’adulterio).

E' stato un "liberi tutti" da cui è nato anche il femminismo, ma ti dimentichi che è nato anche quel libertinismo di massa da cui è sorto il single libero dall'obbligo di mantenere moglie e figli ed è sorto quel gnoccatravel di questo sito.

Bellissimi i felici anni Ottanta, quando essere "femminista" significava fare come la Fenech nei film con Banfi. Chi non li vorrebbe? Il problema è che ora il femminismo si è evoluto in maniera tale da IMPEDIRCI sempre più di fare i "libertini". Uno sguardo è "stupro visivo". Un complimento è "molestia verbale". Un invito è "minaccia all'autodeterminazione femminile" (vedi la legge di Micron contro gli approcci da strada). Usare denaro o altro potere di scambio (nella prostituzione e oltre) è "stupro mediato". Andare a segno gratis è impossibile perchè la sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile - iniziata con medioevo delle dame, delle poesie e dei tornei in loro onore e portata al parossismo dal politicamente corretto di oggi (per cui la donna è bella-buona-brava-progredita e l'uomo brutto-sporco-cattivo-primitivo) - le rende inarrivabili, intrattabili e pretenziose oltremisura. E se per caso ci riesci rischi che il giorno dopo ti denunci perchè dice che hai approfittato di lei mentre era ubriaca o comunque "incapace di opporre un chiaro no" per un cazzo di motivo, che dopo un anno ti accusi di molestia con metoo (quando magari capisce che non può più trarre tutto il profitto che voleva dalla relazione con te), che dopo 10 dica di essere stata stuprata (se sei intanto sei diventato abbastanza ricco da pagare un buon risarcimento).
E se per caso ti sposi o anche solo convivi, rischi qualunque accusa falsa o inventata ad arte (ci pensano quelle di "nonunadimeno" a darle gli strumenti legali e politici) in caso di separazione o litigio. E di essere privato di tutto in tribunale.

Ma quale fine della repressione sessuale?!
Forse quella delle donne, che hanno “conquistato” il presunto “diritto” a mostrarsi (per capriccio, moda collettiva, o calcolo personale, per interesse economico sentimentale, accrescimento d’autostima o gratuito sfoggio di preminenza erotica) in ogni modo tempo e luogo belle e disiabili, a diffondere “seduzione”, a suscitare disio negli astanti (a prescindere dalle diverse sensibilità e volontà di questi, e quindi, anche “violentemente”). Non certo la nostra, vivendo costantemente in una condizione nella quale l’appagamento effettivo del bisogno naturale d’ebbrezza e piacere dei sensi è qualitativamente e quantitativamente sempre inferiore a quanto messoci sotto gli occhi dai media e sbattutoci in faccia dalle concittadine.
Mille volte meglio un mondo arcaico in cui a lei non è consentito mostrarsi e a me non è consentito guardare, piuttosto che il mondo “moderno” dove ella può mostrare pubblicamente nel modo che vuole, per il tempo che vuole le grazie che vuole, vestita come vuole ed io non ho il corrispettivo diritto a guardare come voglio e per quanto voglio quanto mi è messo sotto agli occhi nemmanco per mia decisione.

E lo dico senza credere in alcun dio e senza dare alcun peso al peccato di lussuria. Semplicemente perché per me, anticristiano, non esistono il giusto e lo sbagliato in assoluto, con premi e punizioni nell’altro mondo, ma solo quello che posso e non posso sopportare in questa vita.
Mille volte meglio una morale sessuale che proibisca ad entrambi di lasciarsi andare alle proprie opposte-complementari pulsioni piuttosto che il doppiopesismo menzognero di oggi il quale lascia alla donna piena libertà di suscitare disio (anche solo per compiacersi della sua negazione), facendo passare tale istinto per “raffinatezza culturale” o “evoluzione sociale” (quando non è nulla più dell’istinto ad attrarre quanti più maschi possibili per selezionare chi eccelle, comune a tutti gli animali femmine e presente anche quando la femmina umana razionalmente lo nega o non ci pensa) e impone all’uomo di non uscire di un millimetro dai paletti (peraltro invisibili, inconoscibili e impredicibili) imposti con arbitrio di volta in volta dalla “sensibilità” (? Ahhaha!) della singola donna o addirittura nemmeno di esprimere con la voce, lo sguardo, l’intelletto e l’invito lo stesso desiderio suscitato (come farebbero con il canto gli augelli e con la coda i pavoni) e la conseguente intenzione di tentare un gentile approccio e un umano contatto (anche questi definiti “molestie” dalle donne moderne che si lamentano su facebook di “non essere mai lasciate stare da sguardi e approcci maschili”), perché la nostra corrispettiva natura è vista come “brutale” e “maiala”.
Questa disparità è inaccettabile. Le stesse che rivendicano il diritto “a (s)vestirsi come ci pare”, che espongono vanitosamente e aggressivamente le loro (presunte) grazie, che ritengono un diritto abbigliarsi ed atteggiarsi in maniera oggettivamente indistinguibile da chi dovrebbe attirare clienti per mestiere, considerano impuro, immorale, illegale ricevere sguardi, inviti, proposte. Non credo né alla loro ingenuità né alla loro mancanza di logica. Credo semplicemente che stiano scientemente proponendo socialmente in maniera subliminare un modello “femdom”, attirando con guinzaglio ed allontanando col bastone quelli che ritengono loro cagnolini. Usano cioè la repressione asimmetrica per fare quello che la chiesa faceva con la repressione simmetrica del sesso: rendere infinitamente desiderabile quanto negato e tiranneggiare così tramite inappagamento e sensi di colpa.
Non è il concetto che ho io di libertinaggio (ed anche se lo fosse certi giochi si fanno solo una volta raccolto il consenso esplicito di ambo le parti)!

E parli di gnoccatravels?
I gnoccatravels sono nati quando l’Italia, ancora per merito della politica a metà fra capitalismo e socialdemocrazia, aveva una ricchezza diffusa tale da permettere a moltissimi fra noi di sfruttare un differenziale economico rispetto all’uomo medio dell’Europa orientale dopo la caduta del muro. Ora che in termini di occupazione e tenore di vita quei paesi ci hanno superati o quasi, mi spieghi con cosa facciamo i gnoccatravels?
Difatti facciamo ormai solo figuracce da morti di figa da quelle parti.
Ed anche nel resto del mondo (stando anche solo a quanto si racconta qui) non va meglio.
Oramai non ce ne sono più di paesi, nemmeno nell’America latina, tanto più poveri ed arretrati di noi da poterci fornire donne giovani, belle e intelligenti disposte ad accompagnarci in cambio di una speranza di aumento del tenore di vita (scappando con noi in Italia) o di qualche regalo leggero per noi e impegnativo per loro (per un’avventura vacanziera).
Ed in Italia, come ben sappiamo, è anche peggio. La continua pressione in favore delle quote rosa e della parità socio-economica sta facendo sì che sia ormai utopico trovare una fanciulla che si faccia davvero conquistare dalla posizione sociale e dalle possibilità economiche di un suo coetaneo medio: anche lei nella maggioranza dei casi ha la stessa posizione e le stesse possibilità. E allora cosa dovrebbe desiderare? Il suo desiderio puramente sessuale è infinitamente minore (e comunque non così subitaneo e stringente come il nostro). Perché dovrebbe lasciarsi “rimorchiare”? E difatti qui leggiamo solo storie di due di picche o di conquiste mirabolanti perché inventate.
E’ sparito quel bilanciamento sociale che una volta era dato proprio dal divieto alle ragazze di uscire sole, il quale rendeva ai loro occhi desiderabile un cavaliere che le invitasse, anche se non ricco come Berlusconi, famoso come un calciatore o bello come un tronista.
Ecco il bel risultato del “Liberi tutti”. Libere solo loro. Noi schiavi del bisogno sessuale e quindi zerbini.

Vogliamo parlare del mantenimento? Ma ci sei o ci fai? Non vedi che la libertà di divorzio è a senso unico? Se tu divorzi, nel 95 percento dei casi devi mantenere ex-moglie e figli, peggio che nel patriarcato, dove i mantenuti ti dovevano almeno ubbidire. Oggi vivono con l’altro alle tue spalle nella tua casa. E quella di aborto? Se la donna vuole interrompere la gravidanza, lo può fare anche se tu vorresti il bambino (la tua metà di corredo genetico non ha diritti qui). Se invece ella vuole il bambino e tu non vuoi mantenerlo, sei costretto (proprio come se vigesse ancora il cristianissimo principio del no all’aborto) a pagare gli alimenti comunque (per te non c’è il diritto di abortire). Tu non puoi tirarti fuori dai doveri del padre, quando la donna può sempre farlo da quelli della madre (può partorire in anonimato e lasciare il bambino in affido se non vuole mantenerlo). Bella parità. Ma lo sai che se la troia conserva il preservativo con lo sperma per farsi inseminare, tu sei tenuto a pagarle un assegno per il bambino? Così come sei tenuto a provvedere ai figli nati nel matrimonio anche se sono biologicamente frutto di corna?!
Solo le donne si sono emancipate. Noi no. E poi dovremmo anche pagare le “colpe” del patriarcato (quando sono le donne a continuare ad averne i vantaggi ora che al posto del padre ci sono stato, tribunali e media).

Vuoi tornare come Fusaro alla famiglia patriarcale?

Fusaro è un marxista, non vuole il patriarcato. Io dico semplicemente che se devo avere i doveri del padre, devo anche averne i diritti (primo fra tutti quello di dare il cognome ai figli come da tradizione greca e romana). E questo non solo per i motivi anagogici di cui ho parlato giorni fa, ma anche semplicemente perché, anche in senso bassamente umano, la forza del legame simbiotico fra figlio e madre deve essere compensata da un legame “spirituale” fra figlio e padre, se si vuole davvero motivare quest’ultimo ad affrontare i sacrifici che il ruolo richiede.
Certo, potrei fregarmene e ragionare individualisticamente da libertino. Se lascio l'io per il noi, però, mi rendo conto che è condannata all'estinzione una società in cui nessuno voglia fare il padre perchè mestiere reso oltremodo sconveniente o addirittura impossibile dal femminismo.

No, grazie! In quel mondo era d'obbligo sposarsi giovanissimi (solo Gianni Agnelli e pochi altri potevano astenersene) con una che faceva la casalinga e farci una serie di figli mantenendo tutto l'ambaradan, non potevi divorziare e l'adulterio era reato. Se ti ribellavi e facevi una vita da single eri emarginato dalla società, bollato come un anormale "frocio" o "matto" e, se qualche parente ne aveva la convenienza, potevi anche essere internato in manicomio dove allora ci stava circa 1 persona su 100, e bastavano comportamenti considerati "anomali" (anche in campo eterosessuale) per finirci. Certo allora bastava camminare sui binari prestabiliti del capo-famiglia e del sesso generativo e represso, ora ci si deve costruire la propria vita sia in termini materiali che di relazioni e questo per molti che si sentono deboli è una forte fonte di stress. Ma per chi ama la libertà di dire e fare a modo proprio, nel resto come nelle relazioni e nel sesso, è un modo di vivere da tenersi ben stretti. Un modo di vivere libero che per sua natura lascia anche alle femministe la possibilità di combattere per avere sempre più potere contro di noi. Bene, allora combattiamo le femministe, in teoria e in pratica con il nostro modo di vivere libertino.

Verissimo che quel mondo aveva obblighi, doveri e cose spiacevoli anche per gli uomini. E' la propaganda femminista a negarlo.
“Fare della propria vita come di un’opera d’arte”, per dirla alla D’Annunzio, non è né oggi né ieri una fonte di stress per chi sia abbastanza nietszscheano.

Fonte di stress, semmai, è andare a scuola ed essere obbligati a sentire che gli uomini distruggono il mondo mentre le donne lo costruiscono, fonte di stress è ascoltare la radio e udire che tu, che vai a puttane solo perché stanco di subire la vanagloriosa prepotenza e la tirannica vanità femminee nelle disparità di desideri, di passare sotto le forche caudine del corteggiamento e di rischiare ferimenti irrisioni ed umiliazioni ad ogni approccio, sei in realtà uno “stupratore a pagamento”, un “perpetuatore della violenza patriarcale” e lo fai “per ribadire il tuo ruolo di maschio alfa, per umiliare e sentirti superiore”, fonte di stress è accendere la televisione e vederti accusato di essere violento per predisposizione, tanto da essere addirittura la prima causa di morte per le donne, fonte di stress è leggere il giornale e apprendere che, proprio a causa della tua violenza, una nuova legge può mandarti in galera sulla sola parola della donna per fatti, detti e inviti che normalmente non sarebbero reato ma lo diventano se l’interessata non vuole (stalking) o dice di non aver voluto (dell’assurdo di varare lo stalking in un paese in cui ogni donna si comporta ad ogni approccio come Madonna dinnanzi a messere nei contrasti di Ciullo d’Alcamo, dove si nega cento volte per cedere alla centounesima, solo dopo aver finalmente visto offrirsi, nella reiterazione dei tentativi crescenti, quanto pretendeva ma non diceva di volere, non mi sono mai capacitato), fonte di stress è essere tempestati di articoli “scientifici” pronti a sbandierare ai quattro venti la “superiorità” del cervello femminile, pari a quello maschile per “banale intelligenza computazionale, ma più efficiente nel multitasking, nelle doti verbali e relazionali, nell’empatia, nella creatività, persino nella capacità di prevedere il futuro (!) e quindi destinato a governare il mondo di domani (questo si diceva vent’anni fa, quando evidentemente le “differenze di genere” facevano comodo), fonte di stress è sentire tutto questo mentre hai appena vent’anni e devi decidere cosa fare della tua vita quando non puoi avere già le conferme sul successo in questo o in quello (e quindi avresti bisogno di un credito di fiducia, non di svilimento del tuo genere).

Tornando all'oggi, anche a me piacerebbe la libertà di dire e fare a modo mio. Proprio per questo sono diventato nemico del neoliberismo. Non perchè mi opponga alle conquiste dello stato liberale (come la libera iniziativa economica, la libertà di costumi, la libertà di pensiero), ma perchè è il neoliberismo a farlo nei fatti. La libertà di dire distrutta dal politicamente corretto. La libertà di fare distrutta nella sfera politico-economica dalla globalizzazione e in quella privata dal femminismo.

In un mondo in cui rende di più speculare in borsa piuttosto che finanziare un’impresa produttiva, mi spiego come fanno le aziende a reperire i capitali necessari agli investimenti? Difatti è sempre più impossibile, in genere, “fare impresa”, quelle che ci sono chiudono o sopravvivono senza investire (e quindi condannandosi al declino).

In un mondo in cui si usa lo spauracchio del debito e la minaccia della speculazione per costringere interi governi ad obbedire agli interessi di lobbies senza patria e con sede in Usa, mi dici come è possibile “fare politica”? Difatti nessuno ha neanche più la possibilità di esprimere un’opinione divergente da quella mainstream se ha un seguito superiore all’1%.

In un mondo in cui per ovvi motivi si nega l’origine naturale del nostro bisogno di godere della bellezza nella vastità multiforme delle creature femmine (bisogno riconosciuto invece in epoche precedenti, quando i bordelli erano stato legalizzati proprio allo scopo), anzi si nega la stessa esistenza naturale dei sessi, mi dici come fa ad essere accettato il nostro libertinaggio? Difatti si criminalizzano persino lo sguardo alle tette della dirimpettaia sul treno, l’approccio per strada con il complimento, e su su fino a colpire il culto di Venere Prostituta (con la scusa tutta paleo-cristiana della “dignità” del corpo delle donne di cui non si può fare mercato in quanto “santo”) e gli accordi di favori particolari in cambio di particolari aiuti economici o di carriera (vedi Weinstein e simili). Come fai a fare il libertino? Tutti i modi pratici per trombare con successo sono criminalizzati o potenzialmente criminalizzabili.

E quando avranno equalizzato gli stipendi??? Non dico in partenza uguale salario per uguale lavoro, come è già, ma proprio all’arrivo, contando anche i maggiori straordinari, i maggiori sacrifici, il maggiore impegno, il maggiore livello di eccellenza raggiunta cui noi, in genere come genere, siamo, volenti o nolenti, “costretti” a giungere per sperare di avere quella “visibilità sociale”, quella “rappresentazione del successo” che ci renda graditi a chi invece è già mirata, disiata, apprezzata e accettata per quello che è (bella o creduta tale)? Con cosa alletteremo le belle fanciulle?

E quando avranno successo nel mettere loro ai nostri stessi posti di presunto prestigio o “potere” (quando sono solo il surrogato, ottenuto con anni di
studi matti e disperatissimi, di quel prestigio-“potere” naturale che esse hanno in partenza)? Con cosa appariremo attraenti ai loro occhi?

Meglio morire subito che vedere una situazione di quel genere realizzarsi definitivamente.

Non era secondo me insita nel capitalismo, ma è stata inserita nella deriva neoliberista degli ultimi due decenni.
E allora bisogna capire: davvero non ci sono correzioni possibili? Se sì, facciamole. Se no, sabotiamo il sistema.
Così non si può andare avanti. Non si può più far finta di niente o sperare di essere tanto bravi, tanto fortunati, tanto unici, da scamparsela (se non ce l’ha fatta Weinstein…).

Ma io non mi taglio le parti nobili (la mia libertà occidentale) per dare un dispiacere all'odiata moglie (le femministe).

Non c'è più nulla di nobile da difendere qui in occidente per noi uomini, oramai, svegliati!

A volte gli uomini come te sembrano dei bambini che si rifiutano di guardare la realtà perché troppo spaventosa. Anche io davo le tue risposte, fino a dieci anni fa. Facevo il disinvolto, il libertino, anzi il libertario.

Credevo, come te, di poter essere un “uomo in figa” fingendo di “schifare il patriarcato” ed i “essere con le donne” nella “battaglia per l’emancipazione” (anche se da parte maschile). Invece ero solo un uomo in fuga. Le coetanee facevano le stronze ed io sono fuggito nella prostituzione. Le donne “oneste” lamentavano molestie ed io sono fuggito nello “sciopero del corteggiamento”. Le idee “tradizionaliste” o anche solo “anti-femministe” o “anti-democratiche” erano considerate “male assoluto” o comunque “retrive” ed io accettavo di rifiutarle (o comunque davo idea di accettarle solo parzialmente e riviste in accordo all’individualismo eudemonico). Avendo le tue stesse idee di oggi come schermo. Liberale e libertino. Poi indietreggiare non è bastato più. Sono stato colpito anche cercando di essere più gentile e indifeso possibile.

Allora ho capito che la narrazione vittimista (“anche i figli maschi sono stati oppressi dal patiarcato”) è per sua natura favorevole alle donne (le quali possono sempre dire “non sono certo mai state le donne ad opprimere”). Ho capito che nessun movimento per i diritti maschili otterrà mai alcun successo senza rivalutare il concetto stesso di “guerra”. Ho capito che non si possono uccidere le derive illiberali ed irrazionali del neofemminismo senza sradicarne la malapianta che affonda le radici nell’ultima versione della sovversione egalitaria. Ovvero nella negazione di quella “grande affermazione” che era stata l’etica virile, guerriera, aristocratica dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà.

Perché non si può sconfiggere il femminismo sul piano puramente razionale, liberale e democratico nel mondo attuale? Perché alla sua base non vi è un discorso razionale, bensì il mito matriarcale, pseudoegalitario e finto-pacifista (perché il rapporto fra i sessi è guerra per definizione e rinunciare alle armi maschili significa accettare la tirannide della donna). E allora anche nel più razionale e liberale dei mondi, alla donna sarà sempre riconosciuto l’arbitrio irrazionale dello stabilire a posteriori e a capriccio cosa sia lecito e cosa no, il privilegio illogico di essere sempre il primo genitore e il primo sesso, la giustificazione indimostrabile per essere “esonerata” da colpe e responsabilità (vedi i recenti casi di rapporti occasionali rinnegati poi denunciati come stupri e di prostituzione sul lavoro fatta passare come molestia). Ci sarà sempre un giudice che per convenienza o convinzione troverà le motivazioni apparentemente razionali a tutto. Come sempre avviene per i razionalisti. Dobbiamo allora avere il coraggio di girarci e combattere, non nascondendo quello che siamo per natura, tradizione, storia. E che dobbiamo tornare ad essere per volontà.

E sai quando ho capito che il mondo liberale era un mondo illusorio? Quando, dieci anni fa, ho letto dell’uomo condannato a 10 giorni di carcere per aver guardato “troppo a lungo” la passeggera di un treno. Né l’indimostrabilità oggettiva di una “molestia” del genere (solo fidandosi della sola parola dell’accusa è possibile darla per provata) né la mancata corrispondenza fra il diritto femminile a mostrare e il dovere maschile di non guardare, né tantomeno l’assurdo di considerare penalmente rilevante il “modo” in cui si guarda (cosa non oggettivamente verificabile nemmeno dagli interessati e soprattutto intima!) hanno distolto i giudica dall’emettere la sentenza e il mondo “civile” dall’accettarla.

E allora ho capito che tutto il castello di carta dei diritti e delle libertà propagandate nel dopoguerra era una stronzata destinata a cadere sotto i tacchi a spillo e le tette della prima puttanella “emancipata”. Una cosa che ad un legionario romano, ad un oplita spartano, ma anche solo ad un soldato del kaiser non sarebbero mai successe. Allora meglio i guardiani della rivoluzione. Gli ultimi rimasti a sostenere qualcosa di non corrotto dall’influenza atlantica. Almeno hanno qualcosa in cui credere veramente.

Non basta più, non sposarsi, non lo capisci? Se anche solo convivi, la cassazione può parificarvi al matrimonio e dare a lei tutti i suoi “diritti”. Se la corteggi, ti può incastrare per stalking ed ottenere da te (in termini economici) molto di più di quanto avrebbe accettando la tua corte. Se riesci (per mostro e miracolo!) a conquistarla, può comunque ricattarti in ogni momento con qualunque accusa di “violenza” (tanto spetta poi a te dimostrare di essere innocente, non a lei di essere vittima, perché crederle sulla parola è un “dovere verso le donne che non devono sentirsi violentate una seconda volta al processo”). E andare a puttane è la soluzione solo fino a quando non sarà reato in tutta Europa e fino a quando ci saranno paesi come la Romania disposti a “produrre” puttane (ormai ci sono rimasti solo loro: non vedo più sacerdotesse di Venere di altre nazioni).

Alle femministe dò un calcio in culo, ma da libertino, non da fedele di uno dei totalitarismi politici o religiosi del passato, presente o futuro.

Mi spieghi come fai a prendere a calci in culo le femministe quando queste hanno il sostegno della politica, della magistratura, della cultura? Sono loro che stanno prendendo a calci nella palle noi mentre sbirri, giudici e giornalisti ci tengono fermi!
Per tornare a proteggere quanto abbiamo di più caro dobbiamo prima sbaragliare chi il neoliberismo ha pagato e armato contro di noi.
Ecco perché dobbiamo disintegrare il sistema. Alleandoci con tutti i nemici ovunque siano e qualunque cosa facciano. Oppure modificarlo (ma @itaconeti e Marx dicono che non è possibile).

P.S.
Sbagli nel valutare l’ordine dei mali. Visto che citi quanto detto tempo fa dal tuo amico @Itaconeti, io cito quanto ho scritto in privato ad un mio amico:
**La tirannide femminista rischia di diventare in futuro peggiore di quelle di Hitler e Stalin messe assieme. Queste, infatti, avevano dei limiti nel fatto di circoscriversi alla sfera politica (nell’Urss di Stalin Bulgakov scriveva capolavori e nella Germania hitleriana Junger poteva ancora riflettere sul rapporto fra uomo e tecnica), mentre la “rivoluzione antropologica” di consumismo e femminismo sta distruggendo la nostra umanità dal di dentro (come già dicevo, siamo sempre meno capaci di esprimere con il linguaggio le nostre stesse emozioni, abbiamo sempre meno tempo per parlare con noi stessi, siamo sempre più costretti, dall'ambiente social allo studio passando per le abitudini quotidiane, ad "adeguarci al mercato", siamo portati a ritenere che le “humanae litterae”, ed in genere ogni aspetto culturale non monetizzabile, siano una “perdita di tempo”) oltre a rendere la nostra esistenza psicologicamente insopportabile (perché ci fanno, ad esempio, sentire in colpa, addirittura complici della “violenza maschile”, ogniqualvolta guardiamo, desideriamo, complimentiamo una donna, in colpa insomma per quello che siamo, colpevoli in ogni momento della nostra vita della nostra natura, con un’agghiacciante sistematicità che non era riuscita nemmeno a Goebbels nei confronti degli Ebrei). Insomma, se nessun dittatore potrà mai avere potere sulla psiche di un uomo libero nel pensiero, la dittatura femminista, sfruttando, attraverso le donne, quegli stessi meccanismi di desiderio e sofferenza adoperati dalla natura per selezionare la specie ed entrando, tramite le nostre debolezze psicosessuali, nella vita quotidiana, nell’intimità, nell’inconscio, può ridurci non solo a zerbini, ma a esseri non-viventi, i cui stessi istinti sono stati “falsificati” (vedi la grande operazione del “gender”).

Beyazid_II
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16/10/2018 | 17:33

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@puccio70 said:
1) Sicuramente gli americani saranno anche più vili dei russi, ma andare avanti a piccoli passi come in occasione dello sfondamento della linea gotica era dettato soprattutto dal fatto di sacrificare il minor numero possibile di vite umane (angloamericane).
Perchè è stata sganciata la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki? Per non perdere alcune centinaia di marines...la guerra sarebba durata qualche mese in più e l'America avrebbe perso qualche centinaio di uomini, possibilmente di colore, in occasione dell'invasione di un Giappone ormai stremato, ma gli americani hanno preferito furbescamente liquidare la pratica sganciando le atomiche.

Non mi pare di aver affermato il contrario.

2) Dire che l'Iran (supportato dalla Russia) non sarebbe facilmente espugnabile nell'anno 2018 in quanto nazione teocratica mi sembra una gran cazzata, Sarebbe una guerra a senso unico come già accaduto in occasione dei bombardamenti in Iraq e Yugoslavia (stati notoriamente e militarmente rispettabili prima della guerra contro gli States & company).

Nel 1999 la Russia aveva un governo fantoccio delle multinazionali Usa. Ora no. Il fatto che non abbia lasciato cadere la Siria nel 2013 lo dimostra.

La Russia è ormai una potenza regionale rispetto all'America nonostante il revanchismo di Putin, e questo lo zar lo sa benissimo.
La superiorità aerea americana è schiacciante. Senza andare a ricercare le cifre ufficiali, l'America spende almeno 20 volte in più di armamenti rispetto alla Russia, La superiorità aerea è pacifica; ancora di più è quella navale. Quante portaerei possiede la Russia e quante ne possiede l'America? La Russia spende quel poco di budget militare disponibile, soprattutto a scopo difensivo.in vista dell'attacco americano.

L'America spende 20 volte di più per la difesa perchè deve stipendiare una marea di gente, mentre la Russia ha ancora la leva. Come armamenti non c'è questa differenza abissalte.
La superiorità aerea è un fatto temporaneo. Quando l'intelligenza artificiale avrà reso inutili i piloti nel combattimento, sarà chi avrà l'algoritmo giusto e la giusta rete neurale a poter distruggere sistematicamente il potenziale aereo nemico. Ed in fatto di intelligenza artificiale, i Russi non sono mai stati (e non sono) secondi a nessuno. Le multinazionali yankee studiano le reti neurali per fini commerciali, ma questo non dà automaticamente vantaggi competitivi in ambito militare. Se alle università Usa togli i matematici russi, chi ci rimane? I cinesi? Gli indiani? Te li raccomando. Ma quelli lavorerebbero piuttosto per le loro patrie in caso di guerra. Ah. già, gli Usa avranno le "quote rosa" che vinceranno la guerra...."tutte brave ingegnere che oggi non emergono perchè discriminate da noi misogini"....

Io penso che Trump è una persona molto ragionevole, anche se i main streams lo fanno passare per uno scemo.
Se invece fosse salita al potere quell'invasata della Clinton, era ormai prossima la terza guerra mondiale, quella nucleare. E conoscendo la mancanza di scrupoli degli americani, saranno loro i primi a fare l'attacco preventivo sganciando le atomiche su Mosca.

Verissimo, ma non vedo perchè ciò dovrebbe motivare l'adesione agli Usa e al neoliberismo.

Beyazid_II
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13/10/2018 | 00:00

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QUARTO GRADO: DA MARSILIO FICINO A FRIEDRICH NIETZSCHE (5/18)

Ovvero: "LE DONNE, I CAVALLIER, L’ARME, GLI AMORI, LE CORTESIE, l’AUDACI IMPRESE"

Parte 5 di 18 : “Le donne: Francesca”

Assieme alla più bella della classe, a volte ne esista una “versione ridotta” per venire incontro alle capacità “sociali” dei compagni non nati seduttori. Tale era il caso, nella mia classe liceale, di Francesca, un’esile brunetta dai capelli lisci e dal viso ingenuo e gentile. Era di statura più bassa rispetto a Claudia, un poco meno bella, ma decisamente più simpatica. Fin dal primo anno fu colei con cui più facilmente mi legavo durante i lavori di gruppo.

Pareva nata per fare la segretaria di uno scrittore. Aveva una bellissima grafia (quando nei suoi diari poteva usare penne colorate, gli elenchi di compiti a casa e dei futuri compiti in classe costituivano ricami su carta degni di fantasiosi tappeti persiani) e, nonostante i suoi proclami aggressivi di indipendenza e di femminismo all’emiliana, era sempre pronta ad ascoltare e ad eseguire. Ci ritrovavamo, tipicamente, nei gruppi da 4 o da 5 per le ricerche di Fisica o di Storia, con uno o due compagni maschi che neanche si presentavano agli appuntamenti, uno che se c’era era lì solo per generare confusione (prendere in giro me o molestare/provocare lei, oppure litigare con qualcuno di noi o di un altro gruppo), mentre io e lei cercavamo di lavorare. Io, spontaneamente, iniziavo per mio conto a calcolare componenti ed equazioni o ad elaborare frasi e concetti, mentre ella mi seguiva prima con la mente e poi, una volta afferrato il senso, con la bella mano che sapeva trasferire ordinatamente sulla carta quanto altrimenti si sarebbe disperso nell’aere (la mia grafia illeggibile non mi avrebbe permesso, una volta solo, di lasciare traccia del mio troppo veloce pensiero). Grazie a lei non ero costretto a rallentare il ritmo del pensiero (come mi toccava di fare quando, da solo, dovevo scrivere in maniera leggibile) ed avevo contemporaneamente modo di ricontrollare le equazioni o chiarire a me stesso le mie enunciazioni, dovendo comunicarle a lei. Non ci fu bisogno mai, nemmeno per un attimo, di stabilire dei ruoli o delle regole. La nostra simbiosi era spontanea. Tutti i suoi discorsi femministi “in società” svanivano non appena, a quattrocchi, entrambi ci rendevamo conto già a livello istintivo di come un’inversione di ruoli (con me a scrivere illeggibilmente calcoli prodotti dalle sue capacità a cavallo della sufficienza o pensieri maturati nella sua mente di ragazza nella media) avrebbe potuto essere soltanto un disastro e di come un’alternanza nel ruolo guida (secondo ridicoli criteri paritari) avrebbe comunque prodotto un risultato non altrettanto eccellente di quanto entrambi volevamo.

Mi ricordo ancora il suo viso serio e concentrato, quasi preoccupato, mentre scriveva sotto dettatura i risultati dei miei calcoli o le riflessioni della mia analisi storica. Aveva, ogniqualvolta si lasciava andare, un’ombra di paura dipinta sul volto che la rendeva più vaga e più bella. Eravamo, sotto il punto di vista dello studio, una coppia perfetta, tanto da non accorgerci neppure che le altre due o tre persone del gruppo manco c’ero e se c’erano disturbavano. Come tutte le coppie perfette, eravamo invidiati tanto da un punto di vista sociale (ottenevamo i risultati migliori) quanto psicologico (perdevamo meno tempo della media a litigare). La cattiveria propria di quell’età animava le malelingue a rinfacciare, in tono di scherno e di disprezzo, a Francesca di essere “una mia conquista” e a me: “allora ti piace la Francesca, state sempre insieme!”. Dover rispondere con i fatti a malelingue di tal genere è sempre (in quella delicata età nella quale i fanciulli di ambo i sessi, immersi in un microcosmo di relazioni effimere, tengono alla propria immagine “sociale” più che alla propria felicità) il primo motivo per cui due anime, inizialmente inclini a star bene fra loro, iniziano a trovare difetti l’una nell’altra e ad allontanarsi. “Ah, no, non possono pensare quello di me!”, oppure “che figura ci faccio se vedono che mi accontento subito del primo o della prima che capita?”, e soprattutto “non è vero, non è vero, non è vero che mi piace, stiamo insieme solo per lavoro”. Vero, questo, all’inizio. Ma l’arrivare a dirsi “no, io merito ben di meglio” (e quindi a disprezzare colui o colei con cui ci troviamo bene) solo per paura del giudizio altrui sull’eventualità di cambiare (o, se vogliamo, evolvere) la motivazione dello stare insieme è sciocco. Eppure succede spesso a quell’età. Quello fu il motivo per cui la naturale simpatia reciproca fra noi e la spontanea intesa che avevamo sul lavoro di studio non si tramutarono mai in un legame più profondo.

Una volta, all’uscita di scuola, mi trovai per caso vicino a lei quando le venne “combinato” l’incontro con un ragazzo (parecchio più “maturo”) di un’altra scuola che le piaceva. Sentivo la sua voce tremare mentre cercava di accettare l’invito. Avendo smesso ancor prima di iniziare di vederla come possibile compagna d’amorosi sensi, non fui geloso, ma semplicemente a disagio per lei. Perché una creatura così tutto sommato gentile d’animo e non vuota di intelletto (e comunque sempre una liceale!) si abbassa a tal punto davanti ad un “barbaro” dell’istituto tecnico? Ad uno che, probabilmente, non conosce neanche la differenza fra Dante e Petrarca e, se va bene, sa applicare delle formule senza dimostrazione? All’epoca mi illudevo che quella fosse la prova vivente dell’equivalenza di desiderio fra maschi e femmine la quale era differita solo per qualche anno. “Quando anch’io avrò l’età di quel barbaro”, mi dicevo, “anch’io farò tremare di desiderio la voce e lo sguardo delle primine o delle secondine che mi piacerà invitare!” Non ero certo, potenzialmente, meno potenzialmente attraente da un punto di vista estetico. Anzi, avrei fatto conquiste superiori in quantità e qualità, potendo contare anche su un potenziale intellettuale (e sulla fama di primo fra i primi dell’istituto). Quanto mi fallavo! A distanza di più di cinque lustri, vedo la stessa scena sotto un’altra prospettiva interpretativa: anche ad una “figa media” come la mia compagna, è bastato “esprimere il desiderio” alle amiche perché l’oggetto maschile di tal desiderio si precipitasse il giorno dopo ad attenderla all’uscita di scuola (e deve essersi preso pure la briga di chiedere a qualcuno di poter uscire prima dalle proprie lezioni!) per invitarla formalmente ad uscire e rispondere così al minimo cenno femminile con la prontezza e l’obbedienza di un soldatino. Altro che parità di desideri! Fame di figa!

Comunque sono sempre stato solo contento per lei se ha trovato relazioni stabili con ragazzi a lei graditi. Magari – e lo spero per gli uomini che l’hanno incontrata – si è rivelata l’unico caso di donna nel quale l’interesse per il sesso in quanto tale fosse sincero e non simulato per vantaggio personale o per moda collettiva pseudofemminista.
Cinque anni fa, ad uno degli ultimi ritrovi di classe, magnificava simpaticamente le doti dei jeans stretti e dei reggiseni push-up, che permettevano alle libertine come lei, anche alla soglia degli “anta”, di mostrarsi ancora appetibili come ventenni e di attrarre a sé gli uomini più aitanti e affascinanti i quali poi, “una volta lì”, potevano essere costretti, nei casi estremi anche con l’uso della forza, a rimanere nonostante la vista, al momento del dunque, di “grasso, cellulite e tette cadenti”. Diceva tutto questo con la sua antica voce simpatica e impaurita con la quale ero abituato ad ascoltarla anni prima. Così non potei fare altro che provare empatia nonostante un’esperienza simile (e nemmeno con una quarantenne) mi fosse appena capitata (e per giunta pagando!). Ero infatti appena tornato da una conferenza a Budapest, dove la escort che sul sito veniva pubblicizzata come la classica modella stangona e longilinea ungherese si era invece rivelata la annoiata e burrosa figlia di un medico che la dà via per pigrizia più che per convinzione, più bassa di dieci centimetri e più grassa di dieci chili abbondanti (una volta tolti tacchi e vestiti “contenitivi”). Avevo in quella occasione capito tutto il disagio dei mariti costretti a copulare per “dovere coniugale” con una donna la quale non riveste più quel sono estetico di cui si erano un tempo innamorati. Avevo anche pensato di dirle “non se ne fa niente”, ma il pensiero di averla fatta viaggiare (a tutto gas con la sua Audi) per centinaia di chilometri a vuoto solo per raggiungermi era troppo crudele. Allora, per un attimo, avevo contemplato l’idea di fare il magnanimo “tieni pure il tuo compenso, ma non ti voglio”. Mi ero reso però conto quasi subito che un’offesa del genere avrebbe potuto scatenare nell’animo femminile una incontenibile voglia di vendetta, molto pericolosa da arginare per un assegnista di ricerca in terra straniera. E fu così che persino un puttaniere impenitente come me rivestì per una volta i panni del marito fedele disposto a fingere desiderio per la propria moglie al solo scopo di non offenderne la vanità e suscitarne le ire. Almeno nel mio caso, al contrario di quelli immaginati da Francesca, non ci fu bisogno di usare la forza nei miei confronti.

Poiché sarebbe davvero spiacevole salutare Francesca con queste scene di donne decadenti da un punto di vista estetico che devono ricorrere alla violenza e alle minacce per trattenere gli uomini illusi da grazie soltanto apparenti, rivelerò invece un sogno erotico realmente avvenuto a suo tempo. Anche se non ero mai arrivato a desiderare fisicamente Francesca, gli squilibri ormonali di quell’età (ero all’inizio del secondo anno di liceo ed avevo dunque poco più di quindici anni), uniti alla castità autoimposta spesso per superstizione (si credeva che, astenendosi dalla masturbazione per periodi indefiniti, il dio sessuofobico della Bibbia avrebbe più facilmente acconsentito a decidere in favore dello studente gli esiti incerti dei compiti in classe e delle interrogazioni), potevano, con le loro proiezioni, farmi impazzire di desiderio per qualunque immagine femminile più o meno trasfigurata.

Sognai un bel mattino (chissà perché a volte nei sogni si ha, ancora dormendo, l’impressione di essere già nell’ultima parte della notte) di essere in laboratorio con Francesca, la quale si trovava in qualche modo vincolata in posizione prona ad un tavolo “pronta ad essere sacrificata” come la “nipote da parte di fava” di quel celebre episodio di Amici miei (quando Rodolfo Celi interpreta il demonio con cui gli altri devono siglare il patto di sangue sacrificando la vergine). Pareva spaventata come sempre, ma non era Francesca la mia compagna di classe, bensì una sua versione (come mi dissi allora con termine mutuato dal motorismo) “potenziata”. Aveva le sembianze di una ragazza che avevo visto ritratta sul numero di “Auto” del mese nelle pagine dedicate ad un salone inglese per auto elaborate. Lì la standista, definita nella didascalia “tipica bellezza anglosassone”, si mostrava in tutto il suo splendore (aveva gli occhi chiari e un “claro viso” circondato da chiome oscure con sfumature rossicce). Sorrideva con innocenza al lettore mentre, appoggiata con il fondoschiena all’esemplare di auto reclamizzato, non nascondeva due gambe stupende, morbidamente e leggermente piegate all’altezza delle ginocchia, che facevano da spartiacque fra due mondi di impressioni contrastanti: sopra, i toni pastello del suo vestito aderente color panna e le nude cosce rendevano l’idea di una morbidezza tenue, da sabbia bagnata dall’onde in una grigia mattinata d’estate odorante di salsedine, poco sotto, le linee nette di lunghi e neri stivali con la zeppa “da cubista” ritagliavano un oceano di sensualità più decisa, quasi perversa, quasi ritmata da violenti suoni metallari. Questo tipo di contrasto visivo (e non solo) sarebbe stato destinato a segnare per anni il mio immaginario erotico. Non solo, quella volta, svegliandomi da quel sogno, continuai a rigirarmi nel letto in perenne stato di erezione nel tentativo di proseguire il più possibile con l’immaginazione quanto troppo prematuramente era stato interrotto dalla prima luce del mattino, ma in seguito provvidi a scannerizzare la foto da cui il mio inconscio aveva tratto il “potenziamento” di Francesca (eh, sì, ero già proprietario di uno dei primi scanner collegabili al pc). Conservo ancora oggi il file ed ha sempre fatto parte del pantheon di immagini con cui l’autoerotismo periodicamente si esplica (altro che youporn!).
Purtroppo, parafrasando qualcuno più autorevole di me: “non era Francesca”. La vera Francesca, in compenso, si è sempre ricordata di me, se è vero che l’ultima volta in cui ci siamo visti mi ha ancora calorosamente ringraziato per il gentile regalo che feci a lei e a Claudia quando, assieme, si erano laureate (ed erano passati dieci anni!). Mi ha detto commossa che si vedeva che a differenza di altri ero un gentiluomo. Dalla faccia che i presenti fecero, capii che era evidente nemmeno io mi ricordassi più di essere stato a quel tempo tanto gentile! Nei dieci anni successivi alla laurea, avevo completamente rimosso di essere stato un cavaliere, ma almeno una dama non se lo era dimenticato.

Beyazid_II
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12/10/2018 | 23:50

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@emii said:
@Beyazid_II ottimo post, è un piacere leggere cose così argomentate.

Grazie anche a te per il cortese apprezzamento, però adesso servono critiche, altrimenti mi monto la testa e poi il dibattito diventa un monologo noioso.
Possibile che per TV e per radio siano tutti contrari e qui tutti d'accordo?
O non ci sono davvero argomenti in favore del mainstream?

P.S.
Peccato che, a parte questi due giorni, non abbia tempo di seguire....

Beyazid_II
Newbie
12/10/2018 | 23:48

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@beautifulgirlsliker said:
@Beyazid_II
sia figlio principalmente del luteranesimo

mi permetto di farti una piccola "correzione"...Max Weber, per quanto ne so, parlava genericamente di "protestantesimo" e vi sono forti indizi che intendesse soprattutto il calvinismo..del resto é Calvino che sotto varie ipostasi (puritanesimo ecc) ha lasciato la sua impronta indelebile nel mondo anglosassone, "patria" del capitalismo finanziario come lo si intende oggi [anche se non del capitalismo tout court che forse nacque, in forma ancora grezza, nell'Italia cattolica del Tardo Medioevo e si sviluppò nelle Fiandre che dopo una breve parentesi protestante nei 1570' e primi 1580' tornarono cattoliche]
é sempre un piacere leggere le tue considerazioni !

Hai ragione, ma poichè nella calvinista Zurigo si scopano (pagando) a go go della gran gnocche mentre nella pietista Stoccolma al solo provarci si finisce in galera, ho deciso di cessare ogni critica al Calvinismo e di concentrare ogni mio strale contro gli altri luteranesimi. Sono anche andato a vedere la casa di Zwingli quando ero di passaggio.

Può più un pelo di "f..." che cent'anni di predicazione....

Beyazid_II
Newbie
12/10/2018 | 23:45

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@beautifulgirlsliker said:
@Itaconeti
no i cinesi -

condivido in toto !
pensiamo ad esempio al celebre ammiraglio Zheng He che nella prima metà del XV secolo (all'inizio dei Ming che regnarono dal 1368 al 1644), dunque negli stessi anni di Dom Henrique il Navigatore (ob. 1460) fece degli importanti viaggi, con navi grossissime, giungendo fino al Madagascar e forse oltre...che ne restò ? NULLA..fu una bella impresa che diede piacere a qualche mandarino annoiato che la sponsorizzò e basta
pensiamo invece poco dopo ai viaggi di Colombo (1492, proprio domani, 12 ottobre) e Vasco da Gama (1498)..cambiarono il mondo !
ecco lì sta tutta la differenza, in breve, fra civiltà sinica e civiltà occidentale

P.S
Zheng He era un eunuco dunque purtroppo per lui non poteva fare il GT

Dovrebbero farci un personaggio del Trono di Spade, al posto dell'altro eunuco pacioccone!
Pensavo si scrivesse diversamente, ma per la verità l'ho solo sentito pronunciare, ascoltando Federico Ramponi nel ciclo "l'Impero di Mezzo" (quando ancora c'era "Alle Otto della sera" alla radio).

Beyazid_II
Newbie
12/10/2018 | 23:41

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@hicnus said:
@Beyazid_II

Chapeau , e' un piacere leggerti.
Per curiosita', ma in quale fascia di eta' sei ?
Detto cio' , condivido appieno il tuo punto di vista. Sul futuro dell'umanita' sto leggendo un libro molto interessante, Homo Deus (comprato all estero a temine di un gnoccatravel ) che tocca alcuni dei tuoi temi tra l'altro .
Il tema Debito Pubblico, e' un po' come il buco dell'ozono, ne parliamo da 25 anni ma sostanzialmente nulla o poco e migliorato anzi.. , e il potere di acquisto si e ridotto in maniera imbarazzante (dal 2008 ad oggi) con aumento spaventoso della pressione fiscale dei dipendenti.
Non sono neanche io un economista , ma ricordo molto bene un modello macroeconomico spiegato da un prof di macroeconomia del MIT, tal Blanchard: il modeloo IS LM dice che vi sono due leve che un paese "sovrano" puo utilizzare per stimolare il PIL: 1- politica monetaria ( sulla quale non abbiamo piu voce in capitolo)
2 - Consumi (migliorare la propensione marginale al consumo) + investimenti + spesa pubblica - Tasse

Ecco, noi facciamo esattamebnte il contrario del punto 2 e speriamo di avere risultati diversi rispetto a quelli degli ultimi anni . Non sono schierato politicamente, ma qualcosa rispetto al passato proverei a modificarla e spero riescano a farlo in qualche modo .

sul capitolo gnocca... nulla da aggiungere.. assolutamente in linea

Grazie per i complimenti e soprattutto per il consiglio letterario.
Come fascia d'età, mi situo appena prima degli anta, ma sono invero rimasto un fanciullo nell'animo e nel fisico (perchè vivo da figlio unico e.... lavoro poco....dicono i maligni).

Beyazid_II
Newbie
12/10/2018 | 23:38

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@ir_pelato said:
@pussylicker guarda che siamo su gnoccatravels dove si viaggia e si scopa,non siamo su un sito di complottisti,e poi se non vi piace com è il mondo occidentale 1 che ci stare a fare qui su gnoccatravels 2 emigrate in paesi come iran uganda etc li si vive come tanti anni fa

E perchè, scusa, mica viene da Iran o Uganda lui!

E' un italiano che rivuole la sua Italia come la rivoglio io.

Rivogliamo l'Italia in cui un ragazzo e una ragazza potevano stare assieme senza paranoie come in quella canzone degli 883 (e senza femminismo, aggiungo). Non quella di Asia argento e del metoo. L'Italia in cui si insegnava e si parlava in Italiano. Non quella in cui per "provincialismo mondialista" insegnamo in inglese all'università (con grave danno nella trasmissione delle informazioni in materie complesse e, mi sia consentito aggiungerlo perchè il piacere deve essere una componente del proprio lavoro, perdita di ogni possibilità di lasciare un'impronta personale alle lezioni - chè manca il substrato culturale comune fra gli allievi per permettersi, che ne so, una citazione da Dante come faceva il mio prof. di Analisi III) e in cui a scuola si deve parlare la lingua di babele perchè metà degli alunni ha genitori che parlano lingue extraeuropee. L'Italia in cui un insegnante magari guadagnava poco, ma aveva almeno mezza giornata libera. Non quella in cui per un misero stipendio una professoressa spostarsi dall'oggi al domani e lavorare 24/7 come fosse una top manager. L'Italia in cui un ingegnere era un ingegnere (5 anni in blocco con solida formazione fisico-matematica di base), non quella in cui per copiare il 3+2 abbiamo reso tutto una brutta copia del liceo (ah, sì, certo, così ci sono "più ragazze" e "più stranieri"). L'Italia in cui un giovane laureato poteva lavorare per il proprio paese, non dover fuggire all'estero perchè "il lavoro fisso non c'è più e poi era noioso (Monti)".

Che diritto avevano i globalizzatori di disporre di noi e della nostra terra? Che diritto hanno i loro amici a dire di andarsene a chi voglia vivere come questa terra ha vissuto nei suoi momenti più felici?

Forse ti sfugge che fra vivere nella foresta e vivere da debosciati attuali c'è stato l'apogeo della civiltà europea e italiana in particolare.
Siamo stati talmente abituati ad autodenigrarci, che non ci ricordiamo più di come l'Italia sia stata quasi sempre all'avanguardia nella storia.
Siamo stati noi (e non i tedeschi!) a ricostruire le prime città e i primi commerci facendo finire il medievo (mentre Dante scriveva la Commedia). Siamo stati noi ad affinare i costumi e le arti con il Rinascimento (quando le ottave dell'Ariosto intrattenevano "paganamente" le Dame e lutero viveva ancora nel medioevo cristianeggiante). Siamo stati noi, ancora nel Novecento, ad accendere la prima radio.

Ecco, stiamo solo dicendo che vogliamo tornare ad essere Italiani governati da Italiani nell'interesse degli Italiani, per tornare, come per tanti anni, a generare civiltà, non a subirne il declino.

Se ne vadano gli altri. Se ne vada chi vuole riempirci di ugandesi (non ce l'ho con gli abitanti dell'Uganda, è solo un esempio retorico). E si porti possibilmente dietro il suo dio desertico. "Il deserto avanza, guai a chi cela dentro di sè il deserto" (Così parlò Zarathustra).

P.S.
L'Iran (alias "terra degli ariani"), oltre ad essere, per sangue e spirito (lì il padre è sempre il padre, le donne studiano e lavorano ma le femministe hanno quello che si meritano) , più "europeo" di quanto ci apprestiamo a diventare nei prossimi dieci anni, ha poi un tasso di istruzione tale che tra pochi anni ci supererà, altro che "vivere come tanti anni fa". Comunque se il femminismo avanza ancora, forse anche io cercherò un posto da ricercatore in Iran, piuttosto che dover star zitto o essere trattato come Strumia.

Beyazid_II
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12/10/2018 | 23:09

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@Tesista76 said:
B, caro concittadino, collega ingegnere

Quando finirai di nuotare contro l’onda? Volgi il surf alla spiaggia e scivola, tanto sempre alla spiaggia si arriva, vivi o morti

Tutto quello che viene fuori dalla contemporaneità è frutto della moda, che è interesse della donna, che finisce in un battito d’ala

Entra in un negozio di abbigliamento femminile, i vestiti sono poggiati in modo apparentemente disordinato, in realtà sono fiori

La donna cerca questo, esperienze, in realtà non le può fregare di meno del 68, del centro sociale, del femminismo, della new age, ecc.. cerca solo esperienze esteticamente e socialmente soddisfacenti

Devi surfare con le bacchette del sushi in mano e acchiappare farfalle, prima di diventare il genio delle tartarughe

Non riesco ad essere meno ermetico di così, spero di non scatenarti il “si, ma..” perché stavamo facendo progressi ✌️

Vedo solo ora, e ti rispondo proprio: no, no.

Non ho mai avuto paura a dichiararmi misogino, ma se davvero pensassi alle donne come a degli esseri così superficiali, così disinteressate ad ogni pensieri complesso e ad ogni ragionamento, smetterei definitivamente di cercare qualcosa di più dalla scopata a pagamento in un FKK.

Anche io sono alla ricerca di esperienze esteticamente e socialmente soddisfacenti con l'altro sesso, ma che vuol dire? Non per questo rinuncio a riflettere.

Le poche soddisfacenti occasioni di intimità con le donne mi sono venute da rapporti a distanza in cui via chat o mail si creava un flusso di sentimento e di riflessione, di ricordi e di affinità elettive, proprio a partire da discussioni non banali. Non scambierei quei momenti con nessuna uscita a cena, con nessun fiore, con nessuna esperienza sensuale.

Beyazid_II
Newbie
12/10/2018 | 23:03

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@Itaconeti said:

@ir_pelato said:
poi anche persiani mongoli cinesi ed arabi nel passato si sono espansi .,mica erano occidentali

no i cinesi - e nemmeno gli indiani - sì arabi e mongoli

l'espansione non è un'esclusiva occidentale

ma le altre espansioni sono state parziali

solo l'occidente a partire dal colonialismo e poi con la globalizzzione ha realizzato un'espansione totale a livello planetario

Va bene il paragone storico, ma almeno i Romani (e dopo di loro Spagnoli e Portoghesi, fino agli Inglesi) colonizzavano per romanizzare (par spagnolizzare, anglicizzare ecc.), non per restare imbarbariti loro!

Adesso invece è evidente come stiamo rinunciando a millenni di civiltà linguistica e culinaria, giuridica e di costume, artistica e intellettuale, per renderci simili alla "media" mondiale. Che non è nè potrà mai essere un granchè. Come Italiani(ineguagliati al mondo), abbiamo solo da rimetterci a "mediare" (è chi non ha storia a guadagnarci).

E' il contrario dell'egalitarismo teomorfo propugnato dall'Umanesimo. Anzichè diventare tutti simili a dio, diventiamo tutti indistinguibili come un brulicare di bisogni nelle fogne di Calcutta.

E questo perchè non c'è un progetto politico alla guida, ma solo una cupidigia economica (tanto per chiudere il cerchio).

Beyazid_II
Newbie
12/10/2018 | 22:56

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@Itaconeti said:

@ir_pelato said:
mahhh che oggi il mondo occidentale sia cristiano è una gran baggianata,poi se dovessimo vivere secondo i dettami di bibbia e vangelo arriveremo vergini al matrimonio

certo il concetto di occidente è superiore al cistianesimo

l'occidente è stato pagano coi greci e i romani fino a costantino

da costantino fino alla riforma luterana è stato cattolico

dalla riforma luterana alla rivoluzione francese è stato misto cattolico-protestante

dalla rivoluzione francese è iniziato un processo che ha reso l'occidente in prevalenza laico-liberale com'è oggi

Tutto perfettamente vero, ma si dovrebbe leggere così:
fino al cristianesimo i nostri dèi erano la proiezione di noi stessi nell'immortalità, lo sprone a generare verso l'alto e ad affermarci nel mondo (ed infatti abbiamo conquistato quasi tutto il mondo allora conosciuto).
Dopo il cristianesimo un dio altro da noi che odia il mondo ci ha fatto percepire la nostra natura come una colpa.
Da Costantino ai laico-liberali si è semplicemente cambiato nome allo stesso dio, cambiati sacerdoti alla stessa religione.
Il cattolicesimo tradizionale era cristiano solo nel nome, ma riprendeva la tradizione pagana nella dottrina, lutero ha preso sul serio il cristianesimo, le varie rivoluzioni giacobine, socialiste e femministe hanno via via soltanto aggravato il senso di colpa che il "maschio-bianco-occidentale" ha per i propri meriti di civilizzazione.
Fino ad oggi quando, caso unico al mondo, i popoli europei si attivano e gioscono per essere soppiantati da allogeni (e in particolare gli uomini fanno a gara per farsi sostituire e comandare dalle donne). E anzichè far leggi a difesa propria le fanno a difesa altrui. Roba che nemmeno l'originale cristiano.....

Se i Romani e pure gli Spagnoli avevano qualcosa di positivo da esportare, ora noi esportiamo solo deserto...

Beyazid_II
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12/10/2018 | 22:39

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@Itaconeti said:
il problema dell'italia non è che è troppo occidentalizzata

il problema dell'italia è che è poco occidentalizzata

con un peso burocratico e assistenziale di uno stato superindebitato

un peso insostenibile per tenere il passo non solo con i paesi sviluppati ma anche con molti paesi emergenti

Questo è il mantra che ci ripetono da 25 e ci ha fatti finire nel baratro.

Come ho cercato di mostrare sopra, NON E' VERO che il debito pubblico è stato generato da un eccesso di spesa statale. E' vero invece che è cresciuto a dismisura per una cattiva gestione dello stesso e per la scelta di rinunciare prima degli altri alla sovranità monetaria.

La Germania ha una spesa pubblica maggiore, lavora meno tempo, ha più diritti e garanzie sul lavoro, eppure è la locomotiva d'Europa. Chissà perchè...

Io sono il primo che caccerei via senza pensione le segretarie parassite e rompiscatole che si credono indispensabili e invece non fanno altro che produrre burocrazia e ostacoli a chi lavora e i vecchi baroni che si credono luminari ed invece hanno sempre e solo rubato lo stipendio e tiranneggiato i giovani. Non è però colpa loro se siamo indebitati in questo modo.

Con ciò non voglio dire che non ci siano state e non ci siano spese inutili.

La tua critica, però, è fuori tempo massimi di 10-20 anni. Oggi l'amministrazione pubblica è fatta per lo più di precari pagati pochissimo e con zero diritti. La ricerca idem. La sanità pure. In certe zone non hanno neppure più i soldi per le ambulanza (a Napoli dopo un incidente hanno dovuto rubarne una gli amici, per avere soccorso!). Ma lo sai che se chiami il 118 non viene neppure un medico (perchè hanno tagliato anche quello)? Ti portano all'ospedale e basta. E questo sarebbe lo stato superassistenziale?

Ma tu vuoi davvero la sanità azzerata come Trump? E se non a tutelare cose come la salute dei cittadini a cosa serve lo stato?

Nella scuola e nell'università ci sono molti meno docenti di quelli che servirebbero, perchè la Gelmini ha bloccato tutto per anni (oltre a creare precari quarantenni). Vuoi tagliare ancora?

Ma non lo capite, voi che parlate solo di bilanci, come il vero motivo per cui l'Italia non tiene il passo della competizione globale sia proprio l'aver tagliato troppo proprio sulla conoscenza, sulla ricerca, sui giovani?
Esportando ingegneri e ricercatori e importando immigrati che al massimo fanno i braccianti pensi che le cose possano migliorare?
Davvero, anche senza essere complottisti, l'impressione è che la cricca che ha a che fare con la finanza e che difende a spada tratta il neoliberismo remi contro!

Resto convinto che con le aziende guidate da "self-made men" che pensano allo studio come ad una perdita di tempo (solo perchè nel dopoguerra hanno potuto arricchirsi con la terza elementare) o da neoliberisti della bocconi che di scienza e di tecnica non conoscono manco l'etimo l'Italia non si riprenderebbe manco se avesse il bilancio in pareggio!
Perchè dagli Usa dobbiamo importare solo gli errori (modello sociale) e non le cose giuste (aziende hi-tech guidate da giovani ingegneri)?

La finanza speculativa (delle stesse banche in cui hanno lavorato tutti coloro che hanno imposto finanziarie lacrime e sangue e che oggi predicano rigore) hanno de-industrializzato l'Italia. Con il rendimento dei bot che cresceva perchè la banca d'Italia separata dal Tesoro aveva smesso di comprare, le aziende hanno smesso di investire nell'attività produttiva e hanno iniziato a fare "altri investimenti" (vedi il disastro a cui Romiti ha portato la Fiat, che con Ghidella era stata un fiore all'occhietto, e lascialo dire a chi vive di Quattroruote, ma quando le avremo più Croma, Thema e 164 con la concorrenza tedesca che rosicava?).

E adesso dovremmo seguire la ricetta di questi figuri?

E per che cosa, per "tenere il passo"? Ma di chi? Per andare dove? Il fine dello stato deve essere il benessere dei cittadini. La finanza è solo un mezzo. Se dobbiamo vivere come vivono gli americani, meglio davvero il socialismo.
A cosa serve essere "i primi al mondo" se poi la tua gente rischia di finire in un mese dall'agiatezza al cartone sotto il ponte perchè il sistema non ha ammortizzatori sociali? A cosa serve avere tante opportunità di carriera se poi la tua vita può essere stroncata in ogni momento da un "reato d'opinione" politicamente scorretto o da una falsa accusa femminista (e bada che per evitare questo non basta non sposarsi, posto che è assurdo progettare una società nella quale chi vuol vivere libero e felice non può sposarsi e avere figli)? Io ho vissuto per sei mesi negli Usa e piuttosto che ritornare a quella situazione (babele di lingue e di facce, minacce di denunce per qualunque cavolata, tipo mobile spostato, nessun valore, nessun argomento di discussione, nessun segno di appartenenza diverso dal denaro, meeting a porte aperte per paura di accuse di molestia e via andare, a partire dall'assenza di rapporti umani non strumentali o ipocriti) andrei a combattere per il Califfo (almeno lì c'è una sia pur discutibile comunità).

Piuttosto che lasciare che la gente si impoverisca, perda l'identità, la speranza, il lavoro, sia travolta da femminismo e immigrazione, solo per permettere a quattro brutti ceffi di Wall Street (e ai loro imitatori nel mondo) di vivere da nababbi senza lavorare e di scoparsi modelle mentre impongono a noi la frustrazione e la tirannide con l'obbligo di obbedire sorridendo e in silenzio alle stronze, preferirei di gran lunga un bel totalitarismo, se questo mi garantisse di liberarmi di questi "filantropi".

Gente che volentieri farei salire sulla mia "gaswagen" Audi con motore euro 5 ad emissioni taroccate (dopo aver sigillato l'abitacolo e collegato il tubo di scarico alle loro facce)!
Tanto dite comunque che sono nazi per le mie idee, tanto vale che mi attrezzi...

Beyazid_II
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12/10/2018 | 21:54

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@Itaconeti said:
le tue sono idee sconfitte nel 1945 dall'occidente liberale

P.S.
Ad essere precisi, da un punto di vista militare, non è stato l’occidente liberale a sconfiggere Hitler, ma l’oriente sovietico di Stalin. Ed usando non una “superiore civiltà”, ma semplicemente la disposizione del popolo russo di allora, abituato a soffrire e morire in massa solo perché così veniva ordinato. L’Armata Rossa ha sopportato perdite pari a 6 volte il suo numero all’inizio della guerra e solo così ha potuto battere la Wermacht, che ha fatto la fine di Annibale (il quale, lo ricordiamo per chi non ha i nostri studi, pur militarmente sempre superiore, fu alla fine sconfitto dalla capacità romana di opporgli contro nuovi eserciti dopo ogni sua vittoria).
I soldati dell’occidente liberale, quando si è trattato di passare dai comodi bombardamenti ai più pericolosi scontri di terra, hanno fatto forse più ridere anche degli italiani nel film di Sordi. Gli Inglesi, che erano i meno peggio, si sono arresi in 138.000 a Singapore ai pochi contingenti nipponici del generale Yamashita nel febbraio del 1942 (“scandalo militare”, disse Churchill) e in 35.000 a Tobruk davanti a Rommel.
Nessun film ha raccontato l’ammutinamento di 3000 soldati britannici a Salerno, quando, seduti sulla sabbia, presero a sassate gli ufficiali che volevano convincerli a rientrare nei ranghi. Gli Americani poi, al netto dei films in cui uccidono venti tedeschi ognuno, hanno fatto figuracce su ogni fronte. In Italia, ad esempio, hanno impiegato due anni a risalire la penisola (nonostante un rapporto numerico di tre a uno) e hanno sfondato la linea Gotica quando ormai i Tedeschi si stavano arrendendo in Patria. Nelle Ardenne sono stati messi in difficoltà da ragazzini più piccoli dei loro mitra. Persino in Garfagnana, nell’inverno del 1944, hanno indietreggiato di fronte ad un contrattacco veramente misero di tedeschi di leva e volontari della RSI (ed hanno dato la colpa ai soldati di colore!). Se non ci fosse stata l’Armata Rossa la guerra in Europa non si sarebbe mai conclusa.
Se dovessimo valutare in base ai risultati nelle guerre mondiali, dovremmo concludere che il miglior sistema di governo è lo stalinismo!

che nel 1989 ha fatto crollare anche l'impero sovietico

Sei sicuro che il comunismo sia caduto con il Muro e non si sia semplicemente trasferito da est ad ovest sotto forma culturale?
Lavoro femminile imposto (che ha dimezzato la remunerazione di quello maschile) de facto. Mezzi di informazione (almeno quelli mainstream) a senso unico (con Trump si resero ridicoli, trattandolo a priori come un buffone, pronosticando non arrivasse nemmeno alle primarie e raccontando una vittoria di Hilary fino ad un minuto prima del responso inverso! Con la politica estera è una continua propaganda occidentalista simmetrica a quella che prima del 1989 si aveva in europa orientale pro blocco sovietico!). Condanna alla morte civile di qualunque oppositore (se entri in contrasto con una “categoria protetta”, dalle donne e gli immigrati, puoi essere la persona più corretta e competente del mondo ma perdi il lavoro o ti devi scusare come ai tempi della rivolta di Praga). Imposizione di quote ovunque come nei paesi comunisti. Impoverimento generale. Sfera economica posta sopra quella spirituale, anzi, posta sopra tutto (persino sopra il sapere, con buona pace dei vecchi sostenitori della cultura di sinistra e dell’immaginazione al potere). Polizia di pensiero (forse un giorno arriveranno su internet). Accuse di “fascismo” potenzialmente rivolgibili a chiunque per screditarlo. Quantità che domina sulla qualità in ogni ambito della vita civile, dai social (numero di followers per stabilire il “valore sociale” di una persona, vedi i discorsi di @Arietback) all’accademia (numero di pubblicazioni e citazioni per valutare il “merito” individuale, senza nemmeno entrare nel “merito” scientifico di quanto davvero svolto dal ricercatore), passando per la cinematografia (tanti film scarsi solo per vendere) e la produzione di beni come di cibi (quanti sono davvero “di qualità”?).
Non ti ricorda tutto questo le ultime pagine di “Rivolta contro il mondo moderno” in cui si descrive l’americanismo come altra faccia del comunismo?
Strumia ha parlato di marxismo culturale per criticare la “cultura” femminista che usa la retorica della donna oppressa (speculare a quella del proletario oppresso) e il dogma dell’uguaglianza per discriminare gli uomini nella scienza e nella vita. Forse ha più ragione di quanto non pensi.

la stessa fine stanno facendo i fondamentalisti islamici

Sicuro?
Io vedo che non solo i sostenitori del sistema attuale se la fanno sotto appena un alito di vento risuoni anche solo da lontano di “nazionalismo”, di “socialismo”, di “fascismo” (devono aver preso davvero tanta paura Churchill e nipotini in quell’estate del ’40 quando furono salvati dai piloti polacchi…), ma prendono pure sul serio poche migliaia di nihilisti moderni che hanno trovato la loro ragione di vita nella loro origine araba, nel corano e nel Kalashnikov e si sono autoprocamati “stato islamico” (in maniera appena un po’ più credibile di quella con cui quei veneti si proclamarono “serenissimi”). Davvero puoi essere così sicuro che un fondamentalismo serio (intendo con uno stato serio alle spalle, come l’Iran, e con appoggi internazionali seri, come Russia e Cina) sarebbe spazzato via in breve?
E da che cosa? Dagli stuntmen che ad Hollywood prestano le proprie azioni ai divi progressisti che salvano il mondo? Vorrei vedere la scena di questi begli eserciti occidentali progressisti, con le loro brave quote rosa, quote LGBT, quote minoranze etniche, fronteggiare in massa un esercito di uomini non minati da un’educazione femminil-femminista o un popolo in armi davvero convinto di combattere per la propria libertà.
Dai che ho voglia di ridere. Questi bei maschioni femministi o gayfriendly, educati alla pace e a scodinzolare per il regime politicamente corretto, mandati a morire per le “donne al potere” e i “valori arcobaleno”.
Ma hai visto la faccia del ministro della difesa russo? Comparala con quella delle ministre occidentali. Dai, non puoi dire sul serio. O pensi davvero che tutto si possa sempre risolvere telecomandando un drone o spingendo un pulsante in una valigetta?

niente male per un occidente liberale descritto come debole

Intende dire che il sistema neoliberista indebolisce i popoli (anzi, li distrugge proprio, minandone la coesione sociale, azzerandone la natalità, e annacquandone l’identità in ogni senso spirituale ed etnico), non che è debole il sistema.
Il sistema è la malattia. I popoli sono l’organismo. Più il primo è forte, più il secondo è malato.
Anche volendo sorvolare sul confronto fra la Svezia liberale e libertina ma ordinata di trent’anni fa e la fogna sociale e femminista di oggi, fra l’Italia degli anni ’80 in cui il massimo dello scontro sociale erano gli insulti fra la gang di Jerri Calà e i “terruncielli” di Abbatantuono e il Bronx italiano di oggi in ogni periferia, ti sembrano le nazioni europee di oggi nazioni solide dal punto di vista non solo economico, ma sociale, etnico, linguistico ecc.? Anche se forse a te non interessa di avere fra altri trent’anni un popolo che non parlerà più la “tosca favella”, c’è sempre l’argomento Europeo.
Prima che l’Europa sposasse la causa del liberalismo senza freni (quando cioè il modello liberale era solo uno dei due poli fra cui scegliere, permanendo all’opposto quello “conservatore”) era al centro del mondo, con la sua cultura e le sue colonie. Oggi siamo noi i colonizzati, culturalmente, economicamente e militarmente. Non basta?

Beyazid_II
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12/10/2018 | 15:51

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@Itaconeti said:

@pussylicker said:
la globalizzazione significa nero è bello, multiculturale è bello e bianco è colpevole, non mi sembra invenzione degli europei. la globalizzazione significa che nei paesi europei il nome di gran lunga più diffuso per i neonati è mohammed, non mi sembra un nome europeo. la globalizzazione vuole che il cristianesimo scompaia non solo come religione, ma anche come filosofia morale, il "non fare agli altri quello che non vuoi che venga fatto a te stesso" cristiano è stato sostituito dal "la tua libertà finisce quando danneggia la libertà altrui" di stampo massonico/satanico, la globalizzazione demonizza la religone europea per eccellenza, non mi sembra tanto europeo. la globalizzazione è mcdonald, starbucks e kebab, non fanno parte della tradizione culinaria europea. il capitalismo liberale (o liberista come diavolo si chiama) e sovranazionale e l'usura bancaria sono idee che provengono da un'altra cultura non proprio europea.

Che poi la globalizzazione piaccia o meno è un altro discorso, ma l'europa è caduta il secolo scorso, il primo passo verso la globalizzazione è stato proprio distruggere l'europa e rincretinire e demascolinizzare gli europei.

le tue sono idee sconfitte nel 1945 dall'occidente liberale

Tu quoque scadi nella "reductio ad hitlerum"?
Forse perché nemmeno tu credi negli argomenti politicamente corretti che di solito si snocciolano in questi casi, i quali qui, fuori dall’ambito pubblico menzognero del politicamente corretto, non riuscirebbero a smentire nemmeno una delle semplici (anzi, quasi banali) verità ricordate da @pussylicker (stronzate “massonico-sataniche” a parte, ovviamente)?
State attenti: se per pura comodità dialettica (screditare l'avversario senza dover controargomentare nel merito) continuate ad accusare di "nazismo" chiunque osi opporsi alla visione del mondo che supporta e giustifica le porcherie femministe e terzomondiste (quelle che, trasformando in colpe i meriti, vorrebbero tramite le prime tiranneggiarci moralmente e penalizzarci materialmente in quanto “maschi-bianchi-etero”) e la menzogna egalitaria (davvero si può pensare che il popolo capace di generare il Rinascimento sia uguale a qualunque insieme di essere umani preso a caso dal caos della globalizzazione e delle migrazioni?) finirete per avere tutti gli uomini non ancora abbacinati dalla menzogna in camicia nera o bruna. E’ questo che volete?

Sono state le civiltà fondate sul principio patrilineare (il quale, non smettiamolo mai di ricordarlo, non significa “maschilismo”, ma semplicemente vedere la vera vita nascere non nella dimensione bassamente biologica del grembo materno, ma in quella “spirituale” di ciò che l’azione e il pensiero di una società di uomini virtuosi ha costruito e a cui si accede per prova o per rito, e quindi è in sé funzionale al “generare verso l’alto”) e non quelle matriarcali (tutte più o meno vincolate all’egalitarismo mesolitico proprio dalla credenza nella matrice cosmica da cui ogni individuo dirama e a cui ritorna dopo un’esistenza effimera) a portare questa parte di umanità dalla preistoria alla storia (con tutte le differenziazioni dell’umano primordiale in quelle identità di sangue e spirito propriamente storiche che il mondialismo capitalista mirante alla “fine della storia” vorrebbe oggi cancellare), o comunque a farle compiere un salto di livello qualitativo superiore a quanto fatto dalle altre civiltà (si vedano la Grecia di Omero, la Roma Repubblicana, l’India dei Veda, la Persia Iranica che si affermano su civiltà precedenti - pur tecnologicamente anche più progredite – proprio in virtù della superiore capacità di fare delle invenzione della tecnica strumenti per un cambio vincente di paradigma, quale fu ad esempio la tripartizione funzionale di cui parla Dumezil)?
Sono stati gli autori del “ratto delle Sabine” a generare il concetto stesso di “diritto” e a svilupparlo nei secoli sì che oggi tutti possiamo non essere soggetti all’arbitrio di un re o all’irrazionalità di una plebe forcaiola, ma giudicati secondo ragione e secondo giustizia?
Niente, per le femministe non sono meriti storici, ma colpe da espiare oggi (“ci avete escluse dalla civiltà per millenni, non ci avete dato i diritti per secoli, ora ci dovete dare le quote, ora dovete pagare…” il loro leitmotive, anziché “grazie per aver generato una società in cui possiamo vivere comode, truccate e ben pasciute”).

Sono stati gli antenati degli Europei a compiere quelle imprese degne degli dèi e, per grandezza, potenza e durata e tali da costituire il mito fondativo di intere epoche () ed a generare quelle mirabili strutture dell’arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società, destinate a non essere raggiunte dai contemporanei né superate dai posteri?
Sono stati gli europei (come tu giustamente ricordi) e non altri raggiungere per primi un livello di civiltà e di consapevolezza tale da poter ad esplorare, conoscere e conquistare (nel bene e nel male) l’intero globo?
Non è, come sarebbe logico in una morale non sovvertita, “merito”, bensì “colpa”: colpa di aver commesso il “peccato originale” di staccarsi dal “dio che ci aveva creati tutti uguali”, colpa di aver “escluso dalla civiltà le minoranza” (che poi in realtà sarebbero maggioranza, ma hanno contato poco proprio perché incapaci di generare veramente una civiltà propria), colpa di aver “rubato la storia agli altri popoli” (quando, semmai, da solo questi non ci sarebbero mai entrati).
Questo è il modo di ragionare di femministe (sempre più organiche al capitalismo) e terzomondisti (gesuita piemontese in testa). Non lasciare che opporsi a questo sia prerogativa di nostalgici del fascismo o del nazismo. Dovrebbe essere evidente ad ogni sguardo libero dall’ideologia progressista che la vittimizzazione delle donne e degli extra-europei nasconda il medesimo fine tirannico e menzognero del primo cristianesimo (quello nato dalla “rabbiosa e vendicativa avversione alla vita” da parte di chi è stato sconfitto dalla storia e per questo cerca di “rubare” all’altro quanto di superiore non ha saputo generare da sé sovvertendo i valori dei vincitori e avvelenandolo con maledizioni e sensi di colpa).

C’erano forse, qui nell’Europa mediterranea, “i pari diritti per tutti” prima del tanto vituperato “patriarcato” indoeuropeo? No, c’era l’arbitrio tirannico della matriarche, c’erano le proto-melanzane che sfruttavano le disparità naturali favorevoli al sesso femminile per rendere la vita degli uomini insopportabile come quella di un bambino nella scuola femminista di oggi (e come noi oggi possiamo come detto più volte sperimentare anche oltre l’età scolare, ovunque non ci sia concesso di bilanciare con lo studio, il lavoro, il successo, la posizione sociale, la cultura, il potere, tutto quanto è dato alle donne in desiderabilità e potere dalla natura), come quella di un elefante costretto a vivere da apolide nella sempiterna frustrazione di ogni disio, per non dire, nei casi estremi, come quella di un fuco (almeno da un punto di vista psicologico, sessuale o finanziario)!
C’erano forse, nel mondo, prima dell’arrivo degli Europei, pace, prosperità e “progresso”? No, c’era la foresta, la legge della giungla, c’erano i sacrifici umani, c’erano le risorse naturali, del cui furto siamo accusati ma di cui gli indigeni non sapevano che fare, c’erano le guerre tribali fra gruppi umani che nulla avevano in meno per ferocia e volontà di sterminio rispetto a quanto siamo abituati a condannare nella storia (come del resto dimostrato dalla storia recente dell’Africa non appena sono state date a quelle tribù armi più efficaci delle frecce). Non servono teorie razziste per constatare ciò. Basta la pratica. Basta vedere cos’è tornato ad essere il Sudafrica dopo essere stato, grazie a Portoghesi, Olandesi e Inglesi, un pezzo di Europa per secoli: l’ennesimo angolo di Africa da cui chi vuol vivere deve scappare.
Non voglio certo dire che si debba applicare una apartheid per africani, donne o per chiunque altro, ma, semplicemente, che chiunque, non riconoscersi per origine, valori o natura, nel mondo costruito dal vituperato “maschio-bianco-etero”, vuole comunque viverne i benefici materiali, deve mostrare almeno un atteggiamento improntato alla motivata gratitudine (“grazie per poter entrare”), non ad una aprioristica rivalsa (“era un mio diritto entrare e mi hai lasciato fuori fino ad ora”).

Quando il prof. Strumia ha detto che “la fisica è stata fatta dagli uomini ed è una conquista, non una concessione”, ha detto una verità immensa che va ben al di là delle donne, delle loro pretese e della fisica, e che coinvolge il senso stesso della civiltà europea. Tutto quanto è connesso in qualche modo con essa è, di norma, una conquista, non un “dono di dio” di cui qualcuno si è appropriato a scapito di altri o altre!
Eppure, da più di vent’anni a questa parte (più o meno a partire dalla seconda presidenza Clinton) si è insinuato in occidente il virus delle “quote”, della “tutela di tutte le minoranze” (anche quando, come appunto il caso delle donne o degli extraeuropei, sono una maggioranza mondiale!), della “colpevolizzazione del maschio-bianco-etero”. Ecco allora che chi non ha (statisticamente, intendo) mostrato né troppo interesse né troppa eccellenza nella fisica, reclama posti riservati (a scapito ovviamente “dei maschi”) ed attribuisce a presunte “discriminazioni” i propri (sempre statisticamente, le persone sono variabili aleatorie da valutare caso per caso) minori successi. E chi si oppone viene sospeso dal Cern. Ecco anche che chi arriva in Italia su un balcone si sente in diritto (o qualcuno lo fa sentire in diritto) di lamentarsi perché il menu non è di proprio gradimento. Se avessimo raccontato questo trent’anni fa, saremmo stati presi per comici. Invece oggi è la realtà che ci hanno regalato il neo-progressismo ed il neoliberismo. E chi fa notare l’assurdità è bollato come “razzista”, “fascista”, “misogino” (che per me, nella sua nobile e precisa accezione antica di “vivere liberi e felici nonostante la presenza delle donne nel mondo” è un complimento). Delle due l’una: o la caccia al “maschio bianco etero” è un parto interno della civilizzazione europea, ed allora si deve parlare di malattia degenerativa (o perlomeno di nevrosi, come tutto quanto nasce dai sensi di colpa), o è una manovra eterodiretta, e allora si deve parlare di elite che non fanno più l’interesse dei loro popoli (ed instillano loro i sensi di colpa per sospendere il loro giudizio razionale su quanto di irragionevolmente antieuropeo sta accadendo nella culla della civilizzazione europea).
Se è una malattia, bisogna trovare gli anticorpi, se è una macchinazione, bisogna smontarla. In nessun caso bisogna assecondarla prendendola per “inevitabile destino” indimostrabilmente insito nella nostra spinta civilizzatrice da secoli!

Non siamo ancora alle persecuzioni, ma alle prime discriminazioni certamente (vedi ancora Strumia). Altrettanto certamente siamo alla censura (non esplicita, ma non meno efficace: se non ti adegui al politicamente corretto, perdi il lavoro e con la minima scusa la macchina del fango agisce su di te). In maniera parimenti innegabile siamo all’incapacità di difenderci come popolo (in tempi “normali” i giovani correvano ad arruolarsi per conquistare nuove terre, ora fanno volontariato per ONG pagate da chi vorrebbe far venire qua il mondo intero e ridurci a terra di conquista per il turbocapitalismo popolata di un brulicare indistinto di bisogni in cui le etnie originali, e con loro ogni possibile resistenza al totalitarismo consumista e allo smantellamento dei diritti del lavoro, siano annegate).

Ormai uomini di tutte le opinioni politiche e di tutte le estrazioni culturali non possono non vedere come, dietro la bandiera del neoliberismo, almeno da venticinque anni, sia in atto la spoliazione di ogni ricchezza finanziaria, culturale, storica ed “etnica” dei popoli europei. E come dietro la “lotta alle discriminazioni” vi sia la volontà di cancellare (culturalmente, economicamente e pure sessualmente) la natura maschile (che è anche guerra e quindi pericolosa per il perpetrarsi di questo sistema perverso di potere). Ne abbiamo parlato tante volte (dalla criminalizzazione di qualunque espressione del desiderio – a partire dallo sguardo – alla privazione di qualunque possibilità sociale per raggiungerlo – a partire dalla lotta alla prostituzione e alla possibilità stessa di risultare desiderabili tramite il successo economico, sempre più raro per tutti e oggi sempre più osteggiato quando è acquisito dagli uomini - vedi quote rosa e favoritismi per molti posti di prestigio giustificati facendo passare i nostri meritevoli sforzi individuali di bilanciamento dei privilegi e dei poteri naturali femminei come prova di inesistenti discriminazioni!).

Ora dico basta. Non è possibile che questi temi siano ghettizzati nella cosiddetta “ultradestra”. Devono essere patrimonio di tutti gli uomini consapevoli, dal marxista al liberale autentico. Tutti, favorevoli o meno al capitalismo, dobbiamo riconoscere come patologica la sua attuale fase. E non accettare che la critica radicale a ciò, che culturalmente parlando, ha generato il nazifemminismo, sia tacciata di “fascismo”.
Se continuate quella pessima abitudine iniziata da quella sciagurata lezione di Eco a chiamare “ur-fascista” qualunque richiamo (in contrapposizione alla mitologia egalitaria, nihilista nell’animo e decadente nell’effetto, oggi imperante) alla visione del mondo virile e aristocratica propria dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e civiltà (quale possiamo ancora cogliere per exempla nell’Iliade, nell’Eneide, nella Baghavad Gita, nei Poemi Persiani, nell’Edda, nel Beowulf) o addirittura qualunque visione politica o culturale non totalmente asservita al mondialismo e ancora capace di considerare normali concetti quali sovranità e identità, senza bisogno di trasformarli in “ismi” (come, ad esempio, la Russia di Putin, che ogni anno a maggio festeggia la vittoria sul nazismo rispolverando la stella rossa) non solum date al fascismo un rango culturale (quello di primo e unico movimento in grado di invertire la decadenza denunciata dall’autore dell’Anticristiano) che non avrebbe mai avuto né meriterebbe, sed etiam rischiate, in prospettiva, di accrescere il consenso politico e sociale di chi davvero considera il maestro di Predappio “un grande statista”!
Ma perché ri-volere quei principi etico-spirituali che hanno caratterizzato l’alba della nostra civiltà (al posto di quelli che stanno segnando la nostra fine) dovrebbe obbligarmi a farmi sentire un soldato di Hitler? Perché il rigetto del politicamente corretto dovrebbe essere inconciliabile con il considerare Mussolini soltanto un “patacca”?

Gli egalitari continuano a sostenere i loro “Immortali principi” pur senza dover portare il peso del Terrore giacobino e del massacro di Vandea? I socialisti continuano a ritenere positiva la loro ideologia senza sentirsi complici di Lenin o di Stalin?
E allora io perché devo sentirmi il busto del duce sulla testa se dico “prima gli Italiani” (anzi, meglio: “prima l’Italia”)? Perché devo sentirmi dire che “sono stato sconfitto nel 1945” se mi propongo di combattere contro il neoliberismo che sostiene il nazifemminismo ed il terzomondismo?
“Io leggo Nietzsche, disprezzo l’egalitarismo ed apprezzo le origini indoeuropee. Anche Hitler leggeva Nietzsche, disprezzava l’egalitarismo e apprezzava le origini indoeuropee. Quindi io sono come Hitler”. Ma questa è una fallacia logica. Più precisamente, un sofisma: “Socrate è mortale. I cani sono mortali. Quindi Socrate è un cane.” Questo è il sofisma sotteso all’antifascismo militante e alla cultura accademica figlia di Eco e compagnia.

Questo antifascismo sta veramente lavorando a favore del vero nazifascismo!
Chi per età non ha visto con i propri occhi quanto i Tedeschi hanno fatto in Polonia, o sentito raccontare da parenti scene simili a quelle che Polanski ha immortalato nel “Pianista”, potrebbe oggi (e sempre più in futuro) pensare (sulla base delle continue menzogne politiche, culturali e persino “scientifiche” che il “politicamente corretto” riversa su Putin, sull’Iran, sulla politica estera in generale, sul “gender”, sull’immigrazione, sulla presunta oppressione di genere, o anche solo sulla vita quotidiana del genere maschile) che anche la storia sia stata una “montatura di Hollywood” arrivando persino a percepire eventuali “SS” come “esercito di liberazione” dalla doppia tirannide finanziaria e femminista che si sta in effetti sempre più rivelando (quella sì) qualcosa di davvero simile ad una forma “sofisticata” di nazismo.

Se il nazismo era hating contro gli ebrei, i polacchi, gli zingari e razzismo contro tutti i non-tedeschi,
il femminismo di oggi è hating contro tutti gli uomini. Ed il mondialismo è razzismo contro tutti i popoli.

Beyazid_II
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11/10/2018 | 19:51

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@Itaconeti said:

@pussylicker said:
era da un po' che non entravo in questa discussione. E sinceramente mi fa ridere chi crede che la globalizzazione sia un'invenzione occidentale. Se per occidentale intendete europea le fondamenta culturali dell'europa sono greco-romane e cristiane, la globalizzazione e il capitalismo sono invenzioni di tutt'altra gente e questa gente ve l'ha pure detto più volte.

il concetto di occidente è culturale e non c'entra con l'europa che è un concetto geografico

l'0ccidente comprende l'europa occidentale - ora estesa con la ue anche alla new europe ex parte dell'est europa - più le ex colonie usa e canada nel nord america

le fondamenta dell'occidente sono nell'europa occidentale e sono greco-romane e cristiane e proprio da queste radici deriva la spinta espansiva che è diventata in questa epoca globalizzazione

i romani non sono stati a casa loro ma hanno fondato un impero espandendosi in tutte le aree di europa e africa e asia in cui potevano farlo in base alle possibilità tecniche dell'epoca classica

i cristiani cattolici e protestanti dell'europa occidentale hanno colonizzato buona parte del mondo

la globalizzazione è la continuazione di questo processo partito dallo spirito espansivo romano e cristiano degli europei occidentali volto all'occidentalizzazione del mondo

Non è del tutto vero.
I Romani fermarono volontariamente la propria stessa espansione, quando si resero conto che confini troppo vasti sarebbero stati difficilmente controllabili. Adriano rinunciò persino ad interi territori conquistati dal proprio predecessore Traiano, pur di garantire una migliore governabilità. Ma, si sa, allora si aveva il senso del confine perché si avevano quello di forma (di cui il primo è semplicemente il contorno) e di kosmos (mondo ordinato e dotato di senso da contrapporre al chaos primordiale). E, soprattutto, vigeva il primato della politica. “imperium significa dominio, innanzitutto, dominio del “politico” (in senso alto, platonico, di dare demiurgicamente forma, e quindi valore, significato e bellezza, al mondo, di rendere la vita dei cittadini diretta al "Bene").

La ricchezza non era disprezzata, ma la cupidigia non era una virtù come oggi.
Fra Crasso, Cesare e Pompeo non ha vinto il più ricco. Un epilogo impossibile secondo lo spirito capitalista che pretenderesti derivare da quello romano...

Beyazid_II
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11/10/2018 | 19:49

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@Itaconeti said:

@pussylicker said:
era da un po' che non entravo in questa discussione. E sinceramente mi fa ridere chi crede che la globalizzazione sia un'invenzione occidentale. Se per occidentale intendete europea le fondamenta culturali dell'europa sono greco-romane e cristiane, la globalizzazione e il capitalismo sono invenzioni di tutt'altra gente e questa gente ve l'ha pure detto più volte.

il concetto di occidente è culturale e non c'entra con l'europa che è un concetto geografico

l'0ccidente comprende l'europa occidentale - ora estesa con la ue anche alla new europe ex parte dell'est europa - più le ex colonie usa e canada nel nord america

le fondamenta dell'occidente sono nell'europa occidentale e sono greco-romane e cristiane e proprio da queste radici deriva la spinta espansiva che è diventata in questa epoca globalizzazione

i romani non sono stati a casa loro ma hanno fondato un impero espandendosi in tutte le aree di europa e africa e asia in cui potevano farlo in base alle possibilità tecniche dell'epoca classica

i cristiani cattolici e protestanti dell'europa occidentale hanno colonizzato buona parte del mondo

la globalizzazione è la continuazione di questo processo partito dallo spirito espansivo romano e cristiano degli europei occidentali volto all'occidentalizzazione del mondo

Non è del tutto vero.
I Romani fermarono volontariamente la propria stessa espansione, quando si resero conto che confini troppo vasti sarebbero stati difficilmente controllabili. Adriano rinunciò persino ad interi territori conquistati dal proprio predecessore Traiano, pur di garantire una migliore governabilità. Ma, si sa, allora si aveva il senso del confine perché si avevano quello di forma (di cui il primo è semplicemente il contorno) e di kosmos (mondo ordinato e dotato di senso da contrapporre al chaos primordiale). E, soprattutto, vigeva il primato della politica. “imperium significa dominio, innanzitutto, dominio del “politico” (in senso alto, platonico, di dare demiurgicamente forma, e quindi valore, significato e bellezza, al mondo, di rendere la vita dei cittadini diretta al "Bene").

La ricchezza non era disprezzata, ma la cupidigia non era una virtù come oggi.
Fra Crasso, Cesare e Pompeo non ha vinto il più ricco. Un epilogo impossibile secondo lo spirito capitalista che pretenderesti derivare da quello romano...

Beyazid_II
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11/10/2018 | 19:43

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@Itaconeti said:
@Beyazid_II

certamente le teorie economiche - e tutte le teorie sociali - sono interpretazioni come dice popper

ma il capitalismo non è economia bensì uno 'spirito' - come dice max weber - che costituisce una modalità di rapporto sociale

Tu l’hai detto. E’ spirito, non scienza. Quindi il suo studio non è episteme, ma narrazione.
E’, cioè, qualcosa che non potrà mai essere dimostrato, ma che trae il sentimento della propria esistenza del semplice fatto che la gente se ne lasci convincere e la “dimostrazione” della propria reale importanza dagli effetti che tale adesione fideistica ha sul mondo.

Se con una macchina del tempo potessimo tornare al medioevo, giudicando dal numero di fedeli presenti ad ogni funzione, dalla sincerità con cui gli oranti rivolgevano preghiere, si imponevano sacrifici e devolvevano ricchezze, dalla serietà con cui nelle università venivano trattati concetti ad esso correlati, saremmo certamente persuasi dell’esistenza dello “spirito santo”. E da un Bernardo di Chiaravalle che sveniva per tensione psichica mentre predicava la crociata, dagli eserciti che si scontravano in battaglia per diverse interpretazioni delle scritture, da imperi e regni che determinavano politiche fondandosi sui dogmi religiosi, dedurremmo l’inconfutabile esistenza e l’assoluta serietà di tutte quelle cose che la successiva ed opposta narrazione illuminista ha poi bollato come “superstizioni” (e di cui ora possiamo ridere).
Il “Peccato originale” (con cui si giustificava l’inflizione di pena o di sensi di colpa a qualunque suddito senza giustificato motivo) si chiama oggi “debito pubblico”. Il “Dio” (a cui tutto deve essere sacrificato e da cui tutto deve essere in qualche modo motivato) è diventato “mercato”. Il “premio celeste” con cui si convincevano i fedeli ad agire e pensare contro il loro stesso interesse e la loro stessa natura (dalla cintura di cilicio e le prescrizioni antiigieniche alla repressione degli istinti e all’organizzazione oppressiva della società) è traslato oggi nel “futuro senza confini e senza guerre” (con cui si giustificano peraltro le guerre e le miserie presenti), nel “saremo tutti liberi ed uguali” (con cui si giustificano censure e discriminazioni femministe e si attuano sostituzioni etniche), nella “fine della storia” in un “verde pascolo in cui tutti saremo pacificamente felici e sazi perché non succederà più nulla” (versione edulcorata del consumismo in voga fino a qualche annetto fa).
Gli unici a cui non mi sento di cambiare nome sono “fedeli”, ora come allora sempre “pecore” (absit iniuria verbis).

Non diversamente è oggi lo “spirito del capitalismo” dallo spirito santo (come ha ben colto Diego Fusaro, il quale giustamente chiama “clero” l’insieme degli accademici che professano come verità epistemologica il “verbo” della mondializzazione e del turbocapitalismo).
Ed hai fatto bene a citare Max Weber, che ha mostrato come tale spirito sia figlio principalmente del luteranesimo (da cui ben si spiegano le derive moraliste odierne stile metoo, altrimenti razionalmente ed eticamente inspiegabili in un contesto realmente “laico ed emancipato”).
Ma cos’è lo spirito? In questa accezione “storica” non stiamo certo parlando di quell’entità superindividuale eppure oggettiva che, al contrario del corpo, si pone sopra (e non sotto) le singole individualità, ricomprendendole ad una luce superiore e unificante, di cui ci ha parlato il nostro comune amico Evola.

Qui stiamo evidentemente usando la parola nel senso hegeliano, neanche tanto riammodernato, di “Zeitgeist” (spirito dei tempi), quello con cui si costruiscono (oggi come ai tempi del famoso docente prussiano) carriere accademiche sulla fuffa (per non usare la parola che inizia con “m” con cui a ragione Schopenhauer identificava il suo contemporaneo), si convincono interi popoli di essere inseriti in un “flusso storico” inarrestabile (“la Germania è una nazione di cultura, una nazione di progresso, una nazione di idee” – diceva il professore ai ragazzi di “all’Ovest nulla di nuovo” – “arruolatevi ed andate a farvi ammazzare nei campi delle Fiandre per assecondare il corso della storia!”), si persuadono le persone a violare ogni legge umana e divina perché “non si torna indietro” (e allora via a stronzate sociali come le “quote rosa” perché “il futuro è donna”, a stronzate economiche come le privatizzazioni selvagge perché “non si può tornare allo statalismo”, a stronzate giuridiche come l’inversione dell’onere della prova e la definizione onnicomprensiva di molestia della prova perché “in un paese moderno non si possono processare le vittime e non si possono tollerare le molestie”).

Le autostrade triplicano i pedaggi e dimezzano la sicurezza? Il paese è stato de-industrializzato? Gli stranieri hanno comprato tutte le attività strategiche? Si sono svenduti patrimoni immobiliari, know how ed eccellenze nazionali di ogni tipo (industriale, intellettuale ecc.) prima di proprietà dello stato (e quindi di tutti)? E’ lo spirito dei tempi dell’economia e della politica e se non lo accetti sei “out”. I diritti e le opportunità individuali basate sul merito vanno a remengo? Chiunque può finire in galera anche prima e anche senza riscontri oggettivi o testimonianze terze della presunta violenza? Anche un primo complimento, un invito, addirittura uno sguardo, può essere bollato come molestia, distruggere una carriera o comunque qualunque possibilità di approccio a scopo amoroso o amichevole? E’ lo spirito dei tempi del costume e della morale, e se lo critichi sei licenziato.
Ah, Zeitgeist!

Se il cristianesimo, secondo Nietzsche, era “idealismo per plebei”, lo spirito dell’economia, il libero mercato, la globalizzazione sono “idealismo” per gente nata evidentemente per obbedire e zappare che è invece finita per sbaglio (o forse per precisa volontà di qualcuno a cui le teste di legno fanno comodo) a dirigere industrie, a sedere in parlamento, a insegnare in cattedra! Quello che Fusaro chiama delicatamente “clero”, da un nietzscheano duro come me può essere a ragione bollato come “ciarpame umano intellettualizzato”.

Si fanno convincere a sospendere il ragionamento (gente di sinistra, che dovrebbe “difendere i più deboli” ed invece critica misure volte ad alleviare le difficoltà delle fasce più deboli con la motivazione “il bilancio soffre l’Europa ci sgrida”, gente di destra, che dovrebbe “difendere la patria” ed invece si schiera con gli organismi sovranazionali che vogliono farci diventare una brutta copia degli Usa sotto ogni punto di vista, uomini di tutti i colori politici che, per cupidigia di vanagloria o cechitade di discrezione, sostengono pubblicamente il femminismo di cui poi cadono vittime – vedi Weinstein - e ne votano all’unanimità quelle stesse leggi – vedi prostituzione, divorzio, violenza/molestia, aborto ecc. - che riducono sempre più le possibilità di bilanciare in desiderabilità e potere la bellezza e privano tutti gli uomini della possibilità di vivere liberi, sicuri e felici, come da promessa – sempre meno mantenuta - dello stato liberale di diritto), a deporre le armi (perché “la violenza politica è superata”, quando però i moderni stati neoliberisti e neofemministi non disdegnano di fare la guerra a nazioni sovrane per cambiarne regime e di distruggere materialmente la vita ai cittadini per via giudiziaria o finanziaria quando qualcuno si manifesta non organico al sistema o semplicemente non in grado di pagarne i balzelli), a illudersi (per non dire rincoglionirsi) nella propria stessa sfera privata (uomini che rifiutano di vedere la realtà e fingono che il femminismo non sia il vero nazismo del nostro secolo, e si arrampicano sugli specchi per dimostrare – vedi caso Strumia – come non ci sarebbe nulla di strano o di sbagliato nelle ultime derive censorie e discriminatorie del femminismo, puttanieri – me compreso, ovviamente - che si illudono di potersi realizzare sessualmente nell’indipay, tutti noi a parlare sempre più spesso qui non più solo di figa, ma pure di sentimenti, amore, amicizia, come se tutto si potesse davvero comprare)!

Tutto perché “c’è lo spirito”, lo spirito liberale, lo spirito del capitalismo, lo spirito invitto ed invincibile!
Visti da fuori, sembriamo, tutti noi occidentali, un “popolo in preda alla magia”. Altro che evoluti! Siamo noi i nuovi indigeni che per delle “paccottiglie” “svolgiamo “lavori che non ci piacciono per comprare cose che non ci servono”, tanto per citare Fight Club.

Aveva trovato un bel titolo Hjalmar Schacht con il suo “la magia del denaro”. Solo tanti zero messi in fila (come dice Riina nel Capo dei Capi). Eppure convincono, con speranze e illusioni, la gente a fare tutto per nulla e a credere al contrario di tutto. Eppure il caro Schacht, quando ha dovuto fare “cose serie”, è stato il primo a saper rompere l’incantesimo, sganciarsi dal sistema, e risollevare economicamente la Germania in soli 5 anni (a suon di Mefo e baratto e tante smentite a tutte le teorie monetarie ed economiche dell’epoca). Tanto che è stato necessario tutto il mondo per fermare chi aveva dimostrato che si poteva far funzionare un moderno sistema-nazione in modo non primitivo senza dipendere dall’usurocrazia bancaria e da tutto il suo corollario speculativo e ideologico.

Ora, io non dico che si debba ricostruire un Terzo Reich o usare una rinnovata potenza nazionale per invadere la Polonia!
Chiedo semplicemente a tutti di riflettere se abbia davvero senso, ad esempio che:

  • si buttino via prodotti nostrani (pomodori e limoni, perché anche solo raccoglierli sarebbe svantaggioso) per importarne dall’estero (con costi in termini ambientali per il trasporto, per non dire della minore qualità) solo perché “la globalizzazione lo impone”;
  • si dissolvano la nostra lingua (ovvero una delle più antiche per storia poetica, apprezzate per musicalità, variegate per registri, nobili per lignaggio, figlia com’è del Greco e del Latino, ed espressive per possibilità di scelte di accostamenti e vocaboli) , i nostro costumi (sedimentati in secoli di civiltà spesso all’avanguardia dei tempi, dall’artigianato dei liberi comuni al Settecento della lirica, per non dire del fiore paradisiaco del Rinascimento), la nostra stessa composizione etnica (“latin sangue gentile”, diceva l’antitedesco Petrarca quando ancora non si poteva essere accusato di razzismo – ed io difatti non parlo di razza ma di composizione di etnie che hanno storicamente contribuito alla costruzione della civiltà in questa penisola) solo perché “bisogna parlare, comportarsi, essere da “globalizzati”;
  • sia impossibile avere un qualsivoglia rapporto amoroso o anche solo “trombo-amichevole” con una qualsivoglia appartenente al genere femminile perché il solo provarci è “molestia”, il solo guardare “violenza”, o semplicemente perché il costo in termini di fatiche, tempo, sincerità, dignità, recite e rischi di umiliazione ferimenti e irrisione, è troppo elevato in conseguenza della sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile operata dal fem-capitalismo consumista, o addirittura perché in caso di divorzio o litigio si rischia di fare la fine degli esuli ottocenteschi privati di famiglia, casa, roba o dei perseguitati politici dei totalitarismi imprigionati senza prove.

Tutto solo per non dover mettere in discussione il paradigma corrente, lo “spirito dei tempi”, il “liberalismo”. Ma cosa vi darà mai questo liberalismo, non dico nel dopoguerra quando ci ha dato pace e prosperità, ma ora (le idee DEVONO cambiare con le condizioni esterne!), per meritare questi sacrifici?

Non si può cambiare? Falso. Lo ha detto Itaconeti: non è legge fisica, naturale o chimica, è “spirito”. Quindi si può cambiare come si cambia una religione. Basta esserne convinti.

Non c’è tempo per smentire tutta la narrazione, mi limito a smentire l’esempio più eclatante, la madre di tutte le menzogne, il nostro debito pubblico. Non nel senso che non esista. Ma nel senso ci viene taciuta la verità su come si è generato.
Ho sempre ammesso di essere un ignorante in economia ed un incapace in finanza. Però quel minimo di capacità analitiche che posso trasferire dalle mie abitudini scientifiche è sufficiente, credo, per capire le cose più semplici. Mi sono preso la briga di verificare entità e composizione del debito dalla metà degli anni Ottanta ad oggi (prima di dire la mia sul tema). Ebbene, la tesi secondo cui sarebbe tutto nato dalle “spese folli dell’assistenzialismo” è smentita dai dati. Nel 1984 la spesa pubblica (al netto degli interessi sul debito) era 42,1% sul PIL, contro una media europea maggiore (45,5%). Dopo dieci anni, nel 1994, siamo passati a 42.9%, contro una media europea del 46,6%. Non mi pare ci sia tanta differenza. La componente che ha fatto esplodere in quei dieci anni il debito totale è stata l’interesse sui debiti. E perché? Perché siamo diventati improvvisamente inaffidabili, poco credibili? Tanto che nessuno voleva più comprare i nostro buoni del tesoro? Incapaci d’un tratto di generare ricchezza, innovazione, eccellenza? Da quinta potenza mondiale che eravamo?
Semplicemente, sono aumentati gli interessi perché qualcuno (Ciampi) ha deciso di separare la Banca d’Italia dal Tesoro, facendole praticamente smettere di acquistare titoli di stato. Ovvio che abbiamo iniziato a doverli mettere in vendita ad interessi crescenti sul mercato della speculazione.
E questo è successo molto prima dell’entrata in Europa. Abbiamo, insomma, anticipato di anni il danno (perdita della sovranità monetaria) dell’Euro, BCE e compagnia. Ecco perché siamo entrati in Europa più deboli accettando condizioni-capestro.
Non credo alle teorie complottiste né alla retorica antitedesca (per qualcuno tutto è stato orchestrato dalle Germania per eliminare il concorrente più pericoloso nel momento in cui doveva pagarsi la riunificazione). Credo semplicemente sia stato il classico autogol all’italiana.
Perché però, anziché porvi rimedio, continuiamo a perseverare nell’errore?

Questo non lo raccontano. Non ne parlano. Come i numeri degli uomini vittima di violenza femminile. Come la maggiore “varianza” maschile nella capacità intellettuali da contrapporre alla superiore “media” femminile (cioè: le donne sono mediamente più brave, ma è più probabile che il bravissimo sia un uomo). Se se ne parla, si è cacciati dal sistema! Perché parlare significa contraddire la narrazione. Ovvero il sistema di potere e di privilegi che su essa si basa. E su cui si basano stipendi e fama di chi oggi ci fa la predica.
Perché il sistema si basa sulla narrazione, ovvero sulla menzogna. Sulla menzogna ideologizzata. Sulla menzogna finalizzata. Insomma, in una parola sola, su una “religione”.

Ma prima o poi la realtà presenterà il conto e, come accaduto per la religione cristiana, anche quella del turbocapitalismo vedrà il suo clero screditato e ridotto a parlare fra sé di cose ritenute dal resto del mondo degne del riso, inesistenti o comunque ininfluenti. Vedrà i suoi “valori” presi per burla e le sue minacce prese a pernacchie da un mondo che va avanti in altre direzioni “nulla curandosi dell’infallibilità del papa” (come disse, passando all’ordine del giorno, il parlamento quando era ancora a Firenze).
Speriamo il prima possibile.

P.S.
Lo spirito romano è morto avvelenato dal cristianesimo più di duemila anni fa. Come fa notare @pussylicker, lo spirito dei tempi attuali è invenzione di tutt’altra gente. Figlia, aggiungo io (proseguendo la tua giusta citazione), degli stessi preti, dello stesso “attentato da sacerdote” di cui parla il Nietzsche dell’Anticristiano. In esso agisce (e non da oggi) lo spirito di altra gente…
Roma contro Giudea, Giudea contro Roma.
Del resto, dal pensare ad un dio che crea il mondo dal nulla, poco ci vuole a credere in un sistema basato sulla creazione ex-nihilo di valore tramite la finanza speculativa…
Rimpiango i tempi in cui il valore era la tangibile pecora (pecunia da pecus).

Beyazid_II
Newbie
10/10/2018 | 18:04

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Beyazid_II
Newbie
10/10/2018 | 16:02

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@Feynman said:

@Beyazid_II said:
P.S.
Il risultato è la convoluzione fra la Fourier trasformata di Claudia e quella della product intensity function del processo puntuale che modella gli istanti di campionamento.

Forse volevi dire la convoluzione tra la trasformata di Fourier di Claudia e la Point Spread Function, che se fosse una gaussiana vorrebbe dire semplicemente che la vedi un po’ sfocata, forse perché con gli anni calano le diottrie. 🤓

No, no, trasformo proprio secondo fourier la product density function di ordine 1 del processo puntuale (la quale, moltiplicata per un'area infinitesima, è la probabilità di avere un punto in quell'area). Per semplificare, la suppongo costante (processo omogeneo). Ecco perchè nè io nè Claudia invecchiamo. Pensarmi a dover andare dall'oculista con relativo colirio o addirittura sottopormi ad un'operazione all'occhio come mio padre mi fa star male...

Beyazid_II
Newbie
10/10/2018 | 15:58

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@Tesista76 said:
Possibile che tu sia sedotto dal mainstream indy? Trovo confortante avere una barba, ed i tenenbaum mi sono piaciucchiati, purtroppo le mie radici affondano anche al sud e l’infanzia si tagliava presto con la precocità della miseria, tuttavia ti leggo affascinato

Talmente poco sedotto che non so neanche cosa sia. Semplicemente, da liceale, volevo distinguermi dai compagni e non ascoltavo musica leggera. Anzi, non ascoltavo musica proprio (del resto, educazione musicale non era nel programma del liceo gentiliano....). La musicalità dei sonetti di Petrarca e delle stanze del Poliziano mi bastava. Successivamente, sono diventato melomane dopo essermi innamorato della Tosca raccontata dal prof di filosofia (la versione cinematografica romanesca di Luigi Magni si iscrisse poi poco dopo molto profondamente nel mio vissuto). Solo recentemente, alla soglia degli "anta", per la necessità e la voglia di conoscere "cosa ho perso" rinunciando ad essere giovane assieme ai miei contemporanei (come si evincerà dalle pagine di questo romanzetto, mi sono a suo tempo sempre considerato vivente non nel presente ma nella "ideale comunità dei dotti di ogni epoca", per me ternamente presieduta da Pietro Bembo...), ho iniziato ad orecchiare (e inevitabilmente a riconoscere) la musica leggera di vent'anni fa (chissà, magarei se l'avessi ascoltata allora avrei avuto qualche punto di contatto in più con le mie coetanee e non sarei diventato misogino...).

Pochi anni di differenza e una geografia diversa pare ci facciano appartenere, antropologicamente, a due differenti generazioni. Il tuo richiamo alla miseria che taglia con precocità l'infanzia mi ricorda Ferdinand Celine, quando sostiene che noi privilegiati borghesi cresciuti sui romanzi, con emozioni da teatro vissute non per esperienza ma per lettura, rappresentiamo un'eterna irrealtà, mentre la realtà è vissuta solo da chi "ha provato almeno una volta la paura di cosa accadrà quando non abbiamo i soldi per pagare alla cassa quanto abbiamo preso dallo scaffale...."

Spero si riconoscerà che io almeno, a differenza della classe intellettuale dominante, so di essere stato un privilegiato e non taccio chi non lo è di essere un "analfabeta funzionale" solo perchè la narrazione della mia irrealtà diverge dalla realtà con cui si deve scontrare "l'altro popolo".

A tal punto ho vissuto intensamente gli anni del liceo, che, giustamente, tu noti quanto mi senta ancora tale e quale e tali e quali veda ancora compagni e compagne. Proprio perchè sono stato abituato a vivere nell'irrealtà, la Claudia del liceo non è una "ragazzina", ma "la donna" nella sua concezione atemporale tipica dell'adolescenza. E così Elisa non è una "avventura mancata" da adolescente, ma "l'amata immortale" che riempie le pagine centrali della mia vita. Proprio perchè questa è vissuta tramite il filtro dei romanzi letti per suggerimento scolastico e percepita mediante i sentimenti descritti da otto secoli di poesia italiana.

Affascinante? Forse come ogni fenomeno strano, ma non so se sia un fatto da ammirare. Da giovane ho vissuto sempre nell'attesa (di mettere im pratica quanto studiato per affermarmi socialmente) ed ora mi rendo conto che la "vera vita" (intendendo con tale espressione il periodo dell'esistenza che forma le nostre categorie di pensiero e in cui soprattutto si concentrano le gioie e i dolori) è già alle mie spalle. La scrittura di questo romanzo è la presa di coscienza del fatto che ormai, sciolto il velo di Maya dell'irrealtà e venuto anch'io a contatto con "la miseria" (magari non in senso letterale ed economico, ma in senso lato quale "precariato", necessità di trovare lavoro e soprattutto di mantenerlo, impossibilità a risolvere ogni problema economico con i fondi non più illimitati di papà ecc.), mi sento in una "post-vita". Ero tanto abituato a pensarmi dentro un romanzo che la vita reale mi è sembrata quasi irrilevante. Faccia fatica anche solo a ricostruire quanto accadutomi negli ultimi vent'anni (mentre i cinque anni di liceo sono scanditi nella memoria come gli annali di Tito Livio). Al liceo prendevo serissimamente un voto non all'altezza, mentre ora può crollarmi la carriera addosso che poco mi cale. Mi sono reso conto, infatti, che riservare a me il mio tempo vale più di qualunque stipendio e di qualunque onore sociale o accademico. Capisco solo ora cos'è vivere e quanto in tempo e psiche abbia sprecato dietro agli idoli sociali (quando ero nella privilegiata situazione di potermene invece fregare!). E fra gli idoli metto anche tutte le categorie filosofiche e politiche di cui parlavano forbitamente gli insegnanti a cui ancora penso (e verso cui tu, giustamente, suggerisci menefreghismo).

Da oltre vent'anni mi sento fuori posto...

Beyazid_II
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08/10/2018 | 18:12

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@Tesista76 said:
Ehilà B, dai uno strano senso di cavia nei tuoi racconti. Tendi a descrivere le tue relazioni con l’ambiente e le persone come se registrassi un esperimento in cui tu, il topo bianco, viene stimolato rispetto alla popolazione di topi grigio/marroni in diversi momenti di cui vengono campionati gli umori

Sembra veramente tu stia parlando di te stesso al liceo e a 40 anni come della stessa persona

Eppure l’evoluzione temporale di un carattere e del suo fisico e delle sue aspettative o aspirazioni dovrebbe mutare.
Per quanto mi sforzi di pensare realmente a una ragazza che mi sia piaciuta al liceo, non posso fare a meno che valutarla quello che era, una ragazzina. Tanto meno provo interesse a conoscere il destino di un compagno, un professore o qualsiasi altra persona del decennio della mia adolescenza, qualsiasi cosa sia successa

Questa dimensione dei ricordi di un biotopo scomparso sembra una massa informe catalogata e inserita nel Davia Bargellini

Caro Tesista,
innanzitutto grazie per aver voluto leggere e commentare questa puntata del romanzo. Mi fa sommo piacere esser involontariamente riuscito in quell'intento di "osservazione sperimentale" e di "oggettività" a cui non erano giunti nemmeno i romanzi positivisti e veristi!
Complimenti poi per aver così ben centrato il punto. In un mondo "normale", una persona "normale" dovrebbe evolversi temporalmente sia nello spirito sia nel fisico (ma forse qui dovremmo dire invecchiare...). Purtroppo, come abbiamo avuto modo di discutere altrove, l'Italia odierna (e con essa forse gran parte del mondo occidentale) non è un paese normale e, come si evince da quanto narro di me stesso, io stesso sono ancor più "anormale".

Già la mia generazione, anche quando formalmente lavora, vive ancora, de facto, sulle "spalle" dei genitori (in una versione rovesciata dell'immagine di Enea che trascina il padre Anchise). Da sola, economicamente parlando, non potrebbe reggersi in piedi (del resto, è uno dei risultati di cinque lustri di "austerity"). Antropologicamente, nessuno di noi sarà veramente padre o madre ( per quanti figli possa generare biologicamente!), semplicemente perchè non solo il mantenimento dei figli, ma neppure il mondo e le sue regole saranno mai frutto del nostro lavoro e del nostro pensiero. Tutto (a partire dagli "Immortali principi", pseudoumanitari e politicamente corretti - ma "eticamente corrotti", come dice Fusaro - secondo cui saremmo costretti a crescere eventuali figli) è stato deciso prima che nascessimo e durerà (purtroppo) anche dopo la nostra morte, stabilito in guerre che non abbiamo nemmeno avuto occasione di combattere.

Fuori dal microcosmo individuale, siamo solo gli spettatori dei fuochi d'artificio del consumismo e dei turbini capitalisti. Cambiano i giochi e i mezzi di comunicazione, ci sono facebook ed istagram invece dei videogiochi spacciati tramite floppy e del passaparola tramite disegni e scritte sui muri della scuola, ma siamo rimasti sostanzialmente tutti "alunni" preoccupati di piacere alle compagne e di non farci rimproverare dal docente per un tema "politicamente" o "sessualmente" scorretto. L'ossessione di capire "cosa vogliono le donne" (su cui anche qui ruotano interi topics) o "come fare per essere da esse notati, scelti e apprezzati rispetto agli altri" (topic in cui eccelleva il compianto @flautomagico) e la minaccia di essere socialmente esclusi per un'opinione "misogina" (vedi il recente caso Strumia) o "razzista" (chi avesse il coraggio di rilevareanche solo i danni oggettivi generati dalla cosiddetta internazionalizzazione dei corsi riceverebbe più critiche e indagini di Salvini) dimostrano fino a qual punto ci sentiamo tutti in fondo "dietro i banchi" (e col terrore di finire dietro la lavagna). Purtroppo il fatto che i sessantottini rimangano, socialmente e culturalmente, ancora "in cattedra", implica per tutti noi il restare "eterni maturandi".

Da un punto di vista più strettamente personale, poi, come ho reagito? Non avendo ricevuto l'addestramento adeguato a rivoltarmi in armi contro questa ingiustizia generazionale (che da un punto di vista economico è specificatamente italiana, ma da un punto di vista valoriale ed esistenziale è globalmente "occidentale"), mi sono adattato a rimanere indefinitamente "figlio", anzi, meglio, "figlio unico".
Da quando ho capito come lo studio matto e disperatissimo, in cui avevo da fanciullo e da adolescente riposto ogni speranza di affermazione nel mondo, ("raggiungere una posizione nella quale essere univarsalmente mirato, socialmente accettato ed amorosamente disiato al primo sguardo e a prescindere da tutto, come le belle donne lo sono per le loro grazie") e a cui avevo sacrificato ogni divertimento ed ogni sentimento, non avrebbe fatto partire alcun "ascensore sociale", ho cercato di "recuperare il tempo perduto" vivendo probabilmente in maniera ancor più adolescenziale rispetto agli anni precedenti.

La ferocia quasi "disumana" con cui, da quasi quindici anni, bado a non sottrarre nemmeno un minuto del mio tempo alle occasioni per fare e pensare solo quanto davvero mi appaga, mi diverte, mi fa sentire vivo, e oserei dire, "compie" la mia natura (ciò che insomma, di norma, si fa in giovinezza) è pari a quella con cui nei venticinque anni precedenti (quando la gente normale si è semplicemente divertita) avevo monacalmente e "con maturità" perseguito eccellenza e dovere nello studio e nei sacrifici correlati. La brama di vita ha sostituito quella di conoscenza.

Così, nel mio caso, il patto col diavolo di Dorian Gray non ha solo mantenuto intatta la mia immagine esteriore, ma pure quella interiore. Riconosciuto l'errore dovuto alla mia cecità nei confronti del mondo capitalistico e delle sue vane speranze, mi sembra di essermi appena svegliato da un'allucinazione e mi sento ora poco più che ventenne. Anzi, il mio rifiuto ultraventennale di accettare le forche caudine del corteggiamento (dovuto anche ad un trauma vissuto che non voglio anticipare) mi ha lasciato, nell'animo, ad un'età fra i quattordici ed i diciannove per quanto riguarda il mio rapporto con le ragazze. Scopro insomma solo ora il "mondo" cantato dagli 883 di "sei un mito" o di come mai", che non avevo mai ascoltato preferendovi Dante e Petrarca.

I miei compagni e le mie compagne di classe hanno fatto tendenzialmente lo stesso (anche se magari non con le medesime intensità e consapevolezza). Quella classe non si è ancora sciolta!

Per anni e anni abbiamo continuato materialmente, a vederci e ad uscire assieme a gruppi più o meno rappresentativi. Periodicamente, abbiamo sempre organizzato "cene di classe" (l'ultima, qualche settimana fa, è stata da me disertata perchè ho preferito non dover spiegare pateticamente i motivi per cui alla soglia dei quaranta mi trovo ancora precario: "da primo della classe ad ultimo nella vita" non suona bene come racconto).

Sei sicuro amico B di poter mettere insieme la Claudia del liceo con quella della di oggi? Non è che stai sbagliando la frequenza di campionamento? Siamo davvero capaci di disegnare la formula della donna Claudia al tempo t con qualche onda e pochi campioni? Siamo passati da fourier?

Se la Claudia di oggi arriva ad affermare che la Claudia del liceo avrebbe dovuto essere ancora più gattamorta per ottenere ancora più vantaggi, significa che stiamo parlando di due melanzane indistinguibili.

Attenzione poi all'analisi di Fourier nel caso del campionamento aletorio. Non cadere nell'errore in cui è evidentemente sprofondato il mio inconscio romanzesco!
Il tempo della vita non ammette un campionamento regolare (quanto viene campionato nel periodo più delicato per la psiche e più fertile per la formazione, quello che con voce dantesca possiamo chiamare "vita nova", ha valenza molto maggiore di quanto viene colto negli anni "maturi"). Non c'è alcuna frequenza di Nyquist. E quando il campionamento è random, supporre costante l'intervallo fra i campioni in fase di ricostruzione porta ad assurdi.

Abituato a vedere Claudia e gli altri sei volte a settimana per otto-nove mesi all'anno per cinque anni, il mio inconscio ha iniziato a dare per scontato che l'intervallo di campionamento fosse sempre di 86.400 secondi.
Ecco perchè. dopo averla rivista una decina di volte nei venti anni successivi, mi fa parlare di lei come fossero passati solo dieci giorni dalla fine della maturità!

P.S.
Il risultato è la convoluzione fra la Fourier trasformata di Claudia e quella della product intensity function del processo puntuale che modella gli istanti di campionamento.

Beyazid_II
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26/09/2018 | 16:25

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QUARTO GRADO: DA MARSILIO FICINO A FRIEDRICH NIETZSCHE (4/18)

Ovvero: "LE DONNE, I CAVALLIER, L’ARME, GLI AMORI, LE CORTESIE, l’AUDACI IMPRESE"

Parte 4 di 18 : “Le donne: Claudia”

Esiste in ogni classe quella ragazza che, pur magari senza essere bella in maniera stravolgente, distanzia nettamente le altre per qualità estetica e tendenza ad attirare le attenzioni di compagni e professori. Ella, nel mio caso, fu, fin dall’inizio, la già citata Claudia.
Mora, piuttosto alta, decisamente slanciata ed elegante nella figura, poteva richiamare, ad un’immaginazione giovanile molto accesa, l’apparenza fisica dell’omonima Claudia Cardinale, magari figurata nelle vesti di Angelica al ballo immortalato dal “Gattopardo” di Visconti sull’omonimo romanzo di Tomasi di Lampedusa. Aveva però, nei modi, nelle moine, negli sguardi, qualcosa di più selvaggio e quasi “felino” (anche se non so quanto simulato e quanto innato), mentre in certi atteggiamenti, in certe movenze e nella voce bassa e quasi roca ricordava una versione al femminile del “molleggiato” Celentano. Chi avesse voluto denigrarla, avrebbe anche, volendo, potuto ravvisare in certi suoi “musi” (specie dopo che un compagno o un prof aveva deluso una qualche sua aspettativa o pretese), in certe sue “smorfie” (quasi periodiche), in certe sua studiate e ripetute lamentele sulle circostanze e sulla vita, il prototipo della “scimmia sacra” del templio di Benhares con cui Schopenhauer esemplifica l’atteggiamento, tipico dell’idolatrata “dama” occidentale, di chi si sente quasi onnipotente davanti a chi, invece, non può reagire come si farebbe con un uomo.

Ebbi subito modo di testare la sua capacità di “tirarsela” quando Emanuele, un nostro compagno, provò, già all’inizio della prima liceo, a farla uscire. Eravamo durante la "cazzeggiante" ora di disegno e, sottovoce, egli provava a proporle un programma variabile dal giro in bicicletta al cinema, dalle quattro chiacchiere al bar alla passeggiata. Ad ogni proposta, ella continuava a dire “noooo”, ma con non troppa convinzione respingeva quella "vicinanza" che Emanuele continuava con l’una o l’altra scusa a riprendersi. Sarebbe bastato, a quell’età, prolungare meno l’unica vocale e collegare alle corde vocali il cervello al posto della vanità, fino a dire “sei un amico, ma non voglio uscire con te. Non sei il mio tipo” o anche “voglio restare libera”. Se avesse detto questo, io, che inevitabilmente ascoltavo essendo seduto allo stesso tavolo da disegno, avrei anche potuto pensare di avere una speranza, essendo tipo totalmente diverso da Emanuele, sia come fisico, sia come sensibilità. A me certe confidenze volgari e certe insistenze da compagnone sono sconosciute, così come al contrario mi era già allora conosciuta la voglia di trattare la donna come una confidente di teneri sensi o un’interlocutrice romanzesca, piuttosto che come preda da sfoggiare con gli amici o come conquista da perseguire a prescindere dal sentimento. Viceversa, comportandosi così, Claudia mi diede due idee precise: in primis, era una ragazza perennemente annoiata e potenzialmente annoiabile da tutto e da tutti, la quale si negava più per modello comportamentale volgente all’aura di irraggiungibilità che non per voglia di restare libera per questo o quel principe azzurro; in secundis, si trovava bene con personaggi “ruspanti” all’opposto di me, che le permettevano, per contrasto, di apparire la “bella contesa”, la fanciulla dall’animo delicato e dall’intelletto raffinato non meritata dai “maschioni” rozzi e “contadini”.

Tipico esempio di questo genere di “tamarro” da strapaese era proprio Emanuele, “intellettuale” di sinistra fra i primi a farsi crescere la barba e a portare l’orecchino. Altro che radical chic, nel suo caso: si faceva vanto del dialetto e del legame col territorio emiliano rafforzato dall’essere un ultras del Bologna. Era raro vederlo non in coppia con il concittadino Nicola. Entrambi, assieme a Claudia, venivano da un comune limitrofo (in perenne guerra campanilistica con il mio su cui si trovava la scuola). Formavano un trio veramente da romanzo. Ma dei due era Nicola quello che capiva di più Claudia. Pur apprezzandola (come potei ben capire da come me ne parlava in privato quando, per le vicende della vita e dell’informatica, io e lui avemmo modo di passare diverso tempo insieme e di scambiarci confidenze), non concedeva nulla alla gentilezza e la trattava come una “seconda scelta”. La provocava sempre con battute non solo ineleganti, ma pure prive di un sia pur brutale apprezzamento per una bellezza che io, ad esempio, non avrei mai saputo far passare in secondo piano. E intanto ne sfruttava favori e consigli che con il tempo ella concedeva agli amici. Parecchi anni dopo, ad una cena, si permise pure la battuta “sì, io ho sia la donna – indicando la ragazza con cui stava in quel momento – sia la nonna – indicando Claudia”. Qualche anno fa, al solito ritrovo di classe, ella disse scherzando “Tu mi hai rifiutata!” “Cavolo, mi avevi proposto – dopo i 45”. “Noo, ti avevo detto un’età più ragionevole, 35…”.

Una volta ella si offrì anche a me. Eravamo, credo, in seconda ed io continuavo a desiderarla come il primo giorno di scuola. Non sono mai stato capace di puntare ad una ragazza che non fosse la più bella dell’ambiente. Non avevo però mai fatto nulla per avvicinarla, perché l’ultima cosa che avrei voluto era quella di confondermi con i tanti (compagni di classe e non) che provavano maldestramente a corteggiarla. Pensavo (forse a ragione) di avere la mia unica speranza nell’aria di superiore distacco verso i divertimenti mondani e di quasi ostentato disinteresse verso le ragazze, atteggiamento che, nei miei intendimenti, avrebbe dovuto “sconcertare” anche la più bella e rendermi “bello” a mia volta in quanto “distinto dagli altri”. Può inoltre immaginare il lettore come, ovviamente, quell’eccellenza nello studio che cercavo di raggiungere e soprattutto esprimere (con modi intellettualmente spesso “sopra le righe”) ad ogni occasione in tutte le materie era intesa anche quale “bellezza spirituale” e “primato micro-sociale” volti ad apparire desiderabile e “primo fra i ragazzi” agli occhi delle compagne più attraenti. Così, quando Claudia, non so quanto scherzosamente, si offrì, quasi riuscì ad urtarmi. Mi mostrò il diario con la foto del suo cantante americano preferito (non so chi fosse, ma, come viso, molto vagamente poteva assomigliarmi se non altro per il colore dei capelli e degli occhi) e mi disse “se mi prometti di diventare così….”. Non le feci neanche completare la frase con “…esco con te stasera” o “divento la tua ragazza”. Com’era possibile che uno yankee qualunque, capace solo di emettere suoni sgraziati (in una lingua, peraltro, che non ha la musicalità dell’andamento bimembre petrarchesco né l’elegante complessità del fraseggio boccaccesco) e, sicuramente, non aveva le mie capacità in fisica e in matematica (le due materie che, allo scientifico, costituivano le “sfide regine” per i “competitors” come me), potesse essere preso quale “modello” da raggiungere per me? E ripeto “per me”? Le dissi che io mi sentivo già “sopra a lui di n-livelli, per quanto riguarda le caratteristiche qualificanti un uomo”. Mi mandò a quel paese visibilmente delusa, non so quanto sinceramente.

Non ci furono altre occasione di avvicinamento sentimentale fra me e lei. Durante le gite scolastiche, con i suoi occhiali scuri, con i suoi jeans attillati e arrotolati al polpaccio e il suo rossetto fucsia, pareva la classica “figa di legno” contro cui si sparla sul forum. Non notava di striscio né noi, né alcun altro. I miei rapporti con lei erano cordiali. Ella era costretta ad avere stima di me, in quanto, specie con lo scorrere degli anni, avevo sempre più consolidato il primato tanto nelle discipline scientifiche quando in quelle umanistiche, e le sue evidenti arie da “intellettuale” (era pur sempre la più brava fra le ragazze) non le consentivano di trattarmi come avrebbero tranquillamente fatto le sue coetanee le quali si contentavano dell’arma della bellezza sensibile, senza volervi unire quella intellettiva. Io, di contro, per quanto irascibile e poco accomodante, ero pur sempre un cavaliere sensibile alla bellezza, e non avrei mai disdegnato di mettere le mie doti culturali al servizio di una dama capace di apprezzarle. Discutevo dunque volentieri con lei, quando mi chiedeva chiarimento sulla lezione di filosofia o sul teorema di matematica. Non ho mai capito se certi suoi sorrisi e certe sue boccucce compiaciute fossero solo abitudine o se denotassero il persistere di un sia pur minimo interesse nei miei confronti. Quando entrambi eravamo già da un anno iscritti alle rispettive università, alla prima cena di classe (come avete capito, ce ne sono state tante, dopo la maturità…) mentre a piedi con tutti gli altri passeggiavamo dalla piazza alla pizzeria (i soliti tragitti dell’età felice) si avvicinò quasi saltellando verso di me per raccontarmi della semiotica e di quanto mi sarebbe piaciuta la sua parte più “filosofica”. Già due anni dopo, discutendo all’ennesima cena assieme a Nicola, si era fatta più altezzosa anche intellettualmente . Sostenevo, contro il mio amico marxista, Marx dovesse essere incluso fra i grandi economisti prima che fra i grandi filosofi, essendo la sua teoria economica “genuina” pienamente scientifica, ma essendo, di contro, la sua parte filosofica un mero fraintendimento dell’hegelismo (già di per sè un mare di merda) condito da elementi positivisti del tutto superati dalla stessa scienza e da un umanesimo privo di quello spessore filosofico presente nell’originale rinascimentale (e pensavo ovviamente a Marsilio Ficino). Claudia intervenne con supponenza sentenziando che, poiché “lo aveva studiato”, poteva dire che aveva ragione Nicola. Capii quanto male possa fare all’animo delle persone l’istruzione “filosofica” a livello accademico, con la sua illusione di arrivare prima alla verità solo perché guidata da percorsi di studio codificati, la sua incapacità di comprendere diverse strade e diversi pensieri (come quelli intrapresi da chi studia gli argomenti per “amore del sapere” appunto e non per passare un esame), il suo rifiuto, insomma, per qualsiasi conoscenza sia costruita autonomamente e non sia a sua volta “accademica”. O forse, capii solo che, al di là dei dichiarati affetti (parlava sempre con le parole e il tono della vecchia amica felice di re-incontrare i vecchi compagni di classe) era semplicemente la classica melanzana che se la tira non solo nel corpo ma anche nell’intelletto. Per fortuna che a scuola l’avevo sempre ampiamente battuta (e non ero il solo: fu sesta alla maturità, dietri a me, encomiato, e ad altri quattro cavalieri col massimo dei voti). Non invidio i suoi attuali colleghi di lavoro.

Qualche anno dopo, fu ancora protagonista di un paio di interventi che non mi piacquero. Aveva appena finito di raccontare come, assieme a Francesca, avessero evitato una multa facendo gli occhi dolci all’agente di polizia di turno (ed era anche lei figlia di un poliziotto!). Io facevo notare che, con agenti (o con professori) più rigorosi, ciò non avrebbe funzionato, ma ella replicava che “ai tempi della scuola ero davvero tanto ingenua, adesso capisco tante cose anche dei nostri professori che allora non vedevo, adesso saprei bene come superare brillantemente le interrogazioni di filosofia o di matematica!”. Parlando poi con una nostra ex- compagna che si stava per sposare (e magnificava le virtù del “conto corrente in comune”), le raccomandava (forse anche ironicamente), di mantenere la propria indipendenza per “non farsi sottomettere dall’uomo”. I due interventi erano chiaramente in contrasto dal mio punto di vista. Proprio perché quanto aveva appena prima narrato sulla "debolezza maschile" (ma io preferisco chiamarla "sensibilità alla bellezza" ed" ingenuità di disio", poiché da essa possono derivare, testimoni i poeti, le più raffinate squisitezze intellettuali e le più delicate soavità sentimentali) è in parte vero [NOTA : e della situazione nell'amor naturale, in cui, mentre l'istinto maschile è disiare in ogni creature femminina la bellezza con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono non appena essa appare ai sensi nelle grazie corporali, conformemente alla necessità di propagazione della specie, quello femminile è sentirsi in ogni dove belle e disiate per attirare quanti più maschi possibili, metterli alla prova e scegliere chi eccelle nelle doti volute, conformemente alla necessità di selezione della specie, continua per sublimazione ad essere la femmina a scegliere e decidere e il maschio a seguire e faticare per essere scelto anche in molto altro, se non intervengono opportuni freni e compensazioni], tutte quelle mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società, che la demagogia femminista ha convinto oggi a smantellare in nome di una finta uguaglianza, e che i più forti e saggi fra gli uomini fondatori di città e civiltà avevano storicamente concepito (anagogicamente per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei né superate dai posteri, ed eudemonicamente per avere la stessa libertà di scelta e la stessa forza contrattuale in quanto più conta innanzi alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale) non costituivano "oppressione della donna" ma "giusti e umani bilanciamenti per l'uomo libero e felice".

Nonostante tutto, anche con il passare degli anni (e ogni tanto di qualche chilo, che comunque sul suo fisico quasi statuario non si è mai notato più di tanto) è sempre rimasta quella che si suol dire “una gran figa”.
Andai anche (con gli altri) al suo matrimonio. Avevo da pochi anni la mia serie 3 BMW nero metallizzato, sei cilindri, duemilaecinque benzina iniezione, cerchi in lega BBS a raggi classici, modanature cromate, sempre (allora) in garage, bellissima. L’occasione mi permise di esibirla, divertendomi anche, con la scusa del carosello per gli sposi, di fare qualche sgommata e qualche piccolo traverso sfruttando la trazione posteriore. Ella sposò il suo ragazzo dei tempi del liceo (che in effetti un poco mi assomigliava, sia fisicamente sia come percorso di studi – allora forse non scherzava quella volta!), un poco invecchiato e ingrassato, ma ancora "passabile". C’erano le partite dei mondiali 2004 ed entrambi ci eravamo laureati da pochi mesi. Fu lì che avvenne (me testimone) per scherzo la proposta di offrirsi a Nicola se fosse andata male con il marito….
Fu una bella cerimonia in un parco verde con tanto di maxischermo per partite e scherzi al neosposo (gli si prospettava una vita coniugale in cui avrebbe dovuto sia lavorare sia fare il casalingo: fortunato io allora a non essere stato scelto quel giorno al suo posto!). Quanto ricordo ancora di quella cerimonia è l’indimenticata “Maracaibo” delle “23 mulatte che ballan come matte” in una “casa di piacere per stranieri”. A buon intenditor poche parole.

A proposito di storie strane, non nego che continuai a fantasticare su di lei. Mi immaginavo dieci anni dopo, io ricco e affermato, lei in difficoltà con i debiti di famiglia, a fare la parte del fascinoso Robert Redford con una “Proposta indecente” per salvare la sua situazione. Mille, cinquemila, ventimila euro? Chissà, il sogno non mi poneva limiti sulle possibilità economiche che un ingegnere laureato con lode e in corso poteva aspettarsi di avere a medio termine, mentre il ricordo di quella sua antica proposta mi permetteva di pensare che il bisogno di denaro avrebbe soltanto mascherato (come appunto nel film) un desiderio proibito anche da parte sua. E comunque chissenefrega, chi era dietro di me, mediamente di uno o due voti, doveva avere meno potere erotico-contrattuale persino nei sogni! Il mio desiderio, almeno da un punto di vista fisico, era ancora intenso verso quel corpo slanciato da indossatrice, quei capelli lisci e neri da quasi da moderna "Lucia manzoniana" e quegli occhi altrettanto neri così perfetti sul suo “viso di perla” (era sempre stata di carnagione chiara a contrasto con l’oscuro delle sue chiome).
Mi era sempre solo rimasto un dubbio sulle sue gambe. L’avevo sempre vista in pubblico solo con i pantaloni. Un fisico slanciato come il suo doveva, nella mia immaginazione, essere completato da un paio di gambe memorabili. Eppure le vidi una sola volta, ed in un’occasione così particolare da non rendermene neppure conto. Eravamo in seconda o in terza e ad una festa a casa di Matteo un particolare gioco di società “dame-cavalieri” prevedeva che i maschi, piuttosto che i cavalieri, facessero i “cavalli”. Le ragazze, piuttosto che le “dame”, dovevano fare di noi quello che la Margherita del romanzo di Bulgakov fa con i funzionari del partito (usarli cioè come mezzo di trasporto). Ed a me toccò proprio Claudia (chissà se quel perverso di Matteo l’aveva fatto apposta per farmi un favore immaginando i miei gusti…). Ero ancora troppo ingenuo apprezzare le implicazioni psicologico-sessuali della situazione. Più o meno come il protagonista delle "Confessioni di un Italiano" quando da piccolo veniva “cavalcato” dalla Pisana. Per l’assoluta inesperienza a quell’età, non riuscii ad approfittarne nemmeno troppo per guardarle bene le gambe, che per la prima ed unica volta erano in mostra grazie ad una bella gonna non certo lunga. Così, a distanza di dieci o magari venti anni da quell’innocente episodio fra minorenni, una proposta indecente avrebbe potuto essere un modo per avere accesso privilegiato anche solo alla vista e al contatto delle sue gambe. I giochi perversi si abbinano bene alle situazioni in cui denaro e bisogno si scontrano e si scambiano.

Non potevo immaginare che le ingiustizie della vita avrebbero portato con maggiore probabilità alla situazione opposta. Difatti, proprio sette anni dopo il suo matrimonio (e si dice di crisi!) la rividi in una delle eternamente ritornanti cene di classe (ormai ambientate nel capoluogo e non più nel paesello, date le sedi di lavoro dei vecchi compagni). Era appena arrivata in auto da Como, dove lavorava distaccata come manager di un’azienda di abbigliamento. “Zio c..(Davide ha sempre iniziato ogni discorso con una bestemmia)…se ti fanno viaggiare così vuol dire che ti pagano”. Ella raccontò come fosse scomodo fare spesso avanti-indietro da così lontano, ma come i rimborsi per tali trasferte fossero generosi. Io ero invece appena tornato da una delle mie gite in montagna, che in quel periodi intraprendevo anche in infrasettimanale per dimenticare lo stallo della mia situazione accademico-lavorativa [NOTA: dopo dieci anni di precariato universitario a vario titolo - durante i quali, illuso dalla prospettiva di prestigio propria all’accademia, avevo accettato di fare da assistente-supplente abusivo nei corsi, segretario de facto compilatore di registri e formattatore di pc, consulente in lavori extra-scientifici aventi il solo fine di portare parcelle extra – i fondi per gli assegni di ricerca stavano terminando ed io non sapevo dove buttare oltre la mia vita: l’eccellenza dimostrata negli esami era ormai troppo lontana dietro di me per poterla sfruttare come presentazione verso l’esterno, e una nuova eccellenza da dimostrare con le pubblicazioni era ben di là da venire. Non solo, infatti, ero stato malamente distratto dalla ricerca ad opera del baronato, ma anche il tempo dedicato ad essa era stato speso malissimo, fra argomenti estemporanei inventati di sana pianta solo per dare un tono di scientificità a lucrose collaborazioni con aziende ed altri più analitici ma assolutamente residuali rispetto al flusso principale della ricerca, gli uni e gli altri noiosissimi, con un pessimo rapporto fra fatica da spendere e rilevanza di risultati ottenibili - come sempre avviene per i lavori incrementali, quando cioè la parte interessante e divertente è già stata affrontata e si lascia il resto ai dottorandi, e per i temi campati in aria, laddove il povero dottorando deve inventarsi anche le fondamenta di un edificio destinato a non interessare quasi nessuno – e soprattutto imposti dall’alto prescindendo dalle mie doti e dai miei interessi. Non avevo mai avuto vere motivazioni ad impegnarmi come ai bei tempi da studente e da primo fra i primi ero finito ultimo fra gli ultimi, in una sorta di testacoda esistenziale. Potevo forse, con qualche buon ufficio, fare il post-doc da qualche parte in Germania sperando non fosse troppo tardi….]. Vivevo ancora bene perché ero sempre figlio dello stesso papà, ma per quanto sarebbe potuto durare? Non potendo aumentare i guadagni, cercavo almeno di ridurre i miei costi in termini di tempo e per questo spesso e volentieri partivo solitario per qualche via ferrata sulle Dolomiti, piuttosto che perdere tempo su attività che mi facevano venire la nausea e sapevo non mi avrebbero portato da nessuna parte né come profitto economico né come prestigio scientifico. Avevo, in compenso, con uno stile di vita fatto di insalate a pranzo, palestra quasi tutti i giorni e montagna tutti i weekend (e oltre), asciugato molto il mio fisico, fino a raggiungere una forma che non avevo mai avuto nemmeno da teenager (quando lo "studio matto e disperatissimo" mi rendeva sempre un po’ troppo goffo e paffutello).

Ecco allora che, rivedendo lei sempre più figa e sempre più in tiro (quella sera aveva un elegantissimo completo scuro di tailleur e pantaloni), mi venne una pazza idea. E se mi proponessi come suo “toy-boy” o amante sportivo/intellettuale mantenuto? Del resto, una pornostar ungherese mi aveva appena insegnato la dannunziana arte del cunnilingus! Anche fare lo schiavo sessuale a tempo (dietro compenso ovviamente, come in una proposta indecente a ruoli invertiti, appunto) di una siffatta donna in carriera non mi sarebbe dispiaciuto. Mah, forse anche così “allenato” fisicamente e non corrotto intellettualmente (il tipo di lavoro all’università mi aveva permesso di preservare la mente ancora fresca, ancora amante della letteratura, del libero pensiero, della cultura come nobile “cazzeggio” e non come dovere plebeo, al contrario di quanto capita a chi svolge lavori “full immersion”, assorbenti non solo tutto il tempo della vita, ma soprattutto tutti i pensieri, le idee, i gusti e gli stili) non ero abbastanza per una bella donna, soprattutto in Italia. Mi ricordo come fosse ieri che aveva appena piovuto ed io avevo ancora i capelli umidi dalla veloce doccia (ero sempre di corsa in quel periodo fra gite e palestre). Avevo anche contratto un leggero mal di gola e mi sentivo debole. Provai per un attimo ad andarle vicino per capire che effetto mi facesse immaginarmi suo “cavaliere”. Le scarpe con il tacco quadrato la facevano sensibilmente più alta di me, tanto che, per mirarle il viso, ero costretto ad allungare leggermente il collo verso l’alto come a spiare “nell'aria lontana/ il viso della creatura/ celeste che ha nome/ Luna, con la collana/ sotto il mento sì chiara/ che l'oscura”. Provai un brivido, proprio come l’Ermione del “Novilunio di Settembre”, in quella notte umida come la “sera di giugno dopo la pioggia”. Se a Firenze lungo l’Affrico D’Annunzio poteva invocare la luna con “O in mille e mille specchi sorridente/ grazia, che da la nuvola sei nata/ come la voluttà nasce dal pianto”, io fra i viali alberati di Bologna, dovevo rimanere silente vicino ad una luna che non sarebbe mai stata mia, con un desiderio sottilmente perverso e decisamente voluttuoso che quasi mi faceva aggiungere lagrime alla pioggia. In compenso parlava ella. Non pareva aver avuto grandi difficoltà nell’emergere professionalmente. Forse era vero che per fare carriera era svantaggioso essere veramente al top da studente, come avevo preteso di essere io.... Perché magari le multinazionali preferiscono (come mi venne detto a suo tempo portandomi l’esempio di un compagno di corso bravino, ma noto a tutti più per essere furbo e fortunato che non studioso) il neolaureato bravo ma non troppo, in modo da poterlo plasmare alla mentalità aziendale. Ella aveva sempre rappresentato tale versione al femminile (“brava è brava, lasciatela parlare” disse di lei la professoressa di Italiano alla prima interrogazione, dove ella prese sette attenendosi strettamente al compitino, mentre io, poco dopo, volli stupire il mondo di allora con un roboante nove ottenuto collegando alcuni passaggi del Frankenstein di Mary Shelley all’idealismo romantico filtrato dall’illuminismo leopardiano: devo avere ancora da qualche parte quel tema a casa…).

Dai suoi racconti pareva che il suo problema lavorativo principale non fossero, come nel mio caso “i vecchi”, e “il nonnismo” (nel mio caso si doveva dire “baronato”), ma i “giovani”, i colleghi sempre così pronti a prepararle mille insidie per procurarsi un’avventura. Ecco un’altra conferma di quanto pensavo sulla fallacità del vittimismo femminil-femminista. Proprio perché la donna gode del privilegio di natura e quindi di cultura d'esser universalmente mirata, amorosamente disiata, socialmente accettata per quello che è - bella (quando la bellezza manca o è mediocre supplisce l'illusione del desiderio) senza bisogno di dover mostrare altre doti o di compiere imprese particolari (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente), il fatto di non avere sempre il femminista 50 e 50 non dipende da discriminazioni (del genere: "non ti permetto di svolgere questo mestiere perché sei una donna" o "anche se fai questo lavoro a parità di competenza e straordinari ti pago meno perché sei nata femmina"), ma dal tentativo umano e disperato dell'uomo di compensare con lo studio, il lavoro, la fama, il successo, la ricchezza, la cultura, il potere, la fatica, il merito o la fortuna individuali tutto quanto (in desiderabilità e influenza sul mondo) alla donna è dato delle disparità di desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre (se un uomo non raggiunge una certa posizione di preminenza o prestigio sociale resta negletto dalle donne, perché non è in grado di rappresentare ai loro occhi "la miglior scelta", "il miglior padre per la futura prole", l'eccellenza nelle doti qualificanti la specie e per questo desiderabili simmetricamente alla bellezza femminile, e trasparente per la società, perché non può nemmeno contare su quel modo di influire sulle cose e sugli uomini proprio della donna, agito, a prescindere da cultura e società nei ruoli comunque presenti di madre, moglie, sorella, amante, amica, confidente, per tramite di quanto negli uomini vi è di più profondo e irrazionale e notato persino da Rousseau).
Ed io stavo provando sulla mia pelle l’infelicità di quella situazione che, nelle mie teorie, continuavo a ritenere doversi fuggire come la peste da parte di ogni uomo saggio. Altri uomini meno disperati di me l’avrebbero forse avuta (magari al top management della multinazionale), non io. Capii in quel momento che non ero all’altezza né fisicamente né socialmente.

Tre anni dopo, tornato dalla Germania ed iniziato ad arrampicare seriamente, ci fu l’ultima cena di classe che ricordi. Mi trassi una piccola rivincita. Ero sempre in perfetta forma fisica (e tornavo non dalle ferratine dei miei inizi alpinistici, ma da un’impegnativa via di quinto grado sulle Pale di San Martino) e, per fortuna, avevo risolto qualche problema accademico-esistenziale (la situazione di precarietà era seria come lo è adesso, ma non più disperata come prima: finalmente i baroni, prossimi alla pensione, avevano capito…). Mi ero re-innamorato del lavoro di ricercatore iniziando daccapo in un istituto straniero (contando innanzitutto, come i bei tempo sullo studio solitario) ed ero tornato in Italia (finalmente nelle condizioni di poter decidere autonomamente modi, argomenti e ritmi) pronto a competere senza più timori reverenziali verso chi aveva (ed ha) più numeri (e più alleati), ma non per questo più capacità. Il ringiovanimento mentale doveva trasmettersi anche all’aspetto, dato che Claudia, alle solite osservazioni corali (ma non è cambiato niente in quasi vent’anni, siamo sempre le stesse facce) esclamò verso di me “piuttosto …. sembra che tu abbia…25 anni!”
“Eh, ragazzi, c’è un motivo….voi lavorate….”.
Se ad altri la vita ha sorriso per soddisfazioni professionali ed economiche, a me stava per iniziare a farlo nella questione più importante: la conservazione della libertà e della giovinezza. Gli unici due valori che valgano più del denaro anche oggi (perché in nessun tempo possono essere “riguadagnati” una volta mal spesi). D’altronde, lasciatemi dire che davanti ai miei vecchi compagni, come primo della classe, me lo merito (se solo gli stipendi all’università fossero più lauti, la mia scelta, maturata per caso e quasi controvoglia, sarebbe oggi perfetta!). Ed è con questa soddisfazione che saluto la bella Claudia (la quale avrebbe forse fatto meglio a scommettere su di me, quella volta, senza chiedermelo!).

Beyazid_II
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30/08/2018 | 17:27

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@Feynman said:
Quel che posso dire del SISTEMA, universitario o industriale che sia, è che mentre in passato era ben stabile e strutturato, e le persone potevano costruirci carriere e famiglia, e gli Stati ci potevano basare politiche economiche di lungo periodo, adesso è condizionato da così tante variabili esterne (globalizzazione, migrazioni, politiche sulle risorse energetiche, crescita demografica, ecologia, cambiamenti climatici, etc.) da divenire come minimo turbolento, se non addirittura aleatorio.

In un contesto turbolento, la risposta delle politiche economiche dei singoli Paesi è stata quella di aumentare la flessibilità, e quindi destrutturare i diritti delle persone, creando quindi frammentazione del mercato del lavoro, la precarietà fino alla cosiddetta GIG economy.

Se il SISTEMA, così com'è ti va bene, e sei disposto a tralasciare variabili come reddito, carriera, autonomia professionale, in favore di libertà di pensiero, possibilità di crescita intellettuale, libertà di orari, etc., perchè magari hai una tua fonte di sostentamento alternativa, o un aiuto in famiglia, naturalmente fai bene a fare le scelte che fai. Ma è una scelta tua personale.

Disamina perfetta, ma non vedo come uscire dalla turbolenta università per entrare in un mondo del lavoro ancora più turbolento a causa del turbocapitalismo finanziario attuale possa costituire una soluzione sul piano personale nè tanto meno su quello sociale.

Più andiamo avanti, più vedo che sia soggettivamente sia comunitariamente, l'unica soluzione sarebbe una bella rivoluzione in stile messicano.
Chi sta trasformando vecchi proletari e vecchi borghesi in un unico precariato senza nè diritti, nè famiglia, nè patria, così come chi fa passare tutto questo per progresso inevitabile, dovrebbe essere messo al muro. Purtroppo, nè da ricercatore precario, nè da imprenditore di me stesso, potrei svolgere questo necessario compito.
E allora, per riprendere ancora "giù la testa", fra i due, "scelgo il mestiere che conosco meglio".

Ma poi, davvero vuoi farmi credere che lavorando in azienda guadagnerei tanto di più? Tanto da poter fare a meno di risorse extra e di aiuti in famiglia? Siamo seri....

Per avere tutte le gratificazioni intellettive del fare ricerca bastano quindi pochi mezzi, non è necessario sottostare a dinamiche di potere, concorsi più o meno truccati, valutazioni di idoneità, etc. Da lì naturalmente occorre intraprendere un lungo percorso che garantisca redditività e stabilità nel lungo periodo, che può essere un'avventura e si chiama fare impresa.

Buonasera. Se lavori davvero, non hai nè il tempo materiale nè, soprattutto, residue forze mentali e psichiche, per metterti a fare calcoli, ricerche, pubblicazioni (lo so ben io, che quando ero "baronizzato", ovvero dovevo lavorare a cose non interessanti solo perchè lo volevano le aziende che pagavano i progetti, non avevo la freschezza intellettuale necessaria a fare ricerca). Non a caso i primi scienziati sono stati, in ogni dove, i nobili perditempo, non gli impegnati borghesi.

Ecco anche perchè, se l'università vuole cercare di avere ancora degli scienziati fra i tanti scribacchini, deve garantire ai suoi ricercatori quelli che all'apparenza possono essere visti dal volgo "privilegi del giovin signore": tranquillità economica, libertà di "costumi".

Fra essere pagato per fare quello che mi piace e dover lavorare per potermi pagare un'attività di ricerca di tipo hobbystico (da mettere in concorrenza con i gnoccatravels, magari) dovri scegliere la seconda? Cioè, secondo te sbaglio a pagare i gnoccatravels con l'attività di ricerca e dovrei invece lavorare per pagare le mie pubblicazioni anzichè i miei gnoccatravels?

Beyazid_II
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30/08/2018 | 13:17

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QUARTO GRADO: DA MARSILIO FICINO A FRIEDRICH NIETZSCHE (3/18)

Ovvero: "LE DONNE, I CAVALLIER, L’ARME, GLI AMORI, LE CORTESIE, l’AUDACI IMPRESE"

Parte 3 di 18 : “Le donne: Roberta”

La prima che cercò (a suo modo) di consolarmi fu Roberta. Mi venne vicino carezzandomi il viso “Poverino, non te la prendere, non è successo niente …..sai quanti uomini impotenti ci sono nel mondo?!” e sorrise andandosene. Forse è ingrato presentarla così, come una finta amica sadica pronta gioire ed infierire delle mie disavventure erotiche, perché, al di là della evidentemente ironica “consolazione”, è stata in effetti l’unica persona a mostrare attenzione verso di me ed a tentare di farmi riprendere fiducia.

A differenza di tutte le altre compagne, non era nativa delle mie zone e solo all’inizio della quarta iniziò a far parte della nostra classe in seguito al trasferimento della sua famiglia, originaria della Sardegna. Non era dunque stata presente nei primi tre anni di liceo, nei quali la mia incapacità di accettare il fatto di non essere al centro dell’attenzione delle ragazze per meriti di studio come il vincente fra i leoni lo sarebbe stato fra le leonesse mi aveva imposto un contegno di ostentato disinteresse (reale o simulato che fosse) per esse. Mi aveva conosciuto proprio alla fine di quell’estate 1996 in cui avevo incontrato Elisa, quando avevo tutta la voglia di re-iniziare la scuola come occasione per potermi render degno umanamente e intellettualmente del mio ideale femminile, e in cui in effetti il mio interesse e il mio trasporto verso l’intero genere femminile stava conoscendo un livello non più raggiunto in seguito (“Donne ch’avete intelletto d’amore”….). Forse a differenza delle altre già prevenute, ella colse questa sfumatura psicologica nei miei atteggiamenti involontari e, sia pur “fidanzatissima” (con un ragazzo molto più grande di noi), decise di non ignorarla.

Era, ad esempio, l’unica che prendeva l’iniziativa di telefonarmi a casa per questioni di compiti (all’epoca non c’erano i cellulari, e dire “Sono la Roberta, c’è….” a mia madre implicava una certa dose di coraggio e intraprendenza pari forse a quanto richiesto nella vita reale ad una ragazza che voglia rompere gli schemi facendo la prima mossa nel corteggiamento).
Fu l’unica, soprattutto, ad aver mai accettato un passaggio in auto da sola con me (le altre o erano in più d’una, o rifiutavano, considerandomi implicitamente un pericolo pubblico). Forse perché era l’unica a cui ispiravo un minimo di fiducia. “No, non andare in macchina con lui” le dicevano le altre all’uscita della pizzeria, diffondendo leggende metropolitane sui miei fallimenti come pilota automobilistico – “è pericoloso”. “No, io mi fido di lui”. Rispose quella volta, non so quanto a ragione. In effetti, per principio, in quell’epoca potevo anche rispettare qualche regole stradale in rettilineo, ma in curva l’unica legge che valeva per me era quella fisica di compensazione della forza centrifuga con l’attrito delle gomme. Avevo la Panda 1000 della mamma, con la quale affrontammo la curva prima di casa sua veramente al limite. Traiettoria perfetta, corda a metà e uscita con leggero stridolìo in bilico fra linea e scorrevolezza. “Oh, oh, oh, ce l’abbiamo fatta” commentò mentre riallineavo in accelerazione.
Era anche in effetti l’unica che mi considerasse come ragazzo e non solo come astratto “filosofo” o come concreto fornitore di compiti svolti e di versioni di Latino. Ogni tanto, durante le “cene di classe” in cui era sempre stato costume delle altre ignorarmi (così come ignoravano sotto quell’aspetto tutti gli altri: famosa quella volta in cui subito dopo cena si fecero portare via dai loro ragazzi considerando con quel gesto noi “la serie B del genere maschile” da spazzar via subito dopo mangiato) parlava con me di argomenti “da adolescenti”. Non perdeva occasione di farmi notare come fosse strana la mia solitudine (mentre le altre neanche la notavano più considerandomi in questo una “boccia persa”), come avrei invece dovuto diventare più “virile” ed “attivo” per procurarmi il consenso delle fanciulle (che era l’unica a considerare implicitamente come potenziali interessate a me). Ricordo ancora con quale passione mi parlava della sua Sardegna quando le chiesi consiglio sulla parte dell’isola migliore per trascorrere le vacanze successive alla maturità.

Fu ella a consigliarmi la Costa Smeralda, nonostante la sua personale preferenza per il sud delle spiagge rosa e del paesaggio incontaminato dal turismo, perché: “tu hai bisogno di vedere gente, di incontrare delle ragazze, di vivere la vita, di svegliarti”. Aveva qualcosa di quasi materno nell’espressione del viso e nell’intonazione della voce mentre mi rivolgeva quelle parole. Di simile a mia madre aveva certamente la misura dei seni. Ciò le dovette creare un’imperitura antipatia (non vogliamo parlare di invidia?) da parte di tutte le altre, fra le quali (a guardarle anche solo di sfuggita) era diffusa l’impressione che qualche silenzioso artefice avesse limato un po’ troppo da quelle parti (salvo qualche caso, che comunque non riluceva per la bruttezza complessiva di tutto il resto). In lei, invece, ad un bel viso mediterraneo, a capelli lunghi, forti e nerissimi, ad occhi marroni grandi, espressivi e caldi, faceva da completamento dell’ideale formoso non-nordico un seno della (esageriamo? Ma sì esageriamo) sesta misura. “Le tette della Roberta!” mi disse piccata Claudia quando, tredici anni dopo chiedevo perché nessuno avesse invitato Roberta alla cena di classe cui stavamo partecipando. “Quelle te le ricordi, vero?” mi chiese retoricamente quasi a sottolineare che il mancato invito alla nostra comune amica fosse una ripicca verso lei che aveva “rubato” troppe attenzioni e un “dispetto” verso di me che avrei guardato (anche nel ricordo) solo a quelle. Non sapeva, colei che stava pronunciando tale velenose parole con tono quasi di rimprovero (e, ancora, di invidia) quanto fosse lontana dal vero, quanto fosse ingiusta a rimproverare e in errore ad invidiare. Se per tutti gli anni del liceo ed oltre non si è mai accorta che avrei infinitamente preferito rivolgere lo sguardo alle sue gambe piuttosto che alle tette di Roberta e che semmai, nel mio giudizio estetico, avrebbe dovuto piuttosto essere quest’ultima, piccola e formosa, ad invidiare la sua “ silhouette” (e vai di sconci francesismi in queste memorie un po’ sconce!) invece slanciata ed elegante (nella quale il seno relativamente minuto mi è sempre parso elemento conforme al profilo di quell’ideale di modella da cui sono sempre stato attratto), allora erra gravemente chi considera le donne dotate di una sorta di sesto senso o comunque capaci di leggere negli occhi il desiderio maschile al volo!

Non essendo io un fanatico delle tette, ma semmai, come il lettore avrà colto più volte, delle gambe, Roberta non aveva mai fatto colpo su di me per il proprio “davanzale”. Inoltre, pur ricordando come forme mia madre (ma non come colori, essendo la mamma baltico-orientale, con capelli biondo cenere ed occhi color oltremare come chi scrive), o forse proprio per quello, quella tipologia di donna non ha mai rappresentato il mio “eterno femminino”, essendo quest’ultimo al contrario basato (un po’ per l’impronta petrarchesco-stilnovista, un po’ per quella che su di me ha lasciato la “modella-pallavolista” Elisa) sullo slancio, quasi stilizzato, di una figura alta, di una bellezza quasi da orchidea che si protenda verso la luce. Per questo la mia particolare simpatia-ricordo per Roberta era dovuta più al suo atteggiamento gentile nei miei confronti (così diverso da quello supponente o pretenzioso delle compagne “emiliane” nella cui psicologica freddezza, e nella cui spesso volgare ed ostentata “simulazione” di certi comportamenti maschili in ambito erotico pare a volte ritrovarsi la prepotenza sgraziata – incapace di suscitare empatia o desiderio - di un antico matriarcato) che non alle sue grazie. Con ciò non pensi il lettore che non fosse bella. O che io sia sempre rimasto indifferente alle sue forme.

Mi ricordo di una sera in cui uscì di casa a piedi diretto alla piazza in cui ci eravamo dati appuntamento con tutta la classe (e qualche professore) per la “pizza pre-esame di maturità”. Le luci del tramonto estivo stavano tingendo di ambra i rossi tetti e le dipinte pareti del centro. Stavo camminando sotto i portici del mio paesello e per caso adocchiai una figura di donna che pareva uscita dal quadro del “signore col cappello e signora con l’ombrello” appeso nel salotto di famiglia. Era fasciata da un elegante vestito con toni pastello variabili dall’azzurro al blu e al verde e, passeggiando, ondeggiava le proprie forme in un modo che avrebbe ipnotizzato i marinai di Ulisse. Non era un vestito corto, ma lungo e da sera: le gambe non si vedevano, ma la camminata sui tacchi imponeva ad esse dei movimenti dai quali potevano essere intraviste dagli occhi dell’immaginazione. Le forme del bacino, invece, parlavano esplicitamente agli occhi del corpo! “Ecco, questa è una donna, altro che le mie compagne!” dissi fra me, mentre stavo per svoltare l’angolo prima della piazza. La vidi un attimo di profilo. Aveva dei bellissimi capelli lunghi corvini, lisci e appena usciti dal parrucchiere e il viso che si intravvedeva mi parve quasi nobile, da ritratto ottocentesco. Da lontano la figura mi era parsa quasi dipinta, stilizzata da un artista in stile bell’epoque. Da più vicino (senza tacchi, io ero più veloce), non era così stilizzata e pareva meno alta, ma era comunque un bel vedere. Era così bella che la vedevo come donna matura (per me il culmine della bellezza femminile si è sempre collocato oltre i trent’anni, quando ogni ombra di quella femminilità “acerba e atletica” che mi ricorda le non-erotiche compagne di classe delle medie, che i compagni andavano a spiare nude nell’altro spogliatoio, si è dileguata). “Chissà dove va?” mi chiedevo mentre la vedevo attraversare la piazza nella mia stessa direzione. “Chissà che non abbia l’occasione di rivolgerle almeno un buonasera….no, non è possibile” Era Roberta!. “Ma dov’è che siete grasse, siete grasse dove serve!” esclamò quel docente a cui le ragazze qualche giorno prima avevano confidato i loro (presunti) problemi di bilancia. Abituato a vederla con castigatissimi maglioni, jeans casual e dimesse scarpe da ginnastica, non avevo immaginato potesse essere fiorita come donna.

E da donna (nel senso di eternamente ambigua) si comportò nell’episodio con cui voglio concludere il suo ricordo. Avevamo appena passato gli scritti della maturità e ci eravamo trovato in molti nel cortile della scuola a vedere se era uscito il calendario con gli orali. Caso volle che il tabellone non fosse al piano terra, ma ad un piano superiore cui si poteva accedere dall’esterno attraverso la scala antincendio. “Ho paura di cadere, mi accompagni?” -mi chiese Roberta. Salimmo per le scale, arrivando al piano da cui gli amici non ci potevano più vedere. Guardammo le date ed ella non disse niente. Io ero fra il preoccupato (per l’esame) e il distratto (per i miei pensieri come sempre) e non mi ero neanche chiesto il perché avesse voluto salire fin lì proprio con me. “Aspetta un attimo”. Mi disse prima di scendere. Guardò me e poi in basso. Eravamo ancora nascosti alla vista e soffiava una leggera brezza in mezzo ai grandi alberi che con la loro ombra rinfrescavano quel torrido fine giugno. Mi prese il braccio e quasi si avvinghiò a me come avevo letto solo in certi romanzi e, nella realtà, faceva solo mia madre quando ero ancora piccolo. Potevo quasi sentire il suo battito, sicuramente sentivo la calda morbidezza delle sue forme. “Andiamo piano, ho paura” mi disse con voce così concitata da parere un’attrice sulla scena. Io, sconcertato, le dissi di non aver paura. C’era dopotutto la ringhiera. Mi chiesi in effetti cosa volesse davvero da me, ma un po’ la sorpresa, un po’ la logica binaria con cui ragionavo allora (“è ufficialmente fidanzata, peraltro con un tipo d’uomo totalmente altro da me: rozzo, maturo e muscoloso, ha sempre detto di sentirsi legatissima al suo amore, quindi non può essere interessata a me”), neanche per un momento presi in considerazione l’idea di abbracciarla a mia volta, di rivolgerle un complimento gentile, di accarezzarle dolcemente e capelli, la schiena o, meglio, il fondoschiena, o addirittura di baciarla. Quando fummo di sotto, scherzai con Matteo “che strane le donne, aveva davvero paura!”. Sorridendomi e scuotendo il capo, il caro amico rispose “non aveva paura……”.
Avevo dunque appena perso un’occasione simile a quella del bacio perduto in “notte prima degli esami”?
Lascio al lettore ogni commento sulle reali intenzioni della fanciulla e soprattutto sul giudizio nei miei confronti….

Beyazid_II
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30/08/2018 | 12:27

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@Feynman said:
@Beyazid_II

Guarda, come si dice, sfondi una porta aperta. Comprendo quello che dici e, sebbene mi sia scelto il nickname di uno scienziato illustre, adesso vivo ben al di fuori della vita accademica, e ho passato qualche anno prima di te tutto il percorso che hai passato tu, finché alla fine avevo due possibilitá: vivere di speranze in un futuro migliore, riadattare tutto quello che avevo imparato fino a quel giorno in qualcosa di utile e redditizio. Ho scelto la seconda.

Allora abbiamo fatto percorsi inversi. Io ho iniziato pensando, appunto, che il lavoro all'università fosse solo una perdita di tempo poco pagata. Ho cercato innanzitutto di sondare il terreno presso società di consulenza, aziende manifatturiere e quant'altro, per scoprire poi come, almeno in Italia, vi siano gli stessi svantaggi dell'università senza i vantaggi.
Vedo infatti da chi se ne è andato in azienda che l'irrazionalità è la medesima (ore e ore su documenti e scartoffie inutili, tanto tempo speso in attività di "ricerca" che poi vengono troncate, abbandonate, neglette, a capriccio dei capi), l'ingiustizia anche superiore (chi comanda e guadagna non sa fare nulla - ed in più è pure ignorante vantandosene, al contrario che da noi - mentre chi davvero opera è sottopagato) e le paghe quasi uguali (ma con vincoli ed obblighi infinitamnte maggiori, sconosciuti per fortuna all'ambiente accademico).

Insomma, all'università siamo precari e sottopagati, ma almeno siamo liberi sia nel lavoro (entro certi limiti) sia negli orari, mentre in azienda si è sempre poco tutelati e pagati, pur avendo doveri e soprattutto vincoli da dipendente classico.

Ripeto: nessuno degli ex-universitari che conosco (parlo di gente coetanea o più giovane) ha trovato condizioni socioeconomiche migliori (di cui insomma essere almeno un po' invidioso), a meno che non sia emigrato all'estero.

Adesso non sono al corrente delle modifiche dei criteri di valutazione dei ricercatori nei concorsi, ma una cosa posso dirla: il sistema é truccato, é sempre stato truccato e sempre lo sará.

Ti aggiorno subito. Per diventare professori, si deve passare un doppio ostacolo (abilitazione scientifica nazionale + concorso locale), conseguenza diretta della lotta per il potere fra due opposti poli. Sto parlando del "vecchio" feudalesimo locale (volgarmente detto "baronato" perchè, appunto, avrebbe la pretesa di trattare l'attività di ricerca, tanto in termini di argomenti quanto di persone, come un vero e proprio "feudo", di fare e disfare "investiture" senza dover rendere conto ad alcun potere centrale) e della nuova "monarchia assoluta" su base nazionale (avente come braccio armato l'Anvur responsabile dei criteri cosiddetti "oggettivi" di valutazione validi per tutti gli atenei "del regno").

Il primo polo di potere indice materialmente i concorsi e li decide localmente, il secondo polo di potere stabilisce delle "soglie minime" (universalmente valide!) necessarie per potersi presentare (abilitazione).

Ecco dunque che bisogna sia sottostare al baronato perchè il concorso ci sia, sia ottemperare agli obblighi nazionali perchè ci si possa presentare (se non si è abilitati si è esclusi a priori). E servire due padroni non è facile (specie se hanno interessi opposti, se non si parlano, se veramente vivono in mondi diversi). Fra parentesi, personalmente sto pagando il fatto che nel mio caso molto particolare il primo potere (locale) ha "patologicamente" ignorato e nascosto l'esistenza dell'altro (centrale) fino a pochi anni fa (per cui ora devo recuperare i 5 anni quanto normalmente ha potuto essere fatto in 10!).

Sembra la lotta fra antica nobiltà cavalleresca (quella per cui parteggia Dumas) e moderno stato-nazione (rappresentato dal cardinal Richelieu) ai tempi dei "Tre Moschettieri". Come in tutte le lotte di potere, è il "popolo minuto" (ovveri noi ricercatori precari) a pagare il prezzo più alto.
Il "popolo grasso" dei professori associati e ordinari (e dei vecchi ricercatori a tempo indeterminato) ha già il posto assicurato e non corre alcun rischio personale nella "lotta al vecchio sistema baronale" (che, per come è stata scritta la Gelmini, colpisce non i baroni, ma i baronizzati: se io sono stato fatto lavorare per dieci anni su cose bibliometricamente irrilevanti, sono io che rimango a spasso, non il barone che mi ha comandato!).

Anche qui, come nella storia, la retorica "progressista" ti fa credere che tale "cambio di regime" (da "sistema baronale" a "sistema valutato oggettivamente") sia sinonimo di evoluzione sociale e meritocrazia. Quello che ho cercato di dire nel post precedente ha invece cercato di dimostrare
come si tratti semplicemente del passaggio da un tipo di trucco ad un altro, da una mafia su scala locale ad una su scala globale. Perchè? Semplicemente perchè i cosiddetti "criteri oggettivi" non sono in grado di valutare nè il merito del lavoro scientifico in sè (che non viene neanche letto, ma solo associato a due numeri entrambi dipendenti dalle citazioni), nè il contributo personale del ricercatore oggetto della valutazione (nessun esterno può sapere "chi ha fatto cosa" nelle pubblicazioni a più nomi e l'ordine dei nomi non viene neppure considerato).

Ecco quindi che, senza entrare ancora nel merito dei tecnicismi, ti posso dire: se hai il giusto numero di amici ai giusti posti di potere (comitati editoriali di riviste, gruppi numerosi e conosciuti, ruoli "in vista" su scala internazionale ecc.), i tuoi "numeri" saranno "oggettivamente alti".

Ti faccio un esempio per confermare quanto il nuovo sistema sia truccato come e più del precedente. Nel mio settore siamo in tre ad attendere un posto stabile. La prima è stata l'amante di un ordinario. Il secondo è il nipote di un emerito. Il terzo sono io (che prima di iscrivermi all'università non conoscevo veramente nessuno). Indovina chi ha il curriculum "oggettivamente migliore"? Ovviamente i primi due, perchè in un caso ci sono decine di pubblicazioni (citatissime) a cui la donzella non ha dato contributo maggiore della firma, nell'altro caso ci sono centinaia di citazioni provenienti da gente beneficiata a suo tempo dal capo di quel gruppo che ora usa il proprio ruolo di editor per "sdebitarsi". Cosa può fare il merito personale contro macchine bibliometriche come queste?

Ma io non mi lamento per essere "superato" da gente meno meritevole. Sapevo anche prima che il sistema era, come dici, truccato. Mi sarei accontentato, come insegna il vangelo nella parabola della vigna, di avere ciò per cui ho lavorato. Ed è il "nuovo sistema meritocratico" che rischia di privarmente, non il vecchio baronato a cui ho chinato il capo quindici anni fa (subito dopo aver visto che, senza "supporti", il miglior libretto del corso nulla valeva all'interno di un esame di ammissione in cui la prova scritta era.... un tema). Anzichè premiare l'effettivo merito personale (che potrebbe essere valutato guardando al contributo personale nei lavori), l'attuale sistema Anvur premia il numero di amici (che ti conoscono e ti citano a prescindere dal merito) e per questo ripropone le stesse ingiustizie del vecchio baronato, amplificate su scala internazionale.

L'Anvur crede, bocciando me, di bocciare un "raccomandato", ma i "raccomandati" hanno oggi i "numeri oggettivi" in ordine (un po' come il ponte di Genova, che aveva tutte le carte della manutenzione in regola ma nella realtà è crollato).
E' chi non ha avuto altro mezzo per emergere se non farsi notare per meriti di studio e per lavoro (per quanto discutibile) di ricerca nel gruppo
(e questi sono stati i motivi per cui il barone ha preferito me a tutti gli altri, motivi discutibili certo, ma certamente non "mafiosi") ad essere in difficoltà: lavorando bene posso anche produrre un certo numero di pubblicazioni su riviste prestigiose, ma sono impotente a farle conoscere tanto da aumentare l'h-index! Almeno con il sistema precedente bastava accontentare prima il barone locale da un lato e poi lavorare in autonomia dall'altro a un certo numero di pubblicazioni serie! Ora invece non basta più, ma serve la dote "social" del farsi conoscere e dell'autopromuovere i propri lavori quali che siano.

Se giochi ad un gioco in cui tutto é truccato, sei in balia degli eventi, e perdi il controllo del tuo destino. La soluzione ? Estero, ma per quanto se ne parli bene anche lì ci sono delle dinamiche complesse, e a certi livelli anche i trucchi (un mio collega tedesco, originario di un paese arabo islamico, pubblica bandi di selezione di ricercatore fasulli, lui sa giá che deve assumere i suoi amici della chiesa islamica cittadina di cui é anche imam, me l’ha detto lui, bella cosa, vero ?).

Suvvia, tutti i sistemi che gestiscono denaro e potere sono "truccati". Perchè, le assunzioni nelle società di consulenza prestigiose presso cui, assieme ad altri, ho fatto "i colloqui" da neolaureati non erano "truccate"? Mi è davvero mancato "il merito" per accedervi? Ho avuto cioè le stesse possibilità del figlio della Fornero o del nipote di Monti?
Fra tutti, ho scelto il gioco nei cui trucchi meglio potevo inserirmi con le mie sole capacità (perchè di conoscenze importanti non ne avevo e non ne ho).

Bisogna poi intendersi sul significato di "trucco". "Decidere autonomamente chi debba vincere" e "far vincere chi non ha il merito" non sono sinonimi.
Se il capo del settore di un'azienda può assumere in autonomia chi ritiene più indicato all'incarico, non si capisce perchè invece il capo di un gruppo di ricerca all'università debba scegliere in base a presunti "criteri oggettivi" dettati dall'esterno (e di cui i "concorsi (formalmente) aperti" sono il simbolo).
Certo, si può dubitare delle capacità di un ordinario di valutare le persone e pure della sua onestà nella scelta. Ma in tal caso lo si dovrebbe licenziare! Se viceversa lo si considera degno di ricoprire quell'incarico, ci si dovrebbe pure fidare della competenza e della lealtà
nello scegliere il meglio per l'attività di ricerca.
Pensa se Fermi avesso dovuto bandire un concorso con criteri Anvur per poter assumere Maiorana!

Certo, io non sono Maiorana e il mio barone non è certamente Fermi, ma anche nel piccolo la dinamica deve essere quella: il maestro sceglie fra gli allievi quello che, sulla base del lavoro svolto a tu per tu (e non semplicemente raccontato da numeri e da curricula), gli sembra più capace.
In nome della volontà di "abolire i trucchi" si è invece abolito questo principio irrinunciabile dell'attività scientifica, la quale, ripeto, non è paragonabile all'insegnamento liceale in cui c'è un programma di riferimento e dunque una base comune sulla quale dire "questo è migliore di quello". Chi propone di trasformare l'università in un grande liceo in termini di reclutamente, o è uno sprovveduto (che non sa cosa sia la ricerca) o parla in malafede (a proposito di malafede: perchè il sistema attuale non viene modificato? Perchè viene fatto passare per oggettivo e meritocratico? Perchè chi decide, ovvero i grandi professori dei grandi politecnici, ha l'h-index alto e quindi mai ammetterà l'esistenza di criteri di valutazione diversi!).

Altra soluzione ? Valorizzare le competenze acquisite per fare qualcosa di concreto. Ti piace la letteratura ? Pubblica un libro. Hai competenze tecniche-informatiche ? Fai il programmatore. Hai studiato un processo chimico-fisico che realizza qualcosa di nuovo ? Fai un prototipo e mettilo sul mercato. Ti piace la gnocca ? Fai un gnoccatravel.

Non credo che pubblicare romanzi come quello in divenire su questo 3d possa costituire attività lucrosa. Ho evitato di lavorare in azienda quindici anni fa proprio per non rischiare di finire a fare programmini. Purtroppo la ricerca attuale (anche in conseguenza delle regole bibliometriche) sta diventando sempre più autoreferenziale con poca possibilità di rivendersi all'esterno (l'unica attività con risvolti pratico-industriale è, guarda caso, proprio quella che mi sta dando più problemi in termini di citazioni!) La gnocca che mi piace fa spendere denari, non guadagnarne.

Purtroppo non ho ormai alternative al lavoro attuale. Se verrò estromesso mio malgrado dal sistema italiano, emigrerò all'estero, ma non ho intenzione di cambiare lavoro. Il denaro non è l'unica moneta. Bisogna considerare anche la possibilità di lavorare tutti i giorni ad argomenti inediti, stimolanti e comunque personalmente scelti e non imposti dall'esterno.

Se pensi che questo é proprio il periodo storico in cui il merito é un demerito, e il demerito un merito (giusto per restare negli ossimori dell’obbligo flessibile), che i bimbiminkia sono al potere e dopo la fase destruens manca una politica vera della fase costruens, e quindi vai di vaffa chiudiamo tutto, aboliamo tutto, revochiamo tutto e annulliamo tutto (sì così avete risorse, ma poi chi lavora se chiudete tutto ?), che il valore delle persone é basato sui like e i trend topic (almeno Totti l barzellette le ha pubblicate, ma qui abbiamo ministri che pensano che per aumentare il PIL basta accendere i condizionatori). E allora, che fare ?

Per chi ha portato l'Italia da 5a potenza mondiale a quinta colonna dell'euroschiavitù i "vaffa" sono meritati. Mi aspettavo solo più coraggio da parte di un ministro dell'istruzione che appartiene ad un governo autoproclamatosi "di cambiamento". Invece ha semplicemente preso, come i predecessori, il decreto precedente aggiungendo un delta di peggioramento. Era capace anche la Fedeli di questo!

Io proprio l’altro giorno stavo vedendo un bando per un insegnamento a contratto alla Sapienza, un quadrimestre a 825 euro lordi omnicomprensivi con una sfilza infinita di doveri sugli esami, studenti, sito internet, dispense e cazzi vari. Davvero scherziamo ?
Era un’attivitá che avrei fatto volentieri a margine del mio lavoro autonomo. Ma a quei livelli, mi sembra addirittura dequalificante.

Se e quando diventerò prof, ci penserò io a farti avere un insegnamento a contratto a condizioni eque, promesso.

Pensiamoci. Non é che abbiamo idealizzato il lavoro nell’universitá e nella ricerca, che non é più nemmeno l’ombra del lavoro serio, rigoroso e prestigioso di un tempo ? Anche gli stipendi degli associati e dei ricercatori sono ormai ridicoli.

Sono ridicoli tutti gli stipendi in Italia (se comparati, ad esempio, a Germania o Francia), per quanto riguarda l'ingegneria.
E la possibilità di gestire il proprio tempo a piacimento (che non significa lavorare sistematicamente solo 2-3 giorni a settimana come fanno in altre facoltà, ma semplicemente essere flessibili nei giorni e negli orari in un senso o nell'altro, a seconda di impegni personali, di necessità contingenti di lavoro e anche di momenti di maggiore o minore "ispirazione"), così come quella di scegliere a cosa lavorare con la mente, non ha prezzo.
Non è idealizzazione. Ora che finalmente da qualche anno riesco davvero a lavorare da ricercatore (e non più da vassallo di un barone) non posso più farne a meno.

Qualcuno dice che non tutto il male viene per nuocere. Io non mi sarei mai potuto permettere la massima autonomia, e i viaggi della gnocca, se avessi continuato a sottostare a dei giochi truccati. Ma che vuoi fare ? Combattere contro i mulini a vento ? Pensa che se Einstein avesse sottoposto il suo lavoro a una rivista scientifica con i criteri di oggi nemmeno l’avrebbero accettato. Forse invece lo scritto di una qualche opinionista da talk show l’avrebbero accettato ? Forse sì. Le donne che hanno capito da tempi immemorabili che anche la gnocca é merce di scambio mettono anche quella sul piatto per guadagnarsi carriere accedemiche, posti di potere e prestigio. Bill Gates ha scritto su Scientific American, qual é il citation index scientifico di Bill Gates ? E potrei farti altri esempi. Cambia idea, contesto, paradigma. Fortuna audaces iuvat.

Il paradigma Anvur è fallace, come tu sottolinei (Einstein, che come tutti i grandi lavorare spesso ad solo, avrebbe troppi pochi amici da cui farsi citare in tempi brevi, ovvero prima che il merito dei suoi lavori potesse emergere motu proprio). Non per questo mi sento spinto a cambiare lavoro. Non c'è fortuna che mi possa aiutare nel contesto attuale. L'unico lavoro socialmente accettato che io possa trovare soddisfazione a svolgere è quello di ricerca.
Non riuscirei più a costringere la mia mente ad elaborare questa o quella soluzione solo perchè
un capo dice che "è richiesto dal mercato".

E per cambiare idee e contesti, mi accontento di viaggiare con i miei ricordi fanciulleschi da romanzo che sto provando di scrivere qui.

Beyazid_II
Newbie
22/08/2018 | 22:28

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@ArietBack said:
Vi ripeto che secondo me avete conosciuto troppe ragazze che non valevano la pena e ora vi fate troppo prendere la meno giudicandole tutte allo stesso modo.
Per me non è così, ci sono tante brave ragazze in giro, italiane e non, ma bisogna conoscerle in determinati contesti.

Di certo non si trovano in discoteca, su tinder o approcciandole per strada

Sono eccezionalmente uscito dal confinamento autoimpostomi ai miei 3d perchè questo 3d (con il suo per certi versi divertente autore) è davvero paradigmatico del passaggio dall'umano al post-umano. L'ideologia "social" che traspare dalle convinte parole dell'autore è talmente surreale da lasciare il dubbio che si tratti di un esperimento sociologico. In ogni caso, la profondità della tematica del virtuale che supera il reale meritava il mio intervent0 (ultimo, promesso).

ArietBack possiede lo strano ed oscuro potere di smentire le proprie tesi nel momento stesso in cui (vedi sopra, ma le stesse cose si possono leggere per tutto il 3d) le argomenta.

Il fatto stesso che queste presunte belle, brave e buone “bocconiane” accettino approcci soltanto all’interno del cosiddetto “social circle” ed esercitino il loro “diritto” a comportarsi da stronze altrimenti dovrebbe semplicemente illuminarvi su quanto poco siano interessate all’uomo in quanto tale.
Esse, evidentemente, desiderano solo la rappresentazione dell’uomo svuotata dell’uomo stesso: vogliono dall’uomo solo una funzione, concreta (nel caso, indicato da @Itaconeti, in cui cerchino bella vita, regali costosi, solidità economica) o astratta (nel caso, citato da @Arietback in cui desiderano il “figo” per accrescere la propria immagine di successo con le amiche) che sia. Per questo non pescano fuori dal proprio “social circle”: lì e lì solo è impossibile sbagliarsi sulla reale condizione socioeconomica del potenziale “sponsor” (nel caso di interesse concretamente materialista) o sulla virtuale “immagine” di “bellezza”, “carattere”, “cultura” e “intelligenza” di cui un potenziale fidanzato è circondato nell’ambito del comune cerchio di conoscenze in cui si dovrà continuare a vivere. Ma questo, permettetemi, nulla ha a che vedere non dico con l’amore per l’uomo, ma neppure con il desiderio per le sue virtù fisiche o intellettive.

Se io desidero una ragazza per quello che è nella sua bellezza fisica, non mi interessa se questa mi viene mostrata in una serata fra amici o per strada in un incontro improvviso. La colgo come si coglie la bellezza di un tramonto che ci si pari davanti inaspettatamente mente torniamo dal lavoro avvolti nei nostri pensieri.
Se io apprezzo una ragazza per quello che è nella sua delicatezza interiore, non mi interessa se questa emerge nella convivialità di un incontro fra conoscenti o nella spregiudicatezza di una serenata dedicatami per caso da una sconosciuta in metropolitana (mi è accaduto anche questo, ovviamente non in Italia, peccato da parte di una Saffo fisicamente simile al ritratto di brutta e infelice che ne fa il Leopardi). Cerco di stabilire un dialogo con lei per poterne cogliere le sfumature e corrispondere cercare di corrispondere con altrettante bellezza intellettiva.
E così via per tutte le altre doti (che, se davvero ci interessano, non buttiamo certo via dicendo "non avevi diritto a presentarmele perchè non sei del mio social circle").

Vero che è più facile mostrarle all’interno di una cerchia amicale (fuori di essa si riducono le occasioni di incontri non fugaci in cui mettere in evidenza quelle doti che non sono visibili al primo sguardo, percepibili al primo dialogo, ma necessitano di dialogo solus ad solam e di tempo dato al corteggiamento), su questo Arietback ha pienamente ragione, ma il suo insistere sul “social circle” come unico luogo di incontro va oltre e denota quanto possiamo chiamare “feticismo del nulla”, vera cifra del mondo contemporaneo sempre più “social”.

Non sta dicendo solo che sia difficile, fuori dal “social circle”, mostrare le proprie doti più o meno interiori o più o meno sociali, più o meno intellettuali o più o meno materiali, ma semplicemente che queste non esitano. Non esiste la bellezza (e pazienza, per un uomo), non esiste il carattere (non a caso lo stesso Arietback lo ha definito niente più che “l’insieme dei feedback ricevuti”), non esistono, in quanto tali, la cultura e l’intelligenza, se non “messe in scena” in quel “teatro” che è la recita sociale più o meno ristretta fra le nostre conoscenze, in cui siamo contemporaneamente attori e spettatori.

Badate, qui siamo ben al di là del “vecchio” nichilismo, che almeno, Nietzsche docet, aveva una carica di “realtà” data dalla sua stessa voglia di distruggere valori (per poi costruirne di nuovi).
Qui non c’è nemmeno più la vena contestatrice (più o meno aleatoria) sessantottina: c’è solo la più piatta apatia di una post-umanità virtuale o virtualizzata per la quale nulla esiste se non è su facebook e se non riceve gli “I like”.
Se dico che bontà, pietà e uguaglianza sono disvalori, accuso il mondo occidentale di aver rovesciato per duemila anni ogni verità, dico che tutto quanto è stato venerato come divino è nulla ed arrivo ad esaltare atti e pensieri che per un “cristiano” sono “criminali”, risulto “nichilista” solo dalla prospettiva di quest’ultimo, mentre, almeno dalla mia, sono uno spirito libero in fase leonina.

Il “nichilismo” è insomma un’accusa reciproca che portatori di valori diversi (ma ancora in qualche modo reali) si scambiano a vicenda. Non è ancora la vittoria del nulla. Il feticismo del nulla di cui parlo (e di cui ArietBack è qui il più preclaro epigono) è invece semplice incapacità di vedere valori non “socializzabili” (nel senso “moderno” dei social, non in quello classico del “socialismo”) e conseguente idolatria per tutto quanto, pur privo di reale consistenza, verificabilità ed oggettività (come appunto il concetto di “figo” per i social), esiste in quanto “socialmente” idolatrato. Non è neanche una realtà virtuale (la quale implicherebbe comunque la realtà di una mente fantasiosa capace di elaborarla), è semplice nullità.

Non mi sorprende che questa filosofia post-nichilista, ma dovrei dire forse anche post-umana, sia il termine ultimo di quella visione del mondo e dell’uomo che un secolo e mezzo fa si chiamava “behaviourismo” (ne ho parlato nel mio 3d su metafisica dell’amore sessuale e dintorni) e che consisteva nel ritenere l’uomo null’altro se non una “tabula rasa” a cui (come ad un calcolatore universale con risorse infinite) si potesse insegnare di tutto, a prescindere dalla struttura intellettuale e psichica propria alla specie (l’hardware, potremmo dire, che la natura ha sviluppato nell’uomo, con i suoi vincoli, che si sceglieva di ignorare completamente in nome della “libertà”) e dalle differenti doti individuali (di cui si negava l’esistenza). Se sul piano scientifico tale delirio egalitario è stato superato dall’etologia e dalla biologia (le quali hanno mostrato non solo l’esistenza degli stessi impulsi fondamentali negli essere viventi praticamente in ogni specie, ma ha anche rilevato come l’ambiente possa solo impedire l’esplicarsi delle doti di cui un individuo è dotato, per eredità biologica, e non certo creare dal nulla quelle di cui è sprovvisto), sul piano culturale è ancora pienamente in auge, complice il dilagare della cultura USA all’interno di cui è nato. Il film “una poltrona per due” che @ArietBack ha citato in passato per “dimostrare” (significativo che la rappresentazione cinematografica, potente arma di falsificazione politica e strumento di propaganda ideologica per excellence dai tempi della seconda guerra mondiale, venga qui proposta addirittura come criterio di verità) la presunta indistinguibilità fra uomini al di là dell’ambiente e del ruolo sociale è la sublimazione del behaviourismo.

Una volta, in quel corso per il TFA che ebbi la sventura di seguire, venne addirittura proposta la definizione di individuo quale “insieme delle innumerevoli e particolari relazioni che intrattiene con gli altri e lo rendono unico”. Definizione non solo contraddittoria nella forma (essendo numerabili gli individui, lo sono pure le loro relazioni che, per quanto numerose secondo il calcolo combinatorio, non saranno mai infinite), ma veramente nichilista nella sostanza, dato che l’individuo in sé non è definito (si rimanda circolarmente agli altri individui parimenti non definiti: un calcolatore andrebbe in loop).
Io proposi l’alternativa: l’essenza che rimane in noi togliendo tutta la “crosta” dei rapporti con l’esterno. “Non rimane nulla” diranno i behaviouristi. “Bene” dico io “vi siete definiti almeno voi”.
Per quanto sfigato leopardiano possa venire considerato qui dentro e fuori, io sento di esistere anche da solo, anche dietro una siepe a riflettere su un infinito che “socialmente” non ha valore, non ho bisogno di apparire su un social e di ricevere “I like”. In questo è la mia realtà, triste quanto volete ma ancora viva.
I fighi dei social, al contrario, mi danno l’idea del cavaliere inesistente di Italo Calvino, che se si toglie l’armatura e non pensa a niente svanisce nel nulla (proprio perché, in sé, non esiste, ma solo come proiezione degli ideali ritenuti “socialmente migliori”).

Non mi sorprende che @ArietBack riceva continuamente conferme sul fatto di aver ragione riguardo alle donne. Certo, se un uomo non esiste in sé, ma proprio come il cavaliere inesistente, riluce socialmente per il riflesso della propria vuota armatura, allora qualunque ragazza potrà a ragione sceglierlo con indifferenza rispetto ad altri altrettanto inesistenti e lucenti ("ci sarà sempre qualcuno che ci sa fare di più...e come li batti a questi?" si è lasciato scappare: per lui, quindi, non esistono doti personali in quanto tali, ma vince solo chi ha più social circle, più contatti istagram o facebook, o passa più tempo con la tipa, insomma, siamo davvero "tutti uguali"). Certo, in questo senso “sono le ragazze che scelgono”. Perché scelgono fra pupazzi di un supermarket prodotti dallo stesso stampino con qualche trascurabile variazione casuale. Scommetto però che se un uomo esiste, come nel caso di @Flautomagico, con il quale mi sono scontrato per motivi ideologici ma a cui devo riconoscere una personalità o di @Itaconeti, il cui ruolo sociale è basato su qualcosa di più concreto rispetto ad istagram, esiste anche la sua possibilità di scelta e di bilanciamento di forza contrattuale.

E’ il colmo che si dia delle “materialiste” alle prostitute o alle gold-diggers presentando come esempio di realtà umana e calore sentimentale delle “belle, buone e brave ragazze” che scelgono in base ai profili istagram e all’immagine sociale dei ragazzi.
A costo di sembrare la volpe della favole di Fedro, fra una romena che si prostituisce per mantenere quel figlio avuto troppo presto e la studentessa della Bocconi che considera il carattere solo un insieme di feedback e la cultura e intelligenza inesistenti se non “socializzate” preferisco di gran lunga la verace umanità della prima (almeno ancora legata all’istinto materno prima che al nulla dei social). Fra una indipay che cerca da un uomo concrete possibilità di bella vita e una stronzetta ventenne che ritiene proprio diritto trattare con malcelata sufficienza o aperto disprezzo qualunque approccio non provenga dal proprio “social circle”, scelgo tutta la vita la concretezza più o meno onesta della prima (almeno rivolta a qualcosa di reale come il denaro piuttosto che all’inconsistenza del concetto di “figo” elaborato da una cerchia di conoscenze).

Forse se avessi accettato la proposta del preside del mio liceo di iscrivermi alla Bocconi (da cui veniva offerta una borsa di studio per il primo dell’istituto) adesso avrei soldi e gnocca, ma non mi pento di aver preferito la dura e grama strada di una conoscenza basata sulla realtà, sulla fatica, su quanto rimane dell’oggettività in senso scientifico. Sono inadeguato alle chiacchiere, tanto con le donne, quanto con la società. Sento bisogno sempre di dimostrare e verificare. Sono, insomma, per quanto nietzscheano in filosofia, inguaribilmente scientifico alla vecchia maniera (destinata all’estinzione dall’Anvur). Non avrei mai potuto, insomma, fare economia o marketing. Raccontare di bisogni e doti che non esistono solo per vendere un prodotto e spacciarmi per guru prevedendo il passato, ignorando il presente e prefigurando un futuro irreale in termini apparentemente scientifici (quello che tenta di fare oggi la cultura “mainstream” in cui bocconiani e simili hanno un ruolo preponderante). Forse, per lo stesso motivo, sono inadatto da sempre alla conquista free.

Pazienza se si considera giusto che chi ha seguito un corso di studi (e poi un ambiente di lavoro) quasi esclusivamente maschile (ma non perché “sfigato”, bensì perché serio, perché ad elevato rapporto fra fatica mentale necessaria e ricaduta economico-sociale immediata, e quindi evitato spesso dalle ragazze, notoriamente più “furbe” nel valutare la convenienza sotto questo aspetto) non possa neanche provare ad avvicinare belle ragazze più o meno giovani solo perché fuori dal proprio “social circle”. Finchè c’è pay c’è speranza.

Parlando poi con colleghi che hanno conosciuto bocconiani, mi hanno confermato come alla fine il prestigio sia costruito più sulla rete di “relazione sociali” che l’università privata vanta (e di cui alla fine anche i suoi laureati godono) piuttosto che su una effettiva maggiore durezza e profondità di studi rispetto alle corrispondenti facoltà statali.

Non ce l’ho con @Arietback, che mi pare solo una vittima del sistema di cui si crede fortunato a far parte, ma una volta di più mi è chiaro perché l’Italia, guidata da professori bocconiani, abbia potuto passare da quinta potenza del mondo e primo paese per benessere effettivo, allo stato attuale.
Ancora una volta, le questioni della gnocca sono una cartina tornasole della politica e della società.

Beyazid_II
Newbie
22/08/2018 | 22:00

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@Michel said:
Non facciamo di tutta l’erba un fascio. Ci sono un sacco di ragazze nella decade 20-30 che sono molto più mature di quarantenni il cui unico interesse é postare foto di cuccioli su Facebook o frasi fatte.
Ed anche quelle bramerebbero quanto le colleghe più giovani e vuote i vari like sui social, solo che per un motivo o per un altro non li ricevono,

In effetti io avevo in mente quelle del periodo 15-19 che ero costretto a frequentare da liceale o post-liceale...

Quelle che dici tu (ragazze nella decade 20-30 più mature), sono, per me, "trentenni anticipate". E le altre (le quarantenni social) ventenni dallo sviluppo arrestato da vent'anni!

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