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IlMarchese

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Commenti

IlMarchese
Silver
24/03/2024 | 13:15

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@Trapanatorefolle
@Sardus

Io non devo dimostrare la verità di quello che scrivo, i report sono miei diari di viaggio di esperienze e incontrie e che voglio fissare nella memoria, mi diverto a scriverli senza fare la guida lonelyplanet e il fatto che li condivida è per puro spirito di cameratismo tra viaggiatori scopatori. La cosa che ci sia sempre qualcuno che li mette in dubbio e che ci legge cose straordinarie, vuol dire o che quella persona ha l'esperienza di un lattante e che i suoi unici viaggi sono tra le categorie di youporn, o semplicemente è così invidioso che mi odia a tal punto da diffamarmi. Se non credete a quello che è scrivo, è più un problema vostro. Però vi capisco, anch'io sono stato adolescente.

IlMarchese
Silver
15/03/2024 | 15:31

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@Trombeur
Grazie per la stima.

Comunque l'esperienza Gang Bang una volta va provata ci Vediamo

IlMarchese
Silver
09/03/2024 | 09:31

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@santos1983
Grazie. Il racconto è lungo perchè è stata una lunga giornata e quello che scrivo è prima di tutto un diario per me. Confermo all'Avarus ogni sera c'è una tema diverso. C'è la setata orgia, gang bang quella della cioccolata che a me a sempre fatto venire in mente gente che si caga in faccia invece a quanto pare ci si versa cioccolata addosso, certo è da evitare se diabetici te @santos1983 ci sei stato? Poi quella del pick the guys è provare, si rischia che il guy si trasformi in gay, ma in fin dei conti tutto quello che succede all'Avarus rimane all'Avarus.

IlMarchese
Silver
02/03/2024 | 09:25

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IlMarchese
Silver
29/02/2024 | 16:29

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@mondokane

Grazie per gli accostamenti lettarari e per il commento che mi lusinga.
Berlino trasuda da sempre una decadenza da fine impero. Lussuriosa, gelida, grigia, mi ha sempre attratto e ripugnato come una vecchia baldracca da cabaret della repubblica di Weimar, con il trucco sfatto e le cosce umide.
Ti domandi cosa ne direbbe Baudelaire dell'Avarus? ci avrebbe seminato uno dei suoi semi per farlo germogliare in un fiore del male.

IlMarchese
Silver
23/02/2024 | 16:09

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Berlino. Serata Gang Bang all’Avarus swinger club. Io nella camera di motel. Mi sto facendo la ceretta ai coglioni. Bussano alla porta. Penso sia quello della reception che deve farmi ancora il check in. Quando sono arrivato in questo quartiere ben frequentato dai turchi e magrebini, che vi consiglio se amate le emozioni forti, ho trovato solo neve, ghiaccio, bar kebab e un cancello chiuso. Ho dovuto chiamare il numero di telefono del motel per poi ritirare le chiavi da una cassetta. Insomma, apro uno spiraglio della porta perché sono ancora con le palle all’aria. Chiunque sia dall’altra parte, non vuole farmi il check-in. Sento spingere la porta. La camera dà su un cortile. Fuori è più buio del mio buco del culo, nevica, entrano spiragli di freddo. Vedo solo un’ombra, compare una faccia barbuta, incappucciata di pelo, e anche se siamo in stagione non penso sia Babbo Natale. Mi guarda con occhi strabici da idiota, con quella faccia maomettana. L’abominevole beduino delle nevi. Non parla, nessun suono, spinge solo. Faccio una fatica della madonna per non farlo entrare. Per fortuna tre anni fa ho fatto un mese di palestra e resisto alla forza bruta beduina. Sono in mutande, i piedi nudi bagnati. Scivolo sul pavimento come un pattinatore sul ghiaccio. Bestemmiando tutte le divinità monoteiste, ma soprattutto una in particolare, riesco a chiudere la porta. Il fatto che abbia pure scorreggiato per lo sforzo, potrebbe essere stato un notevole deterrente. Chiamo il coglione della reception. “Dove cazzo sei? vieni subito qui “ dico “c’è lo yeti alla porta che vuole entrarmi in camera”.
Sono inchiodato in questo buco, sto perdendo tempo, tra poco gang bangheranno. Sento passi fuori dalla porta. Ribussa. Non ho la più pallida idea di che cosa cazzo voglia. Alla fine dopo mezz’ora con tutta calma arriva il tizio della reception accompagnato dagli sbirri. Del beduino non c’è traccia. Racconto tutta la storia, quasi mi portano me in centrale. Mi chiedono se ho fatto incazzare qualcuno a Berlino. Ancora no, faccio io, sono appena arrivato. Da appassionato del Tenente Colombo, suggerisco l’idea geniale di controllare le telecamere. Ci mettiamo a vedere il video nella stanzetta della reception. Nel video che riprende il cancello dell’ingresso, si sente prima un grido di donna, e poi un cazzone di 2 metri che forza il cancello, il resto so già come va a finire. Chiedono, gli sbirri, se voglio andare in caserma fare denuncia. Caserma una sega, l'unica cosa che voglio è levarmi dai coglioni. Mi tocca cambiare albergo, non vorrei ritrovarmi lo Yeti ancora alla porta. Il mistero dell’abominevole beduino delle nevi viene svelato il giorno dopo dal tipo del motel che mi chiama al telefono. La storia è quella di un magrebino o un turco, ma magrebino mi veniva meglio la rima con Berlino, dicevo questo cornuto che stava seguendo la moglie. L’aveva vista uscire da una stanza. Prima la mena o le taglia la gola, non ci è dato di saperlo e questo è il grido che abbiamo sentito. Poi il beduino vuole complimentarsi con chi se l’è chiavata. Il problema è che la suina non era uscita dalla mia stanza, ma da quella accanto. Visto che culturalmente questi tipi sono di larghe vedute con le proprie donne che scopano in giro, poteva succedere che Berlino diventasse la meta finale della mia vita errabonda. Trovo un altro albergo al volo. Salto dalla Berlino kebabbara alla Berlino pompinara. Persino il nero alla reception del nuovo hotel quando mi consegna le chiavi mi fa intendere che vorrebbe chiavarmi come un chiavistello. Esco per mangiare un boccone. Lungo la strada è pieno di bar con insegne al neon di uomini abbracciati ad altri uomini lampeggianti. La specialità in zona sono i würstel tra fettine di culo sbrodolati di maionese. Dietro i vetri dei locali, tizi in cannottiere, pelle e baffi che ti fanno ciao ciao, come Heidi con le pecorelle.

Prendo un taxi. Finalmente arrivo a questo cazzo di Avarus. Tra il viaggio per arrivare a Berlino, il tentativo di irruzione in camera, il cambio d’albergo, il nero frocio, l’hamburger con la cipolla caramellata che mi è rimasto sullo stomaco, non è serata. L’ Avarus si trova all’ultimo piano di un edificio tutto uffici e palestre in una zona abbastanza isolata, per cui la notte è deserto e possono organizzare orgioni e tenere la musica a palla e nessuno chiama la polizia. Salgo con l’ascensore. Arrivo a una porta tutta nera. La porta si apre all’improvviso. Esce una tipa scarruffata e sconvolta che sembra appena fuggita da una gang bang, di certo non era a fare Yoga. Richiude la porta dietro di sé, la stronza, senza farmi entrare. Inizio a suonare il campanello, nessuno risponde. Risuono. Risate, musica, tintinnni di bicchieri come se fosse capodanno. Mi attacco al campanello. Alla fine quando sto per andarmene, si spalancano le porte del paradiso, diciamo così. Invece di San Pietro, c’è un cento chili di tremula carne sudata, umidiccia. Compare questa grassa e baffuta tricheca teutonica. Ma una tricheca zozza che sembra pure lei appena uscita da un tortino di cazzi. Partiamo subito con un Kazziatone di benvenuto, con quel tono minaccioso che solo i crucchi hanno anche a cose normali, figuriamoci quando sono incazzati.
“Nein suonare campanello DIECI folte, Neeiiin! Basta UNA suonare, UNA, suonare, folta! “
Mi sento uno scolaretto che è sgridato dalla maestra. Non vorrei finire già nella lista nera ancora prima di entrare. Chiedo perdono, sto per inginocchiarmi e accettare qualsiasi punizione corporale voglia infliggermi.
Vengo perdonato, “per questa folta”.
La tricheca si asciuga il sudore dalla fronte, fa un respiro, conta fino a dieci per riprendersi Eins Zwei Drei Vier….
“Come tu, essere registvrato?”
Ha in mano un tre pagine con la lista di nomi. L’Avarus list. Li scorre con quel dito tozzo da mammifero antartico.
“Anofagabondo, Ladysquirting, fragolino, Gesù69, “
“Come detto ti chiamare?”
provo a sbirciare la lista, allungo un dito e lei mi dà un buffetto sulla mano.
il commendatore, il conte, il duca ecco … ilMarchese. “Tu essere ilMarcese, Ja?”
Sì, ma solo per gli amici.
Mi squadra dai piedi alla testa da dietro il bancone, chissà cosa cazzo le passa in quella testona tricheca.
Perchè oltretutto se non sei vestito come vogliono loro, Raus e torni a casa. Pago Cento gettoni dell’ingresso. La stronza si calma e diventa quasi gentile, quasi. Mi fa da Cicerona in giro per il locale. Lo chiamiamo locale ma è più un appartamento. La zona bar, un salotto, le docce, la sala buffet, il cesso.
“Qvesta è stanZa giochi” mi fa.
è uno stanzone arredata con tutto il necessario: la sedia ginecologica, l’altalena sessuale, un materasso da sei piazze per le ammucchiate di paese, le varie alcove per chi vuole un po' di privacy. Per adesso è vuota, nessuno gioca. Nel locale sono tutti in modalità social. Sembra di stare in un party casalingo. A casa di qualcuno che per amici ha la bella gente che va in giro vestita in latex, nuda sotto ma con la maglietta, in mutande ma nuda sopra, o vestito da rappresentante dell’enciclopedia treccani, o da troia da tangenziale.
Poi c’è lei.
Cappottone nero stile terzo reich. Capello con rasatura laterale, cresta azzurroviolacea: marziale ma sbarazzina al tempo stesso. Stivali mezzo coscia che se ci infili una donna normale le vedresti spuntare il naso fuori. Calze con autoreggenti, che non sono autoreggenti ma fionde dell’amore. 185 cm di pura vacca chianina tedesca. Una Fräulein puttanone come tutti immaginiamo dovrebbe essere una Fräulein puttanone.
Si chiama sicuramente Grünilde, o Brünilde, o Hildegarda o Sigrún. Le chiedo come si chiama:
“Camilla” mi fa.
La chiamerò comunque Helgaründa, che è un nome assolutamente inventato, ma tutte le crucche che scopo le chiamo così, una cosa che mi porto dall’infanzia. A parte il fatto di dirmi un nome che non volevo sentire non spiccica parola. è accompagnata da un barilotto tutto vestito di nero. Forse il marito. Ha una faccia conosciuta. Vado a prendere un drink, sto per tornare nella stanza giochi quando sento abbaiare:
“Nein drink in stanza giochi, neiiinnn, raauuusss!“
Di nuovo. Secondo Kazziatone della serata. Mi giro e vedo la tricheca da dietro il bar che mi punta il dito contro. Cristo, ci manca l’allarme antiaereo. Torno indietro, lascio in bicchiere sul bancone, con un movimento della testa lei approva.
“Brafo, Ja! Marcese”
Di fronte al bar ci sono un paio di coppie di pensionati che stanno socializzando. I mariti stanno discutendo sui problemi alla prostata, l’artrite, la cataratta, quale cantiere hanno visto oggi e altre amenità tenendo la mano sul culo della moglie dell’altro. Qualche lupo della steppa vaga solitario, si avvicina a una preda, annusa e dopo un vaffanculo se ne va. Incrocio un tipo, sembra un testimone di Geova, gli manca solo la bibbia in mano e che mi chieda se sento la voce di Dio.
No. Non la sento la voce di Dio. Solo grugniti che provengono dalla sala giochi.
Come se suonasse la campanella della ricreazione, tutti si precipitano lì dentro. Evviva!
Sulla sedia ginecologica è in corso una visita specialistica. Un troione sta con le gambe spraccate sui reggigambe, un tizio ginocchioni che le ravana la passera. Intorno tutti studenti di ginecologia che prendono appunti col il pisello in mano.
Addocchio Fräulein Helgaründa. Lei e marito si mettono comodi in un’alcova, in fondo alla sala. Faccio ciao al marito, un cenno se posso avvicinarmi. Lui è sdraiato su un fianco. Fa sì con quella testona sbiancata. Helgaründa è sdraiata, guarda il marito, mi dà le spalle, o meglio, il culo. Sdraiati uno di fronte all’altro come se fossero a godersi un pic nic sull’erba del parco di Tempelhof, a ingozzarsi di Pretzel, birra e cetrioli, invece sono stravaccati su un materasso sbrodolato in latex, che avrà preso più schizzi del Titanic, in un club per scambisti, minacciati da decine di cazzi imbizzarriti. Helgaründa si gira, mi squadra, fa una smorfia che non so se è tipo “è questo che passa il convento” o “Guarda che maschione portento" non mi scaccia come se fossi un moscone su uno stronzo, è un passo avanti. Gattono sul lettone. Helgaründa è tutta coperta dal pellone nero che sembra un Goebbels trangender. Sollevo un lembo di cappotto. Quello che trovo è un grosso culo nordico. Lei immobile, estraniata, fredda, potrebbe tranquillamente leggere Goethe mentre le si esamina il deretano. Sollevo una fetta di Schnitzel di chiappa, spunta un ciuffo di insalata di patata anni 70, inizi anni 80. Annuso, l’annata è quella, un moscato con un bouquet di sentori di frutta secca, fiori appassiti, coriandolo, piscio e sborra e anche pò di tappo.
Guardo il marito, il solito gesto con la mano, vai vai fai pure… Ja!
Rovisto nella Kartoffelsalat di Helgaründa con un dito, poi due dita, poi tre, infilarci una mano sarebbe poco bon ton. Quindi per stimolarla accelero il ritmo, cambio mano, mi sembra di fare un purè. Finalmente Helgaründa inizia a dare segni di vita, ansima move la testa, fa pure muuuuuuu…
Guardo il marito che guarda la moglie, che guarda il mio cazzo. Helgaründa ha voglia di würstel, mi agguanta la patta. Le presento l’amico fritz, che nemmeno mi da il tempo di incappucciare che se lo è già messo in bocca, quindi mi trovo la testa di Helgaründa tra le gambe. Il marito ci guarda. Ora che siamo faccia a faccia, c’ho un flash: è l’ispettore Derrick senza trench, con la t-shirt nera, la faccia crucca è quella. Stasera è la serata dei cornuti, dopo controllo se per caso è San Giuseppe. Due ore fa un marito che s’incazza perché pensa che mi sono chiavato la moglie, e ora sono qui a chiavarmi la moglie davanti al marito, che sembra si tolga un peso, finalmente qualcuno che se la scopa al posto suo. Queste strane coincidenze cosmiche da allineamento astrale di buchi neri. L’ispettore Derrick però non resta proprio indifferente, si smandruca il pacco, non so se ad ispirarlo sono io o lei. Lo tengo d’occhio perché non vorrei quattro Derrick al culo. Con Helgaründa appesa al cazzo, mi tolgo la camicia perché si cuoce. Intorno a noi inizia l’assembramento degli smanettoni. Helgaründa scaccia tutti come se fossero tafani sul culo. Si mette sdraiata, vuole che le lecchi quell’insalata Brandemburghese, ma i krauti mi fanno venire l’aria alla pancia. Allora parto subito a montarla. Le faccio una spaccata con due Schnitzel, rischiando la lussazione. C’infilo in mezzo il mio Panzerfaust. Spero non stringa con le zampe, che finisco spremuto come un tubetto di concentrato di sborra. Intanto Helgaründa urla come un'ossessa, la sbattacchio senza pietà alcuna. La passera di Helgaründa è un Autobahn a quattro corsie. Ci potrei infilare il mio cazzo, più fare un cazzo littorio con una manciata di tutti i quattro o cinque segaioli che ci circondano, a lei non basterebbero.
Poi non c’è niente di meglio per farmelo ammosciare che il Tricheco di prima che viene a Kazziarmi di nuovo. No, questa volta Kazzia Helgaründa perché con i tacchi di quegli stivaloni da walkiria puttana sta facendo diventare il materasso un groviera, che già profuma anche di groviera. Oltretutto se mi parte una stivalata in faccia mi fa un buco di culo in fronte. Le due iniziano a ringhiarsi in faccia come Rottweiler in calore. Faccio finta di sborrare, “Aaaah… Jaaa, ooooohhhh, mein Gott" poliglotto in germanico per farmi capire meglio, non se ne accorge nessuno, giusto per cortesia. Sfrutto la cagnara per defilarmi. Raccatto pantaloni e camicia. Nudo beco con la preserva afflosciata che sembra averci il berretto di uno gnomo tra le palle, mica un cazzo.
Vago nudo con il fagotto dei miei vestiti e vengo travolto da un nugolo di arrapati, che ronza intorno a una ninfomane trascinata sopra il materassone da battaglia al centro dell’arena scopereccia.
Wunderbar
Lei sdraiata con lo sguardo tramortito. Salgo sul materasso che sarà alto un metro e un cazzo, tra la foga del chi prima arriva prima scopa, il materasso che è unto e unto e scivoloso come un dildo usato e se ci sali sopra affondi. Salgo con un piede, perdo l'equilibrio, rimango a mezz’aria con l’altro piede. A quel punto ho due opzioni: pestare la faccia della la suina o cadere dal materasso rischiando il crociato. Vada per la faccia della suina. Il dio delle suine la salva, perché atterro con il calcagno a un centimetro dal suo zigomo, salvandole la metà della faccia sinistra. Lei inconsapevole della tragedia sfiorata, è lì che smanetta, succhia e sbrodola. Vuoi per la tensione del momento, vuoi perché alla fine è l’unico posto libero, mi siedo sulla sua faccia. Come di riflesso prende a leccarmi le palle. Lente e gustose lappate sui coglioni e buco di culo, che un labrador non saprebbe fare di meglio, fidatevi. è come quando ti fai il bidet e senti quel tepore che ti risale fino all’intestino, che quasi ti vien voglia di cagare. Sono lì appollaiato sulla suo muso, mi godo questo nirvana pompinaro che viene deturpato dalla faccia selvaggia di uno dei due vecchi del bar, che fa i peggio grugniti da cinghiale della foresta nera. Ci troviamo faccia a faccia ognuno ai due lati dell'arcobaleno. Il vecchio è tutto avvampato, ha le vene della fronte che scoppiano, deve avere in corpo più viagra dello stabilimento Pfeizer.
Alla fine la ninfosuina chiede time out, tutti si allontanano, lei si mette seduta, fa un paio di lunghi respiri come per prepararsi all’immersione. O, come se si fosse risvegliata da un coma. Si risdraia. Riparte il carnevale. C’è un rapido cambio di posizioni. Tutti si muovono frenetici intorno a lei come se fossero tecnici al Pit Stop della formula 1. Io passo dalla bocca alla fica, spingo via il vecchio che sembra una Tartaruga caretta arrazzata. Lui ritorna a fottere una tipa che è sdraiata accanto, le mancano le mani incrociate sul petto per ricordare Nefertiti morta 3000 anni fa ma ancora giovanile, forse la moglie. Forse, un fantasma di una troia deceduta per asfissia da troppi cazzi che infesta l’Avarus da decenni. Prendo in mano il birillo, non il suo, il mio. Batacchio un paio di colpi su quella passera sudata e arrossata che sembra un ecce homo, ce lo infilo dentro che mi sembra di scopara un barattolo di danone lasciato al sole di agosto.
Mi passa accanto la tricheca nazista, mentre sono lì che sculetto e fa:
“Tutto pene?”
“Tutto pene, danke!" e riprendo a pigiare.
Un paio di mandate e rivolto la ninfosuina a pecora, che non ne posso più di vedere quella ghigno da drogata di cazzi. Osservo la scena come se fossi in un sogno astrale. Faccio lo screenshot di questo attimo e lo salvo nel cloud dell’eternità. Siamo tutti intorno a lei come se la sua passera fosse il centro di un cosmo sporcaccione, nudi, chi con il birillo stretto in mano, chi infilato in un buco qualsiasi. Alcuni sguardi ansiosi di rubarti il posto nella sua fica. Un momento di condivisione universale. Sarebbe bello tenerci per mano, fare Giro, giro girotondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per… oddio sborro!!!
Questa volta schizzo davvero. Saluto e ringrazio tutti.
One love, one heart.
Raccatto i miei stracci. Quando sto per levarmi dai coglioni passo accanto a una coppia che sarà da un’ora impegnata in una specie di rapporto tantrico inculatorio. Lei appecorinata alla ringhiera di un piccolo soppalco che dà sulla sala trombiera. Lui dietro che la tromba rilassato e spirituale come il Dalai Lama, le saranno venute le piaghe da decubito al cazzo. Il locale si sta svuotando insieme ai coglioni di tutti quanti. Ormai il piatto forte di maiale ha preso quella cariolata di cazzi che le tiene calme una settimana, in attesa della prossima ingroppata di gruppo. Esco.
Sono in attesa dell’Uber, mi passano accanto Helgaründa e il marito. Loro si guardano intorno, anonimi, come se fossero usciti dal cinema a vedere la carica dei 101, invece erano a vedere la caricano in 101. Salgono sulla loro mini cooper nera targata HH AK 5672 parcheggiata di fronte all’ingresso, cercando di non farsi notare. Faccio ciao, ciao. Nemmeno mi cagano.
Sono lì da solo aspettando questo uber del cazzo che non arriva mai. Arriva la ninfosuina. Faccio ciao ciao. Mi squadra come se il bagno maria ai coglioni di prima non lo avesse fatto a me. Nemmeno lei mi caga. Arriva l’uber non il mio, il suo. Io resto lì al bordo della strada, passa un’ora. Nemmeno un certo Mustapha Mohammed Ahmed qualcosa che mi compare sull’app uber mi sta cagando. Spero che sia quel cornuto che ha la moglie che si fa sfondare nei motel.

IlMarchese
Silver
22/12/2023 | 17:08

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@JackG

Grazie JackG seguimi e ne leggerai delle belle....

IlMarchese
Silver
22/12/2023 | 17:07

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@JackG
Ciao JackG ci sto pensando da tempo e me lo hanno chiesto anche altri, il che mi famooolto piacere... lo farò un giorno e considera che le recensioni che ho pubblicato qui sono nemmeno il 20% di quello che ancora dovrei scrivere.

IlMarchese
Silver
20/12/2023 | 16:09

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IlMarchese
Silver
14/12/2023 | 15:23

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Il Conte ritorna dopo anni passati in esilio, non nell’isola di Montecristo, ma in altra località. Per celebrare il rientro in patria, e una probabile nuova fuga o un meritato carcere a vita, festeggiamo. Organizziamo un weekend per celebrare i fasti dei tempi passati, quando Conti e Marchesi regnavano sulla plebe. Decidiamo per Malaga. Da persona raffinata ed amante dell’arte e della gnocca, il conte mi fa notare che Malaga ha dato i natali a quel tizio che dipingeva quei quadri sconclusionati, con persone con un braccio di qua, la gamba di là, un occhio al posto della bocca e un orecchio dove normalmente ci dovrebbe essere il buco del culo, insomma Picasso.
Prendiamo in affitto un appartamento in calle Montaño, zona centro. Veniamo accolti da Ana. Ana è la custode dell'appartamento e abita al piano di sotto. Si presenta, “benvenuti a casa di Jesus”. Stiamo per farci il segno della croce, ma ci spiega che Jesus è il nome del proprietario. Jesus Garcia Alejandro qualcosa, lavora per un’importante casa farmaceutica, è spesso fuori per lavoro, questo appartamento è il suo pied-à-terre Malagueno, e … gli piace prenderlo nel culo, no, questo non ce lo dice Ana ma si vede dall’arredo. Nella sala dove svetta una tv da 150 pollici, è tutto pieno di oggetti collezionati da Jesus nei numerosi viaggi. C’è una biblioteca fornita di libri che vanno dai filosofi greci, ai manuali di cucina tipica del Suriname. Appeso al muro sopra lo stereo, con una collezione di Lp dai gusti improbabili, c’è un violino. Le due camere da letto, una in stile giapponese con futon, mobili in bambù e katana d’ordinanza.
L’altra, tutta bianca, in stile ospedaliero, alla testiera del letto ci sono degli anelli sospetti, già mi ci vedo Jesus incatenato. “Mi raccomando” dice Ana “non toccate la collezione di oggetti d’arte di Jesus, non usate lo stereo, non tenete alta la tv. La vecchia rompicoglioni sta per andarsene, poi fa un passo indietro sulla soglia e: "ah…, niente ospiti, niente feste, e non siete fumatori, vero?”.
Con la miglior faccia da bravi ragazzi che ci viene: non si preoccupi e dica a Jesus che la sua casa è in buone mani.
Il tempo di chiudere la porta, il conte prende possesso della camera giapponese. Ha sempre avuto una passione per il sol levante. Inizia a sciabolare la katana e gridare per la stanza che sembra Toshirō Mifune nel film i sette samurai, sì ma mentre fa un harakiri anale. Io sono sempre stato un violinista nei miei sogni. Per coprire i i lamenti del violino suonato a cazzo, accendo lo stereo e metto il primo lp che mi capita a tiro Me olvidé de vivir di Julio Iglesias, questo per capire i gusti di Jesus . Sulla smart tv, il canale fisso è youporn. Cerco di aprire gli armadi del salotto, dove sicuramente Jesus tiene i suoi cazzi di gomma, manette, e tutto l’arsenale di quando si fa frustare dai centurioni. È tutto chiuso a chiave. C’è uno strano contenitore nel corridoio, una bottiglia di ottone a forma dalla forma stranamente fallico aliena, magari la chiave è lì, la prendo e mi cade tutto il contenuto. A quel punto, Ana grida dalla tromba delle scale come se non aspettasse altro “tutto beneee?” Mi affaccio alla porta e “sisi” rispondo, poi un vaffanculo sottovoce.

Siamo a dicembre, da noi siamo partiti che era sottozero ma Malaga è come settembre. Passiamo le giornate a passeggiare sul lungomare, tra tapas bar, osterie, musei di Picasso, case di Picasso, dove Picasso infilava il casso. Immersi in questa atmosfera Bohémien malagueña, alla sera pure a noi vien voglia di dare qualche spennellata.
La galleria d’arte che scegliamo è il New Scandalo. Di new, allo Scandalo c’è ben poco, e anche in fatto di scandalo siamo messi male. Classico puticlub iberico, uno dei tanti dove io e il Conte abbiamo speso negli anni cifre che risolverebbero l’economia dello Zimbabwe. Al New Scandalo c’è una pista centrale dove nessuno balla, e poi tutt’intorno la gnocca che pascola. Nel pascolo ci trovi Rumene, russe e sudamericane, e noi due. Il Conte mi sparisce subito in groppa a una cavallona mora che da quando siamo entrati tampina peggio della finanza. Io finisco non so come in una stanza buia con una tizia di cui ricordo solo un vestito in maglia, che sembra uno scorfano finito nella rete di un peschereccio, e poi tanti schiaffi dati sul culo, non sul mio il suo intendo. Ritorno in sala e del conte non c’è traccia.
Ci perdiamo in questa vortice di Gnocca, e finiamo risucchiati come due stronzi nel sifone del water.
Il tempo di ricaricarsi le palle, parto all’assalto di Belen che dice di essere brasilospagnola, pelle chiara, bionda ossigenata, con due bombe e un culo che rimandano a schiave africane montate da bianchi negrieri, Trattiamo sul prezzo, e mentre si sale in camera incrocio il conte che nel frattempo era passato al secondo giro di giostra. Belen si mette al lavoro sull’impianto stereo, piazza due casse blootooth collegate al telefono. Ci mettiamo a ballare al ritmo della ballatona Wicked Game di Chris Isaak. Abbracciati ci facciamo trasportare dalla musica. Dopo dieci minuti passati a strusciarsi e slinguare con Chris Isaak in loop che mi ha già rotto le palle, mi sdraio sul letto esausto. Belen sinuosa come un cobraporco mi sale addosso e parte con pompino lento e sugoso. Poi si spreme un tubetto di olio tra le tette, ci piazza in mezzo il pisello e lo mena che mi diventa come unto un cetriolo Saclà. La giro, e ci facciamo un 69 italo-brasilo-malagueno. Dopo un’abbondante impacco di fregna, tenendole le zampe ben allargate come in sala parto, cerco di infilarmi dentro di lei con tutto quello che posso. Tutto quello che si sente sono i suoi oh, sii, yeah.. e il cigolio del letto del cazzo, cambio una decina di posizioni sfoggiando le mie abilità di contura nera di Kamasutra, l’unica cosa che non cambia Chris Isaak non la smette con la sua Wicked Game che è diventata il tormentone dell’estate, anche se siamo in inverno .

La sera dopo, domenica, andiamo al Sala Divas. Appena entrati, tutte le gnocche che intanto si stavano facendo i cazzi loro, chi appoggiata come una scopa al muro, chi stravaccata sui divanetti, chi a spulciarsi, si girano a guardarci sorprese di vedere un cliente varcare l’ingresso. Che dico uno, due clienti. La qualità della gnocca è da svendita totale per cessazione attività. Solo per cavalleria io e il Conte non giriamo i tacchi. Ci avviciniamo timidi al bancone del bar. Veniamo avvicinati dalla prima squadra di esploratrici, iniziano a mitragliarci di domande. La conversazione è talmente eccitante che iniziamo tutti a sbadigliare. Dopo aver resistito a questo primo assalto, arriva un’altra ondata di fanteria, poi un altro ancora, tutti respinti, alla fine prima di essere abbattuti dall’artiglieria pesante, che nella fattispecie sono due tore che si stanno avvicinando, decidiamo che forse è ora di ripiegare, mentre siamo battendo in ritirata veniamo salutati dalla truppa con ‘ciao, finocci’. che deve essere un gergo Malagueno per rendere onore delle armi, ma non ne siamo sicuri.
Ritorniamo a casa. Siamo sul divano di Jesus che ci godiamo il riposo del guerriero, ma con una gran voglia di scopare. è quasi l’ora delle streghe e decidiamo di farci consegnare gnocca a domicilio. Non chiamiamo JustEat ma la Velasquez24. Nell'appartamento di Jesus non sono ammessi ospiti, né feste. Nessuno divieto a portarci delle troie, non esiste una clausola sul contratto che faccia riferimento a questo, mi fa notare il conte che si è laureato in giurisprudenza nel carcere di … Dall’ampio menù online scegliamo due ragazze da farci consegnare a domicilio come pizze. Sono Isa e Martina, una mora pelle bianca, l’altra pure mora ma pelle caramellata. All’ 1 arriva lo speedypizza. C’è il problema di come farle salire senza che quel mastino Malagueno di Ana al piano terra inizi ad abbaiare. Per evitare che le pizze entrino con tacchi 12 nell’androne, martellando come due fabbri mignotteschi svegliando tutto il vicinato, appena scese dal taxi di fronte al portone le prendiamo in consegna. Però le 2 gnocche sono vestite come se le avessero caricate direttamente dal divano di casa loro: tuta, scarpe da ginnastica, felpe. Il portone è uno di quelli enormi tardo rinascimentali da cui si entrava con le carrozze. Per il solo passaggio pedonale si apre una porticina di servizio all’interno della cornice del portone. Cercando di fare il massimo silenzio, nell’emozione dell’incontro do una pedata contro la cornice. Mi metto una mano sulla bocca, smorzo bestemmie contro Jesus, la madonna e tutti i santi. Già ci vediamo Ana uscire dalla porta e cominciare a gridare. Il conte afferra un vaso di fiori da una mensola, è pronto a discutere di cavilli legali di cui al comma sopra del contratto. Rimaniamo tutti in silenzio, niente abbaiare di Ana. Le 2 pizze margherita si guardano non capendo cosa cazzo stia succedendo. Siamo tutti un fare shhhh con il dito sulle labbra. Saliamo le scale in punta di piedi, sembriamo un gruppo di ninja puttaneschi. Nemmeno la luce accendiamo, ci facciamo strada con la torcia del cellulare. Finalmente riusciamo ad entrare in casa. Ci presentiamo, non abbiamo la minima idea di chi sia Isa o Martina, probabilmente non lo sanno nemmeno loro. L'agenzia ha semplicemente inviato fighe ‘del tipo’ quelle delle foto sul sito. Momento social. Isa e Martina sedute sul divano a sorseggiare un drink, in tv c’è youporn a palla con un orgione interracial, non sembrano farci caso. La conversazione in Italo, spanico, inglese, gesti e boccacce, arriva non so come sull’argomento film preferito. Isa è un'appassionata di Pulp fiction, sembra abbia tipo il record di visioni Pulp Fiction in tutta l’Andalusia o della Spagna o dell’universo. A vederla sembra anche in gara anche per il record di schizzi in faccia. Tutto molto interessante, ma non ti abbiamo chiamata per una conversazione cinefila. Abbiamo un’ora di tempo e i 150 gettoni che abbiamo infilato nella macchinetta vanno giù. Arriva la scopata time. Il conte sembra stia già puntando Martina sudamericana. La mia la chiamo Isa, per comodità.

Andiamo in camera. Isa si dichiara spagnola, lunghi capelli scuri e lucidi come un sacco dell’immondizia. Inizia a svestirsi e noto un tatuaggio di un dragone che le avvolge la coscia sinistra, la testa del dragone sembra mordergli la chiappa. Varie altre patacche su braccia e schiena. Per esaltare la sua vocazione da vacca, un piercing ad anello le trapassa il setto nasale. Isa rimane nuda solo con il reggiseno. Mi avvicino e le agguanto le chiappe, le sparo la lingua direttamente in gola. Il sapore è quello di un portacenere. Isa è quel tipo di ragazza che tua madre sarebbe felice di non incontrare mai. Mentre le slaccio il reggiseno, Isa ha già preso possesso del mio uccello che lavora con due mani come se lavorasse una baguette. S’ inginocchia e tutto quello che vedo è la sua testa che fa avanti e indietro, tipo quei pupazzi con la testa a molla dondolante che si mettono sul cruscotto. La blocco a finecorsa, che la cappella se la trova a solleticare l’ugola. Prima che vomiti la rilascio. Un filamento di bava ci unisce. Riparte a lavori di mano. Poi come se non avesse sbavato abbastanza cerca di centrare il cazzo con uno scaracchio, ma sbaglia la mira, mi sputa sulla pancia. Ci riprova, mi saliva le palle. Dopo avermi struscia un tra le labbra delle fregna, cicciose e slabbrate che sembra ci abbia ficcato dentro una gallina con la testa crestata che le esce di fuori. Se lo aggiusta per bene, poi lo vedo sparire dentro e da lì capisco che per riaverlo indietro mi ci vuole un contenzioso penale. Le insinuo il buchetto cacatorio con l’indice. Tra le chiappe è scivolosa, il dito si affonda di un paio di falangi dentro, al momento non fa resistenza e mi fa ben sperare, ma poi mi leva la mano. Mi viene anche un’idea porca di andare in salotto e vedere quello che sta combinando il conte, perché la sua alcova giapponese è su un soppalco di fronte alla sala. Riunirci tutti in salotto e fare un’ammucchiata generale. Sento degli schiaffi, urla e strane frasi probabilmente il conte sta giocando a scambiato per una sputacchiera, grazie a dio ci rinuncia. Mi sdraio sul letto e faccio cenno alla vacca di girarsi, mi si aggiusta con la fica proprio sulla faccia, si piega e continua il suo lavoro di pompa, non direi senza sbavature. La figa di Isa è più saporita della bocca, per quanto possa essere saporito baciare un paguro. Quando io e Lisa siamo abbastanza sbrodolati, lei si gira, apre un preservativo se lo infila in bocca e tenta di infilarmelo con le labbra. Isa è esperta nell'incappucciamento orale, potrebbe fare un video tutorial su youtube. Solo che c’ho il pisello talmente salivoso, che lo devo asciugare con il lenzuolo, perché come diceva Jesus è più facile che un cammello entri nel culo di un nano, che per un uccello bavoso in un preservativo unto. Isa se lo Geisha e Samurai, in questi giochi di ruolo può capitare che lui faccia la geisha, il fatto che potrei vederlo in questo stato mi fa desistere. Mi sale l’ansia a pensare a tutta la cerimonia che abbiamo fatto per entrare, bisogna rifarla per uscire. Con il terrore che quel pitbull Malagueño di Ana esca all'improvviso dall’imbra, con l’effetto jumpscare da film ‘non aprite quella porca’. Per sviare il pensiero e non farlo ammosciare, mi concentro sulle chiappe di Isa che tremano come due budini di panna montata. Mentre l’agguanto per i fianchi li vedo decorati di tattoo floreali. Mi scappuccio, parte uno schizzo che le annaffia la fioriera. Sono più un bottanico più che un botanico, però ad occhio e croce direi che la mia sborra sta colando su un bouquet di rose Boursault, o Bauhinia forficata o Rhododendron schlippenbachii, ma potrei anche sbagliarmi.

IlMarchese
Silver
01/12/2023 | 15:07

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@Gnocca-Manager
Grazie, a presto resoconti su sorelle, zie, cugine e pure nonne.

IlMarchese
Silver
19/11/2023 | 18:59

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Caro @bocha era per scherzare. Ognuno vive le proprie esperienze. Grazie per per il commento comunque e il tempo che hai dedicato a leggere la mia memorie dalla città degli Angeli.

IlMarchese
Silver
19/11/2023 | 10:30

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Grazie @bocha
ad Angeles esiste una strada parallela alla Walking Street dove trovi solo ragazze che sono lì solo per divertirsi e non per il denaro, siamo andati tutti nei posti sbagliati. La mia amica Liezel si è spostata da poco con uno straniero, che fosse il tuo amico? Uomo fortunato, da invidiare.

IlMarchese
Silver
10/11/2023 | 17:11

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Da Manila prendo il servizio navetta per i mignottari che ti porta ad Angeles City. Prendo posto sul minibus, mi guardo intorno. Dall’età anagrafica e dalle facce sembra di essere in una gita parrocchiale per Lourdes. Però noi non andiamo in pellegrinaggio per le madonne e santi, siamo diretti nella città degli angeli, degli angeli con la figa. Angeles City è la silicon valley della gnocca. Da lì nascono le migliori innovazioni tecnologiche in fatto di mignottaggio. Se dici che vai ad Angeles, dici vai a troie. Non hai nemmeno la debole scusa che è una località di mare tipo Pattaya, che in fatto di debosciati è la sua controparte: Angeles è solo puro e fottuto puttanaggio. L’unica amenità extra troie che c’è nelle raggio di cento chilometri, è il vulcano Pinatubo che incombe come minaccia su Angeles Sodoma City.
Già, tra una chiavata e l’altra volevo farmi anche una visita naturalistica, avevo prenotato un tour sul famoso vulcano. La partenza era per le otto di mattina. Sono le sei e qualcosa, mentre sto ancora a letto in coma per aver dormito tre ore, l’agenzia mi chiama perché la gita è stata posticipata. È dal 91 che il Pinatubo se ne sta calmo. Al massimo qualche tremore improvviso, tipo mio nonno. Però ha deciso di rompere i coglioni proprio adesso. Sempre che non esploda come una bomba nucleare, seppellendoci sotto un chilometro di lapilli e cenere incandescente, se voglio la possiamo partire il giorno dopo. Dico che posso mettere i loro culi su questo Pinatubo del cazzo, perché il giorno dopo c’ho il volo dal vicino aeroporto di Clark destinazione paesello. Me ne faccio una ragione. Oggi è domenica. Angeles è il classico posto dove trovi sempre come sfangare la domenica.
La sera prima avevo conosciuto in un bar due cuginette. Le loro madri le avevano raccomandato di non uscire con gli sconosciuti, e se proprio dovevano, che fossero sempre insieme. Quindi qualsiasi fanno, sono sempre in coppia. Le due cugine sono lì che mi palpeggiano le palle, una palla per una. Usano così le signore di Angeles quando si presentano, invece di stringerti la mano, ti stringono le palle. Insomma, dopo esserci palpati per benino, mi invitano a una riunione familiare per il giorno dopo, una domenica in famiglia. Mi danno un numero di telefono che salvo in rubrica come “cugine maiale”.
Alle dieci di mattina di domenica sto proprio chiamando “cugine maiale”. Quella che mi risponde, non saprei dire quale delle due, dice che lei è libera sì, ma l’altra cugina ha degli impegni.
Io però ormai ho il pallino delle riunione in famiglia.
“Hai un’altra cugina, o sorella o zia o nonna?” chiedo.
Lei scorre il suo album di famiglia, tutte occupate.
Allora le dico: “ e se adottiamo una cugina?
Risponde che una cugina in più non le dispiacerebbe. Però mi fa sapere, ci sentiamo dopo. E cazzo finisce che oltre a saltarmi il Pinatubo mi salta anche l’orgia di famiglia. Ormai c’ho questa idea malata in testa, a costo di rapire una famiglia, devo metterla in pratica.
Le 12 di domenica mattina mi trovano seduto al bancone di un bar che si affaccia sullo struscio della Walking Street che comincia a prendere vita. Mi si siede accanto una mummia con la mascherina d’ossigeno, ogni tanto se la toglie e farfuglia qualcosa verso di me indicando,in tono complice da puttaniere, i culetti che ci scorrono davanti. Mi allontano di un paio di metri. Spilluzzico dei noodles. L’occhio sempre in allerta sul telefono. La cugina non chiama. Mi sale l’ansia.
Preso dallo sconforto, anche per digerire quei cazzo di noodles. Me ne vado a fare un giro sulla walking street. Mi trascino, l’animo appesantito, lo stomaco appesantito. I bar e sono già aperti. Le galline sono già operative a sculettare tutte in fila sulla pollastriera. Entro in un bar, siamo solo io e un vecchio biker baffuto in jeans e giacca di pelle sbrindellata. Poi incrocio lo sguardo con una pollastra che sculetta sulla pedana. Gli occhi le brillano e vibrano in frequenze dal telosucchiocolrisucchio Megahertz. La pelle color crema d’arachidi, i capelli neri come pece, scarmigliati, da cannibale di cazzi. Mi avvicino all’orecchio della mamasan, che da quando ho messo piede nel bar mi sta attaccata come una multa al parabrezza. Punto il dito verso la ragazza, il viso della gnocca si illumina di felicità per essere stata selezionata. Scende dal palco, traballa sui tacchi 12, tutta sorridente, si presenta, si chiama Liezel. Ti piacerebbe avere una cugina in più? chiedo. Poi le spiego la situazione. A Liezel sembra che la cosa non dispiaccia affatto. Sarà il forte senso della famiglia tipico dei filippini. Comunque usciamo. Passa il tempo, non ricevo chiamate dalla cugina. Provo a chiamare io, non risponde nessuno. Chiedo a Liezel se ha un’amica, lei mi dice di no, e che cazzo.
Liezel vede la delusione nei miei occhi, come a un bambino a cui, prima prometti che babbo natale ti porterà un regalo bellissimo e poi ti dicono che non solo babbo natale non è mai esistito, ma che anche un’invenzione pubblicitaria della coca cola, e nessuno ti porterà un cazzo, tutto sottolineato da un ceffone. Per tirarmi sù Liezel mi propone di andare in un altro bar, scegliere una cugina insieme a lei. Perché alla fine, anche babbo natale esiste, la vita è bella, basta pagare.
Entriamo in un altro bar. Io e Liezel siamo lì che sembra di assistere alla sfilata autunno inverno di dolce e puttana. Facciamo commenti sulle ragazze, non ci troviamo mai d’accordo. Questa è troppo alta, questa ha le gambe storte, questa sembra uscita dal film The Ring. Liezel vuole avere voce in capitolo nella scelta, visto che ci deve lesbicare insieme.
Ormai un’orgia è l’unico nostro obiettivo di vita.
Il trillo del telefono è lo squillo di tromba dell’apocalisse. è La Cugina dice che si era fatta un sonnellino, le dico che ho trovato un giocattolo per noi. Ci diamo appuntamento al mio Hotel per le 15.
Siamo nell’atrio dell’albergo. Io e Liezel nell’attesa ammazziamo il tempo divertendoci da tradurre porcate dall’inglese al Tagalog all’italiano. Blowjob suona come zuppa in tagalog. Provo a dire zuppa nella lingua indigena e lei ad un certo punto prende il pugno e apre la bocca, “pompino” le faccio io e ride. Questi corsi avanzati di lingua non passano inosservati a Mr. Rajendra Singh il proprietario dell’albergo che è alla reception insieme a tutta la famiglia a pranzare. Mi guarda storto.

Sono le 14.58, la porta dell’atrio dell’hotel si apre. La Cugina. Esattamente non ricordavo quale delle due cugine fosse: ovviamente è la più cessa delle 2. Alla luce del giorno, struccata e dopo una notte di battaglie non aiuta. Però con quegli short, la magliettina dove spuntano tettine dritte e accennate, quella faccia da assassina di cazzi, insomma…
Mi avvicino per salutarla e la introduco in famiglia. Liezel la guarda con sospetto, chiedo se si conoscono, non si conoscono. Mr Rajendra, quando mi avvicino per fare il check-in del secondo ospite, la sua faccia diventa ancora più scura del color cacca naturale. Non capisco se è invidia, o presentare così alla sua famiglia riunita per il pranzo domenicale due troione pronte per la battaglia, gli ha tolto l’appetito.
La stanza dell’hotel 999 è la migliore che ho avuto finora nelle Philly. Solo per imparare tutte le varie funzioni della doccia super tecnologica ho dovuto partecipare ad un training apposito. Appena ho provato ad usarla, devo aver toccato il tasto autodistruzione, perché metà delle piastrelle sono venute giù. Ora il bagno sembra Beirut post bombardamento. Ci beviamo qualcosa, poi in tempo zero ci troviamo tutti e tre nudi dentro la cabina doccia. Dico alle ragazze di stare attente dove mettono i piedi tra le macerie, se non vogliono tagliarsi con le piastrelle affilate e morirmi dissanguate. Se premi qui, spiego, parte l’idromassaggio, questo pulsante invece attiva che getti che partono da angolazioni più impensate, qui si accendono le luci stroboscopiche e gorgoglii da film horror, è tutto fantastico. Sembra un acquapark di un metro per due. Le ragazze sono al settimo cielo. Io inizio a sditalinare qualsiasi buco libero, sul mio cazzo si avvolgono dita come polipi di piovra con sei mani, lingua in bocca, chi mi titilla i capezzoli, chi li mordicchia, poi sento un calore alle palle e me le vedo sparire nella bocca di Liezel, La Cugina si mangia l’asta del cazzo. Vedo queste due testoline filippine che mi divorano, spero che nessuna delle due stringa i denti. Qualcuno si è appoggiato alla manopola dell’acqua calda e stiamo facendo la fine del bollito misto. Il vapore riempie l’ambiente che non si capisce più un cazzo. Liezel esce che sta soffocando, avvolta in un accappatoio si mette seduta sul letto e ci osserva. La Cugina che è la più arrapata, si gira, mi prende il cazzo e come uno sturalavandino lo pianta dritto nel suo buco di scarico, tutto insaponato non fa resistenza, un paio di colpi e poi va bene il parossismo porcaiolo da doccia, ma la mamma mi ha detto di non scopare senza preservativo, soprattutto le ragazze caricate ad Angeles City. Liezel ci guarda come se assistesse all’accoppiamento dei macachi tibetani su superquark. Dico a Liezel passami un preservativo, me lo lancia, il casino è che infilarsi il preservativo sull’uccello che è insaponato da bava e neutro roberts è come cercare di prendere un capitone a mani nude. In qualche modo ci riesco e La Cugina che è sempre di schiena, il culo ritto e aspetta che le faccia un’iniezione geme solo al pensiero. Dopo questo antipasto di misto carne e pesce ci buttiamo sul lettone.
Liezel che si è sentita un pò messa da parte, recupera la sua autostima e si mette al lavoro. Scosta i capelli nero blu da una parte e inizia lentamente ad avvolgere le labbra strizzandomi la cappella.
Mi sdraio, dico a La Cugina , battendo la mano sul materasso, vieni a sederti qui, lei si accovaccia come di solito fa quando piscia in strada, e mi presenta la figa arborea. No respiravo in una foresta così umida, nera e folta dai tempi in cui ho fatto un’escursione nella foresta vergine di Taman Negara nel Borneo, anche se questa foresta non la possiamo definire proprio vergine, il senso di opprimente e asmatica soffocante atmosfera è lo stesso. I peli mi finisco nel naso e mi viene da starnutire. In fondo a quegli arbusti spinosi si nasconde una cosina morbida e viscida che lecco e succhio e mi sbrodola tutta la faccia di bava ficosa, finita la sagra della lumaca del Taman Negara, inclino la testa di lato, avevo quasi dimenticato Liezel che mi lavora il cazzo con una calma tutta orientale, direi Feng-shui. Ha delle geometria nello spompinare che si ritrovano solo nelle antiche tradizioni dei monaci Koyasan. Arriva il momento di cambiare, io resto sdraiato, e La Cugina mi sale sul cazzo e inizia la sua cavalcata delle valchirie filippine. Questa volta è Liezel a mettersi sulla tazza del cesso che è la mia faccia, la faccio girare e dico alle troiette di slinguare tra loro. Per un momento esitano, ma prese dalla porcaggine, partono a darci sotto. Non capisco se slinguano come barboncini o danno bacini tipo bacio delle elementari.
Tra l'uccello che viene stantuffato e la fica di Liezel che è pelata, liscia e umida come un totano, la mia soglia di attenzione è a zero. Do uno schiaffo sul culo a Liezel , che è un po' come il segnale di darsi una regolata perché mi sta schiaffeggiando quella fica birichina in faccia che si sente ciaf ciaf, e gorgoglii e gemiti che immagino così nel primo pomeriggio sto rovinando la siesta a qualche cliente. Tra La Cugina che salta sul cazzo e Liezel che molleggia sulla faccia mi sembra di essere un trampolino elastico col cazzo. Prima di trovarmi troncato in due, mi sfilo, resto un attimo in ginocchio sul letto col cazzo in mano come una bacchetta di un direttore d’orchestra e le 2 ninfotroiette che attendono istruzioni su come comporre questa sinfonia sporcacciona. Allora, te Liezel mettiti sdraiata, La Cugina, te voglio che gliela lecchi, no, mi fa, non mi va di leccare la fica, allora Liezel leccagliale te. A lei non dispiace. Me la aggiusto piegandola a 90 mentre affonda la testa tra le gambe della Cugina.
Perché…Per una filippina non c’è cosa più divina che lesbicare con la cugina.
Vedere il lavoro artigianale di Liezel di lingua e dita sulla fica della Cugina, mi ha dato modo di imparare qualche trucchetto del mestiere. Tutto fa brodo, e di brodo qui ne facciamo da sfamare una RSA. Stiamo arrivando al parossismo. Alterno cazzo e lingua sulla fica infiammata di Liezel, lappo e scopo, scopo e lappo. Poi la metto in piedi e mentre passo il mio cazzo alla Cugina, attacco Liezel al muro come un crocifisso e le lecco il buco del culo e la figa, non so quanto andiamo avanti, ad un certo punto faccio appena in tempo a sfilarmi il preservativo, mi metto in piedi, stantuffando gli ultimi colpi a mano, così se il Pinatubo non è eruttato quel giorno, di sicuro è eruttato il mio cazzo in lapilli e schizzi che ricoprono di rovente lava bianca le due cugine che se ne stanno lì sotto e si riparano con le mani gli occhi, ma gli schizzi le punteggiano tutti i capelli. Erutto e grido sicuro che Mr. Rajendra Singh e famiglia apprezzeranno.
Il tempo di una doccia e ci rilassiamo sul letto così in accappatoio, poi La Cugina prende i suoi soldi e se ne va. A Liezel non le va di andarsene. Si lobotomizza a guardare qualche soap filippina del cazzo. Nel torpore del dormiveglia sento che ride come una deficiente. La testa appoggiata sulle sue cosce, ronfo alla grande. Dopo un paio di ore, iniziano a farci le carezze e una cosa tira l’altra, e me la trovo attaccata nuovamente al pinatubo. A Liezel piace indugiare su frenulo. A quanti di voi vi hanno spompinato la cappella tralasciando il frenulo. Nemmeno sapete di avercelo, un frenulo. Il frenulo è il segreto, dovrebbero insegnarlo a scuola durante l’ora di religione.
Con le sue manine mi lavora le palle, e mordicchia, e rosicchia il filetto e controfiletto e la punta del cazzo come uno scoiattolo fa con la ghianda. Il fatto che abbia pure i denti sporgenti da roditore aiuta un casino, la mia porcellina d’india. Sono arrapato, mi piego, le rigiro tra le mani una ciocca di quegli spaghetti neri che ha come capelli, e me la avvicino alla bocca, sa di cazzo, ma considerando che l’unico da stamattina sono sicuro diciamo al 95% che sa il sapore del mio. Slinguiamo, le si libera dell’asciugamano e mi sale sulla pancia, poi così accovacciata mi prende l’uccello e se lo strofina tipo deodorante sull’ascella delle figa, che è bagnata e mi da il pizzicore per i peletti che le stanno crescendo intorno. Da queste parti l’andazzo è piazzarlo dentro nature. Tanto che quando allungo la mano per cercare un preservativo dietro di me, tra tasche, pantaloni, maglie, mutande e asciugamani mi chiede cosa sto facendo, niente le dico, solo che sai mia mamma… etc.
Non so come, ma riesco ad aprire la preserva con i denti e infilalo sempre con lei appollaiata sulla pancia, capace me lo sono infilato al contrario, ma lo stesso, lei non aspetta un secondo e se lo pianta dentro la filippina. Continua a fissarmi con quegli occhietti mandorlati e indagatori. Fisso la tv, c’è un cazzo di telegiornale. Liezel mi si mette seduta, io mi piego verso di lei e succhio i capezzoli piccoli e marroni come due uvette sultanine. Me la rivolto con una mossa di judo, la inchiodo sul materasso, vedo le sue gambe dritte e i piedi con anelli alle dita, con unghie laccate di rosso e collane alle caviglie che mi arrapano fino alla bestemmia. A dire la verità ci vorrebbero dei campanellini, che ti danno il ritmo nei colpi chiavatori, ma non si può avere tutto nella vita. Il mio cazzo oggi è stato messo a dura prova ma le sto chiavando che quasi le sta uscendo dal buco del culo. A proposito: le sussurro all’orecchio la fatidica frase che pronuncerebbe Alì e i suoi 40 troioni per aprire l’ingresso alla caverna “I wanna fuck your ass” accompagnata dal mio indice che si insinua nel suo culetto, che lei prontamente toglie. Mi ci dovrei fare una maglietta con questa scritta. Lei ride come se l’avesse sentito per la prima volta nella vita, e mi risponde al solito, anzi mi sta per infilare lei un dito in culo, io la lascio fare tanto siamo in famiglia. Una seconda eruzione del pinatubo. Ormai è ora di cena. Andiamo al ristorante, poi ci salutiamo con la promessa è che la richiamo tra un paio di ore per andare insiema al … è la mia ultima notte- Ovviamente non la chiamo. La sera vado alla High Society conosco due sorelle, tanto per rimanere in tema familiare. Ma questa un’altra storia…

IlMarchese
Silver
21/05/2023 | 17:05

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IlMarchese
Silver
09/05/2023 | 14:57

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@Jeanjo said:
@IlMarchese ma il prezzo indicato è a notte? Si trovano un po in tutti i locali queste ragazze che propongono? O c'è una zona apposita? Dacci qualche info...
PS mi sono spaccato dal ridere della tua recensione, bellissima e divertente...solo un po di dettagli in più per aiutare il prossimo.
Grazie e grande Marchese

Gentilissimo. La zona dove pascola la gnocca, come ho scritto, è quella dove si trovano i locali menzionati. I prezzi sono per lo Short Time.

IlMarchese
Silver
28/04/2023 | 18:54

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IlMarchese
Silver
28/04/2023 | 18:54

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IlMarchese
Silver
28/04/2023 | 12:01

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@Max78 said:
Ciao, prossimamente vorrei fare un viaggio in Indonesia, ma x reperire gnocca bisogna usare x forza i siti online? Io preferisco di gran lunga il contatto diretto dal vivo, tipo bar a Pattaya, è possibile?

L'Indonesia e vasta e un cazzo non ti basta. Ogni regione e città è una storia diversa. Prossimamante posterò diversi post sulle località che ho visitato.

IlMarchese
Silver
28/04/2023 | 11:55

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@Thegeneral
Per un the Beach chiuso ci sarà un the Beach che apre. Io ci sono stato prima del covid. Nella recensione non è scritto che sono stato nel 2023.

IlMarchese
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30/03/2023 | 12:07

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@Chupotetas50 said:
Uno dei migliori pezzi di narrativa degli ultimi 20 anni. !ti auguro la nomination per il Nobel letteratura 2023

Sì, a volte mi sento come un Hemingway della scopata.

IlMarchese
Silver
30/03/2023 | 12:05

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@Tucoh said:
Che roba eccezionale. Mai stato particolarmente interessato ai fetish ma un'esperienza del genere vorrei proprio provarla. Leggo che ci sono diversi appuntamenti annuali. Ne sai parlare o hai partecipato solo a questo? Leggo inoltre che a Berlino lo danno al famoso Kitkat CLub, un posto in cui vorrei proprio andare.

Cerco di partecipo regolarmente come un buon cristiano santificherebbe i giorni di festa.
L'evento al KitKat Club a Berlino è immancabile, un pò come il santo natale del Fetish.

IlMarchese
Silver
24/03/2023 | 12:34

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IlMarchese
Silver
21/03/2023 | 14:35

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@Trombamico

Grazie per la precisazione.
Inventarmi gli incontri e le situazioni bizzarre che ho avuto la fortuna di vivere durante i miei viaggi, richiederebbe uno sforzo di fantasia che non avrei nè la voglia, nè la capacità di fare.

A questi fenomeni rispondo, citandondo pur non essendone degno, una frase del maestro Giacomo Casanova a proposito della scrittura delle sue memorie:

"Scrivo la mia vita per ridere di me e ci riesco. ....Qual piacere ricordare i piaceri! Ma qual pena richiamarli a mente. Mi diverto perché non invento nulla!"

IlMarchese
Silver
16/03/2023 | 13:22

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@Trombamico said:
Sempre uno spasso i tuoi trombo-racconti di viaggio. Peccato che non hai incontrato SandokaZ o meglio sua sorella 😜

In realtà sono stato anche nel Borneo e ho incontrato quella che potrebbe essere la sorella di SandoKaz, che fa parte di una tribù di cannibali, cannibali di cazzi. Ne scriverò una recensione o trombastoria come dici te.

IlMarchese
Silver
10/03/2023 | 15:50

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IlMarchese
Silver
03/03/2023 | 17:33

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@Gnocca-Manager said:
@IlMarchese
Grandissimo!!!! 👏👏👏👏
Grazie caro♥

IlMarchese
Silver
01/03/2023 | 17:04

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@Mattiafibra said:
Buonasera,quanto ė il prezzo del regalo per una notte con una ragazza in Malesia?
Dai 300 ai 500 ringgit con 600 ti portano anche il breakfast a letto.

IlMarchese
Silver
25/02/2023 | 15:03

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@FlacoFeo said:
@IlMarchese

Ti dovrebbero insignire del titolo di Duca, anzi, di Granduca della gnocca, dopo questa bellissima recensione.

Complimenti davvero 👏👏👏

Dovrebbermo farmi cavaliere dell'ordine della gnocca.
Grazie ♥ per i complimenti

IlMarchese
Silver
17/02/2023 | 17:10

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    9

Kuala Lumpur non è solo la capitale politica della Malesia, ma anche della gnocca. Il fatto che ci crescano più Minareti che alberi, e le gnocche che vedi in giro hanno la testa coperta da un fazzoletto, non vuol dire che non che ha Kuala Lumpur se lo mettano solo nel cul.

Forte di questa consapevolezza, la prima sera m’intrufolo al Beach Cafè, un bar prevalentemente frequentato da locali. Locali mignotte, intendo. Dal momento che la spiaggia più vicina è a cento leghe, il nome più adatto sarebbe Bitch cafè. Mi sento sottotono e moscio come un sottaceto. Ho passato tutto il giorno al cesso. Sarà stato il frullato mango e cocco bevuto al parco, l’infuso di erbe esotiche che mi hanno fatto assaggiare al centro commerciale, il pranzo con il pollo morto che galleggiava nella zuppa al mercato cinese, insomma, è che inizio a pisciare dal culo e cagare dalla bocca. L’unico rimedio in questi casi, come diceva mio nonno, che si era laureato in farmacologia e occultismo in galera, è un bel impacco de figa. Per avere un’autonomia di qualche ora e non cagarmi nei pantaloni, tiro giù una manciata di Imodium, aiutato da tre redbull a goccia per reidratarmi. Le redbull sono ghiacciate quindi l’effetto è quello di cagare ancora di più. Risolti per il momento miei problemi intestinali, come dicevo, arrivo in questo bar, siamo nella zona est dove spuntano locali, troie e loschi figuri ad ogni angolo. Quindi, ci sentiamo come lombrichi nel nostro humus. Per chi vuole scendere più in basso, c’è la red light zone a Jalan Bukit Bintag, ma stasera non mi andava di estrarmi un coltello dal polmone. Al Beach, capannelli di gnocche ai tavoli, che non stanno certo lì a sorseggiare Mojito ammirando lo spettacolo del tramonto sull’oceano. Ordino un altro paio di redbull, a questo punto sono su di giri, peggio che mi fossi pippato un etto di colombiana. Mi piazzo su un trespolo, inizio a fare i colloqui di lavoro. Tra i vari curriculum presentati, alla fine delle selezioni la candidata prescelta è Han. Han è un mix antropologico, un po' asiatica, un po' occidentale, un po' africana, un po' vacca. Porta i capelli con la zazzera, ha un non so che di sofisticato, ma soprattutto ha due tette che ci potresti aprire un lattificio. E poi, non parla troppo, e stasera ho solo voglia solo di spurgare quel mezzo litro di sborra. Perdiamo il minor tempo possibile in chiacchere e ballo e porto la vacca al mattatoio.

Nella mia stanza di hotel non c’è l’aria condizionata. L’unica cosa che fa accapponare la pelle, ma non per la temperatura, è il sinistro cigolio del ventilatore. Le pale di questo coso sono ricoperte da uno strato di insetti spiaccicati sopra che si sono accumulati negli anni. Questo è il solo comfort, se escludiamo l’acqua corrente. Le finestre le ho tenute chiuse per non ritrovarmi la stanza occupata da una famiglia rom malesiana. Dopo aver passato il pomeriggio a cagare, l’aria che si respira non è da alpi svizzere. Ma Han sembra non farci caso, anche perché le alpi svizzere non sa nemmeno cosa cazzo siano. Mi chiede subito quei 300 ringgit di stipendio e inizia male. Han va a farsi una doccia. Per fortuna sua esce dal cesso abbastanza in fretta, appena in tempo perché devo fare un’ultima spruzzata. Mi guizza anche l’idea malata di unire l’utile al dilettevole e usarla come water, però non ho avuto il tempo materiale di farlo. Alla prossima scarica glielo propongo. Han si posiziona subito in ginocchio sul letto, s’attacca alla canna del cazzo. Dopo qualche poppata, le piazzo il pisello tra quelle grosse bombe, mi chiede se ho del gel. L’unico gel che ho è crema nivea. Spruzzo questa crema color latte, un po' in mezzo alle tette e un po' sopra l’asta, tipo quando metti la maionese sull’hotdog. Vedo il cazzo scomparire tra quelle colline e poi spuntare fuori. Quando la cappella riemerge le arriva alla bocca e ci dà una lappata. Andiamo avanti così tette/bocca/tette che Han è tutta impiastricciata, il mio cazzo unto che sembra una sardina sott’olio. Mi asciugo, incappuccio la bestia. Han, come se mi leggesse nel pensiero, rimane a quattro zampe, si gira. Mentre la scopo, le mungo quelle grosse mammelle. Le manca solo la coda che scodinzola e le mosche che ronzano sul culo. Non mi stupirei se facesse muuuuuuuu. Poi, siccome sono stanco di fare il pastore, mi sdraio, la faccio appollaiare sul cazzo. Scopami, dico. Il culo di Han che sbatte ritmico contro le mie cosce, il ventilatore che cigola e gira e gira e gira, la terra che ruota intorno al sole. Potrei andare avanti così fino a che non diventiamo vecchi o almeno fino al giorno del check out in albergo. Alla fine, Han rallenta, è affannata. Questa non è una scopata, ma un’ora di zumba. Sborro, ma solo per farle un favore. Poi ci addormentiamo, o meglio, lei si addormenta, io resto a fissare le pale del ventilatore, noto che le crepe del soffitto assomigliano a un polimero di nucleotidi. Sono le quattro e trentadue del mattino o forse cinque e dodici o le sei meno diciotto, quando un urlo atroce, mi fa sussultare come se fosse esplosa una bombola del gas, è la voce gracchiante sparata dal megafono della moschea. Una specie di “Donne arriva l’arrotino” ma come uscito da un megafono anteguerra e più deprimente di una canzone dei Joy Division. Han è una statua, la bocca semiaperta schiacciata sul cuscino, un po' di bavetta le cola da un angolo della bocca. Le osservo il respiro per vedere se è ancora viva. È impossibile non svegliarsi con questo casino. È viva. A questo punto di dormire non se ne parla. Cerco di scuoterla leggermente, vedere se si rianima e rimediare una seconda scopata, così per ottimizzare tempo e denaro. La scuoto con più energia. Si gira dall’altra parte, facendo un verso gnamgnamqualcosa che deve essere tipo un vaffanculo malese. Il mio hotel è praticamente una propaggine della moschea accanto. La mia stanza è nel minareto. Il muezzin, deve ringraziare Allah che nel bagaglio a mano non mi c’entrava un bazooka. Resto così a rimuginare pensieri d’odio religioso, fino quando il sole è già alto, inizia il concerto di clacson e finalmente Han si leva dai coglioni. Mi riaddormento, un venti minuti. Poi ancora uno strillo sinistro ahahahahlalllaaahhhkbhbbbarkallaaaaaahhhh, e che cazzo è Jihad dichiarata tra di noi!

Il giorno dopo cambio aria, non della stanza, qualla rimane una camera a gas. Vado in un disco pub, il Mango’s che è proprio di fronte al puttanaio della notte prima. Mentre ieri mi sentivo un ottantenne, stasera va meglio, me ne sento una settantina. Domani magari sarei arzillo come un sessantenne. Peccato che sto a Kuala solo tre giorni, sennò tornavo un bebè. Quando entro nel locale è l’atmosfera accogliente di quando ti ritrovi in un posto in cui tutti condividono i tuoi interessi, tipo un club filatelico, il torneo di burraco, il mercoledì del libro. Sì, è proprio un mercoledì, non del libro, ma della gnocca. Appena entrato è come se mi aspettassero da sempre. Sul palco c’è un gruppo che suona musica heavy metal. La cantante tutta vestita in pelle nera, trucco pesante che risalta quegli occhi da natural born fucker. Sbraita, gorgheggia e salta con quel non so che da donna delle caverne che stuzzica la mia libido neandertaliana. Verso mezzanotte la situazione si anima. Cambiano anche musica, parte qualcosa di ballereccio. Cerco con lo sguardo la metallara, ma è già presa. Nel tragitto cesso-bar inciampo nell’amore della mia vita. Vent’anni, minuta, occhietti felini, una cascata di lucenti capelli neri, vestita con un abitino da sera che sembra una fatina. La fatina pompina. Dallo sguardo che mi lancia quando l’incrocio capisco che siamo fatti l’uno per l’altra. Le sfioro con un dito le spalle nude. Le mi guarda, fa la finta tonta. Le sussurro una cazzata all’orecchio, una cosa tipo “come ti chiami”. Lei si vede ha capito di più “tremore di rami “, ma sorride lo stesso. All’anagrafe suina fa Ayu. Alla fine, quel traduttore universale che è l’amore, ci rende entrambi poliglotti. Ayu è una grandissima poliglotta. Ayu, la pelle così candida che sembra abbia visto il sole solo in tv. Le labbra infiammate da un rosso madreperla, risaltano ancora di più sull’incarnato color perla, sul quale riflettono le piccole gocce di perla che le pendono dagli orecchi. E perlamadonna Ayu sembra un banco ambulante di bigiotteria. Le prendo le mani, la inizio a una danza eroticoselvatica, di cui io solo conosco i movimenti. Lei volteggia leggera come un batuffolo di cotone. Ayu è talmente delicata e preziosa che sarà difficile gestirla senza incrinarle un paio di costole. Dovrò prestare la massima cautela. Sarà come sbattersi un vaso di cristallo di boemia. Le passo una mano attorno a quei fianchi sottili che sembrano uno stelo di giglio. Me l’appiccico addosso come un’etichetta. Su quell’etichetta c’è un prezzo con tanti zeri. Sono a Kuala da 48 ore e dovrò già rivedere tutto il budget per resto del mio viaggio. Digiuni, alberghi con le piattole, autostop, pur di averla. Tra la mia anima e quello di Ayu solo una cosa ci separa, lo spessore del mio cazzo che aumenta. Ayu se ne accorge, sorride, però è un sorriso che nasconde timore. Dopo un po' che ci dimeniamo, siamo sfiniti ed ebbri di lussuria. Mi fa Ayu, andiamo al tavolo che ti presento le mie amiche. Arriviamo al tavolo dove c’è un’altra ragazza. A parte il vestito diverso, gli orecchini grossi come cerchi di ruote di mountain bike è la copia di Ayu, la chiameremo Ayu bis. Tra la penombra, l’alcol e lo sturbo che sempre mi prende di fronte all’abbagliante bellezza, le guardo meglio e sembrano cacate dalla stessa madre, non a distanza di mesi ma di qualche minuto. Chiedo, ma siete gemelle? Si mettono a ridere, le mani davanti alla bocca come se avessero fatto il ruttino. Non lo sapremo mai, ma ci piace immaginarlo. Intorno a noi, puttanieri affamati come sciacalli, vorrebbero avventarsi sugli avanzi delle mie prede, li sfido mostrando i denti, e quelli se ne vanno con la coda tra le gambe. Probabilmente sto rovinando il business a Ayu bis. Ma a tutto c’è un perciò, come si scoprirà.
Stiamo lì a chiacchera, accenno qualche passo di danza lasciva anche con Ayu bis. Il tempo stringe, la notte è piccola, e l’universo è infinito. Partiamo a mercanteggiare. So già che mi caricherò Ayu e il suo clone. Quando Ayu me lo chiede, faccio anche l’ingenuo. Poi mi chiede se sono mai stato con due ragazze insieme. Intendi nelle ultime ventiquattr’ore? Rispondo. Finalmente stiamo per uscire dal locale mentre tengo Ayu con una mano e Ayu bis con l’altra, quando incrociamo una loro amica. Me la presentano. Diciamo che se le due Ayu sono due perle della Malesia, questa è più una melanzana della Malesia. Iniziano a confabulare, ogni tanto mi guardano e ritornano a parlottare, e io so già cosa succederà. Ayu mi fa, la mia amica è sola, te le piaci: che tradotto vuol dire, nessuno se l’è ancora caricata e non c’è due senza tre. Poi mi chiede sei mai stato con tre ragazze? Quello che all’inizio con Ayu era un prezzo due per uno, era diventato un due per tre con Ayu Bis e ora un tre per quattro. Il portafoglio mi dice lascia perdere, il cazzo dice il contrario. Agguanto anche la melanzana. Spero che nei dieci metri che ci separano dall’uscita non incontrino altre amiche, altrimenti devo noleggiare un pulmino. Fuori del Mango’s una folla di tassisti ci assalta, ci mancano solo i flash dei fotografi e il tappeto rosso. Al momento di salire sul taxi, dico alla melanzana malesiana che c’ho ripensato. Mentre entriamo in auto, lei rimane lì, sul marciapiede a sbraitare frasi in Malesiano, che mi dicono le due Ayu hanno come soggetto mia madre.

All’hotel adibito a moschea, mentre saliamo le scale per andare in camera sono seguito dallo sguardo carico d’odio del frocetto alla reception. Gli toccherà sentirmi sbatacchiare il pisello tra questa parure di gnocche malesiane. Non può nemmeno segarsi su youporn, perché in Malesia è bloccato, quindi si segherà su di noi. Arriviamo in camera. Ci facciamo qualche selfie. Io in mezzo a queste due perle gemelle che fanno le faccine. Quando si dice dare le perle ai porci. Le 2 Ayu vanno in bagno a prepararsi per il lavoro. Mi sdraio sul letto. Riguardo le foto. Il sandwich italomalesiano imminente. Penso che dio esiste, almeno a Kuala Lumpur. invio selfie di me e le fatine ad amici e parenti. Passano venti minuti, le Ayu sisters non sono ancora uscite dal cesso. Va bene l’accurata igiene, ma stanno esagerando. Se non le sentissi cinguettare come galline malesi, penserei che se la sono svignata dalla finestra. Entro in bagno senza bussare. Sono lì nella doccia tutte e due che si fanno i gargarismi alla passera. Mi spoglio, a pisello sciolto irrompo nella doccia, facendomi spazio tra di loro. Con il vapore acqueo che non si vede un cazzo, schizzi e schiuma, mi pare di essere dentro un autolavaggio di un metro per un metro. Da crisi di panico per claustrofobici. Le loro manine me le sento sulla schiena e cazzo. Stanno dieci minuti a farmi la lavanda al pisello. Ora è così pulito e brillante che lo potrebbero usare per la pubblicità dell’omino bianco. Mi passano anche un po' di sapone tra le chiappe. Poi le lavo io. È già mezz’ora che siamo in ammollo, mi si stanno macerando le palle. Ci asciughiamo, saltiamo nel lettone, così tutti nudi come Adamo ed Eva ed Eva bis e c’è pure il serpente. Non so da chi iniziare a leccargliela, faccio la conta: Ambarabà Ciccì Coccò la leccata a chi lo do.
Inizio da Ayu n°1. Così maneggevole, è una specie di gnocca laptop, comoda da portarsi in viaggio, la pieghi e la metti in valigia. Mi si stringe al collo con movimenti delicati e lenti che sembra un koala lascivo. Intanto Ayu N°2 decide di lavorarmi il cazzo come una panettiera. Ci sputa sopra, rivolta, impasta per farne uno sfilatino. Io sono lì che mordicchio Ayu N°1 sul collo e quelle piccole tettine acerbe. Le passo la mano i tra i capelli così lungi e setosi che mi ci potrei impiccare. Usa la mia faccia come un cuscino. Si sistema comoda. Sulla sua passerina ci strofino il naso, qualche peletto mi fa il solletico. C’ha quell’odore inodore. Così immerso in paradiso, non ho la più pallida idea di cosa staia facendo Ayu n° 2 con il mio uccello. Se sta infornando la pagnotta nella bocca, nel culo o in fica o lo abbia reciso per appenderlo all’albero di Natale. Succhio anche il buchetto cacatorio di Ayu n°1, di sicuro sarà più igienico del succo al cocco avariato, del pollo marcio o dell’infuso al piscio del primo giorno prima. Poi faccio con la mano il gesto di girarsi, da brave scimmiette ammaestrate obbediscono. Stanno lì con le fiche che mi fissano aperte tra le gambe spalancate. Rosse come tagli e pelate. Prendo Ayu n°2 per le caviglie e la trascino ai bordi del letto. Gioco un po' con la cappella, su e giù tra le labbra della passera. Poi a tradimento lo faccio scivolare dentro. Lei rovescia la testa, gira gli occhi all’indietro, che più che scoparla sembra le stia facendo un esorcismo. Ayu n°1 accanto sempre a gambe larghe, la prendo per la nuca e la stringo a noi. Diventiamo un groviglio. Le piazzo un dito nella figa e la lingua nella faringe. Mentre sotto di noi la sorella, la gemella, la cugina o quel che cazzo che, è schiacciata. Il ciaf ciaf dei nostri corpi che sbattono deve rimbombare per i corridoi dell’hotel fino alla moschea. Nel pomeriggio sono stato a visitare le torri gemelle, le Petronas Towers. Come un architetto sporcaccione costruisco anch’io le mie torri gemelle. Impilo queste due troiette una sopra l’altra in una torre di figa e culi, le Troionas towers, così le battezzo. Partono risolini che sembrano due bimbette al parco giochi sull’ottovolante. Queste due ridono tutto il tempo. Le lecchi, e ridono. Le infili un dito nel culo, ridono. Le pianti un cazzo in figa, ridono. Si guardano, mi guardano, ridono. Ridono, e ridono e cominciano a darmi sui nervi. Ora le prenderei a schiaffi e vedere se così ridono ancora. Il mio cazzo non ha ancora fatto conoscenza con la passera di Ayu n°1. Una lacuna da colmare. Ayu bis è in cima alla torre, non avendoci ahimè, un secondo cazzo le affondo un dito medio nella fregna. Sbavo sul culetto stretto, lo titillo con l’indice, affondandolo piano piano. Lo vedo scomparire, il dito, fino alla falange, quando lei mi ferma con la mano, e indovinate nate cosa fa? Ride.
Vado avanti a fotterle così cazzo/figa/culo/dita, fino che Ayu bis sfiancata dal peso del clone sopra di lei non sta per cedere. Ayu n°1 sarà stata leggera e leggiadra come una foglia di salice, ma provate voi a stare a quattro zampe con qualcuno a cavalcioni sulla schiena e avere un dito infilato nel culo. Sarà anche divertente, ma alla fine le gambe cedono. Prima che la Troionas Tower collassi miseramente, in preda al furore bellico chiedo un doppio anale carpiato, ma niente da fare. Offro mari e monti, convertirmi all’Islam, sposarle, tingermi i capelli di rosa, ma sono irremovibili. Allora mi stappo la preserva. Glasso di sbroda bollente questo capolavoro di architettura neo-puttanesca. È a quel punto che parte il richiamo del muezzin, e in coro anch’io inizio a salmodiare parole incomprensibili.
È una preghiera, una bestemmia o un semplice alaahahallallakbaralalahhhhhsborrooooo !!!!

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